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Autore: Khaleesi    11/10/2015    2 recensioni
Roxanne Weasley: [ Rocsen Uislei ] nome singolare femminile. Indica una persona disordinata, furba, energica e assolutamente rompipluffe. Questo nome viene usato SOLO ed ESCLUSIVAMENTE a indicare una persona con un grave deficit di attenzione in : scuola e amore.
Se vi trovata dinanzi a una persona del genere quello che dovete fare è stare calmi e offrirli qualche prodotto di Tiri Vispi Weasley per entrare nelle sue grazie.
[LysanderxRoxanne] [LorcanxDominique] [RosexScorpius] [LilyxFire] e tanti alti ...
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hugo Weasley, Lysander Scamandro, Roxanne Weasley, Un po' tutti | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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- Questa storia fa parte della serie 'New Generation'
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Fine Giungo.
Così come l’ansia degli esami lasciava, a poco a poco, la mente e il corpo degli studenti di Hogwarts, così la fresca brezza primaverile stava cedendo all’arido caldo dell’estate che era ormai alle porte. Gli alunni, concedendosi qualche minuto di relax – chi meritato e chi meno – erano riuniti in gruppi sparpagliati tutto intorno al Lago Nero. Roxanne, dall’enorme vetrata del lato sud del castello, riusciva a scorgere due o tre acconciature familiari tra cui i capelli azzurrini di sua cugina Molly la quale era seduta sull’erba a parlare con un ragazzo con un indecente tonalità di rosa sui riccioli.
«Chi diavolo è quello che sta parlando con la nostra Mols?» chiese Roxanne picchiettando sul vetro il posto in cui scorgeva la figura. Rose Weasley si avvicinò alla finestra, socchiudendo appena gli occhi per cercare di mettere a fuoco il punto indicatogli dalla cugina.
«È Jason Baston. Lo hai mandato in infermeria al terzo anno.»
«Uhm no, non ricordo. Oddio, Rosie, la sta accarezzando.» strillò Roxanne a metà tra lo stupito e il disgustato. Aveva il terribile sensore che l’ennesima delle sue cugine era stata ammaliata dagli straordinari effetti dell’amore. Aveva quasi voglia di scendere fin lì per mettere la testa di Molly sott’acqua … magari l’avrebbe fatta rinsavire!
«Bhè direi – le spiegava intanto la rossa mentre massaggiava il pancione – escono assieme da più di un mese ormai».
«Ah. E perché tu lo sai e io no?» chiese la Corvonero aggrottando la fronte prima di lanciare occhiate fulminanti ai due attraverso il vetro.
«Esattamente per questo motivo» le rispose l’altra con tono di rimprovero per l’occhiata che stava facendo; Roxanne, strano ma vero, arrossì abbassando lo sguardo senza proferire parola.
Rose la prese sotto braccio e, lentamente, ricominciarono entrambe a passeggiare per i corridoi deserti del castello. Sembrava quasi che anche i fantasmi si fossero presi una giornata di vacanza per andare ad assaporare i primi sentori d’estate. La rossa non era in vena di stare sotto il caldo e la luce del sole e Roxanne le aveva proposto se le andasse di fare, in alternativa, una passeggiata nel castello. («Gentile da parte tua.»«Si, non farti strane idee. Devo perlustrare il luogo per scegliere dove fare lo scherzo di fine anno, ciccia.»).
Roxie posò delicatamente una mano sul pancione della cugina, accarezzandolo e cercando di stiracchiare un sorriso. «Novità sui tuoi M.A.G.O.?»
«Ho già consegnato tutti gli esami, non so … ho paura di aver sbagliato tutto»
«Ho paura di aver sbagliato tutto – le fece eco Roxanne cercando di fare una stridula imitazione della voce della cugina – Si, certo! E poi prendi Eccezionale a raffica.» nel dirlo le pizzicò il braccio facendole la linguaccia. Rosie rispose con una linguaccia a sua volta.
«E tu?», le chiese guardandola di sottecchi.
«Aspetto i voti», ridacchiò Roxanne con una scrollata di spalle che fece volare i suoi riccioli in tutte le direzioni, quasi accecando la cugina.
 
La Corvonero aveva intenzione di – strano ma vero – lavorare al San Mungo come medico. Si era innamorata di quella professione la terza o quarta volta che i suoi genitori hanno dovuto ricoverarla d’urgenza a causa delle ferite per i suoi scherzi. Magnifico.
 
Assorta nei suoi pensieri in cui immaginava già gli strani e sanguinosi casi che il futuro le avrebbe riservato (se, ovviamente, sarebbe riuscita a diventare un medico) non si era accorta che Rose si era fermata da qualche secondo.
«Rosie tut-» non ebbe neanche il tempo di finire la frase perché era evidente che, no, non andava tutto bene. La rossa era diventata bianca come un cencio e un velo di sudore era presente sulla fronte che sbrilluccicava per la luce proveniente dalle finestre.
Roxanne ebbe solo un istante per realizzare che tutto il liquido comparso sul pavimento era dovuto alla rottura delle acque della cugina. Fece un balzo verso di lei, afferrandole un braccio e spostandola verso il muro accanto alla finestra per poggiarvisi.
«Non ti sedere»
«Roxanne non ho avuto nessuna contrazione, come si possono essere già rotte?»
«Succede, va tutto bene, stai calma»
Rose cercò di respirare normalmente ma tutto ciò che riusciva a fare era ansimare. La Corvonero le portò una mano alla fronte per scostarle i capelli rossi che le si erano appiccicati alle tempie e, in quell’istante, con la coda dell’occhio vide il liquido che continuava a fluire da Rose.
 
Roxanne era quel tipo di Corvonero che odiava studiare ma ama conoscere, una persona che può essere descritta con il termine di ‘intellettuale’. Non è cosa strana che, quindi, appena saputo della gravidanza della cugina abbia iniziato a leggere tutti i libri sull’argomento su cui aveva potuto mettere le mani. Da tutti quei libri aveva compreso che il colore rossastro di quel liquido non era di certo quello giusto. Avrebbe dovuto essere trasparente, dannazione!
 
Ora era anche lei ad ansimare.
 
«Roxanne?»
«Va tutto bene, va tutto bene» rispose meccanicamente sforzandosi di sorridere alla cugina. Stava visibilmente tremando, «Tutto bene» ripeté ancora una volta cercando di calmare anche se stessa.
Se ciò che aveva letto era vero, la gravidanza di Rose era in pericolo e non c’era neanche un minuto da perdere. Rox si gettò di scatto verso la finestra e, senza pensarci due volte, con la mano destra tirava un pugno alle vetrate per infrangerle mentre, con la sinistra, tastava le tasche della sua divisa per trovare la bacchetta.
Una volta trovata la stecca di legno se la portò alla gola, rievocando l’incantesimo, «AIUTO» gridò verso gli studenti seduti presso il Lago. La magia aveva reso la sua voce così potente che era stato impossibile non notare il tono disperato con il quale aveva lanciato quella parola.
 
 
***
 
 
Per quanto Roxanne potesse ricordare, i corridoi del San Mungo non le erano mai sembrati così … quale poteva essere la parola giusta? Senza speranza?
Aveva visto zio Ron e zia Hermione entrare correndo dalle porte dell’ospedale circa un’ora fa, entrambi avrebbero benissimo esser potuti scambiati per dei fantasmi dato il colorito delle loro facce.
 
La Corvonero si era sentita picchiettare leggermente sulle spalle, «Roxanne?».
«Zia» risponde Rox dopo essersi voltata, cercando di sorridere a Fleur. Probabilmente non è stato uno dei suoi migliori finti-sorrisi perché la donna la guarda con più preoccupazione.
«Sono venuta a dirti che i bambini sono nati, ma ora sono sotto controllo per vedere che … che stiano effettivamente bene. Rose sta dormendo»
 
Fleur era ancora in divisa da Guaritrice, ma Roxanne dubitava che l’avessero coinvolta nell’operazione di un famigliare.
La ragazza non riuscì a spicciare parola, sapeva che, se avesse provato ad aprire bocca avrebbe iniziato a singhiozzare. Annuì con tanta energia e sollievo che la testa avrebbe potuto benissimo staccarsi dal collo.
Fleur le accarezzò la fronte, trascinandola poi un abbraccio ‘dondolante’ che ricordava più una mamma che culla il proprio bambino.
 
E qualcosa in Roxanne si spezzò.
 
Non si era accorta di aver iniziato a piangere finché non sentì gli occhi completamente bruciare e il respiro mancare dai polmoni in fiamme. Fleur sfregava il suo mento contro la testa della ragazza, senza smettere di accarezzarle i capelli.
«Va tutto bene» le disse.
Roxanne voleva rispondere con un ‘Lo so, lo so’ ma non fece altro che mugugnare qualche sillaba indistinta tra un singhiozzo e l’altro. Probabilmente non aveva mai pianto così in tutta la sua vita – effettivamente non ricordava neanche l’ultima volta in cui aveva pianto.
 
Il suo modo di affrontare le emozioni era ripetere a se stessa di rimettere la testa al posto giusto (o sbagliato, data la persona) e di farsene una ragione continuando ad andare avanti.
 
Ma quel pianto era qualcosa di diverso, un mix di emozioni che aveva tenuto sotto controllo così a lungo ed ora non sapeva più da dove iniziare per rimettersi in sesto.
Era un pianto di sollievo per Rose e per i bambini, un pianto di preoccupazione per aver visto il liquido rosso sul pavimento di Hogwarts, un pianto d’ansia per tutti gli esami ai quali si era preparata, un pianto d’addio per la scuola in cui aveva passato sette anni della sua vita. Ed era un pianto anche per Lysander.
 
«Tout le chaos roula dans cette intelligence» le sussurrò Fleur quando la ragazza ebbe finito di sfogarsi. Roxanne la guardò con uno sguardo perplesso; le occasioni in cui l’aveva sentita parlare nella sua madrelingua erano davvero pochissime ed era sempre rivolta a Bill, Dominique, Louis o Victoire per non farsi capire da nonna Molly. «È una frase di-»
«Baudelaire» la interruppe Roxanne con un sorriso, «Dominique mi ha fatto leggere quella poesia. Ha detto che avrei potuto trovare qualche, uhm, analogia con la mia persona.» aggiunse la ragazza stringendo un po’ di più l’abbraccio prima di scogliere la presa dalla zia.
 
 
***
 
Quando i Guaritori erano arrivati a Hogwarts per prendere Rose, Scorpius era riuscito ad essere autorizzato a lasciare la scuola solo perché aveva pesantemente minacciato di procurare un immenso dolore fisico a chiunque avesse provato a fermarlo. Roxanne, d’altro canto, era stata autorizzata perché Rose continuava ad aggrapparsi convulsamente alle mani della cugina perché non voleva lasciarla andare.
L’unico che non era riuscito a vincere quella crociata per dirigersi al San Mungo era stato Hugo.
 
Il ragazzo era seduto al centro del campo di Quidditch stringendo in mano una fotografia che Roxanne gli aveva portato ritornando dall’ospedale. Nel piccolo quadratino di carta c’erano i due corpicini minuscoli dei suoi nipoti, uno accanto all’altra immersi in un liquido dorato di cui Hugo ignorava l’utilità. Le loro piccole dita si stringevano a pugno e poi si rilassavano e ogni volta che la foto si muoveva il ragazzo aveva una stretta al cuore e un sorriso idiota gli si dipingeva da un lato all’altro della faccia.
 
Sentì dietro di sé dei passi soffici che tagliavano l’erba e si avvicinavano a lui, «È ancora il mio t-». Ma il nuovo arrivo non era Dominique venuta a reclamare la fotografia per sbavarci un po’ su, con un tonfo leggero Vanessa Alice Paciock cadde seduta a mezzo metro da Hugo.
«Ciao»
«Ciao»
«Sono … loro? Sono i figli di Rose?» chiese Nessa allungando il collo per guardare la fotografia tra le mani di Hugo. Lui inclina il quadratino verso di lei, permettendole di dare un’occhiata migliore a quelle due magnifiche creaturine che continuavano a stringere quei paffuti pugnetti senza sosta.
Vanessa sorrise alla fotografia, non riuscendo a fermarsi nel passare un dito sulle due figure mezze addormentate. Hugo cercò malamente di soffocare una risata.
«Perché ridi?»
«Hai accarezzato la foto»
Vanessa scrolla le spalle, rivolgendogli il dito medio in tutta risposta. Non parlava con il suo migliore amico da – quanto, mesi? Le sembravano anni. Ogni notte continuava a ripensare a quello stupido bacio che aveva dato a Lysander solo per rendere Hugo geloso; ogni notte si pentiva di quell’azione che non aveva fatto altro che allontanare il rosso da lei. (Senza contare il fatto che Roxanne non le rivolgeva più la parola, anche se Vanessa al tempo del bacio non aveva idea che la ragazza provasse qualcosa per Scamander.)
 
Rimasero entrambi zitti per qualche minuto, ma non c’era tensione tra i due. Vi era, però, un senso di nostalgia per quell’intimità che avevano condiviso per tanti anni ma che ora sembrava impossibile riavere indietro.
«Allora, come si chiamano?» chiese la ragazza facendo scoccare la lingua sul palato e gettandosi distesa sull’erba. I capelli sparpagliati sul verde della natura che iniziava ad odorare di terra arida a causa delle poche piogge di Giugno.
Vanessa fece scorrere una mano tra l’erba e strappo energicamente una zolla dal terreno, scegliendo accuratamente il filo d’erba più lungo e pulito per mettersi tra i denti e giocherellare un po’.
«Strano, in effetti … non so come si chiamino, Roxanne non ha avuto ancora modo di parlare con Rose» affermò Hugo aggrottando la fronte. Il ragazzo prese il filo d’erba che Vanessa gli stava offrendo e, senza pensarci, lo usò per solleticare il naso della Paciock prima di metterselo in bocca.
 
«Non gli hai ancora visti?»
«Uhm, no. Non ho ancora avuto il permesso di lasciare la scuola. Sicuramente mamma e papà saranno impegnati a parlare con Rose per ricordarsi che sono ancora qui» confessò ridendo. Sperava che suo padre risolvesse i problemi con sua sorella, i rapporti famigliari erano stati piuttosto turbolenti e freddi negli ultimi mesi. «Però … nulla, lascia stare».
«Parla» lo rimproverò Vanessa dandogli un pizzicotto.
«… uhm, però gli voglio bene. Nel senso, questi due piccoletti sono già una parte della mia famiglia, della mia vita. E non li ho neanche incontrati! Dannazione, non so neanche come si chiamino ma so che farei di tutto per proteggerli. È solo che è … strano, suppongo. Amare così tanto qualcuno che non si ha mai visto.»
Vanessa si era alzata, poggiando il peso del corpo sul gomito destro e portandosi la mano sinistra a riparare gli occhi dal sole. Piegò leggermente la testa di lato per guardare Hugo negli occhi prima di dire «Nah… non è strano, è solo umano».
 
Entrambi ridacchiarono, avvicinandosi l’uno all’altra per contemplare e studiare meglio ogni centimetro di quei corpicini estranei. Provarono ad indovinare anche quale nome avesse potuto dare loro Rose, ma la maggior parte dei loro suggerimenti era legata alle grandi leggende del Quidditch e iniziarono a dubitare che Rose sarebbe stata così intelligente da chiamarli in quel modo.
 
«Scusami se ti ho dato un calcio nelle, ehm, parti basse» se ne uscì di punto in bianco Vanessa iniziando a torturare con le dita l’erba intrappolata sotto il suo peso.
Hugo sapeva che, dal canto suo, avrebbe dovuto scusarsi di averla baciata ben due volte senza che l’altra se lo aspettasse. Ma non riuscì a scusarsi.
Effettivamente, non voleva scusarsi. 
«Hey, pensi che ti andrebbe, non so, di venire a trovare Rose con me più tardi? Quando i miei genitori si ricorderanno del Figlio-Numero-Due?»
«Certo, ma se non mi piacciono i nomi delle creature sappi che farò di tutto per appiopparne degli altri.»
«Affare fatto»
 
E Hugo avvicinò inconsciamente il suo viso a quello della ragazza, fermandosi qualche centimetro prima che le loro bocche si toccassero. Vanessa sussultò leggermente, le guance in fiamme quasi quanto quelle di Hugo che iniziavano ad emanare raggi termici.
«Io ti ho già baciata due volte, tocca a te» sussurrò lui, soffiando le parole sulle labbra di lei.
«Hai detto però che il primo bacio era un bacio di congratulazioni. Ed il secondo a me è sembrato più l’esempio di un bacio vero e proprio» precisò Vanessa fissandolo negli occhi.
«Erano pur sempre due baci» ribatté a sua volta il ragazzo abbozzando un mezzo sorriso senza interrompere il contatto visivo. «E prometto che io non ti tirerò un calcio tra i testicoli se mi baci.»
«Oh, allora questa è proprio un’occasione da non perdere»
 
Vanessa allungò di qualche centimetro il collo, colmando la piccola distanza che separava i loro visi, posando le sue labbra su quelle del ragazzo in un bacio leggero.
Le loro bocche si accarezzavano con gentilezza e quando Vanessa dischiuse le labbra, Hugo l’avvicinò a sé portandole una mano dietro la nuca e avvicinandola. La Grifondoro tracciò con la punta della lingua il contorno delle labbra di Hugo prima di toccare la lingua di quest’ultimo.
 
Rimasero ad assaporarsi per qualche minuto finché Hugo non si staccò dal viso della ragazza, paonazzo e accaldato, «Ho un crampo alle gambe.»
«Merlino, Weasley. Ti sembra il modo di interrompere un momento romantico?» gli chiese Vanessa alzandosi in piedi. Batté le mani sulle gonna, scacciando via qualche filo d’erba che vi si era posato e poi porse il palmo destro al ragazzo che lo afferrò per tirarsi su.
«Ti sembra il modo di interrompere un momento romantico?» ripeté in falsetto Hugo facendole il verso mentre saltellava in tondo cercando di distendere il muscolo della gamba. Vanessa in risposta gli diede un pizzicotto sul sedere.
 
 
***
Una piccola increspatura tra le piatte acque del Lago Nero riportarono Roxanne alla realtà, continuava a ripensare a quella mattinata piena di emozioni; l’immagine particolare che le era rimasta impressa nella mente era il modo in cui Scorpius guardava Rosie. L’aveva sempre guardata come se lei fosse l’unica cosa ad aver senso in un mondo sottosopra? Per Scorpius – Roxanne ne era certa – Rose era una creatura di immensa e rara bellezza anche completamente accaldata, isterica e pronta al parto.
Era questo, in particolare, il quesito che premeva per trovare una risposta. Il fatto che Ron Weasley si fosse riappacificato con sua figlia dopo mesi di mutismo nei suoi confronti era qualcosa in secondo piano (ma che comunque aggiungeva particolare gioia al quadro emotivo agrodolce di Roxanne).
 
Milioni di emozioni che aveva cercato di reprimere in angoli profondi e oscuri del suo inconscio erano rispuntate tutte nel medesimo instante, gridando a gran voce per essere sentire – per essere provate.
E Roxanne era ritornata al castello di Hogwarts come se avesse duellato con ventitré troll contemporaneamente. Fisicamente stancata e emotivamente stupida di poter fare certe cose.
 
«Ehy» sussurrò una voce dietro di lei.
«Ciao» rispose Rox stropicciandosi gli occhi stancamente, sorridendo di traverso a Lysander che poggiò la schiena contro il tronco dell’albero più vicino. Erano a due metri e mezzo di distanza, più o meno.
«Come sta Rose?»
«Quando ho lasciato l’ospedale stava per addormentarsi, ma sta bene.»
«E i bambini?»
«Oh anche i marmocchi stanno bene, non ho potuto toccarli né altro ma ho portato una fotografia a Hugo che è stato bruscamente dimenticato dagli zii e non è ancora riuscito ad ottenere un’autorizzazione per lasciare la scuola»
«E tu, come stai?» le chiese Lysander con una nota di preoccupazione e dubbio nella voce.
 
Se quella domanda fosse stata posta a Roxanne il giorno prima, lei avrebbe catalogato quel tono preoccupato come un tono di rimprovero o una domanda fatta solo per controllarla. In realtà, ora, arrossì un po’ rendendosi conto che Lysander si preoccupava della sua felicità. Un giorno fa sarebbe scappata a gambe levate pur di non rispondere a una domanda del genere, ora invece si avvicinò lentamente al ragazzo piazzandosi a meno di mezzo metro di fronte, piegando leggermente la testa di lato.
Qualche ricciolo le cadde davanti agli occhi, Lysander allungò una mano per spostarli ma la fermò a mezz’aria (maledicendosi mentalmente). Roxanne fece un altro passo verso di lui, invitandolo chiaramente a continuare ciò che voleva fare.
 
Lys premette la mano contro la guancia di Rox e l’accarezzo lentamente fino ad arrivare ai riccioli che le rimise dietro l’orecchio. Ovviamente i riccioli ritornarono prontamente davanti agli occhi della ragazza perché, ammettiamolo, solo nei film i capelli vengono miracolosamente domati dal fustacchione di turno.
«Ci hai provato» disse Roxanne ridacchiando. «Sto bene, un po’ a pezzi forse, ma è uno di quei dolori piacevoli, sai.» continuò rispondendo alla domanda del ragazzo.
Lysander sorrise di rimando, come se la risata di Roxanne provocasse il lui un’azione involontaria. «A pezzi? Cos’è successo?»
«Emotivamente tante cose ma, se vogliamo essere sintetici: tu. Tu sei successo.»
«Non capisco» disse Lysander irrigidendosi visibilmente, spostando il corpo del proprio penso su entrambi i piedi e staccandosi dall’albero. «Io non voglio farti male.»
«No, no, lo so, lo so» gli rispose Roxanne annuendo con vigore e avvicinandosi di più al ragazzo. (Le punte dei loro piedi erano molto, molto vicine). «È un bel dolore, Lysander, è davvero davvero bello, credimi. Credo di essermi innamorata di te.»
Roxanne gli posò le mani sul petto, guardando un punto imprecisato della cravatta del ragazzo mentre lui cercava di assimilare le parole di lei.
 
Rox decise di concedergli qualche minuto di silenzio, alzò la testa per guardarlo e si ritrovò uno sguardo disgustato da parte di Lysander come risposta alla sua confessione.
Ogni singola cellulare nel corpo di Roxanne le stava dando della ‘stupida!’; stupida per esser stata così presuntuosa da pensare che nonostante tutto quello che gli ha fatto passare, lui possa essere ancora interessato a lei. O peggio: che sia mai stato interessato a lei.
«È uno dei tuoi scherzi, Roxanne? Se è uno scherzo, se quello che mi stai dicendo non è quello che provi davvero ti prego, ti supplico di fermarti e dirmelo» rispose Lysander con freddezza.
«N-no. Cazzo, ogni volta che sono triste ti vorrei accanto. Ogni volta che sono felice ti vorrei accanto. È come, oh Merlino, non lo so neanche io … tu dai un senso a tutto. Quando sono con te mi sento bene, come se tutte le cose brutte nella mia testa diventino qualcosa di più leggero e… voglio sentirmi così sempre, miseria. Sono egocentrica? Si, si molto probabilmente data la quantità abnorme di cugini con cui ho dovuto dividere le attenzioni nella mia infanzia. E lo so, lo so che mi stai guardando così perché sono uscita fuori discorso ma il fatto è che: no, questo non è un fottuto scherzo.»
«Bene, perché io sono innamorato di te da un bel pezzo nonostante molta gente sana di testa mi abbia raccomandato di non farlo»
«Oh no, ti prego non starli a sentire. Sono solo invidiosi di quanto saremo i più belli di tutti – no, voglio dire, io con la mia pelle mulatta e il mio essere spumeggiante e tu con quegli occhi azzurri e il tuo essere … bhè, un po’ meno spumeggiante» blaterò la ragazza alzando teatralmente gli occhi al cielo.
«Oddio, ti prego sta’ zitta, stai rovinando il momento» ridacchiò Lysander afferrandola per i fianchi e portano il corpo di lei contro il suo.
 
Roxanne gli allentò leggermente la cravatta e, stando attenta a non soffocarlo, lo tirò verso di se per un bacio.
 
 
F I N E
   
 
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