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Autore: WhiteWitch    19/10/2015    4 recensioni
Léo, studentessa di storia dell'arte alla Sorbona, sembra avere una vita perfetta. Tanti amici, feste e bei vestiti, un fidanzato intraprendente che non fa troppe domande. Sa di essere bella e si mette in mostra, dispiega le sue ali di farfalla perché tutti possano ammirarle, fa sentire in colpa gli altri per non sprofondare a sua volta, ha una morale tutta sua e ne è così consapevole da odiarsi. Ma Léo porta con sé una fragilità così profonda da renderla delicata come una goccia di vetro. Qualcosa le sfugge, qualcosa nel suo rapporto con Paul non funziona, forse è lei stessa a non funzionare. Léo è un'artista che deve scoprire l'Arte della Felicità.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Universitario
Capitoli:
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Nda: Wow. Alla fine ci siamo: l'epilogo della storia. Cliccare la casella "Completa" è stato difficile. Sono passati soli otto mesi da quando ho iniziato la pubblicazione, ma questa long si tira dietro il finale da anni. Non era mai perfetto, mai adatto, mai abbastanza. E anche ora che è scritto, anche ora che mi sono ripromessa di smettere di rimaneggiarlo rimane la nostalgia. Rimane il dubbio. Inutile negarlo, Léo mi mancherà: pur essendo diversa da me, è comunque una parte di me. Léo è ciò che non vorrei mai essere, ma è anche il cambiamento che a volte mi tocca affrontare. Me la porterò sempre dietro, anche quando sarò passata ad altri argomenti, ad altre storie. Lei è in un certo senso la prima dei miei personaggi ad aver avuto un lieto fine e anche una dei pochi ad aver avuto, in generale, una fine. Per me è un passo in avanti.

E in questo passo non posso dimenticarmi di ringraziare tutti coloro che hanno seguito la storia qui e su Wattpad, tutti i lettori che con recensioni, messaggi privati, registrazioni vocali deliranti su whatsapp o anche con semplici likes mi hanno convinta che forse non stavo facendo un casino, che forse Léo era almeno un po' interessante e che da qualche parte, per qualcuno, la storia era importante. Siete stati per me più di lettori e amici: siete stati ciò su cui ho basato la mia perseveranza. Perciò vi dico grazie, dal profondo del cuore.

Chiedo scusa se a qualcuno questo epilogo sembrerà breve, se non sarà soddisfacente o se non sarà ciò che avreste voluto. Non è perfetto, è vero, non è la conclusione brillantemente artistica che avrei desiderato che fosse. Ma nemmeno Léo ed io siamo perfette: perdonateci.

P.S. per chi volesse, eccovi l'elenco dei prestavolto dei personaggi principali (avevo intenzione di creare una gallery ma oggi il servizio di upload fa schifo, magari lo farò in seguito):
Léo: Cameron Richardson; George: George Blagden; Marie: Kat Dennings; Paul: Ben Barnes; Jeannot: Garrett Hedlund; Manuel: ammetto che non ha un prestavolto, se non volete considerare un mio compagno di corso di cui non conosco il nome o altro; Bette: Melissa McCarthy.


Epilogo.

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Abbiamo abitato a Parigi per un po' di tempo. Un anno, mese più mese meno. Poi Léo è stata licenziata, ma non ne se n'è poi preoccupata troppo: anzi, sembrava quasi che le avessero fatto un favore, come se avesse bisogno di una scusa per andarsene.
È stata la sua fortuna, quel licenziamento: ha avuto il tempo necessario per mettere insieme questo libro.
Non pensava che sarebbe stato pubblicato sul serio. Io ero molto più ottimista: lo sono sempre quando si tratta di lei, credo che possa fare tutto quello che vuole. Non lo dico perché è la mia compagna, o almeno non solo: lo dico perché è vero. È molto determinata, soprattutto ultimamente – soprattutto dopo quello che è capitato a Bette – e in un modo o nell'altro riesce sempre a portare a termine i suoi scopi. Mi riempie sempre di gioia vederla soddisfatta.
Chiaro, il libro non è ancora diventato un bestseller: per questo ci vorrà ancora molto tempo e forse non lo diventerà mai. Però Léo è felice e lo sono anche io.
È stato molto difficile scriverlo per lei. A voler essere del tutto onesti lo è stato anche per me. Rivivere certe emozioni non piace a nessuno e, nel nostro caso, ha portato a molte discussioni rimaste in sospeso per troppo tempo. Ho scoperto cose che non sapevo. Rinfacciarci le cose è stato inevitabile. Dopotutto lei è molto orgogliosa, mentre io non lo sono abbastanza.
Forse ai lettori farà piacere sapere che abbiamo trovato un buon equilibrio, noi due. Riusciamo a sostenerci a vicenda senza diventare opprimenti. Stiamo vicini senza infastidirci. Ci amiamo con discrezione, senza fretta e senza curarci troppo di quello che la gente potrebbe pensare.
Dopo che il manoscritto di Léo è stato approvato dalla casa editrice ci siamo presi una vacanza e siamo stati per un paio di settimane in Italia dai suoi genitori. Mi piacciono molto entrambi, anche se a volte suo padre insiste perché gli dica se alle ultime elezioni ho votato David Cameron oppure no.
È stato un modo strano di presentarmi ai suoi. Credo che abbia cercato di proteggere la nostra relazione da occhi indiscreti. Credo che avesse paura che, se avessimo fatto i fidanzatini innamorati in visita ai suoceri, avremmo potuto rovinare tutto. Sono potenzialmente d'accordo, quindi abbiamo mantenuto un basso profilo. Ma so che era felice che io fossi lì, non lo ha mai detto ma io lo so.
Rientrati a Parigi ho dato le dimissioni al vecchio proprietario del negozio dove lavoravo, il signor Masson. Non è stato un vero salto nel buio, perché avevo già un contratto firmato: le mie foto hanno vinto qualche concorso ed ora lavoro per Arena Homme +, una rivista di moda maschile. Non è la mia massima aspirazione, chiaro, preferirei di gran lunga un impiego per il National Geographic, ma non mi lamento. Un passo alla volta. E poi i miei video vanno alla grande.
Poi una sera Léo è venuta da me con una proposta: venire a vivere in Inghilterra.
Sul momento non ho dato peso alla cosa, era un'idea campata in aria. Solo dopo qualche tempo ho capito che diceva sul serio. Léo è innamorata di Parigi, forse più che di qualsiasi altro posto, ma credo avesse voglia di un cambio d'aria. Io, dal canto mio, lo confesso: restavo a Parigi solo per lei, perché sapevo che lì era felice. Quindi abbiamo iniziato a mettere via dei soldi per una casa.
Sul momento credevo volesse andare a vivere a Londra ed avevo già pronto un elenco di mille e più motivi per cui non era una buona idea. Lo smog, il traffico, cose così. Ma lì c'è ancora Marie e, se avesse voluto vivere vicino a lei, sarei stato pronto ad accettare – con qualche condizione, non sono un totale zerbino.
Un pomeriggio lasciò il portatile aperto e per caso notai che stava guardando un sito di un'agenzia immobiliare. Così capii che era il momento e iniziammo ad impacchettare tutto.
Passammo del tempo dai miei genitori. Credo che Léo fosse terrorizzata all'idea di convivere con una famiglia così grande. Mi spiego: lei è figlia unica, non ha cugini e, tolti i suoi genitori, l'unica altra parente è una zia. Io ho un fratello sposato e con una figlia, tre zii con relative mogli e figli e una specie di arsenale di amici che passano più tempo da me che a casa loro. Mi rendevo conto che era un cambiamento di un certo tipo. Lei, però, si è adattata immediatamente. In parte lo ha fatto per me, ma in parte credo le piacesse.
Abbiamo preso una casa a York. Un appartamento che, sono fiero di dire, non è in affitto. Non so se passeremo qui la nostra vita, ma ci piace. È luminoso, c'è tanto spazio e, soprattutto, lo abbiamo fatto insieme. Abbiamo deciso insieme in quale città abitare, abbiamo visto insieme le case che ci piacevano, abbiamo scelto insieme quale appartamento comprare.
Léo ha una stanza per tenere il suo materiale: ora ha due o tre cavalletti e un armadietto per tenere colori, pennelli, spugne e carboncini. Io ho il mio spazio per la chitarra, per i miei dischi e per tutta quella “roba per fotografare”, come dice lei.
È di questo che si tratta, di spazi: lo abbiamo capito dopo aver deciso di provarci sul serio. A ciascuno il suo metro quadrato di aria pulita, metaforicamente parlando. Questo non ci ha impedito di volerci bene negli ultimi tre anni.
Adesso Léo lavora: ha scoperto di avere un talento naturale per le piante e così ha aperto un negozio di fiori in centro. Certo, i suoi quadri si spostano in alcune mostre di artisti emergenti e lei ne è fiera e spaventata al tempo stesso. Ma ha deciso che la sua arte va donata, non venduta, e così tutti i soldi che guadagna con le mostre vanno in beneficenza attraverso un'associazione per la cura delle malattie veneree legata a Givenchy. Hey, si tratta pur sempre di Léo, anche la filantropia va fatta con un certo stile.
Tra un paio di settimane uscirà una sua intervista su Cosmopolitan per parlare di un suo dipinto. Io faccio avanti e indietro con la Francia per il contratto con il giornale, ma sto lavorando per chiedere il trasferimento. Direi che stiamo andando bene, nei limiti del possibile. Sappiamo entrambi che saremo famosi solo nell'ambiente in cui lavoriamo, sempre che la fama la raggiungeremo veramente. Ma va bene così e comunque non ci importa del giudizio altrui. A me non è mai interessato e Léo, come sapete, è cambiata molto.
Non abbiamo mai parlato di figli. È ancora piuttosto presto e forse siamo entrambi un po' allergici all'argomento. A dirla tutta non sono nemmeno sicuro che ne avremo mai.
Qualche volta però parliamo di matrimonio: una cerimonia intima, solo i parenti stretti e gli amici più fidati. Mi piacerebbe davvero sposarla e, anche se si finge inorridita all'idea, so che accetterebbe. Magari un giorno lo faremo davvero.
Marie e Jeannot sono tornati insieme per un breve periodo di tempo. Lei gli mancava più di quanto gli sarebbero mai mancati i suoi genitori e così hanno fatto un secondo tentativo di convivenza, ma hanno scoperto che non funzionava più. Entrambi erano cambiati troppo e ciò che era successo li aveva segnati in modo indelebile, non riuscivano a passarci sopra. Nessuno dei due riusciva a dimenticare. Alla fine si sono lasciati di nuovo, ma in amicizia, per quanto possibile. Marie ha trovato un vero principe, o meglio un quasi-marchese: un ragazzo che fa parte del ramo cadetto di una famiglia di pari britannici. Ma Marie è ancora romantica come una volta e del titolo se ne è sempre infischiata, amandolo per quello che è.
Manuel e Jacques si sono sposati non appena è diventato legale in Francia. Siamo andati tutti alle loro nozze. È stato quanto di più bohemien si sia mai visto da quando è stata sconfitta la tubercolosi: i genitori di Manuel sono due hippy fuori tempo e l'intera cerimonia è stata piuttosto alternativa, così come il ricevimento. Inutile dire che i genitori di Jacques non erano al settimo cielo.
Bette vive ancora a Trouville. Ha trovato un lavoro come edicolante ed ora sta bene. Ha seguito un programma di terapia con l'aiuto di uno psichiatra, di una neurologa e di un dietista. Ha perso quasi venti chili, anche se la sua mano destra non si è mai più ripresa ed ora fa fatica a fare molte cose. È decisamente una persona nuova, anche se è ancora molto chiusa. Ha lentamente rallentato i contatti; noi non l'abbiamo forzata, anche se la sentiamo molto poco lei sa che può contare su di noi.
Nicole è rimasta in Canada e non ne abbiamo saputo più niente, in pratica, mentre Max ha sputtanato parecchi soldi con uno scommettitore ed è sparito per un po'. I suoi genitori lo hanno aiutato e gli hanno trovato un impiego nelle loro industrie nelle Filippine, per tenerlo lontano da Parigi.
Léo ed io siamo finalmente felici. Non credevo che sarebbe stato possibile per due come noi, né che saremmo stati destinati ad arrivare fino a questo punto. Quella sera di Capodanno di ormai cinque anni fa non avrei mai immaginato che l'avrei amata più dell'aria che respiro. Che sarei stato disposto a morire per lei. O che qualcuno, chiunque, avesse il potere di rendere la mia vita così speciale. Ma è successo. Léo mi fa sentire più vivo, più sereno, perfino più sano. Non è stata una strada in discesa, ma è stata una strada.
Abbiamo tutti una strada nostra: dobbiamo solo essere pronti a deviarla per incrociare quella degli altri.


George Addison, York, 2016

 

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