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Autore: missimissisipi    10/10/2015    0 recensioni
Scorre tutto come un inevitabile e doloroso flusso di pensieri, senza ordine o capo o coda perché non sono mai stata abituata a parlare ma a tener tutto dentro anche dopo l’ovvia implosione quindi non so come dar senso alle cose, come farle quadrare, non so più scrivere, non scrivo da tanto e mi dico un po’ masochista che forse non ci sono mai riuscita.
L’ironia della mia vita: forse non ci sono mai riuscita.
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un’intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d’amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
(Veglia, Ungaretti)

 

C’è una realtà che corrode là fuori, al di là delle mura realizzate da pensieri invalicabili.

(Al di là delle promesse che non ho mantenuto, che Dio non ha mantenuto, che la mia famiglia allo sfascio ha spezzato con una parola urlata in pieno giorno ed una sussurrata, tagliente, in piena notte)

Non credo più a nulla – non c’è nulla in cui credere – ed è per questo che mi dico che sì, si sta bene soli, al diavolo tutte le convenzioni sociali, me lo ripeto come un mantra con le guance bagnate e i pugni chiusi.

Per ogni volta che queste parole hanno lasciato un’impronta nella mia mente, c’è stata una forza contraria non meno nociva e recidiva che mi ha pregato di alzarmi e continuare con la finzione di merda, con la vita di merda, con le persone di merda, almeno fino a che questa cosa – io non lo so, non lo so cosa sia, non so darle un nome – non mi avrebbe portata via di qui. Da queste strade sporche, da questi adolescenti che tradiscono, che non amano, non sono nulla ma vanno comunque più avanti di me.

Una volta ho pensato a quanto mi facessero schifo. Voglio dire, nelle mie giornate peggiori arrivo alla conclusione che tutto fa davvero schifo, che non c’è salvezza nel mondo e che io, una fragile umana con fin troppa carne e troppe lacrime versate alle mie spalle, non ho speranza. Cosa può un singolo, piccolo umano, istruito male, che mal gestisce i propri problemi e la propria ansia, contro i malvagi, grandi signori al potere? Cosa può contro Putin, le multinazionali, la distruzione del mondo, le guerre, i ghiacciai che scompaiono, il razzismo e il non-femminismo? E che sono, allora, i suoi problemi rispetto alla vita di milioni di miliardi di persone?

Mi dico che sono a pezzi e che non ho un futuro – davvero, l’università non fa per me, questa famiglia non fa per me, ho studiato per tantissimi anni e non ho testa per abbassarla ancora su libri. Non sto al passo con le interrogazioni, compiti in classe, vita sociale, non ho genitori importanti che mi spianino la strada, non ho ambizioni se non sogni irraggiungibili ma ho un po’ di infinito fra stomaco e milza e reni.

E’ un po’ incastrato e poco luminoso, ha le sembianze di un buco nero e divampa, dirompe nel mio corpo con tanta carne e sempre più flebile spirito – per ridere, per vivere, per sperare come un tempo.

A pensarci bene, non ho un presente.

A pensarci più a fondo, non ho mai avuto nulla.

Scorre tutto come un inevitabile e doloroso flusso di pensieri, senza ordine o capo o coda perché non sono mai stata abituata a parlare ma a tener tutto dentro anche dopo l’ovvia implosione quindi non so come dar senso alle cose, come farle quadrare, non so più scrivere, non scrivo da tanto e mi dico un po’ masochista che forse non ci sono mai riuscita.

L’ironia della mia vita: forse non ci sono mai riuscita.

Spingo la mia forza in questo istante contro le palpebre, ed allora non piango più e comprimo questo dolore meccanicamente, con questo corpo inetto a questa esistenza. Lo faccio sempre. Sai? Ora sono persino abituata.

E mentre penso che dottore non ci voglio diventare, mentre getto lo sguardo su siti di università europee e realizzo che non sono più di un puntino su un terreno così vasto ed inimmaginabile, penso ai libri che non scriverò, ai diari che non riempirò e alla tristezza che non vuota mai il mio organismo.

Forse non ci sono mai riuscita.

Ma sì, si sta bene soli, dannate tutte le convenzioni sociali, dico e ridico con i pugni stretti, pollici in dentro e guance più arrugginite che altro.

 


è da mesi interi che non sono altro che questo, all'infinito

 

  
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