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Autore: Troki_98    17/10/2015    3 recensioni
Chi non si è mai sentito solo?
Chi non ha mai voluto un abbraccio?
Chi non ha mai desiderato di addormentarsi tra le braccia della persona amata?
E se qualcuno venisse ad abbracciarti la notte?
E se questo qualcuno non fosse chi tu speri che sia?
E se anche lui si sentisse solo?
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi scuso perchè la storia è un po' lunghetta e il carattere 18 la rende ancora più lunga (ma io ci tengo alla salute dei vostri occhi quindi leggete tranquilli con questi caratteri giganti). Questa storia mi è venuta in mente mentre una sera ero a letto presa, più o meno, dagli stessi pensieri di Anne... non so se questa roba vi farà veramente paura ma fatemi sapere che ne pensate e buona lettura! :3


Anne era sdraiata sul divano a guardare un film alla tv, era uno dei soliti thriller in cui un assassino psicopatico riusciva a uccidere un mare di gente in modi improbabili finchè il poliziotto depresso per un qualche trauma infantile non riusciva a fermarlo. Era un film scontatissimo e Anne riusciva a prevedere ogni avvenimento con un'incredibile precisione, ne aveva visti a centinaia di film come quello.  
Sbadigliò durante la pubblicità e per un momento pensò che sarebbe stato meglio andare a letto ma decise che avrebbe aspettato il rientro di Isabelle, la sua coinquilina che era uscita con degli amici. Isabelle avrebbe avuto un esame all'università il giorno dopo quindi non poteva rientrare alle 6 di mattina come era solita fare o, almeno, questo era quello che Anne sperava.
Isabelle era il suo esatto opposto e Anne l'aveva sempre invidiata ma si era ormai rassegnata da tempo alla sua condizione di povera ragazza asociale. Isabelle era popolare, aveva tantissimi amici con cui usciva quasi ogni sera e quando non andava con loro usciva col suo ragazzo bello e simpatico, mentre gli unici amici che Anne era mai riuscita a farsi erano le persone con le quali chattava su Internet, di cui molto spesso non conosceva il vero nome e non aveva mai visto la faccia.
Isabelle era anche bella, piccolina, magra, sempre ben truccata e con abiti alla moda, tutto l'opposto di Anne che si considerava più simile a un bradipo che a un essere umano. Ad Anne non importava molto del suo aspetto l'unica cosa che si domandava in continuazione era se, avendo un aspetto diverso, socializzare con gli altri e farsi quindi degli amici sarebbe stato più facile.
La sola persona che Anne considerava sua amica era Alexis, a dire il vero la considerva la sua migliore amica ma ciò dipendeva forse dal fatto che era anche l'unica. Si conoscevano fin da piccole ma col tempo si erano allontanate, Anne ricordava con nostalgia i tempi in cui anche Alexis la considerava la sua migliore amica ma poi, entrate al liceo, si erano trovate in classi diverse e Alexis aveva fatto nuove conoscenze e nuove amicizie, aveva addirittura cambiato un po' il suo carattere ed era diventata simile a Isabelle. Come se non bastasse adesso Alexis frequentava l'università in un'altra città e Anne non la incontrava da mesi, si erano solo scambiate dei brevi messaggi ma ciò non cambiava la situazione.
Ad ogni modo Alexis non era mai stata l'amica che Anne sognava fin da quando aveva memoria, un'amica come quelle delle serie tv che le piacevano guardare, con cui condividere tutto ciò che le passava per la testa. Anne non era mai riuscita ad aprirsi con Alexis come avrebbe voluto e si era spesso chiesta se quell'amicizia non fosse andata alla deriva per colpa della sua timidezza. Restava comunque il fatto che Alexis era stata la sola persona che, per motivi ad Anne sconosciuti, le fosse rimasta accanto fino a definirla sua amica, nessun altro aveva mai definito Anne come un'amica; i suoi compagni di classe del liceo le parlavano, certo, e anche lei parlava con loro, così come faceva coi suoi compagni di facoltà ma questi rapporti erano limitati all'ambito scolastico. Non aveva più sentito i suoi compagni di liceo da quando era entrata all'università e non era mai uscita coi suoi compagni di facoltà.
Anne si trovò a pensare alla sua immensa e perpetua solitudine ancora una volta mentre guardava quello stupido film. Si era sempre sentita così sola... non aveva mai espresso a nessuno quei pensieri però, nemmeno alla sua famiglia, con la quale, in assenza di amici, aveva un buon rapporto confidenziale. I suoi genitori i preoccupavano spesso della sua mancanza di amici e del fatto che non aveva mai avuto un ragazzo in ventidue anni di vita ma lei li rassicurava dicendo che andava bene così... ed era vero finchè era giorno e aveva qualcosa da fare ma quando calava la notte e lei si ritrovava sola si deprimeva e si rendeva conto che ciò che diceva ai suoi era una bugia, una bugia per farli sentire meglio ed evitare che si sentissero colpevoli di quella sua solitudine.
Era anche per questo che avrebbe continuato a guardare quel film e avrebbe aspettato Isabelle; si era sempre sentita più rassicurata sapendo che qualcuno dormiva nella stanza accanto, rassicurata e meno sola. Se si fosse messa a letto sapendosi completamente sola e avvolta dall'oscurità avrebbe cominciato a immaginare di aver qualcuno al suo fianco, un uomo che l'amava, l'abbracciava e le sussurrava parole d'amore dolci e scherzose, avrebbe immaginato anche di rispondergli e ciò avrebbe dato inizio a una conversazione immaginaria con l'uomo dei suoi sogni che l'avrebbe fatta sentire contemporaneamente felice e meno sola ma anche più depressa.
Il film finì verso mezzanotte e di Isabelle non c'erano ancora notizie. Anne aveva sonno ma, se si era intristita fino a quel punto pensando alla sua solitudine mentre era distratta dal film, aveva paura di ciò che questi pensieri le avrebbero procurato una volta che si fosse trovata al buio sotto le coperte, senza nulla su cui focalizzare l'attenzione.
Fece un rapido giro di tutti i canali alla ricerca di qualcos'altro da vedere nella vana speranza di trovare un buon film horror appena iniziato. Un film horror sarebbe stato l'ideale così, una volta finito, si sarebbe messa a letto terrorizzata da ciò che poteva celarsi nelle tenebre della sua camera, avrebbe chiuso gli occhi e si sarebbe addormentata il più presto possibile cercando di scacciare via quelle assurde paranoie e non pensando al suo stato di solitudine.
Purtroppo il meglio che trovò fu una commedia in bianco e nero e mentre la guardava di addormentò sul divano.
Fu svegliata da un terrificante urlo, si mise a sedere guardandosi intorno confusa finchè il suo sguardo non finì sulla tv, un tizio mascherato stava riempiendo di coltellate una giovane donna; alla fine il film horror che lei aveva cercato era iniziato dopo la fine della commedia.
Anne guardò l'orologio e vide che erano già le 2:30, era tardi e il giorno dopo doveva andare a lezione così spense la tv e si preparò per andare a dormire sebbene Isabelle non fosse ancora tornata.
Nel mettersi sotto le coperte del suo letto a una piazza e mezza con un solo flebile raggio di luna che rischiarava un po' la stanza proveniente dalla finestra, accadde ciò che aveva temuto, cominciò a fantasticare.
Immaginò di avere una vita diversa, con degli amici, di essere come Isabelle e di aver incontrato finalmente il ragazzo bello e misterioso di tutte le sue fantasie che si innamorava di lei dopo un ipnotico gioco di sguardi...
Anne teneva gli occhi chiusi per immaginare tutto al meglio ed era sdraiata di lato sul letto, con il viso rivolto verso la parte del muro; immaginò il suo ragazzo entrare piano nella camera, chinarsi a darle un bacio tra i capelli e insinuarsi tra le sue coperte per darle un caldo abbraccio, il caldo abbraccio d'amore che lei aveva sempre sognato di ricevere sia dagli amici che dagli amanti delle sue fantasie, per un momento mentre scivolava nel sonno quell'abbraccio sembrò così reale, così reale...
Anne aprì gli occhi di scatto e si ritrovò a fissare il muro nella lieve luce che penetrava dalla finestra. Si impose di fissare un punto fisso nel muro per registrare con gli altri sensi ciò che stava percependo, sapeva bene che quando avrebbe usato la vista tutto sarebbe andato per il verso sbagliato.
L'udito, l'olfatto e il gusto non sembravano avere nulla di sbagliato, l'unico rumore era il suo respiro e il lieve ticchettare dell'orologio appeso al muro della stanza e non c'erano odori o gusti strani nell'aria e nella sua bocca.
Il tatto.
Il tatto era il senso sbagliato, il senso impazzito. 
Si sentiva avviluppata in un caldo e intenso abbraccio, un braccio le cingeva la vita e qualcosa di orribilemente simile a una mano era poggiata dolcemente sulla sua mano destra.
Anne si impose si mantenere un respiro regolare e di non irrigidirsi ma non era molto sicura del risultato. 
Gli occhi erano ancora fissi su un punto immaginario del muro e le chiedevano, la supplicavano di vedere cosa diavolo ci fosse dietro di lei ma il cervello non li soddisfaceva, il cervello andava alla ricerca frenetica di una spiegazione razionale e rassicurante ma non la trovava. Non poteva essere Isabelle ad abbracciarla, quando si era alzata dal divano aveva controllato e lei non era ancora tornata e se fosse tornata quando lei era già sveglia l'avrebbe sentita.
L'unico pensiero coerente che si formò allora nella sua mente fu orripilante, qualcuno era entrato in casa mentre lei dormiva. Doveva essere così, per forza.
Mio Dio.
Abbassò lo sguardo e ciò che vide fu anche peggio.
Strozzò l'urlo che aveva in gola e ne uscì solo un penoso gemito, adesso qualsiasi cosa ci fosse dietro di lei ad abbracciarla sapeva che lei era sveglia, nel caso non l'avesse già capito.
La mano e il braccio nel campo visivo di Anne sembravano fatti d'ombra, di una materia nera nè liquida nè gassosa ma liquida e gassosa allo stesso tempo. Il solo guardare quello spettacolo le fece venire i brividi e, nonostante l'imposizione di rimanere immobile, non potè fare a meno di tremare piano.
La cosa più terrificante non era il braccio in sè, era il fatto che quel braccio continuava e Anne sentiva chiaramente qualcosa di caldo lungo la schiena, caldo come un corpo umano anche se non poteva trattarsi di qualcosa di umano.
Un altro pensiero spaventoso la colpì con tale violenza che smise addirittura di tremare dalla paura, rimase paralizzata rendendosi conto all'improvviso che, prima o poi, avrebbe dovuto girarsi e affrontare quella cosa.
Immobile nella stretta del caldo abbraccio Anne pensò che magari, se fosse rimasta così fino al mattino seguente o fino all'arrivo di Isabelle, non le sarebbe successo niente di male. 
Il problema era che sentiva che avrebbe finito per impazzire se fosse rimasta ancora paralizzata in quell'abbraccio; voleva allontanarsi, correre via e togliersi di dosso quel braccio ripugnante ma non trovava nemmeno un briciolo di coraggio che le desse la forza di farlo e di voltarsi.
Respirò profondamente cercando di essere razionale, aveva visto tantissimi film horror e sapeva che soltanto rimanendo razionale avrebbe avuto una possibilità di salvarsi da quella situazione, sebbene di solito gli incontri ravvicinati con creature paranormali non finissero bene, specialmente gli incontri così ravvicinati.
Anne mosse lentamente la mano destra sopra cui stava la mano nera ed essa si mosse per adattarsi ai movimenti della mano di Anne, era calda e il suo tocco era orribilmente piacevole come tutto l'abbraccio.
Con gli occhi che si offuscavano incontrollabilmente per le lacrime Anne avvicinò la sua mano sinistra alla mano nera e, sforzandosi oltre ogni sua immaginazione, provò a toccarla. Le sue dita afforndarono nell'ombra fino a toccare la sua mano destra. Anne si lasciò sfuggire un altro gemito mentre le lacrime iniziavano a scenderle e a gocciolare sul cuscino.
Lui poteva toccarla ma lei non poteva toccarlo, era quanto di più spaventoso potesse immaginare in quel momento.
Mentre reprimeva a fatica i singhiozzi una strana follia, una temerarietà che le era sconosciuta, forse la disperazione, s'impossessò di lei e si girò di all'improvviso.
Stavolta la paura e lo shock che l'assalirono furono talmente forti da renderla muta, il pensiero di un urlo in quel momento era assurdo. Il silenzio si impadronì di lei, il ticchettio dell'orologio e il rumore del suo respiro lasciarono spazio ad un silenzio sordo nel quale si facevano pian piano strada i battitti del suo cuore, sempre più forti e sempre più veloci.
Si trovava di fronte a una sagoma umana dai contorni indefiniti, fatta di ombra e di tutte le sue sfumature, dove i raggi della luna la colpivano era grigia e poi si faceva più scura, fino al nero nelle parti più buie.
Anne, però, fissava gli occhi.
Il viso presentava una protuberanza grigio scuro dove avrebbe dovuto esserci il naso e un'altra protuberanza deforme indicava un orecchio, non c'era traccia di bocca o capelli; gli occhi, invece, sembravano quasi umani, la sclera bianca risplendeva lucida in netto contrasto col resto del corpo attorniava una lucidissima iride talmente nera e scura da confondersi con la pupilla; definirla nera, comunque, era un eufemismo.
Gli occhi la fissavano attenti come a cogliere qualsiasi dettaglio e Anne cominciò a piangere come una bambina. Non riusciva più a pensare razionalemente adesso che si trovava di fronte a quella creatura e, quando riuscì a parlare tra un singhiozzo e l'altro, la supplicò.
La supplicò di andarsene, di avere pietà di lei e di non tornare mai più, le disse che non voleva il suo abbraccio, che non ne aveva bisogno, e tutto ciò che le veniva in mente per convincerla a lasciarla.
La creatura sembrava ignorare ogni supplica, si limitava a fissarla attentamente, quasi con curiosità, l'unica reazione a ciò che Anne faceva era stringere più forte l'abbraccio ogni volta che lei si dimenava; nella sua disperazione Anne si accorse che, più lei cercava fiaccamente di allontanarsi dall'orrendo essere, più lui serrava l'abbraccio e più il calore dell'abbraccio svaniva, facendolo diventare più freddo e inquietante e decisamente meno piacevole.
Esaurite le suppliche e le lacrime Anne chiuse gli occhi, respirò lentamente e cercò di rilassarsi. Tornò a ragionare e, quando le sembrò o sperò che quella cosa non si aspettasse più una sua reazione, si divincolò con violenza dall'abbraccio e tentò di scendere dal letto per correre via.
Capì di aver sbagliato un secondo dopo aver dato inizio all'attacco, l'abbraccio divenne di colpo gelido e, abbassando lo sguardo, vide il furore invadere quegli occhi neri. 
Contro ogni previsione la creatura la spinse a terra stringendola sempre fra le braccia. Anne sentì un dolore acuto quando sbattè la testa sul pavimento e dopo che questo diminuì si rese conto che la stretta dell'abbraccio diventava sempre più forte e soffocante.
Sentì le costole spezzarsi ed incrinarsi nell'abbraccio mortale delle gelide braccia d'ombra, le sentì conficcarsi nei polmoni, sentì l'aria mancarle e gli spasmi del suo corpo farsi sempre più forti mentre anche l'omero e la clavicola si rompevano lacerandole la pelle, sentì l'odore del sangue, sentì la morte arrivare, sentì il tonfo della porta di casa che si chiudeva e un rumore di passi farsi sempre più vicino.
L'abbraccio terminò e Anne rimase morente sul pavimento ai piedi del suo letto emettendo dei rantoli rauchi.
-Anne?- chiese incerta Isabelle aprendo la porta della camera.
-Anne!- esclamò poi vedendola a terra e sanguinante nella penombra della stanza. Isabelle accese la luce e cacciò un urlo acutissimo ma Anne la sentì a malapena. 
Anne era accecata dalla luce del lampadario ma poteva ancora vederlo in piedi e incombente su di lei. La fissava con lo stesso sguardo di un bambino che guarda l'amico con cui ha giocato per tutto il giorno andare via, tornare a casa e lasciarlo da solo.
Isabelle stava strillando qualcosa al cellulare, ancora sulla soglia della camera, intanto Anne scivolava in un altro abbraccio, quello della morte. 
Si sentiva infinitamente sollevata mentre moriva, capiva di essere stata fortunata, di non essere mai stata veramente sola come pensava e che esisteva qualcuno, qualcosa, più solo di lei.
Anche lui soffriva a causa della solitudine, Anne glielo lesse negli occhi mentre i suoi si chiudevano per l'ultima volta.
Forse anche lui voleva solo un abbraccio...



Spero che vi sia piaciuta e vi ringrazio per aver perso tempo leggendo la mia storia. 
Vi voglio informare di una piccola curiosità, dopo aver scritto tutto mi sono ricordata di una canzone che ha delle lyrics incredibilmente adatte al soggetto della mia opera, se vi interessa è "The lonely" di Christina Perri (l'ho ascoltata per ore dopo aver finito di scrivere).
Adesso vi saluto e vi abbraccio :3 (lo so, lo so, era squallida u.u e no, Lonely, tu non puoi abbracciare i miei lettori...)
Grazie per la lettura!
  
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