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Autore: Strega1981    12/10/2015    1 recensioni
Salve!
In diretta dal mondo Marvel & Co., ecco una nuova storia di Strega1981!
Prima di tutto, una domandina veloce...
Cosa sappiamo, veramente, della storia di Tarabas?
E cosa accadrebbe se il nostro mago preferito dovesse andare in cerca del proprio passato, iniziando un'incredibile avventura con amici vecchi e nuovi?
E magari, lungo il cammino, scoprire qualcosa che Xellesia gli ha tenuto sempre nascosto?
Se vi ho incuriosito, questa è la mia versione della storia...entrate...leggete...e fatemi sapere!!
Genere: Fantasy, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fantaghirò, Nuovo personaggio, Romualdo, Tarabas, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Prologo_La Notte dell’Addio.

La giovane donna dai lunghi capelli biondi correva nel buio della foresta, le braccia candide che sanguinavano copiosamente a causa dei graffi provocati dai rovi…
Fuggiva da ore, un fagotto stretto al petto, il corpo debole e reso fragile dalle recenti fatiche del parto, la magia che, pur scorrendole ancora nelle vene, non le era di alcun aiuto.
Non poteva usare la magia…non doveva…o lui avrebbe potuto trovarla…
In realtà, già sapeva che l’avrebbe trovata…era solo questione di tempo…di ore forse…o di minuti.
E per lei, ogni minuto era prezioso come la vita…quella stessa vita che ora custodiva tra le braccia sempre più stanche…
Un’ombra maligna oscurò la luna per un istante…e la strega si appiattì contro il tronco scuro di una quercia azzurra, trattenendo la propria aura magica con un rapido incantesimo che sperava le avrebbe permesso di non farsi avvertire dal demone.
L’ombra aleggiò ancora sopra le cime degli alberi, muovendo la testa fumosa a destra ed a sinistra…poi si spostò, emettendo un grido rauco ed allontanandosi verso sud.
Nello stesso momento, un flebile vagito, proveniente dal piccolo involto di tessuto che la donna stringeva a sé con tenacia, ruppe il silenzio.
Lei chinò il volto pallido su di esso, il sorriso colmo d’amore e di pena.
“Ssst…buoni piccoli miei…buoni…siamo quasi arrivati…”
Guardò verso l’alto, ma l’ombra non ritornò…forse l’aveva vista…forse no…ma almeno le dava il tempo di fuggire ancora…
In quel silenzio quasi assordante, il suo udito acuito dalla disperazione avvertì un gorgoglìo…un suono echeggiante di onde e di sassi che rotolavano nell’acqua…
Gli occhi grigio azzurri le si dilatarono, e nella gola le vibrò un singulto di speranza.
Il mare…
Sospirò, le lacrime che iniziavano ad affacciarsi dalle sue iridi chiare.
“Finalmente…gli Dei mi hanno assistita…”
Animata da una nuova speranza, da una nuova determinazione, la donna riprese la propria corsa…e nel giro di pochi minuti, che a lei parvero comunque ore, il grande Mare delle Sirene le apparve davanti in tutta la sua maestosa immensità.
La giovane madre corse fino al punto in cui batteva l’onda, inginocchiandosi sui sassi lisci e tondi e guardandosi attorno, nell’intento di scorgere almeno una piccola imbarcazione, anche abbandonata…anche distrutta.
L’avrebbe riparata con la magia…se solo…
Un grido le gelò il sangue, e la figura minacciosa del demone di fumo nero torreggiò su di lei…volando via subito dopo.
Strinse più forte al seno i bambini…ma era troppo tardi.
Per lei…e per i suoi figli.
“No…no!”
Lui…lui stava arrivando…la creatura demoniaca forse aveva avvertito la sua presenza nella foresta…o forse aveva sentito la magia dei bambini…quella magia che lei, indebolita dal parto, non era riuscita ad occultare…
O magari, molto più semplicemente, aveva rifatto il giro di poco prima…e l’aveva vista correre sulla spiaggia.
Erano tutte ipotesi plausibili…ma la certezza era una sola.
Lui l’aveva trovata…ed il suo tempo stava per scadere.
Sentendosi già sconfitta, la strega bionda premette la fronte sul panno che avvolgeva i suoi piccoli…quindi rialzò il capo, scostandolo con le dita sottili…sospirando dolorosamente nel guardare i minuscoli visi dei bambini che dormivano tranquilli l’uno accanto all’altro.
E le lacrime, che fino a poco prima aveva trattenuto, le scorsero roventi sulle guance diafane.
“Non ce l’ho fatta…non sono riuscita a salvarvi…perdonatemi, bambini miei…”
Ricordi amari come fiele le si riversarono nella memoria, al pensiero di quanto aveva…amato, quell’uomo dal quale ora fuggiva…un essere spietato che, dietro ad un volto d’angelo, nascondeva tutto il male che gli Dei fossero stati in grado di generare…
Aveva sperato che il suo amore lo avrebbe redento, salvato…ma lui non cercava alcuna redenzione…e non anelava l’amore.
Lui voleva solamente un erede…e doveva generarlo con una strega perché fosse abbastanza potente da ereditare, un giorno, il suo trono di malvagità…
Spalancò gli occhi nel buio, folgorata da un’improvvisa consapevolezza.
Un erede…lui voleva un erede…e sapeva che quell’erede era nato…
Ma non sapeva…almeno non ancora…che il suo tanto agognato discendente non era venuto al mondo da solo.
E quel segreto, forse, poteva essere l’unica via della salvezza.
La strega dai capelli biondi si riscosse, girando lo sguardo intorno a sé con apprensione…un vento gelido di morte proveniva dalla foresta che si era appena lasciata alle spalle, facendola rabbrividire…segno che lui si stava avvicinando.
Il tempo…quel tempo che poteva osservare srotolarsi infinito dinnanzi a lei…ora le appariva come un carceriere crudele…che non le lasciava scampo…
Doveva fare presto…doveva scommettere su quella flebile, remota possibilità.
Anche se per farlo, avrebbe dovuto spezzare il proprio cuore in due…
Decisa ormai a compiere quella scelta che ogni madre avrebbe riconosciuto come lacerante, posò sulla spiaggetta sassosa l’involto che sino a quel momento aveva tenuto serrato contro il petto, e si alzò in piedi, puntando un braccio verso gli scogli poco distanti, sui quali vedeva crescere le canne sottili dei flauti di mare…
Un grosso fascio di quelle piante resistenti e nodose si staccò dalle rocce, volando fino a lei…rapidamente, utilizzando adesso senza più ritegno la magia che si era negata fino ad un attimo prima, intrecciò gli steli flessibili in un canestro, e quando fu pronto, lo depose accanto ai suoi figli addormentati.
Con il cuore stretto in una morsa, si inginocchiò ed aprì la coperta candida con la quale li aveva avvolti per fuggire, fissando per l’ultima volta le piccole teste accostate, l’una bruna, l’altra bionda.
Chissà per quanto tempo, non avrebbe potuto rivederli così vicini…forse mai più, per tutto il resto della propria esistenza…ma almeno, avrebbe dato loro una speranza di ritrovarsi…un giorno.
La donna alta e pallida estrasse dal fagottello il neonato con i capelli biondi, stringendolo forte a sé prima di infilarlo con dolcezza nel cestino di giunchi…ed accarezzò con la punta delle dita, il petto che le spasimava di dolore, il visetto angelico della bambina.
Sospirò, trattenendo i singhiozzi e chinandosi per baciarla con infinita tenerezza.
“Piccola mia…perdonami, se puoi… Lasciarti, è l’unico modo per salvarti…e per salvare tuo fratello… Se vi trovasse entrambi, nessuno di noi avrebbe più scampo dalla sua smania di distruzione… Tu sei la nostra…la sua unica speranza…”
Incapace di lasciarla andare, strinse il pugno sul suo minuscolo torace…sentendo le unghie che le si conficcavano nella carne…
Una goccia scarlatta fece capolino tra le sue dita…e la strega bionda ebbe un’idea…mentre il vento gelido dietro di lei aumentava d’intensità.
Si guardò le mani, e con forza ripeté il gesto, piantandosi le lunghe unghie nei palmi, lasciando scorrere il sangue che, magicamente, si fermò a mezz’aria, formando due pietre scintillanti.
Con il dito indice, mentre le ferite le si rimarginavano, tracciò sulla superficie dei due rubini altrettante linee sinuose, formando alcune lettere.
Una L…ed una T…
Afferrò la prima, e continuando a tracciare spirali nell’aria, attingendo materia impalpabile dall’acqua del mare e dalla spuma che si liberava dalle onde, la circondò di un castone argentato e la appese ad una catenella d’argento…
Pose poi il gioiello, creato dal suo sangue e dal suo potere, nel cestino, tra le pieghe delle fasce che avvolgevano la bimba.
Quindi prese il cesto tra le braccia, iniziando ad avvicinarsi all’acqua e parlando con dolcezza alla bambina dormiente.
“Ti chiamerai Liomea, piccola mia… Anche se ora ci separiamo, sappi che non smetterò mai di amarti…e di pensarti… Tu crescerai lontana da noi…dove sarai al sicuro…ed un giorno, che io esista ancora oppure no, salverai tuo fratello… Lui vuole un erede maschio…non ti seguirà…non ti cercherà…e non saprà mai che sei esistita…”  
Un’onda le bagnò i piedi, schizzandole il vestito di broccato celeste…la donna si curvò sull’acqua, appoggiandovi il suo prezioso fardello…il cestino iniziò subito a galleggiare, ed il moto ondoso lo allontanò rapidamente dalla riva…portandolo sempre più al largo.
Devastata, la strega dai capelli biondi si lasciò cadere in ginocchio in mezzo alla risacca, ignorando l’abito ormai fradicio, perché il freddo del mare non era nulla, in confronto al gelo che sentiva dentro il proprio ventre…privato per sempre di ciò che aveva appena generato.
Senza accorgersene, cominciò a cantare…una nenia dolce e struggente…l’ultimo addio a sua figlia.
 
“Se mi cercherai…non mi troverai…
Se mi penserai…nel cuore tuo mi avrai…
Portami con te…figlia dell’amore…
Portami nel cuore…per tornare a me…
Cerca la tua via…intrecciala alla mia…
Cerca la magia…sempre dentro te…
Cercala ogni istante…ti porterà da me…”
 
Il cestino galleggiò in lontananza, fino a scomparire tra i flutti…e con un boato, un turbine di vento e di tempesta si abbatté sulla spiaggia, assieme ad un urlo di furore.
La giovane donna corse accanto al figlio che aveva fino a quel momento lasciato da solo…proprio nell’attimo in cui, tra fiamme e fumi di zolfo, un uomo circondato da soldati di pietra e da demoni neri faceva la propria apparizione davanti ai suoi occhi terrorizzati.
Lei prese in braccio il bambino, stringendolo forte a sé…per proteggerlo…o almeno per provarci.
Niente, purtroppo, poteva ormai evitargli il suo destino maledetto…
A cavallo di un enorme stallone nero come la notte, i cui occhi fiammeggianti erano spaventosi quasi quanto quelli del suo padrone, il potente mago si fermò a pochi passi da lei, facendo inalberare il destriero che sputò lingue di fuoco dalle froge.
Lo stregone, il cui volto era bellissimo almeno quanto era crudele la sua anima nera, la squadrò con arroganza e scherno, scrutando prima il mare alle sue spalle, e poi il fagotto che teneva stretto al seno.
Rise, una risata divertita…nella certezza della propria vittoria.
“Ben trovata, mia dolce Xellesia… Posso immaginare quale fosse il tuo piano…e posso dirti che esso è miseramente fallito…”
Inarcò un sopracciglio, lisciandosi la barbetta scura e scuotendo i lunghi capelli castani.
“Se non erro, avevi intenzione di raggiungere Tir Na Gog…l’isola evanescente che nemmeno io posso trovare… Mi duole dirti, che streghe più potenti di te non sono riuscite ad approdarvi… Solo l’innocenza può posare il piede sulle sue spiagge, e tu, mia dolce sposa, quell’innocenza l’hai perduta per sempre…”
Scese da cavallo, avvicinandosi a lei con sguardo duro…le iridi verdi che brillavano malvage nel buio della notte.
“Non ti ho mai chiesto di amarmi, Xellesia…come non ti ho mai promesso amore… Io non so amare…ho maledetto me stesso e la mia anima per divenire ciò che sono… Ma ti ho promesso poteri inimmaginabili…se tu mi avessi dato l’erede che desideravo… E proprio adesso che questo mio figlio nasce…tu tenti di portarmelo via… Dovrei ucciderti…e se vuoi saperlo, desidero ucciderti…”
Xellesia rabbrividì, ma non smise di stare eretta e fiera davanti a lui…
Lo aveva amato moltissimo…stregata dal suo fascino, dal suo potere e dalla sua bellezza…ed aveva desiderato ardentemente fargli conoscere l’amore…donargli un nuovo futuro…un nuovo trono che non fosse costruito sul sangue…
Ma ora…ora sentiva solo disprezzo…e se lui voleva ucciderla, non lo avrebbe fatto mentre lei lo supplicava…
Suo figlio, comunque, sarebbe vissuto…il resto non contava…e dopo quanto era accaduto, lei in fondo era già morta.
La giovane strega annuì, ferma.
“Allora uccidimi, Darken… Macchia con il mio sangue le fasce che avvolgono tuo figlio… In fondo, quale modo migliore per donargli un futuro di morte e malvagità…?”
Lo stregone la fissò a lungo, ma un istante dopo esplose in una nuova risata, che echeggiò per tutta la spiaggia solitaria.
Darken le andò più vicino, passando le mani tra quelle della donna e la copertina che proteggeva il neonato…la sua voce suadente si abbassò, mentre prendeva in braccio il bambino.
“Ho sempre ammirato il tuo coraggio, mia bellissima Xellesia… E comunque, mi compiaccio nel vedere che, sapendoti sconfitta, non hai insistito nel tuo proposito… Ora, lascialo a me…lui è mio.”
Xellesia lottò contro il desiderio di trattenere il suo piccolo, e permise che lui glielo togliesse dalle braccia…chinando la testa in un gesto d’accettazione.
Darken doveva pensare che lei, giunta di fronte all’ostacolo insormontabile del mare, troppo indebolita per poter materializzare una qualche imbarcazione, avesse rinunciato al proprio intento di fuga…e spiandone l’espressione compiaciuta, la donna avvertì un impercettibile, ma tenace sollievo, farsi strada nel suo cuore straziato.
Si…lo stregone non aveva il minimo sospetto che un’altra creatura, sfuggita al suo controllo, fosse nata quella notte…aveva il suo tanto agognato delfino tra le mani…e null’altro gli importava.
La strega bionda si morse il labbro, imponendosi di non piangere.
Sentirsi strappare via l’ultimo dei suoi figli era come farsi dilaniare il petto…ma quella consapevolezza, assieme al segreto che portava racchiuso nell’animo…ed alla speranza che dondolava sulle onde nel cestino di giunchi, l’avrebbe aiutata a sopravvivere.
Ignaro dei pensieri che attraversavano la mente della sua giovane sposa, Darken alzò verso il cielo stellato l’infante, che sentendo l’aria fredda si svegliò e si mise a piangere…il mago rise, soddisfatto.
“Si…piangi figlio mio! Annuncia la tua nascita al mondo intero ed agli Dei che io stanotte mi accingo a sfidare! Altri pianti si alzeranno, un giorno, quando tu occuperai accanto a me il trono che ti spetta! Dolore e sciagura attenderanno coloro che oseranno sfidare la tua potenza! Ed i comuni mortali piegheranno il capo di fronte al tuo potere, che aprirà la strada al mio regno di distruzione e di morte, e che mi affiancherà per cancellare ogni traccia di quell’amore con cui gli uomini hanno corrotto il mondo!”
Il bambino pianse più forte, e Darken lo tenne tra le braccia, cullandolo in un gesto che chiunque avrebbe potuto interpretare come amore paterno…se lui non fosse stato quanto di più lontano esistesse, dall’amore…
Il potente stregone alzò gli occhi sulla donna bionda rimasta a poca distanza, annuendo soddisfatto.
“Questa notte mi hai reso molto felice, mia cara sposa…per questo, ti faccio grazia della vita… Tu alleverai mio figlio, fino a che egli non sarà pronto per rivendicare il proprio possesso sul mondo dei mortali… Quando sarà il momento, e sarò nuovamente certo della tua fedeltà, vi donerò un regno… Fino ad allora, vivrai con me e con il bambino nel vulcano Nekrad, ai confini del mondo, ove io ho il mio, di regno…quello stesso regno di cui avresti potuto essere regina, se l’illusione dell’amore non ti avesse portata a compiere cotante sciocchezze.”
Il cuore già sanguinante di Xellesia spasimò, annientato da quell’ultima, terribile notizia.
Lei era cresciuta nel bosco delle fate…in mezzo agli gnomi…ai fauni…agli elfi ed ai folletti…
Come tutte le streghe, era stata generata da un mago e da una ninfa…e fino a che non lo aveva incontrato – lui, Darken, il più potente tra i maghi – era vissuta nella spensieratezza e nella gioia luminosa di quel luogo magico.
A nulla erano valsi gli avvertimenti di sua madre, che si era ritrasformata per sempre in albero, un faggio blu, ripudiandola davanti al suo rifiuto di abbandonare quell’amore folle ed impossibile.
Suo padre, il mago della Brughiera del Nord, l’aveva abbandonata alla nascita, su richiesta di sua madre, che non aveva voluto lasciare i propri luoghi natii…ma Xellesia non aveva mai sentito la sua mancanza…felice com’era di abitare in quel posto bellissimo e colmo di magia.
Ed ora, lo avrebbe lasciato per sempre…per vivere in quel vulcano spaventoso che aveva sentito nominare sottovoce dalle rondini e dalle cicogne…
Le uniche, e sole, che osavano spingersi così a nord nel mondo conosciuto, e che si tenevano prudentemente lontane dalle sue pendici roventi.
Si era innamorata follemente di quello stregone dagli occhi ammaliatori e dal potere incalcolabile, e per quell’amore insensato stava perdendo tutto…
Aveva perduto sua madre, che la rinnegava come figlia…aveva perduto i suoi amici, le creature magiche della foresta, che da quando era rimasta incinta la tenevano a distanza, fissandola con sospetto e sgomento…ed ora perdeva l’unico luogo che potesse chiamare casa…
Ma lo meritava…meritava soltanto quello…e l’unica cosa che chiedeva, ormai, era di poter crescere suo figlio…la sola ragione di vita che le fosse rimasta.
Annuì, obbediente…e Darken le sorrise, ferocemente soddisfatto.
“Bene… Ti faccio un altro dono che non meriteresti, ma che dovrebbe darti l’idea della mia contentezza, davanti a questo splendido maschietto che tu hai generato per me. Se hai pensato ad un nome, ti consento di darglielo… E sarà questo nome, a diffondere il terrore in ogni angolo del mondo…”
Xellesia alzò un poco il volto, fissando il bambino.
“Io…pensavo di chiamarlo…Tarabas…”
Lo stregone parve pensarci su, e subito dopo, sempre con il bimbo tra le braccia, salì a cavallo, tendendole la mano.
“E sia, mia dolce Xellesia… Ora andiamo, la strada per il Nekrad è lunga…anche con la magia…”
La donna esitò un istante, ma poi stese il braccio, afferrando le sue dita bollenti e lasciandosi tirare sulla groppa della gigantesca cavalcatura.
Con un grido, Darken spronò l’esercito ed i demoni che lo circondavano, e nel giro di un battito di ciglia furono in viaggio, il vento che frustava i loro volti nella corsa verso i confini del mondo.
Xellesia avvertiva il corpo bruciarle, dal desiderio di voltarsi un’ultima volta verso il mare…ma resistette al proprio impulso di madre, e non si girò…
Voltò così per sempre le spalle a quelle onde alle quali aveva affidato sua figlia…ed assieme ad esse, voltò le spalle anche al proprio cuore.
  
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