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Autore: pamina71    19/10/2015    19 recensioni
Un prigioniero da recuperare sulle Alpi e ricondurre a Parigi.
Un prigioniero che qualcuno non vuole far testimoniare.
Qualcuno disposto a tutto per eliminarlo.
Una storia di viaggio, letterale e metaforico.
Lungo la Francia, sulle Alpi, dentro se stessi.
Con la copertina disegnata dalla meravigliosa matita di Sabrina Sala.
Genere: Azione, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Soldati della guardia metropolitana di Parigi, Sorelle Jarjeyes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Lupi, Giganti ed altre avventure'
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26. L'ultima cena

 

Oscar ebbe a malapena il tempo di concludere la lettura di tutti i documenti arretrati entro le sei, ora convenuta con François per far arrivare la sorella Marie. Aveva deciso di assumerla a Palazzo dopo averla vista una sola volta, e per giunta come propria cameriera personale. La donna che sino ad allora aveva aiutato la nonna di Andrè ad occuparsi di lei aveva intenzione di ritirarsi a casa del figlio, ormai le era troppo faticoso il lavoro in una dimora nobiliare. E Oscar non voleva che ad occuparsi della sua persona fosse una di quelle cameriere che alcune volte aveva udito parlare di lei come una ragazza strana, buffa, piatta ed inavvicinabile. Mai e poi mai avrebbe voluto farsi aiutare con le fasce o con eventuali medicazioni dalla pettoruta Sophie o dalla vanitosa Claudine. E di alcune altre, come Anne, sapeva che erano sgradevolmente disposte alla delazione nei confronti del resto della servitù. Cosa che avrebbe potuto costituire un rischio, ora che Andrè aveva assunto un ruolo diverso nella sua vita, almeno sino alla risposta del Generale.

Meglio una persona estranea alle logiche del Palazzo, e legata lei come persona che le permetteva di risollevare la propria famiglia dalla miseria. Oscar si piacque poco, in realtà la pareva di comprare la fedeltà della ragazza. Ma al momento le occorreva assolutamente qualcuno di fidato.

Mentre questi pensieri le occupavano la mente, riordinò meccanicamente l'ufficio, uscì e si incamminò verso la cancellata. Qui trovò François assieme ad una ragazza magra, rossa e lentigginosa quanto lui, con un visetto aperto e sorridente.

Andrè pensò che sarebbe stata perfetta per occuparsi di Oscar.

Alain, venuto ufficialmente ad accompagnare l'amico, ed ufficiosamente a curiosare come fosse la sorellina di François, la trovò estremamente carina e dolce, e decise che avrebbe trovato il modo di passare a visitare Andrè a palazzo, per vedere di conoscerla un poco.

La ragazza salutò con affetto il fratello e, per la prima volta in vita sua, salì su una carrozza e lasciò la città di Parigi.

 

Arrivati che furono a Palazzo, Oscar si premurò di affidarla alle mani della nonna sua omonima, che le avrebbe spiegato cosa fare. Il padre aveva lasciato la dimora la mattina, la madre se ne era andata nel primo pomeriggio. La casa era di nuovo a sua completa disposizione, ma nello stesso tempo desolatamente vuota.

Una piccola sorpresa la attendeva sullo scrittoio dei suoi appartamenti: una lettera della sorella Constance, che la avvisava del ritorno dall'Inghilterra. Maritata ad un nobile della contea del Devon, Sir Henry, aveva tre figli, e non aveva più fatto ritorno in patria dal matrimonio avvenuto circa diciotto anni prima. In compenso, aveva visitato l'Inghilterra, le Colonie americane, l'Irlanda. Ed ora era finalmente di ritorno. Sarebbe giunta circa sei settimane più tardi, verso la fine del mese di luglio.

In tempo per vedere nostro padre benedire la mia unione con André o cacciarmi di casa, pensò Oscar.

Ma Constance, nelle proprie lettere, aveva dimostrato di possedere ampie vedute e vasta cultura. Forse avrebbe potuto essere una valida alleanza nel caso fosse stato necessario acquietare le ire paterne.

 

Il primo incarico affidato alla giovane Marie in quella fine di pomeriggio fu quello di spolverare e riordinare la biblioteca. Un lavoretto tranquillo per introdurla nell'ambiente. Curioso impegno per una ragazzina analfabeta, quello di rimettere a posto i volumi sparsi in giro.

Dopo aver passato con cura il panno sulle modanature delle ante a vetro, dopo aver sistemato lumi e tavoli, si ritrovò con tre o quattro libri rilegati in pelle odorosa, con le scritte in oro. Intimorita dal peso e dal lusso, comprese che per rimettere ogni tomo al proprio posto avrebbe dovuto usare non il titolo, per lei una serie di segni incomprensibili, ma lo spessore della costola. Prese il primo, un sottile volume di Chrétien de Troyes, e lo inserì nello spazio libero più esiguo; poi fu la volta di un Corneille e di una raccolta di Catullo. Infine, sollevò il pesante volume di Racine sotto cui Josephine aveva nascosto la lettera. Il foglio piegato1 scivolò a terra. Credendo che fosse contenuto nel libro, Marie lo raccolse, lo infilò accuratamente nel libro, che pose nella vetrina chiudendola a chiave.

 

Oscar si buttò sul letto, crucciata ed insofferente. Quell'attesa della risposta paterna le pareva infinita ed era iniziata da un giorno appena. Scalciò via gli stivali con rabbia. Forse sarebbe parso tutto più sopportabile se non fosse stata ancora così stanca per la missione, e se l'epilogo dell'incarico non fosse stato così frustrante. La morte di Satie. l'inamovibilità di Monsieur Hubert, la probabile intromissione della Massoneria. Si chiese se quello che faceva fosse davvero utile per qualcuno. Per la prima volta nella sua vita, mise in dubbio il suo stesso mestiere. Si chiese se davvero non stesse servendo né la Francia, né la Regina, ma solo qualche oscuro potentato di cui ignorava l'esistenza.

Si rialzò, ancora nervosa, e si diresse scalza e silenziosa, verso il balcone della propria stanza per respirare un poco d'aria fresca e ristorare lo spirito ed il corpo.

Ristette così per un attimo, la mani poggiate alla balaustra in pietra bianca, gli occhi chiusi, recuperando in parte la calma perduta, sino a che non udì due voci femminili. Non aprì le palpebre, non voleva dare l'impressione della padrona ficcanaso.

- Sarebbe dovuto toccare a me, il posto di Cameriera personale del Comandante Oscar2! E invece se ne arriva lei portandosi dietro una ragazzina! Da che mondo è mondo al ruolo di cameriera personale in questa casa tocca alla persona che è a servizio da più tempo! Cos'è, non vado bene, io?

- Evidentemente no, Claudine.

- Avrà paura di avere al proprio servizio una cameriera più bella di lei! Non hai visto che ragazzina scialba ha scelto?

- Sei sempre la solita, vanitosa e parli troppo. Non hai mi pensato che potrebbe averti scartata perché potrebbe averti sentita parlare come stai facendo ora? Che potrebbe non fidarsi?

La cameriera rimase a bocca aperta, impietrita da quello che le diceva l'amica e che le appariva come una rivelazione. E mentre il dubbio di essere stata scartata per la propria linguaccia lunga si insinuava nella sua mente, sollevò senza esserne del tutto consapevole lo sguardo verso gli appartamenti di Oscar, trovando un paio di occhi blu che la fissavano con uno sguardo tra il furente ed il ferito. Abbassò la testa, pronta ad essere richiamata per una sfuriata di proporzioni mai viste, ma non sentì nulla. Rialzò gli occhi per vedere la figura esile e magra rientrare rapidamente nella stanza e chiudere rabbiosamente i vetri.

Oscar si fermò nel mezzo del tappeto che si trovava di fronte al letto. Se prima le pareva che la parte della sua vita relativa al lavoro andasse alla deriva, in quel momento la fragile imbarcazione che reggeva la sua vita sentimentale andò a frantumarsi contro uno scoglio. Dopo il rinvio del padre, sentirsi definire brutta aveva inflitto un duro colpo alla scarsa fiducia che riponeva nel proprio aspetto, così differente dal sentire comune riguardo a come avrebbe dovuto essere una donna per essere ritenuta bella.

Mentre era assorta in questi pensieri, udì bussare lievemente: era André che saliva per passare qualche momento solo con lei e trascorrere la serata insieme.

Fu rapido ad accorgersi dell'umore non del tutto sereno di lei. Messo a parte dei sui pensieri sul loro ruolo di sodati, anche André ammise di non sentirsi del tutto a proprio agio talvolta, di avere la stessa impressione di essere asservito a poteri forti di origine dubbia e sconosciuta. E le rivelò che talvolta, se non ci fosse stata lei avrebbe pensato di lasciare. Oscar si sentì allora in dovere di raccontargli di avere avuto lo stesso pensiero, pochi minuti prima.

Discussero a lungo, e convennero che, se fosse venuto il momento in cui entrambi avessero vissuto con vero disagio l'esercito, allora avrebbero valutato se abbandonare l'esercito.

Eppure, ad Andrè pareva che l'animo di Oscar non si fosse ancora del tutto placato. Dopo varie insistenze, riuscì a farsi raccontare con una voce imbarazzata quanto aveva udito dalle cameriere e come quelle parole l'avessero umiliata.

Non gli disse che per molto tempo non le era importato, che quando si era invaghita di Fersen le premeva solamente di essere riconosciuta come donna, ma che ora per lui le avrebbe fatto piacere essere ritenuta bella.

Non le disse nulla, per rassicurarla. Si limitò a recuperare la sua copia di Les égarements du cœur ed a farle leggere una frase: "Lieve andava, senza sapere quanti occhi ammirati la seguissero, sempre credendosi meno di quanto fosse".

Oscar sollevò gli occhi dalla pagina, con le gote imporporate da una leggera vergogna mista a (possibile?) vanità. Non seppe fare altro che baciarlo per ringraziarlo, e come nei carmi di Catullo, il primo ne tirò altri cento, e mille, e la sera si tramutò in mattina.

 

Il Duca D'Orléans sedeva soddisfatto nel proprio salotto, osservando il tramonto dall'ampia finestra apertacon un bicchiere di Armagnac in mano, ripensando al fatto che l'ultima questione si era risolta nel modo migliore. Peccato eliminare quel ragazzo, e avrebbe dovuto fare i conti con i tentativi di vendetta del padre naturale, il Duca D'Artois, ma era una variabile già messa in conto. Meglio che affrontare il processo, con ciò che ne sarebbe conseguito.

Il Duca di Luxembourg aveva provveduto la mattina stessa a minacciare il vecchio Generale, e quella era un'altra questione risolta.

Rimaneva la figlia, quell'insopportabile impicciona, fedelissima di Maria Antonietta. Ma proprio questo era il suo tallone d'Achille. Qualsiasi futuro incarico le avrebbero dato, vi si sarebbe buttata a capofitto. Sarebbe stato sufficiente raccomandarla per la prima missione pericolosa si fosse prospettata. A farsi ammazzare, ci avrebbe pensato da sé. Sorrise e bevve un altro sorso dal bicchiere di cristallo molato.

 

Il martedì mattina la caserma era nel pieno dell'attività, nonostante il calore fosse già intenso prima che il sole avesse superato la barriera costituita dall'ala est. Oscar aveva deciso di superare le proprie ansie mettendosi a lavorare indefessamente, e costringendo al lavoro tutta la Brigata B. Le pareva che gli allenamenti fossero stati meno fruttuosi, durante la sua assenza, quindi mise i soldati all'opera in maniera razionale, dividendoli a gruppi secondo i rispettivi punti deboli.

Il risultato fu una giornata molto impegnativa, ma che per molti si rivelò anche soddisfacente, lasciando a parecchi l'impressione di progressi rapidi, anche se non del tutto duraturi.

Per questo motivo, quando al termine degli incarichi quotidiani Oscar si ritrovò con André ed i tre soldati che avevano costituito la piccola compagnia del viaggio sulle Alpi, tutti erano affamati ma decisamente di buon umore.

Alain, François e Gérard inoltre erano davvero soddisfatti di potersi sdebitare, per quanto simbolicamente, di quanto ricevuto durante il viaggio. Sebbene perfettamente coscienti della differenza di ceto e di possibilità economiche, e consapevoli che il denaro venisse dalla famiglia più che dal Comandante, il loro orgoglio virile/maschile  aveva un tantino risentito del dover accettare pasti ed alloggi offerti da una donna.

Quella sera, pur nell'ambito concesso dal contenuto delle loro scarselle , avevano tutte le intenzioni di fare bella figura. Non condussero quindi il Comandante alla Bonne Table , piccola locanda poco distante dove era quasi sempre possibile incontrare soldati della Guardia in libera uscita , ma poco oltre, verso est, senza arrivare al Palais Royal. Qui, in una tranquilla via traversa di Rue Saint Dénis il cugino di Lassalle gestiva una taverna di medio livello, frequentata da mercanti e piccola borghesia ed avrebbe permesso loro di cavarsela con una spesa ragionevole. E la scelta si dimostrò decisamente felice. Oscar dopo l'imbarazzo iniziato dovuto al dispiacere di pesare su quelle misere tasche, si sentì nuovamente a proprio agio come durante il viaggio.

Nella posizione appartata in cui si trovavano, riuscirono a scherzare sull'accoglienza ricevuta al loro ritorno in caserma, su come fossero stati accolti dal Colonnello D'Agôut, e si misero ad immaginare come l'avrebbe presa se si fosse accorto di avere un soldato fidanzato col proprio superiore.
André riuscì persino a ridere della situazione di stallo in cui era stato costretto dal Generale, ironizzando su quali e quanti strumenti di tortura avrebbe potuto acquistare durante un intero mese di campagna, per poi utilizzarli si di lui.

Risero e parlarono sino a che non arrivò l'ora del rientro in Caserma. Ed anche sulla via del ritorno le chiacchiere non mancarono, sebbene nell'ultimo tratto Oscar ritornasse ad essere taciturna. Stava meditando una volta di più su quanto si trovasse a proprio agio con quelle persone. E quanto avrebbe giovato a quel padre tanto rigido di cui avevano appena riso passare una serata ascoltando le parole di gente umile.

Ripensò a quanto anche ora sentisse vere le parole dette al Maggiore Girodelle, che tra i soldati della Guardia per la prima volta aveva compreso chi fosse e quale dovesse essere il suo ruolo: una persona che faceva, bene, il proprio lavoro. Ma anche una donna, che nella propria vita voleva decidere liberamente chi amare e da chi farsi amare.

Voleva scegliere di essere felice. Con André. E questa era una cosa che nessuno le avrebbe portato via.

 

 

 

Angolo dell'autrice.

 

Con questo capitolo la storia si chiude, per rinascere dalle proprie ceneri come l'Araba Fenice.

La parte avventurosa ha detto tutto ciò che aveva da dire, quindi non ha più ragione di essere. Ma la storia d'amore ha ancora molta strada da fare, e la ritroverete, se vorrete, sempre di martedì, intrecciata ad una nuova avventura di sapore più noir.

Ringrazio chi ha letto in silenzio, chi ha recensito, chi ha inserito il Gigante nelle storie preferite/seguite/ricordate. Non pensavo sarebbe piaciuto così tanto, e ve ne sono davvero riconoscente.

Ringrazio Sabrina Sala per la meravigliosa copertina che mi ha disegnato col suo talento.

Vi voglio bene.

 

Pamina

 

1 Le lettere erano piegate e sigillate, non imbustate.

2 Mi attengo al Manga, che ho in edizione francese, dove nessuno, mai, parla di lei con un appellativo al femminile, ma sempre come di: Monsieur, Comandante o Conte.

   
 
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