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Autore: Akemichan    18/10/2015    6 recensioni
Allungò la mano per tappargli la bocca e farlo smettere di urlare, quindi si avvicinò al suo viso fino quasi a sfiorarlo. "Ultima possibilità," gli disse. "O mi dici dov'è Koala adesso, oppure non te lo chiederò più. Forse ti ucciderò, ma non subito. Hai ancora otto dita. E non ho considerato il resto che ti posso spaccare."
Per qualche minuto, la stanza fu silenziosa, a eccezione del ticchettio irregolare delle gocce di sangue che scivolavano a terra. Sabo poteva sentire, attraverso la sua presa, il respiro del traditore farsi sempre più profondo, quasi che cercasse di resistere in quel modo al dolore. Lo lasciò andare solo quando, finalmente, annuì.

[Sabo&Koala - contenuti forti/tortura - missing moment non canon]
1° classificata al contest "6 fandom in pacchetti" indetto da Karter
Partecipante al contest "ci rivedremo a Filippi" indetto da Chloe D. Pendragon
Genere: Azione, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Koala, Sabo
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Compromessi


Nonostante il passo felpato, il terreno bagnato rendeva i loro passi udibili mentre le suole colpivano le pozze d'acqua. Per questo motivo Dragon si accorse subito che qualcuno del suo gruppo si era attardato, ma aspettò ancora qualche passo prima di fermarsi e voltarsi a domandare: "Che cosa c'è?"
Sabo aveva il cappuccio del mantello che gli copriva il volto, per cui non si poteva notare la sua espressione, ma i pugni chiusi esprimevano la sua irritazione. "Sapevi che era un traditore, vero?"
"Ne avevo il sospetto," confermò Dragon. "Dovevo esserne sicuro."
"E hai messo in pericolo Koala per questo!"
"Non gridare." Dragon si voltò, e con un cenno della mano fece cenno agli altri del gruppo, che si erano fermati assieme a lui, di proseguire. "È molto forte. Se la caverà."
Sabo non  poteva credere a quello che stava sentendo. Aveva la massima stima per il suo capo e per gli ideali che rappresentava per la rivoluzione, ma non poteva accettare di lasciare un compagno indietro, con tutta la fiducia che poteva avere nelle sue capacità. Non era nella sua natura.
Koala, forse perché erano molto vicini d'età, era una delle persone con cui aveva legato di più all'interno dell'armata. Sapeva che era forte – lo aveva provato sulla sua pelle – ma in questo caso la questione era differente. Era finita in una trappola, non si parlava di un combattimento leale per il quale non si sarebbe preoccupato.
"Io vado a riprenderla."
Si voltò e imboccò la strada dalla quale erano usciti senza voltarsi indietro.
 
***
 
Trovare il traditore era stato estremamente semplice.
Ora che era stato scoperto non doveva più mantenere la rigida segretezza che l'esercito rivoluzionario richiedeva, ma Sabo aveva pensato che avrebbe mantenuto comunque una certa prudenza, dato il peccato di cui si era macchiato. Invece aveva deciso di agevolargli il lavoro, perché una volta trovato metterlo fuori combattimento era stato un gioco da ragazzi. Non sarebbe stato all'altezza neppure della sua versione da bambino.
Non gli restava che sperare che scoprire a chi avesse venduto Koala fosse altrettanto semplice. Mentre lo guardava, ancora svenuto, sulla sedia in cui l'aveva legato strettamente, Sabo rifletté sul fatto che non aveva mai torturato nessuno, e non aveva voglia di iniziare in quel momento. L'aveva visto fare, sapeva come farlo, e l'avrebbe fatto se era il prezzo per salvare Koala.
Tuttavia, l'avrebbe evitato volentieri. Per un attimo, il pensiero gli tornò a due bambini che volevano ucciderne un terzo affinché non parlasse del loro tesoro, ma non ne erano in grado. Erano passati solo cinque anni da allora, non era cambiato così tanto, nonostante quello che aveva dovuto affrontare.
Scosse la testa per cercare di non perdersi in sentimenti nostalgici, perché voleva rimanere il più possibile lucido. Allora, per non perdere altro tempo, afferrò la faccia del traditore e premette sul naso e sulla bocca finché non lo sentì agitarsi per cercare di respirare, e solo allora lo lasciò e si allontanò di qualche passo, mentre lo guardava tossire e riprendere fiato.
E quando si riprese ed alzò la testa per guardarlo, Sabo inclinò  le labbra ironicamente allo sguardo di terrore che si era formato sul viso del traditore nel riconoscere la divisa dell'armata rivoluzionaria.
Non si arrese subito, tuttavia; dovette aspettare che i lacci di cuoi che lo tenevano saldamente legato alla sedia gli tagliassero la pelle mentre cercava di divincolarsi prima di vedere anche della disperazione.
"Ti conviene lasciarmi subito andare!" gridò con tutto il fiato che aveva in corpo. "La marina sa già tutto di voi, tutto quello che gli ho detto! Se mi succede qualcosa ne pagherai le conseguenze!"
Sabo scosse appena la testa, con il sorriso sempre in viso. "Non hai detto niente a nessuno," commentò, con un tono di voce basso. "Abbiamo bruciato il tuo contatto in marina prima che potessi farlo, e di sicuro lui non rischierà il suo posto di lavoro per salvare il tuo culo." Alzò le spalle. "Per di più, non sai davvero nulla su di noi."
Sì, era proprio quello sguardo che voleva vedere: completamente sconfitto. Quell'essere era disgustoso e aveva infranto ciò a cui Sabo teneva di più. Non riusciva a provare pietà per lui. Riempì le sue mani d'Haki e gli artigliò la fronte, premendo abbastanza per indicare che avrebbe davvero potuto spappolargli il cranio, ma non abbastanza da fargli male.
"Dimmi dov'è Koala," gli intimò.
Lo sentiva tremare sotto la sua presa. "Se mi uccidi non lo saprai mai," riuscì a mormorare, con voce bassa. "E se te lo dico mi ucciderai..."
"Al contrario di te, io mantengo la parola data." Sabo tolse la mano e fece per allontanarsi per dimostrare la sua buona fede, ma non si era accorto che avvicinandosi gli aveva permesso di afferrargli il mantello, che così scivolò oltre le sue spalle rivelandolo completamente.
In un attimo, aveva perso tutto il suo vantaggio. Poteva infatti notare la sorpresa nel volto del traditore e poi il sollievo nel sapere che era solo un ragazzino quello che aveva davanti. Peccato che per Sabo non fosse la prima volta che qualche adulto lo sottovalutava a causa della sua giovane età. Quelli del Grey Terminal avevano imparato, alla fine. Avrebbe imparato anche lui.
"Non ho bisogno di ucciderti, ci sono un sacco di cose che posso fare prima." Premette il dito alla base del suo dito indice, esattamente a metà dell'osso, quindi spinse con la forza del suo Haki fino a sentire l'osso spaccarsi e il dito tranciarsi di netto. Il sangue caldo gli bagnò la mano, disgustandolo, ma cercò di non darlo a vedere.
Si toccò semplicemente l'orecchio, fingendosi seccato dalle urla. "Rilassati, ne hai ancora nove. Per ora."
"Tu... Maledetto... Bastardo... Psicopatico..."
Stavolta Sabo poggiò il suo dito sul medio, a fianco di quello spezzato che continuava a buttare sangue. "Dov'è Koala?"
"L'ho ammazzata! Come la cagna che-" La frase fu interrotta di netto dal suo urlo, mentre anche il secondo dito si spezzava e scivolava a terra con un tonfo sordo. Sabo sapeva benissimo che stava mentendo, ma era come se il suo corpo avesse agito da solo. E in ogni caso non voleva più essere preso in giro.
Allungò la mano per tappargli la bocca e farlo smettere di urlare, quindi si avvicinò al suo viso fino quasi a sfiorarlo. "Ultima possibilità," gli disse. "O mi dici dov'è Koala adesso, oppure non te lo chiederò più. Forse ti ucciderò, ma non subito. Hai ancora otto dita. E non ho considerato il resto che ti posso spaccare."
Per qualche minuto, la stanza fu silenziosa, ad eccezione del ticchettio irregolare delle gocce di sangue che scivolavano a terra. Sabo poteva sentire, attraverso la sua presa, il respiro del traditore farsi sempre più profondo, quasi che cercasse di resistere in quel modo al dolore. Lo lasciò andare solo quando, finalmente, annuì.
"...l'ho venduta," disse infine. Dato che Sabo era rimasto in silenzio, continuò: "A dei mercanti di schiavi di Sabaody."
Era tutto quello che Sabo voleva sapere, quindi si allontanò da lui e recuperò il suo mantello, che per fortuna si era imbrattato di sangue solo in un angolo. In ogni caso, il nero della stoffa avrebbe mascherato tutto.
Evidentemente, il fatto che non avesse detto nient'altro aveva risollevato per un attimo l'umore del traditore, che divenne improvvisamente loquace. "Sai, un'umana con il tatuaggio dei Pirati del Sole è davvero una cosa rara, suppongo che possano farci un sacco di soldi. E suppongo anche che sia pieno di Draghi Celesti là fuori che vogliono schiavi simili, dopo quello che è successo con Fisher Tiger... E forse non sarà esattamente una sirena, ma è molto carina. Personalmente la vedo molto male!"
Sabo non aveva avuto alcuna intenzione di infierire maggiormente, davvero. Il suo pensiero fin dall'inizio era semplicemente stato quello di ottenere le informazioni che cercava e andarsene. Ma il fatto che avesse dato voce a quelle che erano le sue paure nascoste non poteva lasciarlo indifferente.
Tornò indietro e tirò un calcio alla sedia, facendola rovinare pesantemente al suolo, quindi lo prese a calci, incurante delle sue proteste.
Koala aveva già subito tutto quello, era già stata venduta, era già stata schiava una volta. Non avrebbe permesso che le succedesse di nuovo, ma anche se lei fosse stata forte abbastanza da scappare, era la ferita psicologica quella che preoccupava maggiormente Sabo. Perché era la stessa sensazione che aveva anche lui, quando incontrava nobili che si comportavano come i suoi genitori.
Smise di colpirlo solo quando sentì che aveva smesso di lamentarsi. Allora fissò quel corpo immobile, senza sapere se fosse ancora vivo, e non si riconobbe. Forse in quei cinque anni di Rotta Maggiore a contatto con i rivoluzionari aveva visto così tante crudeltà che avevano smesso di fargli effetto pure quelle che infliggeva lui. Coscientemente sentiva che avrebbe dovuto esserne disgustato, ma in realtà non gliene importava nulla.
Quell'uomo aveva venduto Koala solo per soldi. Per soldi e per prestigio la gente non aveva scrupoli a considerare le persone come rifiuti infiammabili. Forse, almeno a livello di pietà, a forza di combatterli era diventato come loro.
Si gettò il mantello sulle spalle e lasciò la stanza.
 
***
 
La fortuna pareva essere dalla sua, perché l'arrivo a Sabaody aveva combaciato con la sera, cosa che gli consentiva di aggirarsi per le strade senza essere notato e di poter penetrare nel covo dei commercianti di schiavi in perfetta segretezza. L'edificio pareva deserto, le luci erano completamente spente.
Usò l'Haki dell'osservazione, in cui ancora non eccelleva, per verificare quante persone fossero all'interno e poi decise di dirigersi verso le presenze che sentiva in basso, nel seminterrato. Credeva infatti che fosse in quel luogo che gli schiavi venivano tenuti.
Man mano che scendeva le scale iniziava a comparire una luce tenue, una candela che probabilmente doveva essere accesa nella stanza in fondo. Alle sue orecchie arrivava anche un suono strano, un basso ululato che continuava a ritmo costante e aumentata d'intensità man mano che si avvicinava.
Aveva avuto ragione, era in quel luogo dove si trovavano le prigioni. Tuttavia, al loro interno non c'era chi si aspettava di trovare, gli schiavi, bensì gli stessi proprietari dell'edificio. Uno di loro era seduto in un angolo in fondo, bofonchiando fra sé. L'altro era sdraiato per terra, con le mani strette a premere la zona pelvica, ed era la causa di quel suono che Sabo aveva sentito scendendo le scale. Voleva essere un urlo, evidentemente, ma sembrava che non avesse la forza nemmeno per quello, limitandosi a quegli ululati.
Sorpreso dalla scena a cui stava assistendo, Sabo rimase per un attimo interdetto, abbastanza da permettere al commerciante di notare la sua presenza.
"Ehi, amico! Finalmente!" lo apostrofò, avvicinandosi alle sbarre. "Tiraci fuori di qua, su! La chiave è lì." Ed accennò con il capo in avanti.
Sabo lo fissò per un attimo senza capire, poi guardò nella direzione che gli era stata indicata e notò una pesante chiave di ferro abbandonata per terra, a malapena visibile alla luce della candela. Si chinò a prenderla e poi si avvicinò alla cella, ma nonostante la fretta che il commerciante sembrava avere, si limitò a tenerla stretta in mano.
"Cosa gli è successo?" domandò, mentre fissava l'uomo sdraiato a terra, che non aveva fatto cenno nemmeno per un attimo a muoversi quando li aveva sentiti parlare; era rimasto nella medesima posizione e aveva continuato con la sua bizzarra nenia.
Il commerciante scoccò uno sguardo tra il disgustato e il terrorizzato. "Quella puttana gli ha spappolato l'uccello! Poveraccio..."
Ora che Sabo ci faceva caso, c'era una macchia di sangue attorno alla zona inguinale dei jeans, e anche le mani con cui si teneva erano bagnate di rosso. Non aveva esattamente idea di chi fosse stata, anche se poteva intuirlo facilmente, ma se quell'uomo aveva il pene di fuori, era chiaro che si era comportato in modo da meritarsi quella punizione.
Per un attimo si sentì più rilassato: se Koala era stata in grado di fare una cosa simile da sola, sicuramente stava bene. Sorrise. Quell'ululato strano non era più inquietante, ma soddisfacente.
"Be', comunque il tuo padrone le darà quello che si merita, poco ma sicuro," continuò il commerciante in modo casuale. "Anche per questo." E si toccò il naso, che non era storto naturalmente, ma perché qualcuno gliel'aveva spaccato di recente. "Su, su, adesso tirami fuori che bisogna parlare d'affari."
"Il mio padrone...?" ripeté Sabo, mentre tornava a fissarlo ma senza vederlo veramente.
Anche il commerciante sembrò sorpreso della sua esitazione. "Non sei qui con San Jackmal? Aveva detto che sarebbe passata a ritirarla stasera, per non avere problemi con la folla..."
Quella frase lo congelò per un attimo. Le sue paure si stavano realizzando una dopo l'altra, e sembrava arrivare sempre un attimo tardi per impedire che ciò succedesse. Attivò l'Haki della percezione per notare che sentiva delle presenze anche ai piani superiori dell'edificio. Non aveva pensato subito a recarvisi, e aveva commesso un errore.
"Ehi! Ma dove stai andando?! Tiraci fuori di qui!" gli gridò dietro il commerciante, vedendo che aveva iniziato ad allontanarsi in tutta fretta verso le scale.
Sabo si fermò per un attimo, si voltò lentamente verso di lui, quindi strinse la mano che teneva la chiave fino a sbriciolarla con il suo Haki. Dopodiché lasciò davvero le cantine senza voltarsi indietro, perché aveva perso fin troppo tempo e la situazione poteva essere già fuori del suo controllo.
Ripensandoci, però, se Koala era riuscita a liberarsi, per di più riducendo i due uomini in quelle condizioni, la situazione non doveva essere così grave. Anzi, era anche possibile che non fosse nemmeno nell'edificio, ma se ne fosse già andata da tempo e al secondo piano avrebbe solo incontrato un Drago Celeste, arrabbiato ma a mani vuote.
Aveva torto e ragione. Benché la situazione non fosse grave come temeva avrebbe potuto essere, Koala era ancora lì. Ebbe solo una visione parziale di quello che stava succedendo, perché un attimo dopo essere entrato nella stanza dovette spostarsi di lato per evitare un attacco che fece tremare l'intero edificio con l'onda d'urto provocata.
"Sono io, sono io!" esclamò, alzando le mani sopra la testa e contemporaneamente spostando la testa all'indietro per lasciare scendere il cappuccio del mantello in maniera da rivelare il suo viso.
Koala si bloccò con il braccio ancora alzato pronta per un altro attacco, la mano con il palmo ben aperto verso di lui. "Sabo...?" domandò, con il tono di voce di chi non ci credeva veramente. "Cosa ci fai qui?"
"Sono venuto per te," rispose lui, mentre la osservava attentamente. Aveva il vestito strappato in più punti e qualche livido, ma nulla che non le fosse capitato durante un allenamento. Quello che gli premeva sapere era come stavano le ferite interiori.
Ne approfittò anche per dare un'occhiata al resto della stanza. San Jackmal era appoggiato contro il muro, disgustato e irritato, ma non muoveva un muscolo. Il suo casco era stato spaccato, costringendolo a respirare la loro stessa aria. Un collare da schiavo aperto era abbandonato ai suoi piedi. In un angolo c'erano due schiavi, chiaramente riconoscibili dal collare che portavano al collo, che non esprimevano alcuna emozione sull'incidente che stava avvenendo sotto i loro occhi. Delle guardie giacevano svenute accanto alla porta, accatastate una sull'altra.
"Come vedi, me la sono cavata," disse Koala, abbassando finalmente la guardia e il braccio.
Sabo riportò la sua attenzione su di lei, con l'intenzione di dirle che non era stata una mancanza di fiducia da parte sua, ma non aveva potuto fare a meno di preoccuparsi, quando il suo sguardo fu attirato dal fatto che San Jackmal non si trovava più dove l'aveva visto prima. "Attenzione!"
Koala si spostò di lato in un attimo, avvertendo la presenza dietro di lei, e il coltello la sfiorò appena, strappandole il vestito ma non ferendola. San Jackmal sembrava aver attaccato preso dall'ira, e ora che il suo colpo non era andato a segno era rimasto come interdetto, per cui Koala riuscì facilmente a torcergli il polso per disarmarlo. Il coltello non era ancora caduto a terra che lei l'aveva colpito al volto. Il Drago Celeste venne scagliato contro la parete opposta, e lì si accasciò a terra come un sacco di spazzatura mezzo vuoto. Il sangue cominciò ad uscire copioso dal naso, e lui alzò una mano per cercare di tamponarsi.
"La pagherai! Non hai idea di come la pagherai! Rimpiangerai ogni singola cosa della tua patetica vita!" gridava, e mentre lo faceva il sangue gli scivolava nella bocca, facendolo infuriare maggiormente.
"Stai bene?" domandò Sabo, non osando avvicinarsi a lei.
La vide annuire. "Se c'è qualcosa che mi hanno insegnato loro," parola sputata con disgusto, "è a non piangere." Si chinò leggermente in avanti e afferrò il collare che era destinato a lei, abbandonato per terra, quindi fece due passi verso il Drago Celeste, che ancora urlava maledizioni.
Sabo scosse la testa. "Non farlo."
"Perché?" domandò lei.
"Perché non sei come loro."
Koala fece un altro passo in avanti, ma si voltò a guardarlo. "Davvero?" disse, e non aveva un tono di voce per cui si poteva dire che era sorpresa o rassegnata. "Perché credo di esserlo. Dopotutto, se sono diventata così è anche merito loro, no? Sono il prodotto dei loro anni di abusi."
Sabo non disse nulla, ma la superò e si diresse verso i due schiavi ancora immobili all'angolo della stanza. Riempì i suoi artigli del drago di Haki e distrusse i loro collari prima che esplodessero, liberandoli.
"Loro sono il frutto di anni di abusi," disse infine. "Quando mi hai raccontato di te... Non ho mai pensato che fossi diventata così per loro," anche lui rimarcò la parola, "ma per Fisher Tiger. Non sono le sue orme quelle che vuoi seguire?" Dato che Koala continuava a fissarlo senza dire una parola, si avvicinò a lei. "Hanno bisogno di te, nessuno li può capire meglio. La mia barca è ancorata al Grove 24. Portiamoli via."
Lei scoccò un'ultima occhiata a San Jackmal, che aveva finalmente smesso di lamentarsi e li stava fissando, consapevole del fatto che stessero decidendo il suo destino. Poi Koala annuì e lasciò cadere a terra il collare. Dovette portare via i due schiavi quasi di peso, perché sembravano incapaci di rendersi conto della possibilità che avevano, ma lei non avrebbe accettato un no come risposta.
Aspettò di percepire con l'Haki dell'osservazione che avevano lasciato definitivamente l'edificio prima di tornare a rivolgersi verso San Jackmal, che a quanto pare si era ripreso, perché aveva iniziato nuovamente a lanciare maledizioni.
"La prenderanno! La prima cosa che farò tornato a Mariejoa sarà lanciarle contro gli ammiragli! Se sarà fortunata la uccideranno prima di riportarmela!"
Sabo non ci fece assolutamente caso, ma si limitò a chinarsi per prendere il coltello che aveva usato per cercare di colpire Koala. Quello che le aveva detto lo pensava veramente, se era diventata una persona del genere il merito era sicuramente tutto di Fisher Tiger e degli uomini pesce che l'avevano salvata e allevata.
Quello che lei non sapeva, invece, era che la stessa cosa non poteva valere per lui. E che aveva immediatamente riconosciuto in quel Drago Celeste che la voleva come schiava quello che aveva sparato alla sua nave quando stava lasciando Goa.
Lui era il frutto di ciò che loro gli avevano fatto, a partire dai suoi parenti per finire all'uomo che aveva di fronte, e che probabilmente nemmeno ricordava, o si rendeva conto, di quello che aveva creato. Se ne sarebbe accorto, però, perché ad ogni azione corrisponde un'azione uguale e contraria, e stava esattamente per ricevere l'opposto di quello che aveva provato a fargli.
Lo afferrò per il collo per tenerlo fermo, ma non abbastanza forte da ucciderlo, quindi lo colpì col coltello sul fianco. Percepì chiaramente il sangue caldo che gli schizzava sulla mano quando estrasse la lama, solo per ficcarla nuovamente nella sua carne morbida come il burro. Non provava alcuna emozione, solo voglia di farlo. Quello era l'uomo che gli aveva rovinato la vita, che l'aveva costretto a mentire ai suoi fratelli che lo credevano morto da anni. E adesso aveva quasi rovinato la vita di Koala.
Semplicemente, non lo voleva più attorno.
Non contò il numero, smise solamente quando lo sentì afflosciarsi sotto la sua presa.
Lasciò il coltello conficcato nel suo corpo, e si pulì la mano sui suoi vestiti, prima di lasciare l'edificio senza voltarsi indietro.
Koala lo stava aspettando alla nave, con già l'ancora alzata, per cui salì a bordo senza troppe cerimonie ed iniziò  a controllare la rotta per allontanarsi il più velocemente possibile da Sabaody. Solo quando furono in mare aperto, con la posizione ben settata per raggiungere Baltigo, si voltò verso di lei. Adesso che la situazione era sotto controllo, voleva spiegarle meglio perché era andato a salvarla anche se aveva fiducia nelle sue capacità.
E non riuscì a dire una parola perché notò immediatamente, alla luce del solo che aveva iniziato ad emergere dall'orizzonte lontano, che le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi. Non stava singhiozzando, ma le lasciava semplicemente scendere lungo le guance fino a colare a terra.
Sabo rimase un attimo pietrificato, incapace di articolare una risposta che avesse un senso. "Credevo avessi detto che avevi imparato a non piangere," commentò alla fine, imbarazzato, senza rendersi conto che forse non era la frase più rassicurante da dire.
Koala annuì. "Vero. Ma Fisher Tiger e gli altri mi hanno insegnato l'importanza di poter piangere se si vuole farlo." Tirò leggermente su con il naso e sorrise. "E piango perché sono contenta che tu sia venuto per me."
Vederla sorridere era decisamente più normale per lui, che si sentì tranquillo. "Non avevi certo bisogno di me," le disse, ricambiando il sorriso.
"No, è vero," rispose lei. "Ma è stato bello lo stesso vederti." Si voltò e si diresse sottocoperta. "Spero che tu abbia preso abbastanza provviste, perché adesso siamo in quattro e tu mangi per venticinque."
"Non è vero!" replicò lui. "Al massimo per venti!"
Sospirò, appoggiandosi con la schiena al timone che stava controllando fino ad un attimo prima. Osservò la porta dove Koala era scesa. Si sentiva molto più utile, adesso, anche se in realtà gli sembrava di non riuscire mai a combinare nulla di buono. La mente gli tornò per un attimo all'incendio del Grey Terminal, dove nonostante tutti i suoi sforzi non era riuscito a salvare Ace e Rufy, che per fortuna se l'erano cavati da soli.
La stessa cosa era successa quella notte. Almeno Koala non lo credeva morto e l'aveva ringraziato. Era qualcosa. Tornò fischiettando a controllare la rotta, cercando di ignorare il sangue secco ancora appiccicato ai suoi vestiti.
 
***
 
"Sapevi quello che sarebbe successo." Non era una domanda, era un'affermazione. Sabo aveva avuto modo di pensarci durante il viaggio e si era reso conto che Dragon aveva messo tutti alla prova, il traditore, lui e Koala stessa.
"Ti avevo detto che se la sarebbe cavata, è forte," fu la sua risposta, senza nemmeno alzare gli occhi dai documenti che stava consultando. "Dovevo darle fiducia anche contro i fantasmi del suo passato. Se non ce l'avesse fatta da sola, voleva dire che non era pronta. E io sapevo che lo era, doveva solo rendersene conto."
Era uno dei motivi per cui Dragon era un grande leader, sapeva fino a che punto poteva spingersi nel richiedere sforzi ai suoi uomini. Tuttavia, Sabo continuava ad essere un po' preoccupato per quello che li stava facendo diventare.
"Sì, capisco..." mormorò. "Ma l'avrebbe ucciso e non so se..."
A quel punto Dragon fermò la lettura e alzò gli occhi per fissarlo intensamente. "Avrebbe? Non lo ha fatto?"
Sabo rimase a guardarlo con la bocca appena socchiusa, e questa fu una risposta più che sufficiente.
Dragon sospirò. "Ascoltami bene. Qui siamo in guerra, se non l'hai ancora capito. Non piace nemmeno a me quello che facciamo, ma va fatto. Bisogna farlo." Fece una pausa per verificare l'effetto delle sue parole. "Dovete imparare a scendere a compromessi con la vostra coscienza, o non sarete utili in guerra."
E Sabo capì perché di tutto quello che aveva fatto per salvare Koala non aveva provato il benché minimo rimorso. Dragon, inconsciamente, gli aveva già insegnato a fare dei compromessi con la sua coscienza, a tenerla buona per fare ciò che andava fatto. Ora che gliel'aveva spiegato lo vedeva chiaramente.
San Jackmal era una vendetta personale, ma il fatto che costituisse un ostacolo per la loro rivoluzione era bastato a permettergli di ucciderlo senza sentirsi un mostro. Aveva taciuto la sua coscienza con la liberazione degli schiavi e la promessa che lo stava facendo per un bene superiore.
La sua coscienza sarebbe stata più felice, però, se avesse tenuto Koala fuori dalla necessità di scendere a questi compromessi.
"Koala non l'ha ucciso," disse allora. "L'ho fatto io."
Dragon rimase a fissarlo per un attimo, poi abbassò lo sguardo nuovamente sui documenti. "Suppongo vada bene lo stesso. Ottimo lavoro. Puoi andare."
Sabo annuì. Era stato lodato, una cosa che succedeva raramente. Era soddisfatto di se stesso. D'altronde, quelle persone se lo meritavano. Non avrebbe mai ferito un innocente, solo un nemico della libertà. Era così che andava bene alla sua coscienza.
"Un'ultima cosa..." Dragon lo fermò quando aveva la mano già sulla maniglia della porta. "La prossima volta che ti dirò di non andare a salvare qualcuno, non ci andrai." Non lo stava nemmeno guardando, era chiaro che dava per certo che non ci fosse null'altro da aggiungere. Gli aveva concesso un'insubordinazione perché doveva dimostrargli qualcosa, ma non ne avrebbe accettate altre.
Alla fine, era un altro compromesso che doveva accettare. Non un gran problema.
"Sissignore."

***

Akemichan parla senza coerenza:
Un'altra delle mie vecchie storie su Sabo, come si può intuire dal fatto che qui Sabo ha ancora la sua memoria. Anche questa era stata pubblicata in precedenza, ma poi ero stata costretta a cancellarla. Avrei potuto modificarla con le nuove informazioni del canon, ma ho preferito lasciarla così, un po' perché (se mi seguite da un po' lo sapete XD) non ho tanto apprezzato la storia della perdita di memoria, un po' perché non sarebbe più stata la storia che ho presentato ai due contest che me l'hanno ispirata.
Mi piace sempre mettere in luce il lato "dark" di Sabo, che spesso viene dimenticato e a cui invece io avevo già pensato ancora prima che Oda ce lo presentasse e che ho adorato vedere anche nel manga, mi pare che dia un deciso spessore al personaggio che personalmente adoro. Non è esattamente una Sabo/Koala, ma insomma, hanno un sacco di scene molto carine! Il finale doveva essere un riferimento al canon (ipotizzando una versione in cui Sabo non era andato a Marineford per ordine di Dragon): ora ha probabilmente meno senso, ma vi invito comunque a pensare quanto drammatica avrebbe potuto essere una scelta del genere.
Grazie per la lettura e spero che la storia vi sia piaciuta. Come al solito, mi trovate sul mio blog, su tumblr, su facebook, su ask, su twitter e sull' One Piece Shipping. Alla prossima!

 
   
 
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