Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: PervincaViola    18/10/2015    9 recensioni
Prima classificata al Contest 'Dimmi cosa ti piace e ti dirò chi sei' indetto da ame tsuki EFP sul forum di Efp
{Seconda classificata al Contest "Buon sangue non mente...?" indetto da aturiel e Chloe Pendragon sul forum di EFP}
C'era stato un tempo in cui la guerra e l'inverno erano solo l'eco di canzoni lontane, cantate nell'innocenza dell'estate.
{Jon/Sansa ♥ What if?}
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Jon Snow, Sansa Stark, Spettro
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
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Chiave d'inverno
{ The lone wolf dies, but the pack survives }



 

L'unica cosa di cui è certa è che appartiene al Nord. È una consapevolezza che è sempre stata dentro di lei, fra cuore e anima, ma Sansa se n'è resa conto solamente quando le hanno strappato la sua vita e la sua casa. Se n'è accorta nel Sud, sotto i raggi di un sole caldo e distante che baciava i gradini insanguinati del Tempio di Baelor, mentre suo padre moriva in ginocchio; ne ha avuto la conferma il giorno del suo matrimonio, quando sarebbe dovuta diventare una Lannister e il mantello cremisi dei suoi carcerieri si era posato sulle sue spalle come una morsa d'acciaio, disgustandola al punto che avrebbe preferito morire, piuttosto che inginocchiarsi.
Il Sud, ora Sansa lo sa, è morte: i lupi appartengono al Nord, gli Stark a Grande Inverno. In una vita migliore, su quel seggio ancestrale si sarebbe seduto il lord suo padre, e Robb dopo di lui. Ma Robb e suo padre sono morti, i suoi fratelli sono perduti e Grande Inverno è solo l'ombra della fortezza che era: in una vita migliore, tutto questo non sarebbe accaduto.
Cade la neve, crudele e silenziosa, e ricordare l'inizio della storia è quasi impossibile: c'era stato un tempo in cui la tristezza erano solo le burla di Arya e gli scherzi dei suoi fratelli minori, in cui aveva creduto nelle parole di un biondo principe e nelle ballate di miele che i cantori intonavano davanti al fuoco della sala grande. C'era stato un tempo in cui la guerra e l'inverno erano solo l'eco di canzoni lontane, cantate nell'innocenza dell'estate. Ma il principe si è presto trasformato in mostro, la melodia è divenuta un inno funebre e l'ha imparato a sue spese, Sansa Stark, che i cavalieri senza macchia e senza paura di cui tanto si racconta nelle canzoni che ascoltava da bambina, in realtà, non esistono. Ha imparato che non c'è niente di glorioso in un omicidio ammantato di belle parole e che senza nobili azioni la nobiltà è una condizione da nulla.
E, ora che l'inverno è arrivato, le parole di lord Eddard suonano più vere e vicine che mai: quando cade la neve e soffiano i bianchi venti della tempesta, il lupo solitario muore, ma il branco sopravvive. Sì, i suoi fratelli sono morti, tuttavia un branco lei l'ha ritrovato: è Jon, insieme a Spettro. Senza di loro, adesso avrebbe un secondo marito, più bello del primo, certo, ma anche più crudele: gli occhi di Ramsay Bolton, come quelli di suo padre Roose, erano bui come una notte senza stelle, freddi quanto la neve che copriva Grande Inverno.
Ed è Jon che l'ha salvata dagli assassini di suo fratello e dalle velenose promesse di Ditocorto, conducendola al Castello Nero, al sicuro, dopo tanto tempo; è Jon che la scorta nella biblioteca del forte, dove il suo confratello Samwell Tarly – grasso, gentile ed impacciato – spesso le domanda di aiutarlo a rilegare libri così antichi da sbriciolarsi in polvere fra le sue mani e sorride mentre le insegna.
È sempre Jon che l'accompagna al cospetto dell'uomo che ha guidato l'assalto a Grande Inverno e della sua consigliera, la Donna Rossa, dalla bellezza talmente conturbante da apparire ultraterrena.
«Vostro padre era un uomo onesto e leale, lady Sansa, e di vostro fratello nessuno potrà mai negare il coraggio» esordisce Stannis Baratheon, e Sansa lo trova gelido, irremovibile e austero come la Barriera che si erge alle sue spalle. «Ma i vostri fratelli sono morti ed ora siete voi la chiave del Nord. Capite cosa significa?» continua, e dietro le sue parole lei intuisce che si nasconde molto di più: i lord del Nord sono sempre stati fedeli agli Stark, ostili e diffidenti verso tutto ciò definibile ‘Sud’. La maggior parte delle Casate non ha dimenticato la fine atroce riservata al Giovane Lupo, una su tutte quella dei Mormont, che, Jon gliel'ha riferito con un sorriso, non riconosce altro re se non il Re del Nord, il cui nome è Stark. Il re venuto da quel lontano Sud ha perciò bisogno di lei, del suo nome e del sostegno della sua terra, comprende, per conquistare ciò che era appartenuto a suo fratello Robert, il Trono di Spade.
È questo, pensa Sansa, l'uomo per il quale mio padre è morto. È lui il legittimo re. E quando questi pensieri si affacciano nella sua mente, insieme all'idea che quest'uomo potrebbe davvero far giustizia per tutto il sangue versato dalla sua famiglia, la risposta possibile diventa una sola, confermata dalla lieve presa di Jon sulla sua spalla: «Cosa volete che faccia?»


Sono molte le notti in cui svegliarsi nell'oscurità soffocante fa ancora paura: talvolta sogna di Robb e Vento Grigio, alle volte di Bran e un corvo nero come l'inchiostro, ma la maggior parte delle notti il suo sonno è popolato di incubi: mostri dall'aspetto di cervi e leoni, figure ammantate d'ombra, marchiate dagli emblemi di malevoli tordi beffeggiatori e di atroci uomini scuoiati.
Tuttavia questa notte il sogno era diverso: è Grande Inverno ciò che Sansa ha sognato, il castello degli Stark, la casa felice di un tempo perduto. Pensava che non l'avrebbe vista mai più, non nei colori tenui e spensierati della sua infanzia, risuonante delle risate di figli del Nord nati nel calore dell'estate. Perché l'inverno è davvero arrivato e lei ha dimenticato come sognare; ciò che ha imparato, invece, sono la disillusione e il disincanto, insieme all'ipocrisia che permea l'animo del cavalierato, proprio come il Mastino le aveva sempre detto.
Ora c'è Jon, accanto a lei, e lui non è un cavaliere e non potrà mai esserlo: è diventato il Lord Comandante dei Guardiani della Notte ed è solo il nero, l'unico colore che gli appartiene. Eppure la mano di Sansa cerca istintivamente la sua, l'afferra con timore, gli occhi aperti nel buio e un malinconico sorriso a solcarle le labbra. Anche lui fa parte di quel passato e glielo ricorda ogni giorno, incessantemente: i tratti del suo viso, severi e tuttavia capaci di distendersi in caldi sorrisi, sono ciò che più di tutto le ricordano suo padre, amato e tradito in nome di un sentimento che credeva amore vero – la sciocca illusione di una bambina innamorata dell'idea dell'amore, nulla di più.
Sì, anche Jon era parte di quel passato, eppure è riuscito ad entrare nel suo presente, cavalcando per miglia nel rigore di una tormenta, combattendo per lei e stringendola in un abbraccio che per la prima volta dopo anni le ha trasmesso calore, facendola sentire a casa. Jon l'ha salvata da un matrimonio che non avrebbe mai dovuto essere.
«Grazie» gli sussurra, scostandogli dalla fronte una ciocca scura. «Grazie davvero».
Sono loro tutto quello che rimane degli Stark, Sansa lo pensa mentre osserva il volto addormentato di Jon nella semi-oscurità della stanza. Condividono il medesimo letto, perché è il più grande e accogliente del Castello Nero, così le ha detto Jon, ma la verità è che lei non avrebbe voluto dormire in una stanza sconosciuta, non di nuovo, e questo lui gliel'ha letto negli occhi. Forse un tempo tutto questo l'avrebbe imbarazzata, anzi, – Sansa sorride – è certa che lo avrebbe fatto; ma quel tempo non esiste più e adesso lei è grata di avere suo fratello – non fratellastro, non più – a stringerla fra le braccia. Il sangue li unisce, il sangue è il legame più forte al mondo, e ora quasi riesce a comprendere ciò che legava Cersei Lannister a suo fratello Jaime.
Come ogni notte, Spettro sonnecchia acciambellato di fronte al letto del suo padrone, vicino alle ultime braci del fuoco morente. La sua pelliccia assorbe i riflessi delle fiamme e a Sansa piace immaginare che il suo pelo candido diventi grigio, quasi un riflesso di quello che era stato di Lady, la sua metalupa. È questo paragone a condurla fuori dal letto, le piante nude dei piedi che poggiano silenziose sulla fredda pietra del pavimento, finché non si trova inginocchiata accanto al metalupo albino. I suoi occhi si aprono lentamente, due baluginii sanguigni nel bianco: Spettro la osserva senza emettere suono, le orecchie alzate. È molto più grande di Lady, più vigile e solitario, ma la morbidezza del suo pelo è identica, Sansa lo scopre affondando le dita nella sua collottola, accarezzando le sue orecchie e il muso allungato. È caldo, come le sorgenti sotterranee di Grande Inverno, come le sue serre coperte, è caldo come l'abbraccio di Jon e come lui le ricorda una vita passata. E sarebbe così stupido piangere ora, adesso che finalmente ha ritrovato qualcuno per cui valga la pena di sorridere e riscoprire in sé un poco della vecchia Sansa, eppure lacrime salate le appesantiscono le ciglia, facendole vedere il mondo attraverso una patina sfocata. Se fosse stata meno cieca e avesse detto la verità, il giorno in cui Nymeria aveva attaccato Joffrey per difendere Arya, Lady sarebbe ancora viva; se avesse detto la verità, molte cose avrebbero potuto essere evitate – forse la storia avrebbe visto un seguito diverso. D'istinto Sansa preme il viso nella pelliccia di Spettro, reprimendo un singhiozzo. Mi dispiace, mi dispiace per tutto.
Il metalupo alza il muso e lei inspira profondamente il suo odore di ghiaccio e foresta, lasciandosi andare al ricordo del sogno, quando la loro casa era riempita di tutti i suoi fratelli e di sei cuccioli di lupo che correvano nella neve.
«Gli piaci» mormora vicina una voce roca, e lei volta piano il capo, incontrando gli occhi grigi di Jon – è silenzioso quanto Spettro, pensa. «Gli sei sempre piaciuta» aggiunge lui, grattandolo appena sotto le orecchie, e in Sansa fa capolino il ricordo di un piccolo metalupo bianco che s'intrufolava quietamente nelle stanze in cui lei e altre fanciulle praticavano l'arte del ricamo. Grande Inverno.
«Vorrei tanto tornare a casa» dice lei con struggente malinconia; il Castello Nero non è il suo posto, non più di quanto lo fossero Approdo del Re e Nido dell'Aquila.
Jon le posa una mano sul viso, interrompendo con una carezza del pollice la scia silenziosa di una lacrima sfuggita alle sue ciglia. «Accadrà presto» la rassicura, sfiorandole la chioma vermiglia con la punta delle dita. «Ricordi le parole di Stannis Baratheon? Tu sei una Stark e la chiave del Nord: tutti i più importanti lord si stanno riunendo in tuo nome e in quello di nostro padre per combattere i Lannister».
Lei annuisce con tutta la convinzione che riesce a racimolare, rabbrividendo nell'aria gelida; la presa di lui attorno alla sua vita è invece calda mentre la sospinge con gentilezza verso il letto e il piacevole tepore si diffonde sino alla bocca dello stomaco. Sentendo il materasso cedere sotto il loro peso, Sansa si rannicchia contro il suo torace, indugiando nel calore del suo corpo, mentre lui la bacia tra i capelli.
Stringendola sotto le pesanti coltri di lana e pellicce, Jon glielo sussurra nel buio: «Torneremo presto a Grande Inverno, te lo prometto».


Dal sud arrivano quasi ogni ciclo di luna neri corvi che annunciano gli esiti di diverse battaglie; il supporto a Tommen Baratheon è sempre più debole e persino alcuni alfieri dei Tyrell stanno abbandonando la causa dei Lannister, disertando in favore di Stannis Baratheon: la vittoria del cervo di fuoco è più vicina che mai.
Ma la guerra è lontana, il suo ruolo nella storia sta vedendo la sua fine, e tutto quello che importa è che ha ritrovato ciò che aveva perduto e che per troppo tempo le era stato negato: la propria casa. È la chiave del Nord e il Nord non dimentica: gli alfieri più fedeli alla Casa Stark hanno dato fondo a molte delle loro risorse per ricostruire la fortezza di Grande Inverno, per la maggior parte distrutta dall'assedio.
Il Parco degli Dèi, il luogo tanto amato da lord Eddard, è una delle poche zone del castello che ha resistito al sacco di Grande Inverno e allo scempio dei Bolton: in qualche modo, stare all'ombra dell'Albero del Cuore le regala l'impressione di essere più vicina a Robb e suo padre, a Lady e a sua madre. Spesso Sansa vi si reca e, dopo tanto tempo, torna a pregare: delle voci sono giunte al re ed egli ha mandato il proprio Primo Cavaliere in cerca di suo fratello Rickon, a ringraziamento del sostegno fornitogli in guerra. Le lettere di ser Davos Seaworth sono rare, vergate con la calligrafia tremolante di un bambino, ma scrive che è sulle tracce di Rickon e che lo troverà a Porto Bianco, o forse sull'isola di Skagos: Sansa supplica gli Dèi affinché le concedano di ritrovare almeno il suo fratello più piccolo e innocente. Prega affinché il vecchio cavaliere lo ritrovi e possa ricondurlo a casa – il branco è tutto, da solo un lupo non può sopravvivere, non quando l'inverno è ancora ben lungi dall'essersi concluso.
Le mani giunte, in ginocchio nella neve, Sansa osserva con un sorriso la corteccia lattea e le frasche scarlatte dell'Albero del Cuore, eterno ed immutabile, mentre avverte dei passi attutiti dietro di sé. È paradossalmente Jon, Jon Snow, a ricordarle più di ogni altra cosa chi erano gli Stark: nel suo viso rivede la pacata forza del lord loro padre, nella sua spada c'è l'audacia di Robb e nei suoi occhi si riflettono l'irrequietudine di Arya, la dolcezza di Bran e la testardaggine del piccolo Rickon. Per ricordare la lady sua madre, invece, bastano uno specchio di bronzo, il riflesso dei suoi occhi azzurri e i suoi stessi capelli fulvi di Tully. Forse il dolore sta pian piano scivolando via, ma fa meno male pensarli.
«Avrebbe potuto essere tuo» asserisce lei, alzandosi e voltando il capo per guardare Jon in viso. «Grande Inverno, insieme alle terre del Nord e al nome di Stark. Lady Melisandre mi disse che tu rifiutasti l'offerta del re».
«È così» conferma lui pacatamente, forse stupito, ma senza rimpianti nella voce o negli occhi, e la domanda sgorga spontanea dalle labbra di lei. «Perché?»
«Perché Grande Inverno appartiene a te» risponde lui con naturalezza, nessuna traccia di egoismo ad alterare il suo sguardo grigio. Ha sempre saputo qual era il suo posto, fin da quando eravamo bambini, considera Sansa, ricordando come durante la festa per accogliere Re Robert e la sua corte, il giorno in cui tutto era cominciato, lui si fosse allontanato senza proferire parola. E d'un tratto tutto questo le sembra così sbagliato, così assurdo che il nome neve, il simbolo della loro terra, abbia segnato tanto profondamente la vita di Jon, molto più Stark di qualsiasi Karstark o Umber.
«Appartiene a entrambi» lo corregge d'istinto, intrecciando le dita con le sue, e Sansa capisce che fra le sue parole Jon ha colto le scuse per non aver compreso prima quanto lui fosse parte del suo mondo; lo vede nel chiarore dei suoi occhi, nella piega morbida della sua bocca. Noi apparteniamo a Grande Inverno.

Quel mattino il cielo plumbeo promette neve e l'aria ghiacciata le accarezza i capelli, rendendoli simili a lingue di fuoco che danzano nel vento; è un peso leggero e rassicurante insieme quello della mano di Jon sulla sua schiena. Sansa è però consapevole che lui non potrà rimanere in eterno, poiché la Barriera chiama sempre a sé i propri figli; tuttavia Jon afferma che forse il nuovo re concederà ai Bruti di stabilirsi nel Nord, nelle terre più vicine al millenario muro di ghiaccio, e che a guerra conclusa arriverà un giorno in cui i Guardiani della Notte potranno essere sciolti dal loro giuramento. E quel giorno, ne è certa, Jon tornerà da lei – a casa.
Sansa osserva l'orizzonte nebbioso e poi il profilo del volto di suo fratello, e sorride. È anche Jon una chiave d'inverno, pur senza saperlo: è un lupo, l'unico animale in grado di resistere alla ferocia della neve, e saprà guidare i suoi uomini attraverso la tempesta, come ha saputo trovare la strada per arrivare sino a lei. Da bambina era stata sciocca ed infantile, ma ora capisce che il suo nome non è importante, ciò che conta è il sangue e in lui scorre sangue di lupo.
Grazie a lui, con stupore e meraviglia ha ritrovato se stessa, lasciando andare tutta la sofferenza provata tra intrighi, tenebre e menzogne; vede una Sansa che pensava perduta, guardandosi dentro con Jon al proprio fianco. Jon, così introverso e silenzioso, così diverso da tutto ciò che credeva di aver imparato ad amare; è un attimo e Sansa realizza che non vuole nessun altro, che lì accanto a lei non vorrebbe più l'affascinante Loras Tyrell, né un qualunque altro cavaliere, perché è Jon che l'ha salvata, proprio come in una canzone. Il pensiero la fa sorridere quasi con mestizia.
«Tutto ciò che desideravo era andare a sud, per scoprire il mondo delle ballate» gli confessa, alludendo ad un passato così vicino eppure così lontano, abbassando gli occhi sui cristalli di ghiaccio che iniziano a posarsi con leggerezza sul corpetto del suo abito color ardesia – da quanto non indossava i colori di suo padre? «Ricordi il bardo che rimase con noi per più di un anno?»
«Sì» risponde Jon, sorridendo lievemente alla memoria di una bambina dalle lunghe trecce rosse che si scioglieva in lacrime e sospiri per le più dolci ballate d'amore. «Solevi ascoltare le sue canzoni più volte al giorno».
Lei scuote la testa. Aveva pianto lacrime amare il giorno in cui quel cantore aveva preso commiato da loro, mentre suo padre la consolava con carezze e parole gentili. «Volevo...» Sansa s'interrompe, sommersa dai ricordi, a rincorrere antichi pensieri. «essere felice. Ma quello che volevamo ha smesso di importare molto tempo fa, vero?»
Jon la scruta in silenzio per una manciata di istanti, sostenendo il suo sguardo. «Però ora siamo qui» ribatte infine, e la giovane lady vede improvvisamente che il ragazzo è diventato uomo, che è cresciuto, Jon, ma così ha fatto anche lei; entrambi sono cresciuti troppo in fretta e si sono ritrovati con cicatrici dolorose sulla pelle, alcune profonde, altre invisibili. «Ed è solo merito tuo».
Chiave del Nord, ricorda Sansa a se stessa, chiave d'inverno.
«Ora siamo qui» ripete, e non c'è altro luogo in cui vorrebbe essere. È sempre appartenuta al Nord, come i lupi appartengono ai ghiacci, e d'ora in poi non ne dubiterà mai più; sa, adesso, che la vita di Approdo del Re era stata un'illusione fin dal principio, destinata a svanire come la neve d'estate.
Jon le bacia le dita, delicato, e in questo tenero gesto lei rivede ancora una volta tutta la somiglianza che lo lega a loro padre. Sansa indugia nella sua carezza, sorridendo a lui e alla valanga di ricordi che fanno capolino da ogni dove, e finalmente, finalmente, si sente di nuovo a casa.




 
I want to find something I've wanted all along
Somewhere I belong




 
Angolino della Vì:
Inizio con lo stesso preambolo della precedente Jon/Sansa: fingete che la 5x06 non sia mai esistita! Infatti questa fic è una specie di seguito di Ghost and shadow, quindi un What if in cui Jon salva Sansa prima che sposi Ramsay e in cui Stannis vince la battaglia di Winterfell ditemi che lo volevate anche voi! Dunque quella che si suppone sia l'ultima erede del Nord fa in modo che i lord fedeli agli Stark seguano Stannis in guerra e supportino il suo diritto al trono.
E niente, amateli, perché Sansa si merita un minimo di felicità e Jon è solo da spupazzare ♥ (e il povero Stannis necessitava di un finale decente, diciamocelo!)
I recensori saranno ricompensati con un piccolo metalupo albino :3


 
   
 
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