Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Hiraedd    20/10/2015    2 recensioni
A volte capita che il Capitano Grifondoro si ritrovi tra le mani uno strano enigma chiamato Dorcas Meadowes, che in sei anni gli ha rivolto la parola tre volte al massimo, tutte nel giro dell’ultima settimana.
Può anche capitare che un Serpeverde solitario e innocuo inciampi in una maschera che non nasconde solo un volto, ma un mondo intero. Perchè Benjamin odia Caradoc Dearborn, sia chiaro, e quegli occhi dorati non gli fanno alcun effetto. Forse.
Oppure può succedere che il Caposcuola sia innamorato da anni della sorellina del proprio migliore amico, che ha perso la testa per un Auror di stanza in Polonia, e abbia una fottuta paura che Edgar lo scopra e lo torturi perché no, quelli che fa verso Amelia sono tutto fuorché casti pensieri d’amicizia.
Per fortuna, però, che c’è Hestia Jones, deputato diario segreto degli studenti del settimo anno, che tutto osserva nonostante, a conti fatti, non distolga nemmeno per un secondo lo sguardo dal suo adorato fidanzato, il Prefetto Sturgis Podmore.
*
Siamo ad Hogwarts, è l’autunno 1969 e la guerra è già più vicina di quanto non sembri.
*
Altri personaggi: Gideon Prewett, Kingsley Shacklebolt, Sturgis Podmore, Amelia e Edgar Bones.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Benjy Fenwick, Caradoc Dearborn, Dorcas Meadowes, Fabian Prewett, Hestia Jones
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 19
 
 
 
 
La solitudine ha, a volte, colori e sfumature inattesi, sorprendenti.
È una stanza vuota dove risuona la propria anima, la propria sensibilità.
(Paolo Crepet)
 
 
 
Sala Grande
 
<< Il succo di zucca ha un colore felice, non credi? >>.
 
Sturgis Podmore dedicò al proprio migliore amico, seduto davanti a lui dall’altra parte del tavolo, una lunga occhiata scettica.
 
<< Che c’è, non sei d’accordo? >> insistette Caradoc, portandosi una generosa porzione di bacon alla bocca.
 
Hestia, accanto al proprio ragazzo, decise di intervenire prima che Sturgis –ancora annebbiato dal sonno- compisse qualcosa di irreparabile.
 
<< Ma il tuo stomaco non ce l’ha un fondo? Giuro, Caradoc, in dieci minuti sei riuscito a spazzolare più di quanto io e Sturgis riusciremmo a mangiare in un’ora >>.
 
Podmore diede in un gemito sofferto.
 
<< E avevi detto di non avere nemmeno tanta fame >>.
 
Il ragazzo sotto esame, la bocca piena di uova, smise per un attimo appena di masticare. Parve riflettere attentamente, come incerto se rispondere a parole oppure no, poi fece spallucce.
 
<< Dunque, adesso ci aspettano due ore di lezione >> disse alla fine deglutendo il boccone e pulendosi la bocca con il tovagliolo << Come ve la cavate con l’incanto Estensivo Irriconoscibile? >>.
 
Hestia prese un ultimo sorso di succo di zucca prima di alzarsi.
 
<< Non so come tu faccia ad essere così di buon umore a quest’ora del mattino. Vado a prendere la relazione per Vitious, l’ho dimenticata in camera, ci vediamo direttamente a lezione >>.
 
Caradoc e Sturgis guardarono la ragazza andare via, poi si voltarono verso l’unica presenza che ancora non aveva spiaccicato parola.
 
<< Dunque, Dorcas, che si dice di bello tra voi del sesto anno? >>.
 
La ragazza, compassata, finì di masticare il boccone che aveva in bocca e lo accompagnò con un sorso di tè caldo. Faceva colazione con loro, al mattino, ormai da quasi un mese ed era stata sorprendente la velocità e la naturalezza con cui si era introdotta in quella routine.
 
<< Niente che non si dica anche tra quelli del settimo. Avete notato che Benjamin non sta mangiando nulla a colazione? >>.
 
Podmore alzò lo sguardo per puntarlo al tavolo dei Serpeverde mentre Dearborn voltò la testa per osservare il ragazzo in lontananza. Fenwick alzò lo sguardo dal piatto semivuoto su cui stava rimestando un pezzo di bacon con la forchetta, li osservò guardarlo incuriositi e si infilò di prepotenza in bocca il bacon, come per metterli a tacere, roteando gli occhi. Poi tornò a farsi gli affari propri.
 
<<  Non avrà fame >> mormorò Dearborn tornando a fissarsi sul proprio piatto. Tagliò una salsiccia con l’ausilio del coltello e se ne portò un pezzo alla bocca, tornando ciarliero << Avete assaggiato queste salsiccie? Sono così buone! >>.
 
Sturgis spostò lo sguardo da Benjamin per puntarlo su Caradoc, schifato.
 
<< Non è solo oggi >> disse invece Dorcas, bevendo gli ultimi sorsi di tè << Sono giorni che non mangia nulla a colazione >>.
 
Dearborn fece spallucce guardandola alzarsi. La vide rivolgere un’ultima occhiata perplessa al tavolo dei Serpeverde e poi prendere la borsa. Si congedò con un cenno gentile del capo, dirigendosi a passo svelto verso la porta della sala.
 
Podmore uscì finalmente dal proprio solito mutismo pre-colazione. Aveva sempre avuto bisogno di un paio di uova e qualche salsiccia per carburare abbastanza da sostenere un’intera conversazione.
 
<< Sono contento che la Meadowes si stia sciogliendo un po’ >>.
 
<< Offre interessanti spunti di conversazione, in effetti >> annuì Caradoc << Ho pensato che potremmo dire a lei e a Fenwick di unirsi a noi per la festa di compleanno di Ed >>.
 
Sturgis inghiottì il boccone quasi strozzandosi per trattenere una risata.
 
<< Non vedo l’ora di vedere Benjamin alle prese con un mucchio di ex Tassorosso ed ex Grifondoro. Quando è con tutti noi ha sempre quell’espressione così... come se gli costasse fatica e dolore fisico non appenderci tutti al muro >>.
 
Questa volta la risata soffocata fu quella dell’amico.
 
<< Comunque Dorcas ha ragione, non ha mangiato praticamente niente >> continuò Sturgis aggiustandosi la tracolla della borsa sulla spalla e alzandosi dalla panca << Andiamo a lezione? >>.
 
Caradoc inforcò l’ennesimo pezzo di salsiccia e se lo infilò in bocca.
 
<< Ho ancora un po’ fame >> si scusò roteando la forchetta vuota e deglutendo il boccone << Precedimi, ti dispiace? >>.
 
 
***
 
 
Benjamin guardò Sturgis, in piedi vicino al tavolo di Corvonero, rivolgere un’occhiata scettica a Dearborn e poi dirigersi verso la porta della sala continuando ogni due o tre passi a voltare la testa per lanciare occhiate stranite al ragazzo ancora seduto.
 
Appena la sagoma di Podmore scomparve oltre la porta Caradoc Dearborn lasciò andare la forchetta con un gemito talmente forte da poter essere udito anche dal tavolo dei Serpeverde. Benjamin, dal canto suo, bevve un ultimo sorso di tè. Si alzò, si sistemò lo spallaccio della borsa con attenzione e poi circumnavigò il lungo tavolo di Serpeverde così da ritrovarsi, per poter uscire dalla stanza, a dover passare alle spalle di Dearborn.
 
Il Corvonero aveva il volto sofferente mentre allontanava da sé il piatto ancora ricolmo di cibo con uno sguardo dolente.
 
<< Ti sentirai male, un giorno di questi >> borbottò raggiungendolo alle spalle, e fermandosi ad aggiustarsi con finti movimenti distratti la cravatta.
 
Dearborn gli rivolse uno sguardo pigro.
 
<< La Meadowes si è accorta che non stai mangiando nulla >>.
 
Benjamin fece spallucce.
 
<< Mi sarei sorpreso del contrario, mi inventerò qualcosa. Tu invece mangi come uno struzzo, complimenti >>.
 
Senza dire altro, il Serpeverde staccò le mani dalla cravatta e riprese a camminare. Non uno sguardo in più, né una parola. Perfino ad un occhio attento i loro sarebbero risultati soltanto convenevoli.
 
Caradoc, dietro di lui, nascose la testa tra le braccia incrociate sul tavolo.
 
Avrebbe dovuto inventarsi qualcosa, decise, altrimenti sarebbe finito in infermeria prima o poi.
 
Non era del tutto certo ne sarebbe valsa la pena.
 
 
***
 
 
Guferia
 
Amelia Bones non era esattamente la persona più sportiva di Hogwarts e per la maggior parte del tempo la cosa non era nemmeno un problema: la cosa più simile ad uno sport che avesse mai praticato era il volo e, dai, non è che ci volessero esattamente gli addominali di ferro per reggersi in groppa ad una scopa.
 
<< Mi puoi dire per quale motivo la guferia sta in cima ad una dannata torre? I gufi non hanno mica bisogno di prendere la rincorsa per spiccare il volo>>.
 
Miranda, sua compagna di dormitorio e migliore amica, faticava dietro di lei ansimando pesantemente a causa della fatica.
 
<< Quello che ci frega è che il nostro dormitorio è nei sotterranei, quindi ogni volta è come scalare il Ben Nevis partendo dal livello del mare >>.
 
Miranda le diede una pacca sulla spalla, indicando la cima della torre ancora distante sopra di loro.
 
<< Zitta e sali, che mancano ancora tre rampe di scale >>.
 
Avrebbero davvero dovuto fare sport, altro che scacchi magici in cui non dovevi nemmeno fare lo sforzo di muovere i pezzi.
 
L’aria di fine Novembre era talmente fredda da gelare l’apparato respiratorio anche soltanto inspirando ma il cielo terso di quel giorno bastava a mettere di buon umore la maggior parte degli studenti, per troppo tempo costretti al confinamento a causa del clima della settimana precedente.
 
<< Davvero gli allenamenti di Quidditch sono ripresi? >> domandò Miranda quando arrivarono in cima alla torre; la stanza in cui erano appollaiati i gufi era grande e per tre lati circondata da finestre prive di vetrate, per permettere agli animali di entrare ed uscire a piacimento.
 
<< Valli a capire, i giocatori di Quidditch. Fossi una scopa mi rifiuterei di alzarmi in volo >> rispose Amelia avvicinandosi ad una delle finestre e guardando l’esterno.
 
Salire tanto in alto poteva anche essere una faticaccia, ma il panorama ne valeva la pena. I prati del parco di Hogwarts risplendevano sotto la pallida luce del sole autunnale di un verde acceso e gli alti Sicomori della Foresta Proibita delineavano con i loro colori autunnali il profilo dei rilievi montuosi. In fondo, ad incontrare i prati e i boschi, la macchia scura del lago nero riluceva al sole con bagliori argentei la cui limpidezza bastava a ferire gli occhi di un osservatore troppo attento.
 
<< Domani si allenano i Grifondoro, vuoi che ti accompagni ai loro allenamenti? >>.
 
La domanda di Miranda era stata gentile ma procurò ad Amelia uno scatto nervoso.
 
<< Non ho alcuna intenzione di andare a vedere i Grifondoro >>.
 
Le bruciava ancora troppo il ricordo di come l’aveva trattata Gideon davanti a tutti all’ultimo allenamento a cui era andata ad assistere. Non le aveva nemmeno chiesto scusa, poi. E da allora Kingsley sembrava sempre in imbarazzo quando lei era nelle vicinanze.
 
<< Non capirò mai questo tuo assurdo comportamento >> mormorò Miranda in risposta, senza far caso al suo nervosismo << Sembri provare piacere nel farti del male >>.
 
<< Non capisco di cosa stai parlando >>.
 
<< Io credo invece che tu lo capisca perfino troppo bene >>.
 
Ed era vero, Miranda era l’unica a sapere tutto, e non perché lei le avesse mai svelato qualcosa. La qualità più grande e meravigliosa di Miranda era la capacità di scovare l’introvabile, di capire l’incomprensibile.
 
E la discrezione, ovviamente.
 
Senza quella seconda qualità la prima l’avrebbe messa nei guai e resa antipatica a tutti.
 
Amelia si voltò dando le spalle alla finestra e guardando con calma la sua migliore amica negli occhi.
 
<< Devo lasciarlo andare >>.
 
Fu doloroso dirlo, ma anche immensamente liberatorio. Non si permetteva mai di parlarne con qualcuno che non fosse Miranda e, diamine, chi poteva saperlo che innamorarsi a sedici anni potesse fare così male?
 
Si chiese per quale motivo gli adulti prendessero in giro la profondità dei sentimenti degli adolescenti. Non c’era proprio niente da ridere in quello che sentiva.
 
<< Oppure puoi dirglielo >> fece spallucce Miranda. Si azzittì un secondo e poi scosse il capo << Quello che non puoi fare è continuare su questa strada. Melia, dici di sapere che tra di voi non può esserci nulla, dici di esserti rassegnata, ma non ti rassegnerai mai se continuerai a sperare >>.
 
Ogni dannata parola faceva male, e lo faceva perché in fondo era la verità. Lei lo sapeva.
 
<< Quindi smetto di sperare? >>.
 
Lo disse con la voce ridotta a un filo. Non voleva fare la figura della frignona, davvero, ma non poté impedire ai suoi occhi di diventare lucidi.
 
<< Melia, cosa…? >>.
 
<< Sono una stupida >> scoppiò in singhiozzi all’improvviso. Si coprì il volto con le mani per attutirne il rumore e nascondere quelle lacrime infami alla vista, ma presto sentì le gelide punte delle dita di Mirando intrufolarsi tra le sue per liberarle il viso. La ragazza le asciugò le lacrime con uno sguardo dispiaciuto ma dolce sul volto e poi le passò le braccia attorno alle spalle, per attirarla in un lungo abbraccio con tanto di dondolio sul posto.
 
<< Paul non mi ha più risposto >> singhiozzò Amelia tirando sonoramente su col naso e nascondendo il volto nell’incavo del collo dell’amica << Gli ho scritto una settimana fa e non mi ha più risposto e non so come mai. Hestia adesso parla sempre di Dorcas e alla fine dell’ultima partita di Quidditch di Grifondoro Kingsley e Olave tubavano come piccioncini. E poi c’è quel dannato Club dei Duellanti, sono tutti iscritti lì e quando non sono impegnati fisicamente non fanno altro che parlarne. E Gideon quando siamo tutti insieme fa sempre queste battutine orribili, tanto lo so che ormai Kingsley lo ha capito e chissà quanto mi prendono in giro tutti insieme >>.
 
 
***
 
 
Quando la maggior parte degli studenti guardava Amelia Bones, sempre sorridente e allegra e vivace, vedeva una ragazza ottimista sempre con il sorriso sulle labbra che non se la prendeva mai con nessuno e stava in pace anche con se stessa.
 
Andava d’accordo con il più sbruffone dei Grifondoro come con il più saputello dei Corvonero, con il Prefetto di Tassorosso come con Cinthia la vipera di Serpeverde. Non si negava mai, e anche se non eccelleva in nessuna materia scolastica aveva talmente tanta voglia di mettersi alla prova e di riuscire nei suoi compiti da essersi accattivata le simpatie di tutti i professori.
 
Era una colonna all’interno di ogni struttura di cui faceva parte, ma non aveva veri e propri rapporti di salda amicizia con nessuno fuorché Miranda.
 
Amelia Bones raggiungeva a stento il metro e mezzo di statura e tuttavia nessuno sembrava mai notarlo.
 
Perfino quelle come lei avevano bisogno di cedere, di tanto in tanto.
 
<< Shacklebolt non mi sembra proprio il tipo da prendere in giro qualcuno, qualunque sia il motivo. E poi quel ragazzo ti adora >> esordì alla fine Miranda, quando Amelia smise di piangere e insieme si sedettero sul pavimento lercio della guferia. Miranda alzò la voce per sovrastare l’inizio della replica dell’amica << …e si, magari non nel modo in cui vorresti essere adorata da lui, lo so, ma è meglio di niente, no? Hestia non ti sta mettendo da parte solo perché adesso ha conosciuto Dorcas Meadowes. Certo, studiano insieme molte volte, ma spesso sei anche tu con loro e non mi pare che prima della Meadowes vi vedeste di più. Sei frustrata dalla situazione, sei nervosa e vedi solo il lato più negativo di ogni cosa. Sei umana, Melia, è normale. Sei una meravigliosa umana, tra l’altro; e se Shacklebolt preferisce tubare con la Danes che con te allora forse è davvero un idiota e noi lo avevamo sopravvalutato >>.
 
<< Oh, ti prego, non attaccare con la solfa del “se non ha notato quanto sei meravigliosa allora non ti merita”, è così banale >>.
 
Miranda le rivolse un lungo sguardo offeso.
 
<< Non è banale, è semplice. E vero, profondamente vero: chi non si prende il disturbo di conoscerti in profondità non merita nemmeno un tuo sorriso, figurati se merita una tua lacrima. Tu sei una persona meravigliosa, Meli. E per quel che riguarda Vance, non ho intenzione di esprimermi >>.
 
Amelia Bones a Hogwarts occupava uno spazio tutto suo, vicino a tutti ma insieme a nessuno.
 
Doveva essere frustrante essere lei.
 
 
***
 
 
Torre di Corvonero, Sala Comune
 
Caradoc alzò gli occhi su Hestia, rannicchiata a leggere un libro nella poltrona accanto alla sua.
 
Il pallido sole invernale, in quel tardo pomeriggio di inizio dicembre, attraverso le grandi vetrate della Sala Comune di Corvonero disegnava il profilo della ragazza con delicati riflessi d’oro. A volte, quando la vedeva così, Caradoc riusciva quasi a capire l’amore folle e totale che sembrava muovere ogni azione del proprio migliore amico.
 
<< Non capirò mai come tu faccia a concentrarti sulla lettura in quella posa scomoda >> la canzonò chiudendo il libro di pozioni che aveva tra le mani e accarezzandone la copertina con il palmo destro.
 
La ragazza distolse l’attenzione dal libro, puntando lo sguardo in quello di Caradoc, e diede in un lieve sorriso divertito.
 
<< Se io dovessi fare una lista di tutte le cose di te che non capisco, non so nemmeno se finirei in tempo per l’inizio delle lezioni di domani mattina >>.
 
<< Esagerata >>.
 
Il libro a cui la ragazza si stava dedicando non doveva essere molto entusiasmante poiché normalmente, quando Hestia leggeva, non permetteva a nessuno di interromperla. Quando Caradoc replicò, invece, chiuse il libro e lo mise da parte, in bilico su uno dei braccioli della poltrona.
 
<< Mutare forma ma non sostanza >> lesse Caradoc ad alta voce, inclinando la testa per seguire l’andamento del titolo << Non sapevo ti interessasse questa branca della magia >>.
 
La ragazza arricciò le labbra.
 
<< Non credo che mi interesserà mai, infatti. Ma non c’è niente di male nel tenersi informati, giusto? >>.
 
Caradoc scrollò le spalle, mettendo anch’egli il proprio libro da parte e rivolgendo uno sguardo alle grandi vetrate d’innanzi a se.
 
<< È bello che sia tornato ancora un po’ il sole in questi giorni. Dopo il clima della settimana scorsa mi ero quasi rassegnato a passare tutto il tempo prima delle vacanze di Natale all’interno del castello >>.
 
Il forte vento della settimana precedente, infatti, aveva lasciato spazio ad un chiaro cielo sereno e ad un pallido e freddo sole, più unico che raro generalmente nell’autunno scozzese.
 
<< Quindi era questo che ti era preso nei giorni scorsi? >>.
 
La ragazza, che aveva posto la domanda con disinvoltura, si vide riservare in risposta una lunga occhiata incolore.
 
<< Che c’è? >> domandò quindi con un sorrisetto << Non vorrai mica dirmi che mi sono immaginata tutto! Non sono stata l’unica a notarlo, comunque. Sembra che l’aver dovuto passare una settimana al chiuso ti abbia un po’ abbacchiato >>.
 
<< Abbacchiato >> ripeté Caradoc scettico.
 
<< Si, sai… gli altri hanno pensato che fosse per il Quidditch, e un po’ l’ho pensato anche io, se devo essere sincera. Ma nella scorsa settimana gli allenamenti erano sospesi, e tu eri truce più che mai. E adesso, che gli allenamenti sono ripresi regolarmente da tre giorni, sei tranquillo. Quindi, non è il Quidditch >>.
 
<< Però, mai pensato di fare l’Auror? >>.
 
Hestia arricciò le labbra in una smorfia divertita.
 
<< Preferisco la carriera diplomatica. Sai, ho all’attivo anni di mediazione tra te e Sturgis >>.
 
Caradoc ridacchiò, poi inaspettatamente riprese l’argomento.
 
<< Quindi secondo te cosa ho? >>.
 
Hestia Jones si raddrizzò sulla poltrona per osservarlo meglio.
 
Si vantava di conoscere bene i suoi amici, e Caradoc più di chiunque tra di loro –insomma, per quanto uno come Dearborn potesse essere conosciuto-. In quegli anni aveva imparato che girare intorno ad un argomento con Caradoc non serviva a niente: se voleva parlartene, lo faceva spontaneamente. Se non lo faceva, a nulla servivano i raggiri, le torture e i musi lunghi.
 
Quando invece era lui a girare intorno alle cose, tutto era un po’ più complicato. I suoi sacri segreti finivano sempre per trascinarlo in infermeria, oppure sull’orlo di una grandissima crisi di nervi che prima o poi sarebbe scoppiata mandandolo in pezzi.
 
<< Non sono ancora giunta ad una conclusione soddisfacente >> mormorò alzandosi dalla poltrona e dirigendosi verso le vetrate. Da lì guardò fuori, il profilo delle montagne e gli alberi in parte spogli. << Quello che ho capito fino ad ora è che, qualunque cosa sia, accade al mattino >>.
 
<< Ma davvero? >>.
 
<< Si, davvero. A colazione sei entusiasta e pimpante come un bambino la mattina di Natale, poi via via che il giorno passa diventi sempre più distratto e a volte irascibile. Fino ad arrivare alla sera, in cui sembri quasi febbrile… come se aspettassi con ansia qualcosa >>.
 
Caradoc durante tutto il discorso aveva arricciato la fronte.
 
<< Sei davvero sveglia >>.
 
<< Cosa sarebbe quel tono stupito? >> si finse offesa buttando la cosa sul ridere.
 
Poi si accorse che Caradoc non stava ridendo affatto. Guardava con occhi chiari e limpidi le vetrate che davano sulle montagne, la linea del collo dritta a mantenere la testa alta e le labbra piene distese in una morbida curva. Stava sorridendo, ma non a lei. Né al loro discorso.
 
Alla fine si schiarì la voce, Hestia, capendo di aver perso totalmente l’attenzione dell’amico da un pezzo.
 
<>
 
Dearborn si voltò verso di lei dopo qualche attimo ancora. Il sorriso si ingentilì e gli occhi attenti trovarono il suo sguardo.
 
<< Dimmi >>.
 
<< Mi prometti che starai attento a non farti male? >>.
 
Questa volta il ragazzo parve stupito da una tale domanda.
 
<< Perché pensi che potrei farmi male? >>.
 
Domanda legittima, quella.
 
Tra tutti i loro amici, lei era sicuramente quella che aveva più affinità con Caradoc Dearborn.
 
In primo luogo, erano amici da più tempo di tutti gli altri –la qual cosa doveva pur contare, in fondo-. Secondo punto, Hestia Jones da che mondo era mondo aveva nel loro piccolo gruppo il ruolo di diario segreto e saper comprendere le persone era un po’ la sua qualità. Infine, la loro amicizia non era nata da un momento di complicità, come quella tra Caradoc e Sturgis, né dalla familiarità con cui si erano avvicinati i Prewett, a forza di frequentarli per vie trasverse. No. Hestia Jones e Caradoc Dearborn si erano seduti vicini alla prima lezione di Incantesimi e da quel tavolo, per così dire, non si erano mai più alzati. Non lo avevano fatto in sei anni, e non lo avrebbero fatto in tutta la vita che restava loro. Perché trovarsi in quel modo è un debito che non si finisce mai di ripagare.
 
<< Perché non ti ho mai visto così. Un po’ mi spaventa, questo. Ma se sei felice anche io lo sono con te >>.
 
La lunga occhiata che si sentì riservare la fece sentire fortemente studiata. Caradoc non sorrideva più, e sembrava pensare a qualcosa in modo molto intenso.
 
<< Un giorno ne riparleremo >>.
 
Detta in quel modo aveva tutta l’aria d’un’amara previsione.
 
 
 
 
 
 
 
NOTE:
 
Direi che la cosa della scadenza ha funzionato più o meno a dovere, quindi proviamo a mantenerla. Il capitolo è un po’ corto rispetto ai precedenti, lo so, e avrebbe compreso un altro breve paragrafo… ma ho sentito che in realtà sarebbe stato come forzarlo, quindi ho preferito traslare l’ultimo paragrafo al capitolo successivo, che uscirà entro il 19 novembre. Avrei dovuto pubblicare ieri ma è morto internet a casa nostra, quindi niente.
Buona lettura a presto,
Hir.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Hiraedd