Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: Nanamin    14/10/2015    2 recensioni
“Non mi va di tornare a casa, di riprendere con le vecchie abitudini: l'università, gli allenamenti, tutte quelle cose che non fanno che ripetermi che l'estate è finita.”
Alice annuì.
“A che ora parti domani?”
“Otto di mattina, puntuale.” David sospirò e si girò verso la ragazza “Hai mantenuto la promessa?”
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

RICETTE ALLE OTTO IN PUNTO


 

“Andiamo a fare il bagno?”
Alice sollevò gli occhi dalle pagine: Luca era in piedi di fronte a lei, con un pallone sotto il braccio.
“Stavolta passo, ci vediamo dopo.” rispose.
Il ragazzo annuì.
“Va bene Ali. A dopo allora!” disse e scattò verso la riva.
La ragazza sorrise e abbassò lo sguardo sul libro aperto sull'asciugamano.
“Anche tu abbandonata sulla spiaggia?”
Si girò: un ragazzo dai capelli scuri si era seduto vicino a lei. Era nel gruppo da poco: usciva con loro la sera, ma lei non si ricordava nemmeno di chi fosse amico.
“Diciamo che per questa volta preferisco leggere.”
Il ragazzo sorrise, le tese la mano.
“David.”
Lei lo guardò esitando qualche secondo, poi la strinse.
“Alice.”
Lui si chinò sul bloc-notes che teneva sulle gambe e si mise a scarabocchiare con la penna.
Alice alzò un sopracciglio.
“Che fai?”
“Acrostici.” le rispose, senza alzare gli occhi dal foglio.
“Acrostici?” ripeté, tirandosi su a sedere.
Il ragazzo sorrise.
“Sì, mi rilassa farli. Guarda.”
David scrisse il nome 'Alice' in verticale sul foglio, in stampatello.
“Ad ogni lettera posso associare qualcosa che ti contraddistingua. In realtà,” disse spostando gli occhi su di lei “potrei scrivere qualsiasi cosa in questo modo.”
La ragazza lo osservò continuare in quello strano gioco per qualche minuto.
“Sembra facile.”
“È facile, basta un po' di fantasia.” sorrise.


Alice si lanciò sulla piccola scala che risaliva il pendio boscoso, squarciando il verde circostante come una ferita. Ad ogni gradino ricoperto da foglie fresche e umide, il passo si faceva più difficile, il fiato più pesante, le mani afferravano con più forza i tronchi a protezione dei lati di quel viottolo, per darsi la spinta e salire ancora, il più velocemente possibile. Il bosco era immobile: non si scorgeva alcun animale e le fronde non emettevano alcun suono. La ragazza udiva solo i suoi passi, il suo respiro, il suo cuore battere all'impazzata.
Arrivò in cima. Inspirando a bocca aperta estrasse un'agenda dalla sua borsa e la tenne ben salda tra le mani: il piccolo laccio di cuoio che fungeva da chiusura le dondolava vicino alle dita.


“Il gran giorno è arrivato.”
David si stiracchiò. Il parco era inondato di luce, l'asciugamano su cui erano stesi era rosso brillante, in contrasto con il verde tenero dell'erba. Il ragazzo si girò su un fianco, verso di lei.
“Eh già, domani si parte.” Sbadigliò.
Alice rimase supina: le nuvole bianche si muovevano lente nel cielo.
“Bravo, torna nel grigiore del nord! Ti mancherà qui.” ridacchiò.
David alzò un sopracciglio.
“Scusa? Da quando tutto questo campanilismo?”
La ragazza fece una smorfia divertita.

“Chi, io? Non so di che parli!”
David si tirò su a sedere e la fissò.
“Sì, tu!”
Alice si voltò: la stava scrutando, serio. Resse lo sguardo, concentrandosi sulle iridi azzurre. Il ragazzo le dette un colpetto sulla spalla.
“Ma zitta!”
Scoppiarono a ridere entrambi a crepapelle.
“Ne riparliamo domani, quando prenderai il treno!”
David ridacchiò.
“Mi verrai a salutare?”
Alice si girò verso di lui, sorrise.
“Certo. Sarò in prima fila.”
Il ragazzo la fissò, alzò un sopracciglio.
“Come no. Ritardataria come sei, mi saluterai dai binari dietro casa tua: lì il treno passa comunque e tu potrai avere il massimo risultato con il minimo sforzo.”
“Quanto la fai lunga! Per una volta mi sveglierò presto.” rise “Poi là non è molto comodo arrivarci, meglio incontrarci alla stazione.”
David sbuffò e si lasciò cadere steso, al fianco della ragazza. Nel gesto le loro dita si sfiorarono: Alice sentì le proprie guance avvampare in un'ondata di calore. Spostò lo sguardo verso il cielo azzurro e si mise a canticchiare.
Il ragazzo si portò le mani dietro alla testa. Sospirò.
“Mi mancherà questo posto.”


Un fiumiciattolo scorreva di fronte a lei, placido. Immerse le scarpe nell'acqua limpida, bagnandosi i calzini. Un brivido di freddo le percorse la schiena. Si piegò sulle ginocchia: il suo volto la guardava di rimando, disturbato dalla turbolenza del liquido. Un ciottolo bianco, con delle venature più scure, rotolò di qualche centimetro spinto dalla corrente.
Una lacrima le solcò il viso, rigandolo. Percorse la sua guancia fino al mento, per poi cadere giù, increspando la superficie del ruscello.


“Vuoi smetterla di cucinare sempre? È il mio ultimo giorno qui e sei sempre ai fornelli!”
David si mise a sedere sul piano della cucina e incrociò le braccia.
Alice sbuffò e gli puntò addosso la paletta di legno.
“Punto primo, scendi di lì. Punto secondo, stasera c'è la cena di fine estate con tutti i nostri amici e io devo aiutare a cucinare. Anzi, noi dobbiamo aiutare a cucinare! Vai a vedere quanto zucchero ci vuole per questa ricetta, per favore.”

Il ragazzo alzò le mani.
“Vado!” disse scendendo dal ripiano.
Alice sospirò. Prese un uovo tra le dita e diede due colpetti sul bordo della ciotola. Il guscio si crepò e l'albume si riversò nel recipiente, poi la ragazza fece scivolare il tuorlo in un altro contenitore.
“David?”
Alice si voltò. Alle sue spalle, il ragazzo era chino sul suo quadernino di ricette, la penna in mano. Aggrottò la fronte.
“Che stai facendo?”
David sollevò lo sguardo, sorrise.
“Ti scrivo una delle mie ricette preferite, così la impari e me la rifai la prossima estate, quando ci rivedremo. La metto nell'ultima pagina.”


Il fischio di un treno in lontananza la ridestò. Voltò la testa verso il rumore e spalancò gli occhi.
David!
Piantò un piede nel letto del ruscello: l'arto sprofondò fino al polpaccio nell'acqua gelida. Si diede la spinta. Con una falcata atterrò sulla riva opposta e scattò, addentrandosi tra gli alberi. I rami intorno a lei si fecero sempre più fitti, le graffiarono le braccia come degli aghi; il sottobosco emanava un odore acre, pungente.
Arrivò in una radura. La luce la colpì in viso facendole strizzare gli occhi: due rotaie solcavano il letto di erba e foglie come una cicatrice, percorrendo quel lungo tunnel tra gli alberi fino a perdersi nell'orizzonte. Fece un passo in avanti, l'agenda salda nella mano destra.


“Ammettilo, sono stata brava!”
Alice si aprì in un largo sorriso. David era vicino a lei, appoggiato alla ringhiera del balcone. Il ragazzo alzò un sopracciglio.
“Siamo stati bravi!”
Alice gonfiò le guance.
“Ma se ho fatto tutto io!”
David rise e tornò a guardare nel buio.
“E va bene, allora sei stata brava.”
Per secondi nessuno parlò, il ragazzo rimase girato in avanti, serio.
“Tutto bene?”
David si riscosse.
“Sì, certo. Non mi va di tornare a casa, di riprendere con le vecchie abitudini: l'università, gli allenamenti, tutte quelle cose che non fanno che ripetermi che l'estate è finita.”
Alice annuì.
“A che ora parti domani?”
“Otto di mattina, puntuale.” David sospirò e si girò verso la ragazza “Hai mantenuto la promessa?”
Alice mise la mano sul cuore.
“Leggerò la tua ricetta insieme a te, domani in stazione.” recitò.
David rise e si tirò su in piedi.
“Ottimo, altrimenti sbadata come sei non capiresti nemmeno da dove iniziare.”
“Ma smettila!”
Alice gli diede uno spintone facendolo retrocedere di un passo.
“Ehi! Calma!”
Il ragazzo la bloccò per i polsi, senza stringere. I due si ritrovarono vicini, i visi a pochi centimetri l'uno dall'altra. Alice avvampò, ma rimase immobile: si sentiva attratta, come da una calamita. David le accarezzò i capelli vicino alla guancia, senza distogliere gli occhi dai suoi. Il suo sguardo scese alle sue labbra, l'espressione si fece seria. Si avvicinò, lento.
La suoneria del telefono irruppe nell'aria, squillante. David abbassò il volto e le liberò i polsi, lei non si mosse.
“Tranquilla, rispondi. Io torno dagli altri.”
Alice sospirò e chiuse gli occhi.
“Va bene.”
David rientrò in casa. La ragazza rimase di fronte al display del cellulare illuminato: lo sconforto l'invase come un'onda, insieme alla rabbia.
«La suoneria? Ma dove ho la testa? Col cavolo che rispondo adesso.»
In due gesti secchi rifiutò la chiamata e impostò il telefono in modalità silenziosa.


I sassi sul terreno vibrarono, le fronde degli alberi si mossero, il rombo dei cingoli iniziò a farsi sentire. La sagoma del treno apparve in lontananza, scura. Dapprima un puntino sullo sfondo, per poi avvicinarsi sempre più grande, scuotendo tutto l'ambiente circostante. Come un lungo lampo grigio saettò di fronte a lei, i capelli le frustarono il viso, le foglie a terra si alzarono in volo in un vortice d'aria.
Scomparve com'era arrivato, un fischio, un rombo sempre più debole, il silenzio. Il vento cessò, i rami si fermarono, la terra tornò inerte. 
Un'altra lacrima solcò la sua guancia: non era nemmeno riuscita a scorgerlo, nemmeno per un istante.


La luce della mattina filtrava dalle persiane fino a sopra il suo letto. Alice aveva la testa affondata nel cuscino, il corpo semicoperto dal lenzuolo. Nella mente iniziarono ad affollarsi i ricordi della sera prima. Spalancò gli occhi. La sera prima?
Si gettò sul comodino ed afferrò il cellulare: le 7.56. Otto chiamate senza risposta: David. «David? Il treno!»

Balzò in piedi e corse all'armadio, s'infilò le prime cose che trovò.
«Avevo messo la sveglia! Perché non ha suonato?»
Si bloccò, con gli occhi spalancati. Il pensiero corse alla notte precedente, sul balcone: aveva impostato il telefono in modalità silenziosa.


Tornò indietro fino al ruscello, camminando lentamente, i passi molli sul terreno. Il respiro era di nuovo normale, i graffi le dolevano. Si sedette sulla riva, l'agenda sul suo grembo. Sospirò e l'aprì: la ricetta della torta del giorno prima l'accolse, scritta in maniera fitta e ordinata. Sorrise. Girò le
pagine una ad una, fino ad arrivare all'ultima. Solo cinque righe, scritte in stampatello.

È uno scherzo?
Aggrottò la fronte, il foglio aveva solo degli ingredienti sconclusionati, senza capo né coda. Non poteva essere una ricetta, non una per qualcosa di commestibile, almeno.
Che sia uno dei suoi soliti scherzi? Uno dei suoi soliti giochi per passare il tempo?
Spalancò gli occhi. Si morse il labbro con forza, fino a farlo sanguinare.
I polpastrelli tremarono, scorrendo sulla carta in filigrana, seguendo i contorni delle singole lettere. Balzò in piedi, il quadernino aperto stretto nella mano destra in una morsa, i piedi ancora zuppi nelle scarpe, i capelli scuri sul viso.
Scagliò l'agenda con tutta la forza che ebbe in corpo. L'oggetto volò in una parabola e atterrò nel ruscello con un tonfo. Affondò lento nell'acqua gelida e si posò sui ciottoli, aperto sotto la superficie limpida.
Prima di disfarsi del tutto, sull'ultima pagina, una lista d'ingredienti.

 

Torta per David
Ingredienti:


Albumi 2
Margarina 50 gr.

Olio 1 cucchiaio

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Nanamin