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Autore: Ink_    15/10/2015    2 recensioni
[Piccola raccolta per celebrare l'avvento di Halloween]
1. Trick 'r Treat ~ A sette anni Halloween era in assoluto il giorno dell'anno che Sam preferiva(...)
Diverse persone si fermarono per complimentarsi con il suo costume ed ogni volta Sam guardava trepidante d’orgoglio verso Dean, che gli restituiva un caldo sorriso.
Halloween era davvero il suo giorno preferito.

2. Un posto da paura ~ Dean roteò gli occhi al cielo: «Prima cosa, mi sono già scusato, secondo: qualcuno mi può spiegare perché invocare un’orda demoniaca per il ballo di Halloween della scuola vi è parsa una buona idea?»
L’intera stanza tacque.
«Proprio come pensavo»
Genere: Angst, Dark, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Un posto da paura
 
 


 
“Souvent, la peur d'un mal
nous conduit à un pire."
("Spesso la paura di un male
ci conduce ad uno peggiore." )

Nicolas Boileau
 
 
 
Dean smise di imprecare il secondo in cui si rese conto che la stringa di bestemmie che gli stavo uscendo dalla bocca era uno spreco di energie e che gli avrebbe rallentato la corsa; si affacciò ad una delle finestre del corridoio e sbirciò fuori dove le foglie secche mulinellavano spinte dall’aria autunnale: apparentemente tutto nella norma.

Riprese a percorrere il corridoio diretto all’infermeria, subito dietro l’angolo e per poco non sbatté contro la porta. Colpì più volte la superficie di legno con il palmo aperto, da dietro la porta giunse la voce ovattata di Mark «Parola d’ordine?».

Dean imprecò tra i denti «Apri questa fottuta porta Anderson!».

«Chi mi dice che non sei un demone?».

«Cristo santo Mark! Sono io! Apri o giuro che butto giù questa maledetta porta!».

«Ok ok! Stai calmo, ti prego!» alla voce preoccupata del ragazzo susseguì lo scatto della serratura, Mark Anderson si fece immediatamente da parte per permettergli di entrare nell’infermeria.

«Chiudi quella porta, idiota» sibilò «Si è ripresa?» chiese poi rivolto ai tre ragazzi che accerchiavano il lettino su cui sedeva una quarta persona, la bocca leggermente aperta e lo sguardo fisso nel vuoto, i grandi occhi blu spalancati, colmi di terrore come se avessero visto un fantasma. Aveva il volto imperlato di quello che a prima vista pareva sudore, ma data la macchia scura sulla maglietta doveva essere acqua.

L’unica altra ragazza presente nella stanza scosse il capo desolata «Niente da fare… abbiamo provato a farla rinvenire con dell’acqua ma è ancora in stato di shock».

«Scansatevi, ci penso io» disse Dean avvicinandosi al lettino; preso il volto della ragazza tra le mani alzandole di poco il viso, i suoi occhi rimasero persi nel vuoto «Fate bene attenzione nel caso qualcun altro finisse in stato comatoso».

I ragazzi lo accerchiarono e anche Mark Anderson mise la sedia della scrivania sotto il pomello della porta – già chiusa a chiave – e arrischiando un ultimo sguardo preoccupato si avvicinò. Chiunque conoscesse il secchione che nascondeva dietro a quella zazzera di capelli scuri avrebbe potuto vedere il suo cervello pronto per registrare ogni mossa di Dean, il quale con un sorrisetto malcelato lasciò andare la mano che aveva sollevato, tirando un sonoro ceffone alla ragazza.

«CHIUDILO!» fu la prima parola che le uscì dalle labbra, dopodiché prese a guardarsi freneticamente attorno e non individuando alcun pericolo immediato, si accasciò nuovamente sul lettino palpandosi la guancia arrossata.

«Bentornata tra noi Amy» le disse Dean soddisfatto.

«Annie… mi chiamo Annie» sussurrò appena la ragazza. Con un gesto dismissivo della mano il giovane Winchester si avvicinò al lavandino e inzuppò uno straccio, poi glielo tese perché lo premesse sulla parte del volto offesa «Ti chiedo scusa ma eri abbastanza irraggiungibile».

«Ma sei forse impazzito! Non lo sai che le donne non si toccano neanche con un fiore!» l’altra ragazza, Kat, pareva essersi ripresa per prima dallo stato di shock collettivo che aveva seguito l’azione di Dean e ora stava dimostrando tutto il suo sdegno gesticolando animatamente e inveendo contro il ragazzo; Dean roteò gli occhi al cielo: «Prima cosa, mi sono già scusato, secondo: qualcuno mi può spiegare perché invocare un’orda demoniaca per il ballo di Halloween della scuola vi è parsa una buona idea?».

L’intera stanza tacque.

«Proprio come pensavo».

Annie si sollevò faticosamente a sedere «Non volevamo farlo davvero … doveva essere solo un’attrazione per movimentare la serata -».

«Oh la serata sarà sicuramente movimentata e alla festa parteciperà l’intera città se non ci muoviamo» commentò Dean a braccia conserte e denti stretti. La ragazza abbassò il capo sconsolata «Non credevamo funzionasse… doveva essere soltanto …. Avremmo dovuto fingere di avocare uno spirito a metà serata e avremmo spento le luci e … fatto un po’ di rumore … abbiamo un CD con delle urla registrate… E non lo so… quel libro era pieno di parole in latino e ovviamente nessuno ci capiva niente ma avrebbe fatto scena … Capisci?».

«Farò finta di aver capito le vostre angeliche intenzioni, sì».

«Senti amico» Andy, tipico cliché del patriottico giocatore di football: alto, spalle larghe, schifosamente ricco e l’onnipresente felpa della rossa squadra con lo stemma della scuola appuntato sul petto – mise una mano sulla spalla di Dean che si scansò infastidito «Non c’è bisogno di prendersela così tanto con lei, non è stata colpa sua, è stato Anderson a portare il libro» disse dissimulando il fatto che Dean si fosse sottratto al suo rappacificatorio contatto puntato l’indice contro Mark che alzò le mani insegno di resa:

«L’ho trovato su Internet! Giuro! A dodici dollari su un sito di ciarpame esoterico! Abbiamo diviso la spesa non è del tutto colpa mia! E’ stato Benjamin a leggere quella roba!».

Il ragazzetto biondo che fino a quel momento era rimasto in silenzio a reggere lo straccio umido sulla guancia di Annie si animò improvvisamente di fronte a quell’accusa «Sì ma sei stato tu ad avere l’idea! E Kat ha voluto montare l’altare!».

«Solo perché a Andy sanguinava il naso!».

«Stai scherzando vero?! Ora sarebbe colpa mia se soffro di epistassi cronica!?».

«AVETE USATO DEL SANGUE UMANO!?» il grido iroso di Dean spezzo quel frenetico scambio di accuse. Di fronte agli sguardi spaventati e alle bocche serrate dei cinque ragazzi il Winchester ripeté la domanda con gelida lentezza come se parlasse a dei completi idioti e su quest’ultimo punto Dean non aveva molti dubbi: «Ho chiesto, razza di idioti, avete usato del sangue umano?».

La risposta tanto temuta quanto scontata arrivò da Benjamin, un flebile “sì” come se a pronunciare quella parola troppo forte tutto quanto sarebbe diventate improvvisamente reale.

«Figlio di puttana» sputò Dean fra i denti «Vi rendete conto che avete aperto – Dio solo sa come – un collegamento diretto con l’Inferno? E che un’orda di fottutissimi demoni è entrata nella scuola e nei vostri compagni?» chiuse gli occhi tentando di riacquisire il controllo mentre Annie, Benjamin, Andy, Kat e Mark annuivano come macchinette, dopodiché riprese lentamente a parlare «Siete stati fortunati che sia intervenuto in tempo… I simboli che vi ho fatto disegnare sulle porte mentre scappavamo e pregate, pregate di averli disegnati correttamente, li terranno intrappolate nella scuola. Finn è andato a chiudere il condotto di aereazione come gli avevo ordinato?».

Mark deglutì a vuoto «Sì è andato e ci è anche riuscito» indicò la grata nella parete e la tenda immobile che circondava il lettino «Ma non è più tornato»
Dean gli restituì uno sguardo gelido «Chiediti il perché».

Il ragazzo abbassò lo sguardo sconfitto.

«Chiaramente siete tutti coinvolti e tutti colpevoli in questa storia, quindi il minimo che potete fare è aiutarmi a fermarli prima che ci trovino qui, in trappola come topi… Ma almeno con il condotto spento non possono uscire» l’ultima parte della frase era più rivolta a se stesso che agli altri.

«Quante persone ci sono nella scuola? Mark?».

Nell’udire il suo nome Mark Anderson saltò dalla sedia su cui si era appoggiato come un giocattolo a molla «Uhm… una ventina? I-il comitato organizzativo è composto da diciotto persone … più quelle che si sono offerte di aiutare per il credito scolastico… quasi trenta» contò aiutandosi con le mani, elencando mentalmente i nomi degli studenti.

«Merda …» commentò Dean «Per quanto è rimasto aperto il portale?».

«Quale portale?» chiese Andy guadagnandosi uno sguardo sprezzante.

«Quel dannato buco sfrigolante che si è aperto nel bel mezzo della palestra e da cui gli Inferi hanno vomitato quelli schifosi demoni, quel portale».

 «Non molto, una manciata di secondi credo» s’intromise Benjamin nel tentativo di placare gli animi «Annie ha chiuso il libro prima di cadere in shock».

«Ce n’erano così tanti però… sembrava notte» commentò sgomentata la ragazza sentendosi chiamata in causa.

 «Già e di chi è la colpa?» sputò Dean puntando lo sguardo sui presenti.

«Senti amico, non prendertela con Annie, ok? È stata lei a chiudere quel buco! Dovresti ringraziarla».

La tensione nelle spalle di Dean era ben visibile e a giudicare del fremito delle sue dita bruciava dal desiderio di stimolare l’epistassi cronica di Andy.

«Apprezzo la tua cavalleria, ma non intendo ringraziare la tua fidanzata per aver partecipato ad un rito di invocazione demoniaca».

«Non è la mia fidanzata» borbottò il ragazzo arrossendo sino alla punta delle orecchie. Benjamin strinse il lenzuolo del lettino nel pugno, fissando Andy così intensamente da poter quasi vedervi attraverso ma prima che potesse aprir bocca Dean cominciò ad abbaiare ordini:

«Il piano è molto semplice: non ho idea di dove si trovino quei bastardi in questo momento o quante persone abbiano posseduto, ma so per certo che non possono abbandonare l’edificio. Non esiste modo di ucciderli, possiamo solo scacciarli. Qualcuno di voi ha un crocifisso?».

«Non intenderai girare per la scuola come l’esorcista, vero?» ridacchiò Kat e il giovane Winchester spostò il suo sguardo sprezzante su di lei.

«Ti assicuro che un gittata di vomito verde è la cosa migliore che potrebbe capitarci; tu lo sai cosa può fare un demone quando entra nel corpo di un essere umano? Tutto.
 «Diventi come un burattino senza fili, comandato dall’interno. Loro possono vedere i tuoi ricordi, i tuoi pensieri, sentire le tue emozioni e giocarci. Possono ucciderti. Ma sai qual è la parte più divertente? Che se anche uno di quei figli di puttana di staccasse l’osso del collo di netto tu continueresti a camminare come una brava marionetta e l’unica cosa a tenerti ancora in vita sarebbe quel demone dentro di te e quando lui se ne andrà tu ti accascerai a terra come un pezzo di carta bagnata».

Si era lentamente avvicinato alla ragazza preso da una furia gelida e ora troneggiava sopra Kat, visibilmente impallidita «Potrebbero essere tutti morti per quanto ne sappiamo» concluse lapidario.

Le sue parole furono seguite da un lungo silenzio, spezzato nuovamente da Dean «Ora usciremo da questa stanza e raggiungeremo i sotterranei. Annie, ce la fai a camminare?».

La ragazza annuì ma l’incertezza era evidente sul suo volto tirato.

«Posso portarti io se non ce la fai» propose Andy ma la sue proposta fu immediatamente tranciata dallo scatto repentino di Benjamin nella sua direzione.

«Tieni le tue luride mani lontano da mia sorella» disse tra i denti portandosi ad una spanna dal viso dell’altro ragazzo nonostante avesse una buona
spanna su di lui.

«Piantatela immediatamente voi due!» abbaiò Dean allontanandosi finalmente dalla figura tremante di Kat. Con riluttanza Benjamin tornò a sedersi sul lettino al fianco della sorella che pareva ancora più spossata di prima.

«Mi pare di avervi chiesto un crocifisso» ripeté Dean guardandosi intorno «Mi state dicendo che nessuno di voi ha un crocifisso? Un rosario? Figlio di puttana siamo in Texas!».

Cercando di tenere salde le mani Kat si sganciò un rosario d’argento con piccole perle azzurre dal collo e lo porse riluttante a Dean «Fa’ attenzione però, ci tengo» disse cercando di suonare autoritaria nonostante la sua postura urlasse “Ti prego nascondimi in un buco e vienimi a prendere quando sarà tutto finito!”.

Il ragazzo prese il gioiello e se lo infilò in tasca, sfiorando inconsciamente l’amuleto che portava al collo con l’altra mano «Una volta nello scantinato troveremo il tubo centrale che collega l’acquedotto alla scuola e santificherò l’acqua, dopodiché sarà sufficiente far scattare l’impianto anti-incendio. L’acqua santa ha l’effetto dell’acido sui demoni, li farà incazzare e se siamo fortunati abbandoneranno i tramiti e no, i vostri amici non subiranno danni» concluse prima che Kat potesse apri bocca «A meno che non sia troppo tardi, è ovvio».

«Con un semplice esorcismo dovremmo cavarcela, quei figli di puttana torneranno strisciando all’inferno».

«C-come possiamo aiutarti?» chiese timidamente Mark.

«Lieto che tu me l’abbia chiesto» mormorò Dean con un mezzo sorriso, stuzzicando l’amuleto con l’unghia «Non è l’ideale ma ci conviene dividerci: io, Andy e Katrine – e qui ignorò l’espressione bellicosa della ragazza nel sentire il suo nome pronunciato per intero – andremo nei sotterranei, tu Benjamin e Annie nell’ufficio del preside».

«Cosa dobbiamo fare nell’ufficio del preside?» chiese Annie.

«Visto che Benjamin ha una naturale propensione per il latino, sarete voi a formulare l’esorcismo» detto ciò prese un pezzo di carta straccia dal cestino dei rifiuti, una biro dalla scrivania e cominciò a riversare parole in una pessima calligrafia disordinata.

«Ecco a te» disse poi porgendo il foglio a Benjamin «Imparalo bene. Cerca di far funzionare il microfono, dovranno sentirti tutti quanti e … se dovreste incontrare qualcuno nei corridoi la parola magica è “Christo”».

«E a cosa dovrebbe servirci? Prenderanno fuoco come il Conte Dracula» Kat pareva aver recuperato il suo solito piglio ironico.

«Prima cosa» cominciò Dean racimolando quel poco di pazienza che gli restava in corpo «I vampiri sono soggetti alla luce del sole. In secondo luogo, nominare il nome di Cristo li costringe a mostrarsi: i loro oggi diventeranno neri, completamente neri, anche le sclere».

Dal fondo della stanza Andy borbottò un “Che cavolo è una sclera?” diretto a Mark il quale trattenendo un sospiro gli spiegò che si trattava della “parte bianca dell’occhio”.

«In quel caso dovrete correre oppure cercare di non pisciarvi addosso quando il demone cercherà di entrarvi in bocca per friggervi il cervello» concluse Dean sorridendo gelidamente rivolto a Kat che distolse lo sguardo a disagio, mordendosi il labbro.

«Tutto chiaro quindi? Dopo che faremo scattare l’allarme anti incendio e comincerete a sentire le urla agonizzanti potrai cominciare con l’esorcismo Benjamin, continua a ripeterlo e qualsiasi cosa accada non fermarti. Io mi occuperò di tracciare il portale» disse il ragazzo infilandosi in tasca un pennarello indelebile abbandonato sulla scrivania «E tutto sarà pronto in tempo per le dieci».

«Le nove».

«Come?».

«Le nove … la festa comincia alle nove» ripeté Mark in un soffio. Dean roteò gli occhi al cielo sospirando pesantemente.

«Ci sono domande?».

«Solo una» mormorò Benjamin alzandosi dal letto, il foglietto stropicciato in mano. Indicò un punto particolarmente mal scritto della formula con il dito indice.

«Questa è una “a” oppure una “e”?».
 

 

~
 

 
Percorrevano il corridoio di corsa, costantemente guardandosi alle spalle e ai lati come conigli spaventati.

Dean si era raccomandato di essere il più silenziosi possibile ma gli stivaletti di Kat risuonavano come tamburi nella scuola deserta.

«C’è troppo silenzio» mormorò il ragazzo prima di svoltare l’angolo e procedere verso la mensa.

Teneva il coltello a serramanico stretto in pugno, per quanto fosse inutile in quel frangente, gli dava un briciolo in più di sicurezza ma mai come quella che gli avrebbe dato sentire il familiare peso di una pistola nell’elastico dei pantaloni.

Aprì lentamente le ante che li fecero accedere alla sala mensa dove sedie e tavolini stavano accatastati gli uni sugli altri in una spettrale parodia di arte moderna. Nonostante le luci fossero spente la stanza era timidamente illuminata dalla poca luce proveniente dalle finestre aperte, un raggio rimbalzò sui banconi metallici – ora vuoti – e diede al trio l’impressione che qualcosa si fosse mosso dietro le pile di sedie.

«Ragazzi c’è qualcosa laggiù» bisbigliò Kat aggrappandosi alla manica della felpa di Andy ed indicò con mano tramante l’altro lato della mensa, appena illuminato.

La lama che teneva in pugno scattò e Dean si pose davanti ai due, seguendo con lo sguardo la direzione tracciata dal braccio alzato della ragazza.

«Rivelati demone!» disse ad alta voce Andy cercando di nascondere il tremolio che aveva nella voce in una mancata parodia dell’Esorcista; Dean alzò gli occhi al cielo.

Lentamente la figura si scostò dal muro e si avvicinò alla lama di luce che filtrava dalle finestre, mostrando il suo volto pallido e rigato di lacrime.

Dean trasalì involontariamente come se avesse visto un fantasma, dietro di lui Andy emise un grido soffocato, forse per un moto di empatia visto che il ragazzino di fronte a loro era tutto fuorché una minaccia.

«Dean».

Sam stava a qualche metro da lui.

Sammy, il suo fratellino che avrebbe dovuto essere nella stanza del motel in cui alloggiavano, al sicuro, si trovava a qualche metro da lui, in una scuola assediata da demoni, con gli occhi gonfi dal pianto e il labbro inferiore bloccato tra i denti per impedirgli di tremare.

Il ragazzino si lasciò sfuggire il labbro dalla presa degli incisivi e un singhiozzo con esso, in un instante Dean aveva lasciato il coltello e si era precipitato ai piedi del fratello minore, lasciandosi cadere in ginocchio come un martire davanti ad un crocifisso.

Dal basso dove si trovava, la luce illuminava i capelli spettinati di Sam come una corona dorata, quasi fosse un angelo e Dean dubitò per un istante che vi fosse qualcosa di più bello e puro al mondo del suo fratellino, con la guance arrossate dal pianto e gli occhi sgranati dal sollievo; lo condivise per un istante quel sollievo, la gioia di rivedere il volto fraterno nel mezzo della spirale in cui era caduto appena un’ora prima, ma fu breve.

Sammy non doveva trovarsi , Sammy doveva essere a casa – se mai vi fosse un luogo che per i Winchester corrispondesse a quella definizione – con il naso infilato nei vecchi tomi polverosi che papà trovava un po’ di qua e un po’ di là.

La mente di Dean lavorava a ritmo costante nel tentativo di trovare una spiegazione mentre le sue mani tastavano frenetiche il corpo di Sam attraverso i diversi strati di vestiti, alla ricerca di ingiurie significative; alla fine il suo cervello sovraccarico si fermò su una sola domanda tra i mille perché – perché non sei al sicuro? Perché sei venuto a scuola? Perché non sapevo che eri qui? Perché non ti ho protetto? Perché papà non è qui? Perché, perché, perché? – un solo perché, l’unico davvero importante in quel momento:

«Perché piangi Sammy?».

Era un riflesso automatico, anzi, involontario come il battere del cuore, qualcosa contro cui non poteva nulla. Erano state le tracce delle lacrime sulle guance rosee di Sam a farlo scattare, tutto il resto era e sarebbe venuto dopo, perché nonostante non mostrasse ferite evidenti, se Sammy aveva pianto significava che qualcosa non andava e allora il suo lato protettivo, quella bestia che si urlava nella testa di “aggiustare tutto e aggiustarlo subito!” e gli impediva di pensare a qualsiasi altra cosa che non fosse il ragazzino davanti a lui si faceva sentire e, onestamente? Dean non aveva mai fatto nulla per metterla a tacere, tantomeno in una situazione come quella.

Sam si strofinò il naso con la manica della camicia – era la sua notò Dean, quella grigia che aveva visto così tanti lavaggi economici da poter considerare un miracolo che non si fosse ancora sciolta. Forse una volta era bianca rifletté.

«Meg-Megan Holt…» sussurrò Sam contro la stoffa.

«La cheerleader?» incalzò Dean.

Sam annuì. «Dovevamo incontrarci dopo la scuola… Mi aveva dato un bigliettino ad algebra» lo disse senza guardare il fratello negli occhi, quasi se ne vergognasse.

«Quando sono arrivato non c’era nessuno… mi ha preso in giro Dean… poi sono arrivati quelli della squadra di football».

Dean si voltò di scatto verso il fondo della mensa, dove Andy e Kat lo stavano ancora aspettando, raggelati contro la porta che dava sull’ultimo corridoio che li separava dalla sala caldaia. Sentì la rabbia montargli in petto, gorgogliare come lava ancor prima che Sammy terminasse il racconto, anticipando quello che sarebbe uscito dalle sue labbra leggermente gonfie a forza di essere torturate dalla morsa dei denti.

Il suo sguardo iroso si fermò su Andy che alzò immediatamente le mani in segno di resa, non poteva essere stato lui, era ovvio visto che aveva passato il pomeriggio ad invocare demoni con i suoi compagni di merenda eppure… un giocatore di football valeva l’altro no?

«Non mi hanno fatto niente Dean» mormorò Sam reindirizzando su di sé la sua attenzione «Uno mi ha spinto a terra, ma l’ho steso» disse con un timido sorriso.

Dean emise una mezza risata-mezzo sospiro di sollievo notando solo ora le nocche arrossate della mano destra di Sam. Si maledì mentalmente per la sua negligenza.

Rifletté un momento: possibile che Sammy fosse rimasto fuori – a piangere, da solo. Gli suggerì quella parte del suo cervello che non faceva altro che ripetere una cantilena continua di “Sam, Sam, Sam, Samuel, Sammy, Sammy, Sammy” tutto il santo giorno. Per una volta, fece lo sforzo di metterla da parte – e che non sapesse nulla dei demoni? Che fosse rientrato, e che per qualche fortuito motivo si fosse immediatamente nascosto nella caffetteria evitando il pericolo? Erano stati davvero così fortunati?

Come a leggere i suoi pensieri Sam gli chiese cosa stesse succedendo e chi fossero i ragazzi alle sue spalle.

«E’ successo un casino Sammy… Ora vieni con noi, ti spiegherò tutto strada facendo».

«Dean, aspetta!» quasi gridò Kat avvicinandosi di corsa e poggiandogli una mano sulla spalla come se volesse allontanarlo da Sam. Andy raccolse cautamente il coltello e li raggiunse.

«E se fosse uno di loro?» continuò la ragazza chiaramente sgomentata.

Sam li guardò senza capire: «Uno di chi?».

«Un demone» disse Andy tra i denti, come se improvvisamente quella parola avesse assunto il peso di un’imprecazione.

Dean scattò in piedi, parando Sam da qualsiasi altra accusa infondata «E’ mio fratello» ringhiò a tono.

«Questo non significa niente Dean!» esclamò Kat e puntò il dito indice, l’unghia laccata di fucsia, contro il ragazzino.

«Lui verrà con noi! Non lo lascerò di nuovo da solo» insistette indietreggiando di un passo e avvicinandosi al fratello con fare protettivo, come un animale selvatico che si trovava braccato e il cui unico pensiero era di proteggere il proprio cucciolo.

«Dean non puoi mettere l’intera scuo-».

«Christo!».

Le parole di Kat furono troncate dall’esclamazione in latino di Andy.

Dean si irrigidì mentre gli occhi marroni della ragazza, ingranditi comicamente dagli occhiali, si spalancavano terrorizzati.

Rimase immobile per un istante: non poteva voltarsi, doveva voltarsi e doveva scappare, subito. Non ebbe la forza di fare nessuna delle due cose, solo la codardia di rimanere bloccato sul posto, troppo spaventato per ammettere l’inevitabile. Se si fosse girato verso Sam e avesse visto quella che sapeva lo aspettava, era certo che il terreno gli sarebbe mancato da sotto i piedi.

Fu la prontezza da giocatore di football di Andy a tirarlo fuori dallo stato di gelido terrore che aveva avvolto sia Dean che Kat, afferrò la spalla della ragazza e il suo polso, tagliandogli il palmo con la lama che teneva ancora in mano; l’improvviso bruciore e il calore del sangue furono sufficienti perché le gambe di Dean si rimettessero in moto da sole e raggiungessero la porta, il corridoio, la vecchia porta metallica, scendessero le scale e si fermassero nel locale caldaia, avvolte dal fetore di muffa e polvere e nella più completa oscurità.

Buio. Nero come gli occhi di Sam il secondo in cui si era voltato e lo avevo visto: immobile dove lo aveva lasciato, un sorriso beffardo sulla labbra e la mano destra alzata, ondeggiata pigramente in segno di saluto mentre loro si allontanavano. 



 
*
 


Dean si lasciò cadere esausto a terra, noncurante dell’umidità che gli bagnò i jeans mentre Andy e Kat tastavano i muri alla ricerca di un interruttore della luce. Quando lo trovarono una piccola lampadina appesa ad un filo si accese ronzando, illuminando appena intorno a loro tre con un cono di luce e gettando ombre spettrali su tutto il resto della stanza.

Dean si rese conto di essersi seduto vicino ad una pozzanghera d’acqua dovuta alla perdita di un tubo soprastante. Come se gli importasse.

«Scusa per la mano… E’ stato un incidente» gli disse Andy indicando la ferita che aveva sul palmo mentre si mordicchiava il labbro; quel gesto innocente gli ricordò quanto era appena successo. Distolse lo sguardo dal ragazzo e lo portò sulla sua mano dove il sangue si stava ormai seccando.

Dean armeggiò nella tasca dei pantaloni estraendone un vecchio cellulare, facendo l’accesso al menù chiamò il primo numero in rubrica.

La voce ruvida di John Winchester rispose al quarto squillo.

«Che succede Dean?».

Il ragazzo prese una boccata d’ossigeno. «Siamo nei guai papà».

Dall’altro lato della linea John attese che il figlio continuasse.

«Dei ragazzini a scuola… hanno celebrato un rito e hanno aperto un portale… I demoni che sono riusciti ad uscire hanno invaso la scuola e probabilmente posseduto chiunque».

John sospirò profondamente «Niente che tu non abbia già affr-».

«Anche Sammy. Hanno preso Sammy papà» sentiva gli occhi pizzicare.

Silenzio.

«Ascoltami Dean, come stavo dicendo, non è niente che tu non abbia mai affrontato. Cosa hai intenzione di fare?» non lo disse, ma il ragazzo riuscì a sentire il “soldato” che il padre era tentato di aggiungere al fondo della sua domanda.

Era così difficile pensare lucidamente… Come aveva intenzione di agire? Benedire l’acqua? Sentì il peso del rosario nella tasca posteriore dei jeans. No, non con Sammy nella scuola.

Mentre l’adrenalina del momento andava scemando, la furia liquida che gli scorreva nelle vene era l’unico appiglio che gli era rimasto: rabbia per non essere stato in grado di proteggere Sam, rabbia nei confronti di quel quintetto di idioti e una furia cieca nei confronti di quella puttana che si era presa gioco dei sentimenti di suo fratello, rabbia perché John era a chissà quante ore di distanza…

«Figliolo, respira». Solo quando la voce del padre interruppe il suo flusso di pensieri si rese conto di star ansimando. Andy e Kat cercavano in tutti i modi di non guardarlo. Prese il crocifisso dalla tasca e lo tese alla ragazza che lo afferrò come se le avesse appena sporto una banconota da cento dollari e se lo rimise al collo.

Dean si sfiorò l’amuleto mentre il nodo che aveva alla gola si faceva sempre più stretto.

«Cos’avevi intenzione di fare Dean? Sono a due ore di strada, pensi di poter rimanere nascosto fino al mio arrivo?».

«No!» scattò immediatamente «Non con Sam in quelle condizioni… c’è della vernice qui, apriremo un secondo portale e-».

«Apriremo? Quanti siete?» incalzò John. In lontananza sentì il suono di un clacson e un brusco stridìo di freni, l’idea di avere dei civili coinvolti doveva averlo convinto ad accelerare.

«Io e i cinque ragazzi che hanno aperto il portale. Due sono con me e gli altri tre sono nell’ufficio del preside o almeno spero. Ho dato loro l’esorcismo, lo diffonderanno per tutta la scuola con l’auto parlante».

«Perché non ci sei andato tu?».

Dean alzò lo sguardo verso la perdita nel tubo dell’acqua «Avevo in mente un piano ma è saltato» ammise.

«Sarò lì il prima possibile figliolo... Andrà tutto bene, so che puoi farcela».

«Grazie signore».

Chiuse la chiamata.

«Dobbiamo far scattare l’allarme anti-incendio, giusto? Era questo il piano no?» bisbigliò Kat ad Andy.

«NO!» gridò Dean alzandosi in piedi di scatto «Sam è ancora là fuori!».

I due ragazzi lo fissarono con gli occhi spalancati davanti all’assurdità di quelle parole.

 «Stai scherzando vero? Tuo fratello è un demone Dean! È andato!» esclamò Kat mimando il dissolversi di qualcosa nell’aria.

Dean strinse i pugni, affondando la mandorla dell’unghia nella ferita già aperta. Cosa pensava quella puttanella? Che metterlo davanti ai fatti avrebbe fatto meno male? Che lui non avesse fallito nel proteggere l’unica cosa davvero importante nella sua altrimenti misera vita? Che avrebbe riportato Sam all’adolescente lunatico di sempre?

«Non faremo scattare l’allarme» scandì le parole lentamente. «Non intendo fare del male a mio fratello, anche se è un demone adesso» le ultime parole avevano il sapore di cenere e bile.

Andy emise un verso di disgusto.

«Hai qualche problema?» gli chiese Dean facendosi avanti con aria di sfida.

«Sì, Winchester e tu sei uno di quelli. Siamo stati degli emeriti imbecilli ad evocare quei cosi ma-».

«Io userei un altro termine» lo interruppe Dean puntando i suoi occhi verdi vagamente arrossati dalle lacrime che non si era concesso di versare, in quelli azzurri del ragazzo di fronte a lui.

Andy proseguì come se niente fosse «Ma fino ad un momento fa tu eri disposto ad attuare il piano e a bruciare come acido l’intera scuola. Sono parole tue, te le ricordi?».

L’irrigidirsi della mascella del ragazzo fu l’unico indicatore che effettivamente ricordasse di aver pronunciato quelle esatte parole.

«E adesso, improvvisamente, sei del tutto contrario all’idea e perché? Perché il tuo fratellino è stato coinvolto? Beh mi dispiace tanto ma non ti permetterò di mettere a rischio l’intera scuola per tuo fratello! E la vuoi sapere una cosa? Sei tu il suo babysitter! Dovevi essere tu a controllare che se ne stesse a casa a guardare i cartoni animati invece di -».

Il pugno destro di Dean gli colpì il naso prima che potesse terminare l’accusa.

Andy si inginocchiò a terra, tentando di contenere con le mani il sangue che sgorgava copioso mentre Kat cercava freneticamente un fazzoletto nella tasche del giubbotto.

«Ma sei impazzito?!» inveì contro Dean, mentre il ragazzo continuava a tremare respirando affannosamente «Soffre di epistassi cronica! Sai quanto ci vorrà prima che smetta di sanguinare?».

«La cosa non mi interessa» rispose Dean a denti stretti, infilando le mani nelle tasche dei jeans.

«Cristo Santo Dean! Abbiamo fatto un casino, ok! Ma credevo ci avresti aiutati! Pensavo fossi un eroe!».

«Un eroe? Un eroe?» ripeté il ragazzo tra i denti.

«Tu cosa vuoi saperne di un eroe? Uhm? Te la dico io una cosa sugli eroi: non sempre portano un mantello rosso e sanno volare e la maggior parte delle volte non si beccano nemmeno il bacio dalla damigella in difficoltà o un semplice “grazie”, anzi. Dormono in macchina e vivono di fast food e cibi presurgelati, hanno padri alcolizzati e la madre tre metri sotto terra! E a volte, tutto quello che chiedono è di riuscire a proteggere il loro fratellino…» Dean sentì le lacrime strozzargli le ultime parole in gola e si voltò verso le scale, fuggendo allo sguardo della ragazza ammutolita alle sue spalle.

Si strofinò energicamente la manica della camicia sul naso, macchiandola di moccio e qualche lacrima salata; incredibile ma vero, il moccio resisteva molto di più del sangue nei lavaggi a freddo.

«Quindi non faremo scattare l’allarme. Fine della discussione. Ora dammi il coltello, Andy».

«Cosa vuoi farne?» chiese il ragazzo alzandosi dal pavimento, il naso gli pulsava ancora e sospettava stesse assumendo una sgradevole sfumatura violacea, inoltre i pezzetti di carta che si era infilato nelle narici non dovevano migliorare il quadretto.

«Non intendo uccidervi se è questo che vi preoccupa» mormorò Dean sovrappensiero, studiando la porzione sgombra di pavimento su cui si trovavano «Dobbiamo aprire un secondo portale. Uno inverso, che li riporti all’inferno» chiarì di fronte agli sguardi allarmati dei due.

«I portali sono come le scale mobili: o ti portano su o ti portano giù» spiegò.

Prese il coltello che gli veniva sporto da Andy e cominciò a forzare il barattolo che aveva adocchiato appena entrato nella stanza; sperò che la vernice non si fosse seccata completamente.

Con suo grande orrore si ritrovò a dipingere con due dita un pentacolo rosa alla bell’è meglio sul pavimento accidentato.

Rosa? Ma abbiamo un’aula rosa qui?» aveva commentato virilmente Andy.

«La biblioteca».

«Ah».)       
    
Dean si ripulì il coltello sui jeans prima di affondarlo nuovamente nel palmo e riaprire la ferita, fece cadere qualche goccia lungo tutto il perimetro del cerchio.

«Chiama Benjamin. È il momento».

 
 
*




Un piano più su Benjamin, Mark e Annie stavano stipati sotto la minuscola scrivania del preside McCray.

Benjamin aveva collegato il microfono e lo teneva tra le mani come una reliquia, l’esigua lunghezza del cavo lo obbligava ad una posizione alquanto scomoda: aveva il gomito di Andrew conficcato nella costole e il piede della sorella pericolosamente vicino al cavallo dei pantaloni.

«Quando credi che chiameranno?» bisbigliò Annie.

«Non lo so… ma spero si sbrighino, devo andare in bagno» bisbigliò di rimando Andrew.

«Zitti! Ho sentito dei passi!» gemette Benjamin cercando di tappare la bocca del ragazzo con la mano sudaticcia.

Le parole di Benjamin furono confermate dal crescere del rumore finché la porta dell’ufficio non si spalancò di colpo, da sotto la scrivania Annie poté distinguere due paia di Converse.

«Ucci ucci sento odor di pisciasotto» rise una delle due persone, probabilmente Converse Verde Militare; Converse Blu si era fermato sullo stipite della porta.

«Facciamo in fretta, quest’idiota aveva mangiato pesante a pranzo, non se posso più di questo corpo» disse Converse Blu contorcendo i piedi contro il pavimento.

«D’accordo…» acconsentì l’altro avvicinandosi alla scrivania sotto cui i tre ragazzi erano nascosti.

Trattennero il fiato.

Con un semplice gesto della mano il demone scoperchiò il mobile, lasciando Andrew, Annie e Benjamin allo scoperto con gli occhi e le bocche spalancate.

Mark sentì con suo grande orrore uno spiacevole tepore farsi strada nelle mutande.

«Cucù» sorrise amichevolmente quello che pareva essere un ragazzino del primo anno.

«Io voglio quello con la faccia da topo» commentò Converse Blu senza spostarsi dalla porta.

L’altro fece spallucce «Io mi prendo la ragazzina allora».

Con le mani tremanti Benjamin raggiunse il foglio di carta su cui Dean aveva precedentemente scritto la formula dell’esorcismo e lo mise in mano a Mark cercando di non farsi notare, il ragazzo impallidì ancora di più – se possibile – quando capì le intenzioni dell’amico.

Benjamin aveva passato tutta l’ora precedente a rileggere quel dannato esorcismo, lo aveva quasi imparato a memoria e non vi era modo in cui lui sarebbe riuscito a decodificare la tragica calligrafia di Dean Winchester.

Prima ancora che potesse protestare i due demoni avevano spalancato la bocca e un denso fumo nero ne era fuoriuscito dirigendosi verso di loro.

Annie gridò e la nebbia entrò senza fatica, con Benjamin fu più difficile ma un istante dopo Converse Blu e Converse Verde Militare era svenuti a terra mentre gli occhi iniettati d’inchiostro dei suoi amici lo fissavano.

Strinse il foglio tra le mani e si mise a correre.

I due demoni non dovevano considerarlo una gran minaccia perché si presero il loro tempo per sgranchirsi le ossa e uscire dall’ufficio.

La corsa di Mark era stata piuttosto breve, quando si era reso conto che non lo stavano inseguendo marciando sul pavimento su mani e piedi, schizzando vomito verde ovunque si era nascosto dietro una fila di armadietti, abbastanza lontano per riprendere la fuga ma abbastanza vicino per origliare la conversazione che stavano avendo i due.

«Che dici? Lo andiamo a prendere?» chiese quello che indossava il corpo di Annie.

«Nah» rispose l’altro allungando le braccia verso l’alto per stiracchiare la colonna vertebrale «Non ne vale la pena».

Il ragazzo si sentì sollevato ma non poté soffocare la scintilla d’indignazione che gli si accese nel petto, l’arrivo di un terzo demone – Converse Rosse e una divisa da giocatore di football – gli impedì di fare qualcosa di molto stupido.

«Muovetevi idioti, abbiamo quello che ci serviva» dichiarò il nuovo arrivato.

«Oh bene» disse Annie – no, non Annie, il demone si rammentò.

«Il capo sarà soddisfatto».

«Dobbiamo andare però, sta arrivando e ci vuole tutti pronti».

«Signor sì signore» rispose beffardo quello con il volto di Benjamin con una parodia scomposta del saluto militare.

«Andiamo» ringhiò spazientito il giocatore di football.

E si avviarono verso il corridoio, probabilmente con l’intenzione di raggiungere la palestra. Mark attese che si allontanassero e sfrecciò nuovamente nell’ufficio del preside, chiudendo la porta forse un po’ troppo rumorosamente ma di certo nessuno dei demoni era così sciocco da barattare il corpo di Annie (campionessa di pattinaggio) o di Benjamin (karate, grazie tanto) o di un dannato giocatore di football per il suo metro e settanta smilzo smilzo.

Attaccò il microfono alla spina della corrente, attento alle schegge di legno e di vetro dovute alla colluttazione del fermacarte del preside con il pavimento, quando l’improvviso trillo del telefonino di Benjamin per poco non gli fece infilare le dita nella presa elettrica.

Gattonò sulla moquette e raggiunse l’apparecchio, premette il tasto verde e lo portò all’orecchio.

«Packet, sono io Armstrong» la voce di Andy gli rispose dall’altro capo.

«Sono Andrew… Annie e Benjamin sono… Andati» mormorò.

«Annie è morta?!» l’improvviso grido del ragazzo lo costrinse ad allontanare il telefono.

«No no! Non credo almeno! Sono posseduti, ecco».

Andy sospirò di sollievo. Lo sentì riferire quanto aveva detto, probabilmente a Dean.

«Anderson? Sono Dean Winchester. Ascoltami, non posso rischiare di venire di sopra quindi stai bene attento perché abbiamo poco tempo».

«Molto poco temo, quei demoni parlavano di un “capo che sta arrivando e che li vuole tutti pronti”, hanno detto di aver trovato quel che volevano. Credo si tratti del libro».

Dall’altro lato del telefono Dean imprecò «Dov’è?».

«E’ rimasto in palestra immagino».

Un breve silenzio. «Forse la cosa potrebbe giocare a nostro favore: se si raggrupperanno tutti lì sarà più facile, ma dobbiamo muoverci».

«Ho l’esorcismo… Ben mi ha dato il foglio prima che... Sai no».

«Sveglio il ragazzino» commentò Dean «Fa’ quello che avevo detto a lui, recitalo nel microfono e non ti fermare per nessuna ragione al mondo».

«Io non… Non so se posso farlo… Mi sono pisciato addosso quando quei due sono entrati».

Dean sbuffò spazientito «Non per metterti fretta Piscialletto, ma quei bastardi stanno per evocare il boss del livello finale se ho ragione, e tu sei la nostra ultima speranza».

Mark trasse un respiro profondo «Resta al telefono con me però».

Dean sospirò dall’altro lato «Ok, ma niente smancerie. Sei pronto?».

«Neanche un po’» gemette Mark.

«D’accordo, ripeti dopo di me:

Exorcizamus te, omnis immundus spiritus
Omnis satanica potestas, omnis incurio
Infernalis adversarii, onmins-»

«Aspetta aspetta!» Mark, che fino a quel momento aveva ripetuto la formula parola per parola come uno studente diligente, lo interruppe bruscamente.

«Che c’è?» ringhiò Dean all’altro lato del telefono; sentì il rumore di cocci e di qualcosa che veniva scosso energicamente, sperò non fosse Mark l’oggetto in questione.

«Devo segnarmi la pronuncia… Te lo hanno mai detto che hai una pessima calligrafia?» il ragazzo aveva ripescato una penna dalle macerie e prese a scrivere sul foglio, cancellando le parole con spesse righe blu e riscrivendole più chiaramente.

«Ok, infernalis adversarii, omnis?».

Dean riprese a recitare da dove si era interrotto:

«Omnis legio,
omnis congregatio et secta diabolica.
Ego draco maledicte
Et omnis legio diabolica
Adjuramus te.
Cessa decepire humanas creaturas,
Eisque aeternae Perditionis venenum propinare».

«Sono solo dei semplici tirapiedi, questo dovrebbe essere sufficiente a fermarli» concluse «Ora ripetilo e non fermarti».

Mark trasse un profondo respiro e accese il microfono, un fastidiosissimo ronzio si diffuse in tutta la scuola.

«Exorcizamus te, omnis immundus spiritus
Omnis satanica potestas, omnis incurio
Infernalis adversarii…».

Dovette ripetere la formula tre volte e stava quasi per cedere e richiamare Dean quando l’intera scuola parve andare in black-out: lentamente un denso fumo nero cominciò a salire da sotto la porta chiusa, accompagnato da un terribile frastuono di vetri infranti. Mark si ritrasse sforzandosi di continuare a ripetere l’esorcismo, ma il demone – i demoni? – continuavano a strisciare sul pavimento come nebbia, un’evanescente lingua nera gli lambì la scarpa; scattò in piedi come se avesse preso la scossa e per sua fortuna il cavo del microfono non si staccò.

Continuò a predicare in latino alzando così tanto la voce da ritrovarsi a gridare le parole. Il fumo si arrestò e cominciò velocemente a retrocedere, come se si fosse spaventato di fronte all’improvviso picco del suo tono di voce, o come su qualcuno lo stesse risucchiando con un enorme aspirapolvere come in Ghostbusters. Mark si appuntò di ridere a quell’idea, più tardi magari, quando tutto sarebbe finito.
 
 
*
 

 
John era arrivato – per una volta, la prima forse – in perfetto orario, in tempo per accogliere con una coperta la figura tremante di Sam mentre usciva con il fratello dalla porta principale della scuola. Dean era stato piuttosto restio a lasciarlo, ma alla fine aveva permesso al padre di accogliere Sam nell’abbraccio della coperta «Tutto a posto?» chiese strofinandogli le spalle.

Sam annuì senza guardarlo negli occhi, poi tornò al fianco di Dean.

Il maggiore si voltò nuovamente verso il portone, in parte per nascondere il sorrisino di soddisfazione che gli increspava le labbra – solo una piccola rivincita personale in fondo, perché, dopo che aveva permesso che venisse posseduto da un demone, Sammy continuava a scegliere lui – in parte perché Mark, Andy e Kat si stavano avvicinando.

La ragazza si sistemò nervosamente gli occhiali rotti sul naso (Andy glieli aveva letteralmente fatti volare dalla faccia quando l’orda di demoni si era riversata come un fiume in piena nello scantinato per entrare nel sigillo): «Te ne vai allora?».

«Sì e non vedo l’ora» le rispose Dean sorridendo.

«Annie e Benjamin stanno bene… sono svenuti in palestra come tutti gli altri, ma qualcuno sarà ancora nascosto in giro per la scuola come tuo fratello» lo informò Andy, il livido era peggiorato, tingendo di un viola scuro tutta la parte lesa del suo volto.

Dopo che Mark aveva attuato l’esorcismo di massa e dopo che Kat e Andy lo avevano aiutato a smantellare il suolo su cui aveva inciso il sigillo, Dean aveva rivoltato l’intera scuola alla ricerca del fratello: lo aveva trovato Andy infine, nascosto e tremante nel ripostiglio del custode e dopo avergli urlato più volte “Christo” in faccia lo aveva portato da Dean.

«Ah e per tua informazione, il demone che ha posseduto Megan Holt si è divertito un mondo con lei… ha i capelli rapati a zero, probabilmente non gli piacevano le bionde» sghignazzò Andy rivolgendosi a Sam. Il ragazzino alzò lo sguardo verso Dean che gli rispose con un occhiolino, accarezzando la tasca dei jeans in cui custodiva il coltello.

«Come faremo a spiegargli – coff! – quello che è successo?» chiese Mark con voce gracchiante, tossendo nel bel mezzo della frase. Aveva urlato così tanto nel recitare l’esorcismo che gli era andata via la voce.

«Non lo farete… Sono certo che vi inventerete qualcosa» rispose Dean alzando le spalle noncurante.

«Quindi non ce l’hanno fatta ad invocare il superdemone alla fine?» indagò Kat.

«No, il nostro Mark è stato più veloce di loro» rispose Dean dando un pugno giocoso alla spalla del ragazzo, che arrossì fino alla punta delle orecchie massaggiandosi il braccio.

«Dobbiamo andare ragazzi» intervenne John che nel frattempo era salito in auto.

«Arriviamo papà» rispose Dean «Ancora una cosa, il libro?».

Mark aprì lo zaino rosso che aveva sulle spalle e ne estrasse una manciata di fascette di carta ingiallita «Ha avuto un incontro ravvicinato con il trita documenti della segreteria» gracchiò sorridendo «Sono indeciso se dare mezza stella o cinque sul sito, dopotutto il libro ha funzionato alla grande».

Dean scosse la testa sorridendo e con una mano intorno alle spalle di Sam lo condusse dal lato posteriore destro del passeggero, poi aprì la portiera ed entrò in macchina con la raccomandazione che non si cacciassero più nei guai e una scusa rivolta a Andy a lato destro della sua faccia che pareva una piccola melanzana.

«Divertitevi questa sera alla festa» disse ancora chiudendo la portiera.

Andy emise un verso sgraziato con il naso, simile ad un grugnito «Non credo ci andremo».

«Come no? Dopo tutto quello che abbiamo fatto perché venisse bene!» si lamentò raucamente Mark.

Dean cercò di non ridere.

Kat si avvicinò titubante e il ragazzo abbassò il finestrino sperando che non volesse baciarlo.

«Tu sei davvero un eroe» gli disse guardandolo negli occhi per una frazione di secondo attraverso le lenti storte, poi schizzò nuovamente sul prato con gli altri due.

Dean sorrise ed agitò la mano un paio di volte prima di richiudere il finestrino, mentre John scendeva dal marciapiede su cui aveva malamente parcheggiato e si immetteva nella corsia deserta.

«Dove andiamo papà?» chiese Sam allentandosi la cintura di sicurezza e appoggiandosi al fianco di Dean che gli mise immediatamente un braccio intorno alle spalle.

«Per prima cosa cercheremo una stanza, hai bisogno di riposare Sam».

Il ragazzino annuì.

«E poi andremo a Denver, Bobby ha fiutato aria di guai laggiù».

Il resto del viaggio avvenne in silenzio, Dean guardava fuori dal finestrino ripensando all’accaduto mentre John teneva gli occhi sulla strada pensando a quello che sarebbe potuto accadere, controllando sporadicamente i ragazzi attraverso lo specchietto retrovisore.

Lo sguardo di Dean si perse tra gli alberi arancioni e le decorazioni di plastica piazzate nei cortili in attesa di Halloween; John sbirciò ancora una volta dallo specchietto: Sam aveva la coperta avvolta intorno alle spalle e la testa appoggiata al petto di Dean, la mano destra all’altezza del cuore del fratello, vicino all’amuleto.

Tornò a guardare la strada e nessuno dei due, padre e figlio, poterono vedere il sorriso che increspò le labbra pallide di Sam o l’intenso color oro che avevano preso i suoi occhi.

 

 
FINE?
 
 
 
 
 
 
***
Sono quasi settemila e cinquecento parole e io non ne sono mai stata più fiera :)
Ringrazio ancora di cuore tutti coloro che seguono la raccolta ♥
Grazie di cuore.



 
   
 
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