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Autore: DirceMichelaRivetti    12/10/2015    1 recensioni
Ora che la storia è stata scritta, rifaccio l'introduzione.
Ambientata qualche mese dopo "Giorni di un futuro passato", non tiene conto di quanto si vede in X-men Apocalisse.
Magneto pensa alla propria vita, ai propri affetti, a quel che teme per i mutanti e quel che vuole fare per loro. Non ultimo dei suoi pensieri è l'amicizia con Charles e le loro divergenze di opinioni.
Mentre si trova a Gerusalemme, un po' per ritrovare le proprie origini, Erik conosce una giovane mutante, Virginia, in viaggio da sola. Decide di accompagnarla, ma sul cammino si imbatteranno in Stryker, con cui si scontreranno più volte.
Charles, Hank e Raven interverranno. I problemi si svilupperanno su scala mondiale.
Mutanti. ONU. Stryker. Charles. Erik
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto, Nuovo personaggio, Un po' tutti, William Stryker
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il cielo era rossastro e i raggi del Sole, che scompariva lentamente dietro l’orizzonte, colpivano le lamine dorate della cupola della Moschea della Roccia che svettava al di sopra dei tetti di Gerusalemme.

Era il trentuno ottobre e il clima era buono: in quelle zone non faceva particolarmente freddo, neppure in inverno, si poteva tranquillamente passeggiare per le strade, coperti da una giacca o un giubbotto leggero.

Tranquillamente non era forse il termine più adatto, dal momento che era trascorsa appena una settimana dalla fine di una guerra durata circa venti giorni. Si vedevano ancora i segni degli scontri per le strade: proiettili, muri diroccati, macerie ammassate in attesa di essere portate chissà dove.

La guerra del Kippur … uno dei tanti capitoli del conflitto arabo-israeliano, non era stato il primo e non sarebbe stato l’ultimo.

Dopo la diaspora e tante persecuzioni durate secoli in ogni angolo del mondo, gli Ebrei avevano finalmente potuto rientrare nella loro Terra Promessa, avere un loro Stato … eppure ciò non era sufficiente per farli vivere in pace, anche lì, nella loro Gerusalemme, non erano al sicuro e venivano attaccati in continuazione, combattuti, considerati invasori in patria.

A questo stava pensando Erik, mentre passeggiava tra i vicoli della città, per godersi la bellezza del panorama. Non sentiva mai il suo animo quieto, ogni ora del giorno lo assillavano problemi e dubbi, la sua mente era sempre alla ricerca di risposte e soluzioni e camminare al vespro era una delle poche cose che lo rilassava.

Dieci anni trascorsi in prigione gli parevano meno dolorosi e affannosi di quegli ultimi mesi.

Incarcerato si sentiva come un martire, sapeva di essere lì ingiustamente, incastrato, perché aveva degli ideali e dei valori per i quali combatteva ed era disposto a tutto per essi.

Prima non aveva potuto agire perché rinchiuso, ora invece aveva la possibilità di agire, eppure non sapeva cosa fare.

Beh, non era proprio così. Erano trascorsi nove mesi da quando aveva fallito il suo tentativo di uccidere Nixon, da quando gli era stato impedito di lanciare un monito agli umani, da quando Mistyca gli aveva voltato le spalle per tornare da Charles.

Non era rimasto in attivo per tutto quel tempo: aveva incontrato altri mutanti che condividevano il suo pensiero, era riuscito a prendersi alcune rivincite, tuttavia questo non gli bastava. Sentiva di potere fare di più, di dovere fare di più. Non sapeva però esattamente come muoversi. A volte pensava ad elaborare grandi piani, altre si diceva fosse meglio prima trovare fratelli e sorelle mutanti, formare con loro una società, essere uniti e proteggersi a vicenda; altre ancora, quando aveva notizia del successo che stava riscuotendo la scuola ideata da Charles, si sentiva frustrato e aveva voglia di mandare al diavolo tutto e tutti ma poi si calmava.

Con i mutanti che si rivolgevano a lui, Magneto si mostrava calmo, sicuro, calcolatore: era indubbiamente un leader carismatico; rimasto solo, invece, l’uomo si sentiva decisamente più insicuro e confuso, soprattutto perché aveva la consapevolezza di essere ormai considerato un punto di riferimento per la comunità dei mutanti e dunque ne sentiva la responsabilità.

L’esistenza dei mutanti era ormai nota al mondo e già si erano manifestati attriti, discordie, qualche atto di violenza da ambo le parti, ma nulla di grave.

I mutanti, quelli che avevano avuto il coraggio di uscire allo scoperto, si erano raggruppati o attorno al Professor X, oppure a Magneto, a seconda del loro animo.

Eric era consapevole che molti guardavano a lui come a una guida o un esempio e quindi sentiva di non doverli deluderli, di dover trovare la strada giusta e condurre gli altri verso la vittoria, una vita felice. Si era preso un impegno e gli stava a cuore più di ogni altra cosa: non poteva fallire.

Era contento di essere importante, il potere e la responsabilità lo appagavano ma, allo stesso tempo, erano fonte di apprensione: anche solo il minimo errore avrebbe potuto rovinarlo.

Si era preso alcuni giorni di isolamento dai suoi nuovi collaboratori: aveva bisogno di poter essere come si sentiva, senza dover indossare la maschera del leader; ciò era evidente anche a livello visivo: i suoi abiti non erano in perfetto ordine e aveva la barba di chi non si rade da alcuni giorni.

Eric approfittava della quiete che riempiva le strade di Gerusalemme alla sera per calmarsi: cercava di non pensare alle preoccupazioni che, comunque, si facevano largo nella sua mente, ma in maniera più dolce.

 

“Mostro! Mostro!”

Questa cantilena scosse Magneto dai suoi pensieri. L’insulto non era rivolto a lui, ma quell’unica parola bastò per catturare la sua attenzione; si guardò attorno per capire che cosa stesse accadendo e poi notò che nel vicolo accanto alcuni adolescenti avevano preso di mira un loro compagno e, oltre ad offenderlo, lo spintonavano da una parte all’altra, insultandolo. La vittima era palesemente un mutante: occhi a fessura e lingua biforcuta come quelle di un serpente, canini pronunciati, presumibilmente velenosi, e pelle che mutava in scaglie, quando veniva percossa.

Scorgendo un proprio simile in pericolo, Erik decise di soccorrerlo, già stava per scaraventare i bulli contro alle case, quando si udì una voce dall’altra parte della via.

“Ehi, fermi! Fermi!” intimava una ragazza, evidentemente forestiera “Che cosa state facendo?”

“Sta zitta e non t’immischiare.” replicò uno degli adolescenti, degnandola appena di uno sguardo “Non vedi che stiamo dando una lezione a questo dannato mutante?”

“Perché? Che cos’ha fatto?” insistette la giovane, avanzando di qualche passo con decisione.

Magneto si era stupito nel vedere qualcun altro esporsi per un mutante e quindi aveva deciso di rimanere ad osservare, almeno per il momento.

“Non hai sentito?” si stizzì uno dei bulli, che continuavano a colpire il coetaneo “È un mutante!”

“Questo non risponde alla domanda Che cosa ha fatto?” ribatté la ragazza che, vedendo il malcapitato ancora picchiato, ruotò leggermente una delle mani e un cerchio di fuoco, con fiamme alte fino al ginocchio, si formò attorno alla vittima, in modo che i suoi persecutori non potessero più avvicinarsi.

“Sei una schifosa mutante anche tu!” si sorprese e arrabbiò un altro ancora del gruppetto.

La donna non si scompose e scandì con fierezza: “Essere mutanti non è una colpa.”

“È un privilegio.” aggiunse Erik, facendosi avanti.

Si sentiva un po’ fuori luogo in quella situazione: lui quasi quarantenne a redarguire dei ragazzini, ma c’era di mezzo la questione mutanti e quindi non poteva lasciar correre.

“È una casualità genetica.” ribatté, invece, la straniera.

“È una mostruosità!” tagliò corto uno dei bulli.

“Siete degli scherzi della natura!” ringhiò un altro “Il vostro posto è il circo o il cimitero!”

Eric scoppiò in una risata divertita e sprezzante e poi commentò: “Sono sicuro che le scimmie abbiano pensato ciò, davanti agli ominidi. Noi siamo il futuro ed è bene che voi, involuti, non ostacoliate il naturale progresso.”

La donna lo guardò accigliata per qualche istante, poi scosse il capo e riprese: “Abbiamo capacità straordinarie, è vero, ed è stupido insultarci e maltrattarci per esse,  visto che potremmo essere molto utili alla società, se non aveste paura di noi.”

Magneto usò il proprio potere per sollevare per aria di un metro i ragazzini, dicendo: “Utili, sì, ma anche pericolosi: un mutante vale minimo cento umani, per cui dovreste ben temere la sua ira. Alcuni di noi sono accecati dal buonismo e non reagiscono alle vostre fanfaronate, ma se un giorno si stuferanno di subire … per voi sarà la fine.” li lasciò  ricadere violentemente per terra.

La giovane, spazientita da quei metodi, rivolse all’uomo, dicendo: “Mi scusi, ma i tempi dell’oderint dum metuant sono finiti da un pezzo. Sono almeno quei centocinquant’anni circa che si cerca di far valere l’universalità dei diritti umani.”

“Che sono solo una favoletta che viene rispolverata quando ai potenti di una nazione fa comodo interferire per una qualche ragione negli affari di un’altra.” ribatté Magneto “A nessuno importa di far valere i diritti umani, se non come pretesto per condurre guerre di sopraffazione che hanno ben altro scopo.”

“Tanto voi non siete umani!” urlò uno dei bulli, piuttosto innervosito.

Eric annuì e dichiarò: “Siamo di più: siamo homo superior.”

“Siamo esseri umani.” affermò, invece, la donna “Le nostre capacità non ci snaturano. Qualcuno di voi è mancino?”

Ci fu perplessità tra i bulli, poi uno di loro alzò la mano.

“Bene: tu e quello rosso di capelli, fino a cent’anni fa, ma anche meno e in certe zone tutt’oggi, sareste considerati incarnazioni di demoni. C’è qualcuno che si intende di erboristeria? No? Per fortuna, altrimenti qualche secolo fa sarebbe stato bruciato sul rogo. Via, salga allora sulla pira chi ha un gatto nero. Tutti voi credete che sia la Terra a girare attorno al Sole e non viceversa? Molto bene, quattrocento anni fa sareste stati tutti mandati a morte. Tranne tu, che sei gracilino, che probabilmente ti avrebbero gettato da una rupe o abbandonato in fasce. Avete bisogno di altri esempi? Le opinioni della massa sono mutevoli e basta nascere qualche anno troppo presto o troppo tardi per essere considerati dei mostri per via di qualche elemento di voi che in un’altra epoca o semplicemente luogo sarebbe perfettamente accettato.” il tono finora aspro si addolcì: “Tornatevene a casa e domandate ai vostri genitori com’è essere perseguitati unicamente in virtù della propria nascita: fatevi raccontare e, se capirete, probabilmente non vi arrogherete più il diritto di umiliare e picchiare qualcuno solo perché leggermente diverso da voi. Le nostre similitudini superano sempre le nostre differenze. Andate.”

I bulli non se lo fecero ripetere due volte e corsero via. La ragazza guardò le fiamme che si spensero, poi si avvicinò al giovane mutante e gli chiese come stesse, lo rassicurò e poi lo esortò ad andare a casa. Il ragazzino ringraziò e si avviò. Magneto, allora, gli fece un cenno e gli disse: “La prossima volta, mordili oppure dà loro un saggio delle tue capacità: non farti mettere i piedi in testa. Gli uomini capiscono solo la forza: finché non mostrerai a loro che puoi essere pericoloso, continueranno a trattarti male e tu non lo meriti. Nessuno mutante lo merita.”

Il ragazzino annuì e si allontanò, sembrava avesse un’aria contenta.

“Nessuno in generale lo merita!” gridò la giovane, per farsi sentire, nonostante la distanza.

Eric fece una smorfia e, con tono ironico e stizzito, chiese: “Ti ha catetizzata il Professor X?”

“No. Ne ho sentito parlare, ma non l’ho mai conosciuto.” rispose lei, avvicinandosi “Questo è  il mio normale e spontaneo modus operandi.”

“Stucchevole e zuccheroso.”

“No, affatto. Non sono ottimista, tutt’altro. So bene che se le mie parole scuoteranno anche soltanto uno di quei ragazzini, lo si potrà considerare un gran successo.”

“Perché seguire un metodo che ritiene fallimentare? Non sarebbe meglio tentare un’altra strada?”

“Sono una disillusa, vedo fallimento ovunque. Credo che piccoli e singoli esempi e insegnamenti possano spesso servire meglio che tentare grandi rivoluzioni. Le rivoluzioni non sono mai rapide spontanee, ma sono sempre il risultato di tanti piccoli passi fatti nell’arco di molto tempo.”

“Può essere, ma in questo modo ci sono troppe vittime innocenti. I neri hanno di recente acquisito lo status di umani e cittadini a tutti gli effetti in America ed è un notevole passo in avanti, considerando che fino a un secolo fa erano schiavi … ma nel frattempo quanti di loro sono stati sfruttati, considerati bestie, strumenti di lavoro? Quanti non hanno potuto vivere una vita degna di tale nome? Quanti sono stati uccisi e massacrati? E anche una volta abolita la schiavitù, quanti di loro hanno continuato a patire perché non avevano pari diritti e dignità? Certo, ora c’è una legge che li equipara agli altri cittadini, ma credi che possa davvero bastare solo questo per spegnere il cieco e stupido odio degli uomini? E anche se fosse, che colpa avevano gli schiavi? Chi renderà loro giustizia? Nessuno. Questa è la stessa sorte che potrebbe toccare ai mutanti, se non combatteremo fin dall’inizio per avere ciò che ci spetta.”

“La giustizia è relativa, è una categoria della mente umana, è relativa e di certo la storia non la segue. Il mondo ha le sue leggi e raramente coincidono con la nostra idea di giusto e di bene.”

“Quest’affermazione va a mio favore.” fece notare Magneto, abbozzando un sorriso “Se non possiamo aspettarci giustizia dal mondo, dobbiamo farcela da soli.”

Eric e la ragazza rimasero ad osservarsi per qualche istante.

L’uomo scrutava l’interlocutrice alla ricerca di qualche indizio che potesse fornirgli informazioni su di lei: era corpulenta, ma proporzionata e si poteva notare il gran seno che aveva, nonostante fosse avvolta in una mantella a scacchi rossi e blu, indossava poi una lunga gonna scura; aveva la carnagione piuttosto pallida, capelli scuri, molto lunghi e mossi, occhi oliva; aveva tutto l’aspetto di chi ha viaggiato per diverso tempo, senza troppe comodità.

Infine, lei propose: “Perché invece di esporre le nostre teorie in mezzo alla strada non lo facciamo in un locale, bevendo e mangiando qualcosa? Ho voglia di vino e liquore, ma in queste parti del mondo non vedono di buon occhio una donna che si accosta agli alcolici: se li ordinate voi, potrei bere senza difficoltà.”

Eric rimase perplesso qualche rapido istante, ma poi si sentì piuttosto divertito e acconsentì: “Sia. Credo che la conversazione sarà piuttosto interessante. Sono curioso d’ascoltarti.”

“Vi dispiace se andiamo nel pub accanto all’ostello dove alloggio?”

“Fa strada e dammi pure del tu: siamo mutanti, tra di noi non c’è bisogno di formalità. Io sono Erik Lehnsherr, detto Magneto.”

“Lo so bene, vi ho riconosciuto. Dopo che avete attentato al presidente Nixon in diretta tv, tutti conoscono il vostro volto. Per quanto riguarda il tu, spero che man mano mi venga naturale, ma sono piuttosto abituata a dare del lei e del voi. Ad ogni modo, io sono Virgigna Balletti e se proprio devo avere un soprannome sia Fosca.”

Concluse le presentazioni, i due mutanti si incamminarono.

   
 
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