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Autore: svetlychan    18/10/2015    1 recensioni
«Sei grosso con i tuoi draghi, ma senza cosa rimane?»
«Un mago, un sovrano, un prescelto e un filantropo»
***
«Ehì, maghetto! Sono io quello che dà gli ordini, ricordi?»
«Sì... Sei pronto? Andiamo!»
***
«È pur sempre mia sorella!»
«Ha ucciso 80 persone in 2 giorni»
«È stata adottata»
*Rivisitazione non testuale degli Avengers in chiave Merlin*
Genere: Azione, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Prologo: il Diamair 



Il freddo tagliente della notte gli si stagliava contro prepotentemente, ma si sforzava assiduamente di ignorarlo, da capo temuto e rispettato qual era.
Rallentò improvvisamente il suo destriero, avvertendo la sua scorta fare lo stesso, e si diresse con passo di marcia per un sentiero, quasi nascosto completamente dal fogliame autunnale, che iniziava sulla destra della strada principale. Con la mano sinistra fece segno ai suoi di spegnere tutte le fonti di luce che possedevano e solo dopo si permise di accelerare leggermente il passo.
Circa mezzo clessidra più tardi lo vide, grazie alla pozione del suo fidato Gaius, attraverso la cortina di nebbia magica: il castello di Agravaine. Senza indugiare oltre, spronò il suo cavallo ad entrare nella foschia stregata, sempre seguito dalle sue fedeli ed instancabili guardie.
Dopotutto le aveva allenate personalmente, con pochi era anche cresciuto insieme, da loro si sentiva di poter, e di dover, pretendere il massimo in ogni occasione, persino in una notte senza luna, e quindi nefasta, come quella.
Il suo ambiguo alleato mandò un suo servo ad accoglierlo, tale George se non si ricordava male, che lo conducesse con urgenza, ma facendogli comunque prendere le dovute precauzioni, «Quante efficienza, ragazzo!» «È una della qualità che mi attribuiscono più spesso, mio signore», il tutto declamando gli importanti risultati che stavano raggiungendo proprio quella notte.
Finalmente il Diamair aveva iniziato a reagire alle loro provocazioni magiche; il cristallo rilasciava cariche di luce ogni qualvolta un essere dotato di vita si avvicinava ad esso.
«Ad essere onesti, mio signore, altre volte è capitata una simile situazione: abbiamo scoperto che è la magia dei draghi a permettere ciò, una gran cosa non trovate? È stato un colpo di fortuna poter aver conservato quell'uovo, vista l'ostilità dei signori dei draghi nei nostri confronti...» stava riportando il fedele servo, mentre lo conduceva per i corridoi sotterranei e inaccessibili del castello dei De Bois.
«Non vedo allora cosa possa esserci di diverso dalle altre volte... George...?» chiese il re, odiando tutto quello spreco di parole. Da buon uomo d'armi, detestava discorsi di tale lunghezza.
«Sì, signore. Perdoni le mie divagazioni inutili. Come stavo dicendo, questa volta abbiamo ottenuto degli ottimi rispetto al solito: sono ben tre che il Diamair è attivo» 
Uther si portò la mano destra sotto il mento e la compagna sulla schiena, nella sua migliore posa pensierosa.
Se erano riusciti davvero a mantenerlo attivo così a lungo, forse quella notte sarebbero riusciti davvero a scoprire i poteri e i segreti celati in essa. Ma non solo, finalmente avevano stabilito le condizioni per poter osservare la sua potenza in azione.
Giunsero a quella che ai tempi di suo padre era l'armeria, riconoscibile dalla quantità di spade, asce e archi appesi ordinatamente alla pareti e dalle lance appoggiate agli angoli dei muri. Ma non erano quegli oggetti ad attirare l'attenzione; il vero protagonista era la pietra luminosa posta al centro della stanza.
A circa quindici piedi da essa, per delimitarne e proteggerne l'area, vi erano quattro soldati, sul petto dei quali faceva bella mostra di sè il drago oro Pendragon. Non appena il degno membro di quella stirpe cercò di accedere a quel perimetro immaginario, essi si mossero subito per fermarlo, ma un gesto di Agravaine li fermò.
«Uther! Quanto tempo... È davvero un piacere vederti! Immagino che tu abbia appreso da Georgedei nostri progressi, no?» lo accolse una voce a lui molto familiare. Voce appartenente ad un uomo dai folti capelli corvini che gli si stava avvicinando a braccia aperte.
Subito il Pendragon si avvicinò al cognato per completare l'abbraccio, accompagnato da alcune poderose pacche amichevoli sulla schiena.
«Agravaine... È sempre una gioia per me incontrarti. Come procedono i tuoi esperimenti? Il tuo servo mi ha accennato qualcosa, ma vorrei più dettagli... Non so se mi spiego...» rispose il sovrano, fissandolo negli occhi in modo esplicativo, affinché solo loro due potessero capire.
«Oh... Certo, Uther, certo. Non ci siamo ancora, ad essere sincero, anzi, a dirla tutta ho proibito ai miei uomini di avvicinarsi di più di come vedi. Non sappiamo ancora quale potrebbe essere la reazione della pietra» gli confessò il fratello di Ygraine. Non era certo dei poteri di quel misterioso oggetto, antico forse come la magia stessa.
«Allora che altri dobbiamo aspettare? Sono impaziente di vedere questo gioiello all'opera!» esclamò il sovrano, sempre più stufo di tutto quell'inutile tergiversare e più smanioso di vedere in azione l'oggetto.
«Io non credo che...» tentò, conscio del fallimento del suo tentativo già in partenza, il moro. 
La follia, sì, quello era l'aggettivo più adatto, che si impossessava di Uther nel momento in cui un avvenimento magico di una certa portata poteva compiersi, era qualcosa di incontrollabile. Era a causa di ciò, se i signori dei draghi avevano deciso di perdere la loro alleanza. Per quello e altre ragioni, ma principalmente per il senso di rischio che si annullava nel Pendragon in quelle situazioni.
«Sciocchezze! Forza, andiamo!» continuò imperterrito l'altro, facendo pressione sulla scena del cognato per forzarlo ad avvicinarsi al Diamair.
Inutile raccontare la riluttanza dell'altro nel farlo; avevano trovato alcuni testi druidi di quali raccontavano gli effetti che quella pietra aveva sulla mente umana, e lui di certo non voleva provarli su di sè.
Ma, ovviamente, non aveva fatto i conti con l'alleato di vecchia data.
Superate le guardie, erano bastati appena due passi, che il cristallo era iniziato a mutare, o meglio, la luce che emetteva stava cambiando. Altri due passi, ed essa si era organizzata a formare un piccolo cerchio. Ancora tre, ed il cerchio si era allargato. Quattro, ed esso aveva assunto una forma ellittica e, quando i due furono giunti dinanzi a quella strana figura, ciò che vi era davanti ai loro occhi era uno scorcio di un altro luogo. Luogo molto frequentato a quanto il De Bois poteva constatare.
Vi era una stanza di pietra, forse di una chiesa o di un tempio, piena di rampicanti fra le fessure lasciate dagli antichi e rovinati blocchi ammassati che componevano le pareti. Vi erano molti tavoli, o strutture adibite a tale uso, piene di armi di vario genere, di numero forse maggiore di quelle che avevano nella loro armeria. Ma la cosa veramente impressionante, era il numero di soldati lì presenti, pronti ad una battaglia, capitanati da una donna bionda, la quale gli sorrideva con una piccola pietra lucente in mano.
L'istinto gli suggeriva di allontanarsi all'istante, "fai come sta facendo il tuo caro amico Uther, no?", ma una voce nella sua testa gli ordinava di non muoversi. Ed aveva degli argomenti molto convincenti, quasi gli potesse leggere nella mente tutte le sue paure e i suoi timori.
«Agravaine! Allontanati, ora!» erano le parole inutili del re Pendragon, probabilmente aiutato da altri, vista la forza con cui avvertiva di essere tirato all'indietro.
Eppure, nonostante una parte di sè fosse conscia di doversi muovere e arretrare, l'unica cosa che fece, o meglio, che poté fare, fu di assistere inerme al passaggio della bionda dal luogo in cui si trovava, ovunque esso fosse, ai loro non più inaccessibili sotterranei.
Una volta davanti a lui, lo fissò con i suoi intensi occhi nocciola, imponendogli sempre di non muoversi. Si sentiva così vulnerabile sotto quello sguardo di ghiaccio, che allo stesso tempo gli mostrava la superiorità della donna e la grande speranza che quella portava con sè.
Perché non era solo il suo essere scoperto in quel modo a trattenerlo, no, era la nuova visione del mondo, il progetto, che ella aveva per quelle terre. Lei poteva portare una nuova luce, una luce persa ormai da tempo, un nuovo giorno per la Grande Albione.
Sì... La Profezia dei draghi parlava di lei, lei sarebbe stata la guida verso il nuovo regno! E tutto grazie al potere del Diamair, destinato a lei da sempre.
Come aveva potuto essere così cieco da credere che Uther sarebbe stato l'uomo che avrebbe potuto portare a ciò?
Questo era quello che balenava nella mente del povero Agravaine di fronte a quella agguerrita sconosciuta. La mente, completamente annebbiata da quella nuove idee rivelatrici, non lo aveva nemmeno fatto accorgere del dito indice della strega appoggiato al suo petto, proprio in prossimità del suo cuore.
Ma quello non era bastato a fermate Uther, il quale assunse subito il comando della situazione, «Quello che si dice un leader nature, mio signore» «Oh, 'sta zitto George!», ed ordino ai suoi uomini di portare in salvo la preziosa pietra, decisamente troppo cara per poter andare perduta.
E fu allora che il vero caos scoppiò.
Non solo l'esercito che era dall'altra parte del portale iniziò a seguire il suo biondo e femmineo comandante, ma il cristallo aveva iniziato ad agire in modo instabile, come se avesse avuto un moto di ribellione, chiudendo all'improvviso il varco magico e rilasciando una potente onda d'urto che respinse gli uomini dell'uno e dell'altra parte.
Il re avvertì quest'ultima solo quando la sua povera schiena entrò in  un violento e forzato contatto con il muro della stanza, per poi rovinare sul pavimento.
Non svenne però, il corpo inanime del sempre-efficiente servo aveva attutito, fortunatamente, la sua poco elegante caduta. Si appuntò mentalmente di ringraziarlo in seguito.
Ciò gli consentì di vedere le mosse della donna, e del suo nuovo alleato Agravaine, nell'atto di rubate la pietra.
Si mosse troppo tardi, poiché la botta alla schiena l'aveva sentita e anche bene, ma comunque inseguì i ladri, che nel frattempo stavano già fuggendo grazie alla guida esperta del padrone del castello.
Presa la prima balestra che aveva trovato, li rincorse per gli antri della struttura, per vederli poi già insella ai suoi cavalli all'uscita. 
Sparare tutti i dardi a sua disposizione fu totalmente inutile.
«Mio signore!» gli urlò il suo fedele Leon, «Che facciamo ora?» gli chiese, col fiatone per la secente corsa.
«Ora, Leon, ora... Ce la riprenderemo, non importa il come»



Angolino di svetlychan: 
Salve gente! Eccomi con questa... Pazzia. 
Come dicevo nell'intro, questa sarà in rivisitazione del film "Avengers" in chiave Merlin. Non testuale per il semplice motivo che non sarà una cosa paro paro col film. Ci saranno alcuni elementi e alcune situazioni che per questione di gusti miei e di adattamento non saranno uguali.
Come avrete già notato da questo prologo, immagino.
L'idea mi è venuta grazie ad un video trovato su YouTube (per i curiosi è questo: https://m.youtube.com/watch?v=fT1HePOTy5k), ma solo lo spunto, la storia sarà molto diversa da quel video.
I nostri eroi verranno presentati nel prossimo capitolo e le relative spiegazioni di scelta, sempre che le vogliate.
Non ho altro da dire, oltre la fantastica guest star George, che spero abbiate apprezzato.
Se qualcuno è arrivato fin qui, lo ringrazio infinitamente ^-^
Alla prossima!
   
 
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