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Autore: sushiprecotto_chan    19/10/2015    2 recensioni
«Javvo»
«Javvino. Javvettino.» Poi s’alza a sedere e col dito indice in su condivide con lui la Grande Rivelazione: «Cravattino!»
[fanon!Grantaire/fanon!Javert, Crack scritta per l'iniziativa "Come ti trombo il prof" di @ maridichallenge]
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Grantaire, Javert
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Parole: 482 (fdp)
Avvertimenti: crack, cagata, grande cagata, ciaone proprio, accenno a sesso consensuale tra uno studente e un professore, Age Difference, Modern AU, Javert
Note: 1. scritta per i #5yearsMDC di @ maridichallenge e in particolare per il Come Ti Trombo Il Prof Fest (più chiaro di così se more).
2. richiesta dalla flat per l'AU Meme che avevo postato su livejournal. Il prompt era "teacher/student au" e lei mi ha dato l'okay sul crack. E crack è stato.
Note Autrice: La flat_what mi chiede cose e io rispondo. Perdoname madre por mi vida loca.
Ho usato il dialetto romano ma so’ bolognese. È una questione importante. (Quindi se ho fatto errori linciatemi e poi ditemi quali sono, dove, in che punto, quando, perché.)







«Javvo»
Una voce proviene dai cuscini. E non gli piace.
Ma l’altro continua.
«Javvino. Javvettino.» Poi s’alza a sedere e col dito indice in su condivide con lui la Grande Rivelazione: «Cravattino!»

«Ma io perché t’ho scopato, perché» esala Javert, terrore di popolo e di studenti, protettore della facoltà di Legge, controllore della Dignità del Secondo Piano, professore precario con un carattere talmente rompicoglioni che il primo istinto che hai quando lo vedi è di dargli una manganellata oppure fuggire. Quando si esprime con queste parole, queste sagge, veritiere parole – Ma-io-per-ché-t’ho-scopato-per-ché, con mannaggia di sottofondo, con quell’accento assolutamente indefinibile ma comunque cattivo e tanto affascinante (per Grantaire) – queste parole che sembrano poesia non toccano più di tanto il giovane che si trova sotto le coperte accanto a lui.
«Javvino» dice con passione quest’ultimo, incurante dello sguardo severo, odioso, turbato, inquietato, torvo, di certo non felice, in un certo senso confuso dell’uomo con panzetta che un quarto d’ora prima lo stava a inchiappetta’.

«Oh Javvetto, lascia che io possa stare qui a sborrare tutto il giorno, condivideremo i postumi della sbornia ogni fine settimana, ci canteremo a vicenda canzoni tragiche sul perché non veniamo amati da leader alti e biondi e stronzi (secondo il fandom), insomma, se non tu almeno io, creeremo opere d’arte in camera da letto perché sai, io sono un artista, e parlo tanto, e bevo ancor di più, e mi struggio!»
«Struggo» lo corregge Javert, distrattamente.
«AFFOGA LE TUE CRISI ESISTENZIALI ANCORA UNA VOLTA DENTRO DI ME» urla all’improvviso lo studente. «BUTTATI IN ME COME S’IO FOSSI LA SENNA»
Al che gli occhi di Javert sono diventati grandi come quelli di un personaggio dei Peanuts e il poverello si toglie figurativamente per un attimo il bastone che sembra portare sempre dentro al culo e s’inalbera. «Aò, a pischello, non esageriamo!»

Grantaire si calma e si rimette comodo sul cuscino come se niente fosse, braccia incrociate dietro la testa a mostrare le ascelle munite di cespugli pelosi e maleodoranti tipici dello studentello radical chic. «Scusa, è che me sentivo de fa’ un po’ de poesia» Alza le mani – e l’odore è peggio. «Ma se t’offende…»
Subito dopo aver detto questo, si rimette su seduto e sfodera un sorriso che in teoria dovrebbe essere seducente, ma che in realtà mostra un rimasuglio di basilico incastrato tra i denti, unico elemento superstite della pizza al taglio da poracci che si è mangiato a pranzo – pizza comprata in uno dei bar dell’università, quindi quantomeno tossica. Javert s’accontenta.
«Vabbévieqquà»
Grantaire fa andare su e giù le sue sopracciglia. «Stai pronto per un secondo round?»
L’espressione del professore rimane di ghiaccio, di marmo, di marmo bianco di Carrara, quello che c’è pure all’Avana a Cuba perché sì, di sale, di granito, insomma di un elemento rigido, si gratta la pancia pelosa e comanda al ragazzetto: «Passa il viagra, va’»
   
 
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