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Autore: ZereJoke94    20/10/2015    1 recensioni
Entriamo nella mente di Imhotep, che prima di essere La mummia, è stato un uomo. Un uomo innamorato.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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L’uomo prima del Mostro
 
La città era tranquilla, il cielo imbruniva mentre il sole tramontava lentamente . La solita impazienza, mista ad agitazione e timore gli fece correre un brivido lungo la schiena.
Poi li udì, i passi lenti e controllati. Un suono dolce che conosceva bene .
Si voltò piano, certo che la sua vista l'avrebbe colpito come la prima volta. Lei.
Con un cenno del capo indicò ai suoi sacerdoti di chiudere la porta. Erano consapevoli del loro compito di guardiani, ma mai una volta avevano osato fare domande. La loro discrezione non escludeva però che sapessero perfettamente le potenziali conseguenze della loro complicità in quella storia. Ogni volta Imhotep si meravigliava e ringraziava gli dei per la loro fedeltà.
Lei avanzò piano verso di lui, gli occhi due pozze scure imperscrutabili, eppure così dolci. Quando furono uno di fronte all'altra, lei gli passò una mano sugli occhi.
Le mani di lui accarezzarono l'aria vicino alle tempie, e poi alle guance di lei, senza mai toccarla. Ma mentre la baciava, dimentico di tutto e di tutti, le accarezzò il braccio, ricoperto, come tutto il suo corpo, di pittura. Il suo pollice le scavò la pelle, e la sua carezza lasciò il segno del suo passaggio su di lei.
I sacerdoti stavano ancora chiudendo la porta, quando qualcuno, improvvisamente, la aprì da fuori.
Seti.
Il Faraone guardò dall'alto i sacerdoti di Imhotep inginocchiarsi, visibilmente impauriti e agitati.
- Cosa ci fate voi qui?- Domandò, riducendo poi la bocca a una linea sottile e superandoli senza attendere risposta.
- Il faraone! – Imhotep la fissò negli occhi.
- Nasconditi!- bisbigliò la donna, con voce strozzata.
Lui si nascose dietro i tendaggi, incapace di pensare a cosa sarebbe potuto accadere. Il cuore gli martellava nel petto e nelle orecchie.
Lei prese posto accanto alla grande statua della dea gatta Bastet. Accarezzava la testa fredda del felino, tentando di apparire calma. Celò il terrore che la attanagliava in quel momento, e si sforzò di apparire impassibile, come faceva sempre in presenza del Faraone.
Seti scostò le tende leggere che separavano le due stanze e avanzò verso di lei, per poi fermarsi e scrutarla attentamente, come se sospettasse già qualcosa e volesse solo avere la conferma del tradimento della sua favorita, Anack Su Namun.
Trovò quella conferma sul braccio sinistro di lei, la pittura corporea con cui le ancelle erano solite adornarla, proprio per volere del sovrano, era stata portata via. - Chi ti ha toccata?-  gridò il faraone indicando il suo braccio.
Sentendo le mani informicolirsi per il terrore, girò di scatto la testa verso il basso e si guardò il braccio.
Inorridì quando vide la striscia bianca di pelle che il dito di Imhotep le aveva scoperto, ma non ebbe il tempo di fare nulla che la sua attenzione fu catturata dalla figura alle spalle di Seti. Imhotep.
Anche il faraone sentì la presenza di qualcuno dietro di se e si voltò lentamente.
 -Imhotep! Il mio sacerdote!- Urlò,mentre questo gli sfilava la spada dal fodero; nella voce un misto di incredulità e rabbia.
Il gran sacerdote del faraone, custode dei morti, e la sua favorita. Il primo fendente gli fu inflitto da lei, che nel frattempo aveva recuperato il pugnale nascosto dietro la statua, e Imhotep la imitò subito dopo, la furia omicida scaturita da anni di incontri segreti e illegittimi. Tutti gli sguardi e i baci rubati, senza poter mai avere la felicità che spettava loro.
Lo colpirono tre,quattro,cinque, sei volte; le pugnalate scandite dalle urla lancinanti di Seti. I sacerdoti da più lontano assistettero a tutto, consci di quello che stava succedendo.
Imhotep era lucido, aveva le mani sporche del sangue del faraone. La nebbia della cieca rabbia si era già diradata, e sapeva perfettamente che quell'assassinio proclamava a gran voce la sua condanna a morte, e quella della sua amata. Purtroppo per loro, qualcuno doveva aver visto qualcosa, o sentito le urla del sovrano poiché le guardie reali, i Medjai, iniziarono a spingere e a bussare alla porta della stanza adiacente, tentando di sfondarla.
 - Devi fuggire, salvati!-  gli disse lei, con gli occhi colmi di lacrime. Lui rispose che mai l'avrebbe lasciata, come poteva pensare che l'avrebbe abbandonata così?
Lei lo fissò come se gli fosse sfuggito qualcosa di ovvio -Soltanto tu puoi farmi risorgere!-Alcuni sacerdoti li raggiunsero, ed afferrarono Imhotep, tentando di trascinarlo via per metterlo in salvo.
- Lasciatemi, allontanatevi da me! – Urlò lui, in preda alla rabbia e al terrore. Ma i suoi sacerdoti stavolta non obbedirono.
Anack Su Namun gli passò ancora la mano sugli occhi, e per la prima volta in vita sua, Imhotep si sentì morire, mentre veniva trascinato fuori dalla stanza. Guardò i suoi uomini con odio, sentendosi tradito, anziché aiutato.
- Tu vivrai ancora! Io ti farò risorgere!- Promise a lei e a se stesso mentre veniva portato via. La stava abbandonando, la stava condannando a morte?
Non appena ebbero oltrepassato i tendaggi, le ginocchia gli cedettero, e i sacerdoti lo lasciarono libero dalla loro stretta. Inginocchiato sul pavimento, sfinito e con la veste nera inzuppata di sudore freddo, osservò le sagome dei Medjai e di Anack Su Namun, divisi solamente dal cadavere di Seti, immerso in una pozza di sangue.
Chiuse gli occhi, e pregò gli dei, che aveva sempre amato e servito, per un miracolo.
La voce di Anack Su Namun interruppe quella preghiera.
-Il mio corpo non è più il suo tempio!- Disse ai Medjai con sorprendente convinzione, prima di pugnalarsi al ventre.
Imhotep vide il suo amore morire da dietro i tendaggi che lo nascondevano alla vista delle guardie, e in quel preciso istante la sua umanità morì insieme a lei.
 
La notte seguente si calò nella cripta dove era stato sepolto il corpo di lei e raggiunse Hamunaptra, la città dei morti.
Il rito che avrebbe svolto di li a poco per tentare di riportare in vita Anack Su Namun non avrebbe fatto altro che inghiottire in un vortice di antiche formule e magia nera ciò che restava della sua umanità. Ad ogni parola che pronunciava, accompagnata dal sinistro cantilenare dei sacerdoti inginocchiati in cerchio intorno a lui e all’altare dove era adagiata la sua amata, Imhotep sentiva di stare oltrepassando un limite. Un limite che nessun altro avrebbe tracciato, e tantomeno oltrepassato. I suoi pensieri vennero interrotti da qualcosa che si muoveva di fronte a lui, costringendolo a sollevare la testa. L’anima di Anack Su Namun era tornata dal mondo dei morti, sotto forma di un viscido essere nero, che planò sopra le teste dei sacerdoti inginocchiati per poi calarsi nel cadavere di lei.
La donna spalancò gli occhi e cercò di respirare. Ormai folle e incapace di distinguere il bene dal male, Imhotep sollevò il pugnale con l’intenzione di uccidere uno a caso dei suoi sacerdoti, affinchè Anack Su Namun avesse potuto prenderne gli organi vitali e tornare effettivamente in vita. Ogni dubbio e lucidità cancellati dal pensiero che se avesse compiuto il rito fino in fondo lei sarebbe stata finalmente sua.
All'improvviso, le guardie del faraone irruppero nella stanza.
Era stato seguito. Era la fine.
Mentre i Medjai lo costringevano a lasciar cadere il pugnale, l 'anima di Anck Su Namun lasciò nuovamente il suo corpo e lanciò un urlo rabbioso prima di sparire nuovamente nel passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
-NO!- Urlò lui, con tutto il fiato che aveva in gola.
Il suo sguardo si posò sul viso inespressivo di lei, come per imprimersi la sua immagine nella mente. Poi qualcuno lo colpì alla testa, e tutto divenne nero.
 
I suoi sacerdoti furono condannati ad essere mummificati vivi. Mentre a lui, al Gran Sacerdote Imhotep, consigliere del faraone, spettò una punizione molto più spietata. Fu condannato a subire Hom Dai, la peggiore di tutte le antiche maledizioni egizie, tanto crudele da non essere mai stata emessa prima.
 
Sentiva il sangue che si raccoglieva in bocca. Non poteva far altro che inghiottirlo, ignorando le ondate di nausea e il dolore insopportabile. La sua ultima occhiata, prima che gli coprissero gli occhi con le bende, la rivolse alla sua lingua abbandonata sul pavimento. Tagliata di netto.
Era convinto che il suo cuore sarebbe potuto esplodere da un momento all’altro, e forse in quel momento sarebbe stata la cosa migliore che gli sarebbe potuta capitare. Il battito impazzito della paura.
Pianse rumorosamente e bagnò le bende che gli coprivano gli occhi mentre si sentiva sollevare di peso e deporre in quel sarcofago che sarebbe stata la sua tomba eterna. Nella mente una miriade di immagini.
Il suo primo incontro con Lei. La sentenza emessa poche ore prima. Le urla di Seti. Sua madre che lo abbracciava. Il sole che sorgeva su Tebe. Tutto mescolato in un vortice impazzito nella sua mente sconvolta dal terrore e dalla disperazione più nera.
Soltanto tu puoi farmi risorgere!
Urlò disperato, quando sentì una miriade di insetti che gli venivano gettati addosso e che probabilmente lo avrebbero torturato finchè la morte non fosse sopraggiunta. Non sapeva che animali fossero di preciso, e non voleva saperlo.
Sentì chiudere il sarcofago che sarebbe stata la sua tomba eterna e fu calato sotto terra, ai piedi della grande statua del dio Anubi, continuando a dimenarsi disperatamente. L’improvvisa e bruciante consapevolezza che non esisteva via d’uscita.
 
Hom Dai, insieme ad una maledizione eterna, regalava l’immortalità. Una persona normale sarebbe morta nel giro di pochi minuti per la mancanza d’aria. Al contrario, lui invocò la morte continuamente, per un tempo che gli sembrò infinito. Rimase in vita per settimane sotto terra, imprigionato.
Maledisse gli dei mille volte, urlò invano le sue blasfemie finchè non ebbe più voce.
Dopo essere riuscito a liberare un braccio dalle bende, prese a spingere contro il coperchio del sarcofago, piangendo e imprecando. Andò avanti giorni a spingere quel coperchio sigillato dall’esterno.
Quando si sentì rassegnato e smise di tentare di liberarsi, fu in quel momento che sentì la morte avvicinarsi e avvolgerlo lentamente.
Ma prima di spirare, lasciò un messaggio: - La morte è soltanto il principio-
Era andato tutto nel modo sbagliato. Non era un uomo cattivo, non meritava quella fine.
L’ultimo pensiero andò a Lei, “Soltanto tu puoi farmi risorgere!”.
Sentì la vita abbandonare ogni fibra del suo essere, giurando però vendetta, se un giorno fosse tornato in vita.
Quella possibilità gli sembrò improbabile, ma morì con quella flebile speranza, accompagnata dal terribile peso della promessa fatta ad Anack Su Namun.

La morte è soltanto il principio”.
   
 
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