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Autore: Margaret24    19/10/2015    4 recensioni
Le prime settimane a Hogwarts possono far paura. Soprattutto se si è catapultati per la prima volta in mezzo a tanti coetanei; particolarmente terrificante può essere la prima luna piena per un piccolo Licantropo lontano dalla sua famiglia. Forse, però, non è così spaventoso lasciare la vecchia via per quella nuova...
Genere: Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Poppy Chips, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Celtic Dream

 
 
Madama Chips si abbandonò sulla poltroncina della stanzetta adiacente l’infermeria. Era esausta. Aveva provato a dormire un po’ la notte precedente, ma non aveva fatto che girarsi e rigirarsi tra le lenzuola, e si era ritrovata a fissare il chiaro di luna che filtrava dalle finestre. Non aveva più resistito all’oppressione delle coperte, e si era alzata con insolita energia per la sua età. Si era sistemata come prima di ogni normale giornata di lavoro e aveva controllato più volte che ogni pozione e unguento fossero pronti, che garze e bende fossero facilmente raggiungibili per qualsiasi evenienza, che niente intralciasse il percorso dalla porta al letto scelto per le prossime ore. Poi, finalmente, quella pallida luce notturna era diventata un timido raggio del sole che albeggiava. Poppy si era precipitata lungo i corridoi di Hogwarts, rabbrividendo nel lungo mantello grigio mentre attraversava in fretta i prati del castello brillanti di rugiada.
Nell’avanzare timorosa lungo il tunnel verso la catapecchia, aveva rimuginato su quel curioso ragazzino gracile che sembrava in costante trepidazione da quando aveva messo piede nel castello due settimane prima. La domanda era sorta spontanea e fastidiosa, quando aveva ripensato all’incertezza del giovane Grifondoro nel varcare la soglia dell’infermeria quella sera: come aveva fatto Remus Lupin a superare i primi sei anni della sua terribile malattia? Qualche ora prima del sorgere della luna, aveva bussato titubante alla porta di legno ed aveva abbozzato un sorriso educato, salutandola con una voce sottile.
“Sono pronto, Madama Chips”
In realtà aveva tutta l’aria di non essere affatto pronto, e ora ricordava questo primo pensiero con colpevolezza. Nonostante i parecchi anni di esperienza diretta al San Mungo con le più svariate patologie – Licantropia inclusa –, Poppy era rimasta sconcertata dal pallore spettrale di un bambino di undici anni, in impressionante contrasto con i segni rossastri dei precedenti pleniluni. Gli aveva comunque sorriso incoraggiante mentre gli posava una mano sulle spalle curve per incitarlo ad incamminarsi. Solo allora si era accorta del tremito spaventato che lo scuoteva da capo a piedi. Eppure Remus aveva continuato a seguirla, passo dopo passo, il cappuccio sul capo chino e i pugni stretti. Dopo che Madama Chips aveva bloccato i rami del Platano Picchiatore, tuttavia, il piccolo Licantropo aveva esitato diversi secondi, fissando con grandi occhi chiari l’oscura apertura sotto quelle radici minacciose. L’infermiera aveva scrutato nervosamente il cielo ancora illuminato dal sole e gli aveva fatto cenno di entrare, ma istintivamente Remus aveva fatto un piccolo passo indietro. Lei allora aveva schioccato la lingua spazientita e gli aveva afferrato il braccio, liberandolo bruscamente dal panico che lo paralizzava, per trascinarlo con sé nell’antro buio. Era stato inaspettatamente penoso abbandonarlo lì, col cuore colmo di paura e solitudine, in quella vecchia stanza di lì a poco intrisa di dolore e violenza. Si era promessa di non affezionarsi troppo a quel ragazzino affetto da un male incurabile, ripetendosi con forzato cinismo che un buon Guaritore non deve lasciarsi sopraffare dai sentimenti. Eppure aveva faticato a scacciare dalla mente quella triste figura minuta di cui si intravedevano solo le mani sul grembo e le labbra tormentate con ansia.
Quando quella mattina era salita al piano superiore della catapecchia col cuore in gola e la bacchetta levata, gli occhi si erano subito posati sulle orribili lacerazioni sulla parete di fronte alla porta. Un secondo dopo stava sondando il pavimento disordinato, dov’erano sparse ovunque diverse schegge di legno insieme a quel che era rimasto di una sedia. Riconoscendo le macchie rosse come sangue, aveva sentito il proprio gelare nelle vene. Con un cipiglio turbato, aveva poi cercato ancora con lo sguardo, ed eccolo lì: avvolto in un ammasso di coperte racimolate dal grande letto poco distante, se ne stava rannicchiato nell’angolo opposto, gli occhi semichiusi e le labbra bluastre. Madama Chips si era precipitata dal ragazzino, gli si era inginocchiata accanto e l’aveva chiamato dolcemente, scostandogli i capelli castani dal viso bianco come la morte. Respirava, grazie al cielo, respirava ancora, anche se un po’ a fatica. Remus aveva mosso le labbra, ma dalla bocca disidratata non era uscito alcun suono. L’infermiera aveva sbirciato sotto le coperte per valutare la gravità del suo stato, e aveva notato la sua mano insanguinata che stringeva forte l’altro braccio, oltre ai numerosi graffi e lividi sul volto e sul resto del corpo, ma a parte ciò non aveva riportato altre ferite gravi. Gli aveva spostato delicatamente le dita dal profondo taglio e immediatamente aveva evocato una garza per continuare a fermare l’emorragia. Remus aveva chiuso gli occhi con un soffio di dolore, e lei si era sentita stringere il cuore pensando alla sofferenza che avrebbe provato presto con la cura appropriata.
Ora si stava massaggiando prepotentemente le palpebre, rimproverandosi mentalmente per la stupidità con cui aveva giudicato troppo presto. Quel piccolo uomo apparentemente debole era infine riuscito ad alzarsi sulle gambe tremanti nonostante sembrasse sul punto di svenire. Si era fatto docilmente trasportare su una barella evocata sotto l’incantesimo di Disillusione, per non attirare strane domande dai mattinieri; per tutto il tragitto non aveva emesso che pochi gemiti quasi impercettibili. Una volta entrati nell’infermeria, Remus aveva stretto i denti, serrato le palpebre e si era aggrappato alle lenzuola, mentre la strega esaminava le ferite con mani esperte. Purtroppo per lui, quel profondo taglio al braccio necessitava di dittamo e polvere d’argento per cicatrizzarsi: Remus non era riuscito a impedirsi di cacciare urla raggelanti che l’avevano costretta all’uso dell’Incantesimo Silencio, mentre quello della Pastoia gli immobilizzava i polsi. Erano ormai passate un paio d’ore da quando finalmente l’aveva aiutato ad indossare il pigiama e ad infilarsi sotto le lenzuola. Gli aveva accarezzato i capelli attaccati alla fronte umida per calmare i singhiozzi silenziosi e irrefrenabili che l’avevano colto all’improvviso. D’un tratto aveva capito la semplice parola che aveva cercato di pronunciare quando l’aveva trovato: “mamma”. Poppy aveva sentito il mondo sgretolarsi, e tutti i suoi valori e le convinzioni che l’avevano resa la donna che era, tutti i sacrifici a cui aveva rinunciato per la sua fede nella medicina, avevano rischiato di scivolare nel baratro. Allora aveva provato a mandare all’aria tutto quanto per qualche minuto, e aveva sussurrato parole banali per tranquillizzare quel bambino cresciuto troppo in fretta. Solo quando il suo respiro si era placato e i suoi occhi chiari avevano smesso di versare lacrime, la strega si era alzata riparandolo col paravento dal sole mattutino. 
Ed era proprio in quel momento, mentre Poppy stava ripensando a tutto questo due ore più tardi sulla sua poltrona, che il preside di Hogwarts bussò educatamente alla porta del suo studio accanto all’infermeria, facendola sobbalzare.
“Professor Silente!” esclamò la strega posandosi una mano sul petto.
“Buongiorno, Madama Chips” la salutò sorridendo. “Disturbo?”
“Nient’affatto, Preside, nient’affatto” rispose l’infermiera, alzandosi e aggiustandosi frettolosamente i capelli argentati.
“Ha l’aria di aver passato una brutta nottata, Poppy” continuò Silente desolato. “Come sta Remus?”
Madama Chips sospirò annuendo distrattamente.
“Ha ancora la febbre alta” rispose storcendo le labbra con disappunto. “Ha riportato una grave ferita al braccio, ma siamo riusciti a bloccare l’emorragia, anche se ho dovuto usare una Pozione Rimpolpasangue”.
Silente annuì.
“Le nostre precauzioni si sono rivelate idonee, dunque” disse piano. “Spero che la mobilia non gli abbia causato problemi, ho ritenuto necessario qualche valvola di sfogo...”
“Può chiederglielo di persona” lo invitò Madama Chips. “E’ ancora sveglio”
“Non dev’essere facile addormentarsi dopo l’inferno che ha passato durante la notte” sospirò il mago affacciandosi nell’infermeria e sbirciando verso il paravento di Remus.
“Non che dopo sia meno tremendo” disse la strega scuotendo il capo dispiaciuta e seguendo lo sguardo del Preside. “Oltre alle ferite, anche il dolore dei muscoli e delle ossa è molto intenso, e può durare perfino un paio di giorni. La febbre non aiuta... Ed è troppo giovane per una Pozione Soporifera più potente di quella che gli ho già somministrato...”
La voce dell’infermiera si spezzò, le sue labbra tradirono un leggero fremito, e lei si afferrò il setto nasale col pollice e l’indice. Silente le posò una mano sulla spalla e diede una leggera stretta incoraggiante.
“Ha fatto un lavoro eccellente, Madama Chips” le disse. “Il ragazzo è in ottime mani”
La strega scosse il capo sorridendo mestamente.
“Non ci avrei scommesso uno zellino su quel soldo di cacio” disse. “Mi son fatta trascinare dall’apparenza...” e fece spallucce. “Ma è degno della Casa che lo ospita, Preside” annuì fermamente. “E’ forte, ha stretto i denti e... Continua a vivere, nonostante tutto, è così gentile e tranquillo, e vuole studiare, è...”. Scosse ancora la testa, non trovando altre parole per spiegarsi, ma Silente aveva compreso.
“Non tutti posseggono tale forza d’animo” le venne incontro con un sorriso. “Rendere ordinario lo straordinario è probabilmente la sfida più ardua di una sventura”
Detto questo, si allontanò dall’infermiera e si avvicinò al letto di Remus. Scostò lentamente il separé con un breve gesto della mano e vide il ragazzino accoccolato sotto le coperte alzare debolmente lo sguardo verso di lui. Il piccolo volto cereo era madido di sudore ed era attraversato da piccoli graffi superficiali. Le profonde occhiaie parevano accentuare i suoi lineamenti scarni, e d’un tratto sembrava tristemente maturo per la sua giovane età.
“Buongiorno, signor Preside” lo salutò con voce flebile. Respirava con leggero affanno.
“Buongiorno, Remus” rispose l’anziano mago. “Posso sedermi?”
Remus accennò un breve sorriso e annuì piano, lasciando che Silente si accomodasse sul materasso.
“Non riesci a dormire?” chiese gentilmente quest’ultimo. Remus contrasse le labbra come se gli avesse urlato contro e mormorò:
“M-mi dispiace, signore...”
Ma l’ultima parola fu incrinata da una fitta di dolore in un punto imprecisato, e il ragazzo trattenne un gemito in gola. Deglutì, gli occhi improvvisamente lucidi, ed evitando lo sguardo penetrante del Preside ripeté in un sussurro appena percettibile:
“Mi dispiace...”
“Non devi scusarti, ragazzo” lo interruppe Silente. “Dispiace a me di non poter fare di più...”
Le sopracciglia di Remus si piegarono in un’espressione confusa.
“Dev’essere doloroso” completò il Preside compassionevole.
“Molto...” confessò il ragazzino incerto. Gli doleva troppo la testa per annuire.
“Madama Chips è stata gentile?” chiese Silente ammiccando. Le labbra di Remus si incurvarono nel primo sorriso sincero in quelle ore spaventose.
“Sì” rispose, “bravissima. E la...”
Si interruppe bruscamente con un soffio doloroso e serrò le palpebre. Quando le riaprì, riprese a respirare e continuò spossato:
“...La casa è perfetta, signore”
“Ne sono lieto” rispose l’altro malinconico. “Dove ti fa male, Remus?”
“La ferita, signore” rispose il giovane muovendo appena le labbra, con aria quasi colpevole. “E’ maledetta, n-non importa... Poi passa...”. Tirò su col naso e continuò: “T-tutto passa, mia mamma lo dice sempre... Anche se la malattia resta... passano i brutti pensieri...”
“Tua madre è una persona molto saggia, e tu un ragazzo davvero coraggioso” commentò Silente radioso. Nonostante la sua fatica nell’articolare le parole, il viso di Remus si era illuminato nel nominare la sua famiglia. “E tuo padre cosa dice? E’ d’accordo?”
“Papà dice che gli Spiriti insegnano molte cose” rispose Remus lentamente con lo sguardo più allegro rivolto verso l’alto. “Ridere di fronte alla paura... C-cercare la felicità nella disperazione...”
“Ha ragione” approvò Silente. “Lo sai che uno dei suoi libri è nel programma degli studenti del settimo anno?”
Remus ridacchiò, ma la sua risata fu seguita da brevi colpi di tosse.
“Era proprio contento quando gliel’hanno detto” disse, aggiustando la posizione con una smorfia dolorosa. “Ho fatto...” deglutì, “ho fatto tanto baccano?”
“L’avevo previsto” rispose l’altro pacato. “Ho cominciato a spargere la voce di aver esiliato uno spirito molto aggressivo dal castello. Gli abitanti di Hogsmeade non tarderanno a concludere che abbia trovato rifugio in quella casa”.
Il piccolo Grifondoro sospirò preoccupato e arricciò le labbra screpolate.
“Ti piace la musica?” chiese Silente dopo qualche secondo. Remus sembrava sorpreso dal cambio di argomento, ma annuì, pentendosene quando gli dolse il capo.
“Sai” continuò l’anziano mago tirando fuori da una piega del suo abito un piccolo bauletto di legno, “quando non riesco a dormire per i malanni della vecchiaia, trovo che una melodia sia la magia più efficace per combattere l’insonnia”.
Remus lo osservò curioso mentre Silente prese a girare più volte una piccola chiave alla base della scatola. Era color mogano e aveva dei bellissimi disegni intarsiati d’oro.
“Che musica preferisci?” chiese ancora il Preside. Remus si strinse timidamente nelle spalle.
“Non... non lo so, signore...” disse, ben consapevole di quanto suonasse stupida la sua risposta.
“Mmm...” mormorò Silente sovrappensiero. “Vediamo cosa ne pensano...”.
Remus evitò di chiedere chi, soffocando un altro lamento di dolore mentre l’altro avvicinava la scatola all’orecchio. Gli sembrava che i crampi ai muscoli fossero diminuiti e la nausea era decisamente passata. Non vedeva l’ora di scrivere ai suoi genitori: avvertiva una morsa al petto se pensava alle altre nove trasformazioni che lo attendevano lontano da casa. Eppure l’eccentrico vecchio mago che aveva di fronte, il quale ora stava scuotendo quell’insolito strumento, aveva il potere sconcertante di placare la sua ansia e – possibile? – di attenuare un po’ la sua sofferenza.
“E musica celtica sia” disse Silente soddisfatto, facendo tintinnare la scatoletta e posandola sul comodino. Con evidente sforzo, il ragazzino si voltò verso lo strano oggetto. Non appena esso si aprì, una tenue luce smeraldina illuminò gli occhi meravigliati di Remus, mentre un dolce canto gli entrava nel cuore. Delle piccolissime fate colorate presero a vorticare attorno al fuocherello verde che si era acceso nella piccola scatola, dal cui coperchio pendevano rametti di salice come in una minuscola foresta. La fiammella diventò bluastra, poi assunse toni più caldi, e pian piano alla meravigliosa melodia fatata si aggiungevano altri strumenti e suoni naturali.
Nell’infermeria non vi era più traccia del potente mago, ma il giovane Licantropo era già scivolato nel sonno.  
 
 
 
Una mattina di sette anni più tardi, quando Albus Silente entrò nella Sala Grande per la colazione, fece per sedersi insieme agli altri insegnanti, ma si bloccò all’improvviso: vicino al suo calice d’oro al centro della tavola era stato posto un cofanetto color mogano con un pezzo di pergamena sul coperchio. Scritta con un’elegante calligrafia, vi era impressa un’unica parola.
 
Grazie
 

 
Angolo autrice
Salve, popolo! Questa one-shot l’ho scritta in poco tempo rispetto ad altre storie, perché mi è venuta in modo molto spontaneo (ehm... sì, tralasciando che dovrei occuparmi di altre due long). Spero vi sia piaciuta, perché ho davvero amato scriverla.
Il titolo della Fanfiction viene dal titolo della musica che ascolta Remus: Celtic Dream di Ronan Hardiman. Cercatela su You Tube e ascoltatela ad occhi chiusi, è davvero stupenda.
Non so molto di Madama Chips, e penso non vi siano informazioni su Pottermore. Comunque sia credo che in sette anni di scuola e trasformazioni, lei e Remus abbiano costruito un rapporto di fiducia e stima reciproche e si siano affezionati l’uno all’altra. Il rapporto tra Remus e Silente, poi, si può riassumere nella disperazione di Lupin  alla notizia della morte del Preside. Credo sia tutto.
Grazie di cuore a tutti per il sostegno e per la lettura appassionata di queste Ff, sarei proprio contenta se leggessi qualche recensione alla presente :)
Abbraccione di gruppo!!!
Meg
  
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