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Autore: Relie Diadamat    19/10/2015    4 recensioni
Merlyne è corsa via da Camelot per impedire a Gaius di offrire la sua vita a Nimueh, in cambio di quella di Hunit. La maga riesce a sconfiggere la Sacerdotessa, salvando il suo mentore, ma a Camelot qualcuno ha notato la sua assenza e non è affatto di buon umore...
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Dal testo:
«Ti è mai venuto in mente che, magari, a qualcuno importi qualcosa di te?!»
Le parole gli sfuggirono di bocca. Le aveva tenute a freno sulla lingua per troppo tempo, aveva tenuto i denti ben stretti per non farle fuoriuscire nei momenti di panico, quando l’immagine di Merlyne ferita da una strega gli fracassava il cranio.
Ad una distanza così effimera dal suo petto, non era stato in grado di tenerle a bada.
D’un tratto, Merlyne parve comprendere ciò che stava succedendo. «Siete preoccupato per me?» chiese, ingenua.

Post 1x13 // Fem!Merlin, Male!Morgana // Merlyne/Morgan [Mergana alternativo]
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gaius, Hunith, Merlino, Morgana | Coppie: Merlino/Morgana
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione
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Nda: Buon salve!
Inizio col dire che, tutto ciò che state per leggere, in realtà doveva essere una angstosa Modern!AU, ma poi Adebaran mi ha fatto amorevolmente notare che l'ambientazione canon non è affatto male. Principalmente, l'idea di questa scena è nata da lei, quindi la ringrazio per avermi fatto scrivere un qualcosa che ho sempre desiderato atturare. In più... mi è nato un amore incondizionato verso Morgan Pendragon che... non immaginate nemmeno!
Se questo mio esperimento piacerà, credo proprio che potrei riscrivere l'intera serie in questa chiave (non solo col Mergana, ovviamente); credo sarebbe carino vedere i battibecchi tra Morgan e Arthur.
Anyway, la smetto di ciarlare assurdità e vi lascio a... questo esperimento.
Il simbolo (*) indica un'alternanza tra il presente ed i ricordi. 
I prestavolti di Merlyne e Morgan sono, rispettivamente: Alessandra Mastronardi e Ian Somerhalder.
Non abbiate paura di esprimere il vostro pensiero: negativo o positivo, accetto di tutto.
Buona, spero, lettura!
 


«I care about you».

Soundtrack: click




 
 Tu sei una parte di me, sei nella mia pelle.
Ogni pezzo di me era incompleto finché sei arrivata nella mia vita.
Io e te siamo così intrecciati,
ed io ho sempre saputo di essere fatto per te.

-  Tim Myres
 
 





Il campanile aveva annunciato da un po’ l’arrivo del mezzodì, accolto dall’impettito Sole splendente della sesta ora; il castello era illuminato dai raggi dorati, un leggero venticello soffiava di tanto in tanto… Le solite cose monotone che andavano a susseguirsi verso quell’ora del giorno.
La solita piattezza di corte. Tutto in ordine, tranne che un minuscolo dettaglio: le stanze del medico di corte erano vuote.
Il pugnale scivolò da una mano all’altra, rigirandosi come le altre venti volte precedenti. Smanioso, Morgan poggiò la schiena contro la parete fredda del castello, tendendo lo sguardo verso il corridoio. Fisso.
La blusa bluastra che gli copriva il petto era diventata fastidiosa come il ricordo della sera precedente quando, intravedendolo nel corridoio, quell’ingenua di Merlyne gli si era avvicinata con un’espressione enigmatica e si era a messa parlare di carezzevoli nuove albe.
 


 
*
 




La serva era appena uscita dalle stanze del principe Arthur, con i capelli stranamente lasciati liberi di scivolarle lungo la schiena. Si era incamminata verso il corridoio, intravedendo in un angolo, il volto ombroso del protetto del re.
«Morgan», lo richiamò. «State bene?» Fece una pausa, scrutandolo bene in volto. «Siete molto pallido».
Il corvino, la spalla contro il muro, puntò i suoi occhi chiari in quelli incredibilmente azzurri della fanciulla. «Ho sognato Arthur tornare morente a Camelot ed è successo.» La sua voce era ferma e i suoi muscoli tesi.
Il lieve sorriso di Merlyne aveva ceduto il posto ad una rosea linea retta. Seguirono due secondi di silenzio, prima che la serva dicesse la sua: «Il principe sta bene. Non c’è nulla di cui preoccuparsi.» Incurvò leggermente le labbra all’insù, com’era solita fare, cercando di sembrare convincente. «Vedrete che molto presto tornerà ad indispettirvi come sempre».
Prima che Merlyne potesse fare anche solo un altro passo, Morgan la incalzò cupo: «So cosa hai fatto e cosa hai intenzione di fare.»
La strega si paralizzò sul posto, sentendo il sangue gelarsi nelle vene.
Morgan si scostò dalla parete del castello, avanzando verso di lei e fermandosi poco distante dal suo corpo. «L’ho visto in un altro incubo.»
Quella distanza era un male, si ritrovò a pensare Merlyne. Ritrovarsi lo sguardo indagatore e profondo di Morgan ad un passo dalla faccia, rendeva il tutto più difficile di quanto già non fosse. Merlyne doveva salvare sua madre e offrirsi, di nuovo, come vittima sacrificale alla Grande Sacerdotessa Nimueh. Non c’erano alternative: non poteva starsene ferma a guardare Hunit, la sua unica famiglia, perdere la vita a causa di un suo errore.
Era spaventoso pensare alla morte, ma era ancor più terribile avere la certezza di dover rinunciare a tutte le persone che amava: sua madre, Gaius, Gwen, Arthur e…  Morgan.
Eppure doveva essere coraggiosa, alzare il mento sfidando l’ignoto della fine e Morgan non la stava aiutando. Al contrario, le rendeva il tutto incredibilmente arduo.
Cercò di sorridere nuovamente, toccandosi con una mano il tessuto pallido dalla veste. «E da quando vi lasciate suggestionare da stupidi sogni?»
Morgan non si lasciò incantare dai suoi sotterfugi; s’impose prepotentemente dinanzi alla sua figura, impedendole di proseguire oltre. «Da quando si avverano, e poi non sono ingenuo come Arthur. Non m’inganni con quel sorrisino forzato e le tue inutili scuse: non ti permetterò di fare sciocchezze!»
Merlyne si sentiva con le spalle al muro. Mentire ad Arthur era indubbiamente doloroso, ma ingannare il Capo delle Guardie di Camelot era un’impresa faticosa e sfiancante. La cara Guinevere era solita dirle, tra un bucato e l’altro in lavanderia, quanto il figlio di Gorlois divenisse ingestibile nei suoi acuti momenti di cocciutaggine.
«Non so di cosa parliate», mentì.
«Certo che lo sai».
Merlyne sospirò, portando d’impulso una mano sulla guancia del nobile. «Non avete niente da temere, Morgan. Ve lo giuro. Siete spossato per l’incubo, vi capisco, ma ora dovete riposare e smettere di pensarci. Va tutto bene».
Il palmo di Merlyne era caldo sulla guancia rasata del corvino; Morgan non si ritrasse a quel contatto e non parve dare accenno ad un qualche fastidio. Si quietò, zittendosi, godendosi quell’inusuale e sfrontato gesto d’affetto.
«Scusatemi.» Merlyne ritirò la mano arrossendo lievemente, mordendosi la lingua per la propria avventatezza.
Morgan, a dispetto di ogni aspettativa, cercò le dita rovinate della maga saldandole alle proprie. Differentemente da Arthur, Morgan non si era mai imposto un distacco con popolani e servi, come invece Uther Pendragon avrebbe voluto. C’era qualcosa, in quegli occhi glauchi, che Merlyne non aveva mai visto in nessun altro. Con lui riusciva a sentirsi a proprio agio.
«Non voglio che tu commetta delle sciocchezze.» La voce di Morgan accarezzò la pelle di Merlyne, rendendole per un brevissimo istante le gambe più morbide e tremanti.
La bocca della serva si schiuse con naturalezza, senza che lei se ne accorgesse. A quella distanza, le labbra del protetto del re prendevano il volto delle cose che la giovane maga non aveva mai colto. Il riflesso arancio delle torce, rispecchiato nell’inchiostro delle pupille, rendeva lo sguardo del cortigiano magnetico.
Mentre Morgan osservava i fili castani dei suoi capelli, intrecciati in piccole onde, si chiese del perché quella ragazzina dovesse essere così incosciente e coraggiosa da farlo impazzire. Quand’era stata l’ultima volta che si era davvero preoccupato così tanto per qualcuno che non fosse Arthur?
Quella piccola incosciente era arrivata a Camelot da un anno, riempiendo il castello con risate sentite e sorrisi sinceri. Merlyne era schietta – talvolta anche sciatta -, e con i suoi vivaci occhioni d’estate rendeva più gioiose persino le cene con Uther quando, con i capelli costretti in una treccia laterale, versava del vino nei calaci vuoti.
Merlyne era diversa da tutte le persone che aveva conosciuto in vita sua. Sembrava sciocca, goffa, ma in realtà era una ragazza fedele e leale: mai aveva visto serva più devota di lei.
Era affezionato a Gwen ma alcune volte, steso tra le lenzuola del suo letto sontuoso o nelle ronde notturne, gli capitava di ripensare al modo in cui Merlyne aveva aiutato il bambino druido a fuggire da Camelot e una fitta di gelosia nei confronti di Arthur nasceva senza preavviso, negandogli il beneficio del dubbio che tutti suoi pensieri fossero dovuti alla stanchezza.
Adesso era lì, ad un passo dalla sua bocca insolente, a tenerle strette le mani nelle proprie.
Arthur l’aveva mai tenuta così vicina a sé? Si era mai accorto di quanto fosse speciale?
Lo scalpiccio di alcune scarpette verso l’ala del corridoio, bastò per far fuggire le dita affusolate di Merlyne dalla stretta di Morgan.
«Io…», la mora cercò spaesata le parole nel palato, ritrovandosi egoisticamente a sperare che Morgan la tenesse ancorata a sé, che potesse in qualche modo salvarla. «Sarà meglio che vada».
Il nobile la vide allontanarsi rapidamente, come una foglia caduta da un ramo e lasciata fluttuare nel vento insistente d’inverno.
«Merlyne», la richiamò per l’ultima volta.
La maga si voltò, fingendo uno sguardo d’indifferenza.
«Ci vediamo domani».
La vide sorridere, forse solo per un istante. «Buona notte, mio signore».
 


 

*





Morgan cominciò a mordicchiarsi il labbro impaziente: odiava attendere! Non aveva mai aspettato nessuno in vita sua. I suoi genitori erano morti; non esisteva al mondo persona che Morgan potesse attendere con ansia… Eccetto quella stupida di Merlyne!
«Mio signore!»
Lo sguardo del corvino, caduto per un breve istante sulla lama del suo pugnale, si sollevò repentino alla sua destra ritrovando il volto sinceramente sorpreso del medico di corte. Alle sue spalle, una Merlyne mezza fradicia sbarrò gli occhi come un furfante colto con le mani nel sacco.
Gaius aggrottò la fronte, avvicinandosi di qualche passo al nobile. «Qualcosa non va?»
Morgan, però, non disse una sola parola. Restò con lo sguardo di ghiaccio puntato su quella piccola peste nascosta dietro il corpo pieno del suo mentore.
Gaius, che conosceva quel ragazzo da anni, non dovette impiegare più di qualche secondo per comprendere l’antifona. «Temo che dovrò assentarmi per un’ora».
«Perché mai?!» sbottò, forse un po’ troppo di getto la sua protetta, sentendosi in un vicolo cieco.
«Ho dimenticato di raccogliere delle erbe e… di passare dal vecchio Owain», spiegò pacatamente il cerusico. «Occupati tu di Morgan».
Morgan incurvò parte della bocca in un mezzo sorrisino di vittoria, godendosi la scena di una Merlyne disperata all’idea di affrontarlo. Quella sciocca sapeva perfettamente di avergli mentito!
«I-Io, vengo con voi!», propose la serva, cercando una qualche via di fuga.
«Non ce n’è bisogno», Gaius le sorrise appena, inchinandosi al cospetto del protetto del sovrano da commiato. «Mio signore».
Merlyne avrebbe voluto dibattere, cercare di far ragionare il proprio mentore, ma quest’ultimo l’aveva abbandonata a passo lento, lasciandola sola in compagnia di Morgan.
«Si può sapere cosa ti è saltato in mente?!» Morgan la incenerì con lo sguardo. Merlyne ebbe l’impressione di non averlo mai visto tanto arrabbiato. «Uhm?!»
«Niente», minimizzò ella con una scrollata di spalle.
In meno di un secondo, la mano del castellano circondò il polso della mora, costringendola ad indietreggiare di qualche passo. «Mi credi davvero così stupido?!»
Non gliene importava nulla che quegli occhioni azzurri fossero spaventati da quel gesto improvviso, né tanto meno voleva perdere tempo a sentire altre inutili scuse: quella ragazzina sapeva mandarlo in tilt, paralizzandolo come un bambino. E lei manco pareva vederlo!
«Ti è mai venuto in mente che, magari, a qualcuno importi qualcosa di te?!»
Le parole gli sfuggirono di bocca. Le aveva tenute a freno sulla lingua per troppo tempo, aveva tenuto i denti ben stretti per non farle fuoriuscire nei momenti di panico, quando l’immagine di Merlyne ferita da una strega gli fracassava il cranio.
Ad una distanza così effimera dal suo petto, non era stato in grado di tenerle a bada.
D’un tratto, Merlyne parve comprendere ciò che stava succedendo. «Siete preoccupato per me?» chiese, ingenua.
«Certo che sono preoccupato!» rispose a tono. Morgan aveva quell’abilità innata dello stupire chi aveva di fronte con semplici affermazioni. Affermazioni che ammattivano il cuore. «Io tengo a te».
Le labbra di Merlyne lottarono per non innalzarsi verso l’alto in un sorriso radiante.
Che stupida! Morgan era gentile con la maggior parte dei servi: teneva a lei come a tutti gli altri e… poi, cosa sarebbe mai cambiato? Lui era il protetto del re e questo non sarebbe mai cambiato.
Lentamente, si staccò dalla stretta del nobile abbassando lo sguardo.  «Non dovete preoccuparvi per me».
Merlyne si schiarì la voce. Le paranoie di Morgan, i suoi sguardi profondi e quelle distanze non rispettate cominciavano a pensarle.
Merlyne non era una tipa che scappava, ma con il Capo delle Guardie di Camelot ultimamente non riusciva a fare altro. Tentò di oltrepassarlo, inventando una qualche scusa su Arthur, brontolando insulti inudibili fin quando non venne colta alla sprovvista.
Morgan se la tirò a sé per un braccio, inchiodandola al muro, facendo sì che le loro labbra si congiungessero per la prima volta.
Non seppe dire che sapessero, sapeva solo che avevano un buon sapore.
Merlyne ricordava che fuori il sole era alto nel cielo, che un vento leggero soffiava di tanto in tanto tra le bandiere rosse del castello. Le ancelle, con perle di sudore attaccate alla fronte, si dirigevano verso le cucine reali nei loro abiti sudati.
I cavalieri terminavano i loro allenamenti, avvertendo la stanchezza o il rinvigorimento del lavoro appena svolto.
Per Merlyne, tutte quelle cose non esistevano più: c’era solo Morgan che la baciava come nessun altro aveva mai fatto prima. C’era solo Morgan, che la baciava per la prima volta.
«Merlyne… Oh, santo Cielo!»
Quel bacio inaspettato s’interruppe bruscamente, mentre i volti dei due ragazzi si giravano fulminei verso la donna con i capelli scuri legati in una cipolla arrangiata.
Un sorriso sbarazzino e genuino nacque sulle labbra di Merlyne. «Madre!» Sembrava felice, proprio come chi scopre di riavere accanto la persona più importante della propria vita.
Hunit era in imbarazzo: non sapeva dove posare i suoi occhi chiari e nemmeno cosa dire. Si mordicchiò la lingua, congiungendo le mani all’altezza del grembo. «Io… Non volevo disturbar-»
La frase di Hunit rimase in sospeso, bloccata dalle braccia snelle della figlia che le cinsero il collo, forse con troppo ardore. Tuttavia, la popolana non denigrò l’abbraccio sincero di Merlyne e la strinse a sua volta, non dicendo più neanche una parola.
Morgan rimase immobile a godersi la scena.
Merlyne era limpida e misteriosa, dolce ma mai docile. Il suo entusiasmo verso la vita era puro, qualcosa che Morgan aveva ormai dimenticato da tempo.
Il corvino non avrebbe più potuto riabbracciare sua madre in quel modo, né rivedere la chioma scura del padre ridipinta dei colori della sera. Morgan aveva dimenticato da un pezzo cosa volesse dire essere preoccupato per qualcuno, tenerci per davvero.
Da quando Merlyne era arrivata a Camelot, però, gliel’aveva rimembrato ogni giorno. Ogni attimo.
A lui importava di Merlyne. Teneva molto a lei.
In modo egoistico, sperò che Arthur non provasse lo stesso. Desiderò che Merlyne fosse devota al Pendragon solo per altruismo.
Se Arthur era così stupido da lasciarsela sfuggire, lui non ci avrebbe pensato due volte a rendersela sua.
Perché lui teneva molto a Merlyne. Per davvero.
 







Quando, ancora legata a sua madre, Merlyne sollevò le palpebre che prima aveva calato si accorse che Morgan era andato via. Eppure, quella strana euforia che aveva in corpo non si era ancora appassita.
«Merlyne…» la chiamò piano sua madre, con le labbra tra i capelli.
«Sì?»
«Io pensavo ti baciassi con il principe».
Ben presto, le gote della maga si colorarono di un rosso acceso, tanto da far invidia al mantello di re Uther.
   
 
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