Twenty
years
Nadia
Salvatore ha 15 anni, occhi scuri come la madre,
stessa chioma selvaggia ma il cipiglio dello sguardo e il carattere riservato è
tipico del padre.
Sente
il peso del divorzio dei suoi genitori e per quanto suo padre si impegni, non riesce a proprio a sopperire alle mancanze
materne.
Le
ha allestito una stanza molto carina e semplice nell’appartamento che ha preso
per loro due, perché Nadia ha preferito lui, e Damon non può che esserne
contento, ma allo stesso tempo sente di aver fallito come marito.
Non
è stato capace di far funzionare le cose, di tirare fuori l’istinto materno che
anche in una come Kathrine era convinto ci fosse, e ora a 45
anni, Damon ha smesso di lottare per un amore consumato troppo presto, per una
donna che non ne vuol sapere, per una felicità rattoppata.
Ma
vuole provare a trovare un po’ di serenità nel nuovo appartamento di New York
dove si è trasferito con Nadia.
Ha
iniziato il nuovo liceo, nuovi amici, nuovi volti,
nessuno che conosca la loro storia, i loro tormenti.
È
stata dura, i primi tempi, e lui non aveva voglia di socializzare un po’ come
sua figlia ma alla fine lei c’è riuscita e dopo i primi mesi di
incertezze si è fatta qualche amica e, a giudicare dal tempo che impiega
ultimamente per prepararsi prima di uscire, anche un flirt.
Non
è mai stato un padre geloso, è troppo presto per preoccuparsi di chi le
spezzerà il cuore e in ogni caso, lui interverrà spezzando qualcosa al
malcapitato.
Anche
adesso che la scruta mentre riordina la cucina e canticchia lo capisce che sta
trovando una sorta di insperata serenità, che almeno
uno di loro due ce la sta facendo.
Quando
la piccola e giovane versione della sua ex moglie esce dalla cucina, lo
raggiunge per augurargli la buona notte.
-Ah
papà ti ricordi vero…-
-Che
domani è la giornata genitori insegnanti certo tesoro-
E dopo un ampio sorriso si dirige in camera
sua.
È
agitato per questo incontro Damon, non è un tipo che ama i grandi eventi, ma
questa cosa è importante per Nadia soprattutto dato che
è nuova e desidera davvero integrarsi.
E
nell’occasione lui potrà conoscere alcune delle mamme delle sue amiche e di
quel tale -Alec- che l’ha chiamata l’altra sera e lui
senza volere ha un po' origliato.
Deve
tutelarla sua figlia, sono affari suoi anche le telefonate da lui stipendiate.
Wow,
si stupisce sempre quando pensa e parla come Stefan.
Ed
è proprio suo fratello che dovrà invitare a cena a breve, sua cognata ha già
iniziato a dare di matto da quando si sono trasferiti a New York, sono stati
tante volte a cena da loro e Nadia ha passato del tempo coi
cugini che non vedeva mai.
Un
piccolo sorriso increspa il volto niveo che pare non risentire per niente gli
anni che passano, se non fosse per l'accenno di fili argentei mescolati con la
pece dei capelli.
***
1995
New
York.
Stefan
ha invitato lei e Caroline alla festa per il suo compleanno, ed Elena non
vedeva l’ora di indossare il suo nuovo vestito a fiori per l’occasione.
Lei
e Care hanno passato l’intero pomeriggio dopo scuola a girare per negozi, hanno
15 anni e questo evento è un momento importante per la
loro vita sociale.
Chiude
la borsetta nera di vernice e si volta per controllare i capelli.
Ha
dovuto sorbirsi le lamentele di suo padre per la bolletta del telefono a causa
delle lunghe telefonate con l’amica e per poco non ci rimetteva la libera
uscita per la festa, ma i genitori non capiscono quanto sia decisivo parlare di
quello che sta succedendo nella nuova stagione di Beverly Hills per non parlare
dell’invito di Matt a prendere insieme un frappè.
Sospira
lisciandosi le pieghe dell’abito e finalmente quando il campanello suona può dirigersi alla tanto sospirata festa.
***
Present
day
È
una giornata uggiosa, di quelle di ottobre quando l’autunno litiga con gli
ultimi battiti di calore estivo per subentrare definitivamente come stagione
dominante; le prime piogge, il primo umido a tratti freddo che ti penetra le
ossa a ricordarti che è finito il tempo dell’estate.
Elena
si scrolla di dosso le gocce fastidiose adagiate sul suo trench blu e slaccia i
bottoni di metallo mentre ripone l’ombrello nell’apposito
contenitore all’ingresso.
Ogni
volta che iniziano periodi di pioggia incessante –è
una settimana ormai – pensa sempre che non può piovere per sempre e le torna la
voglia di riguardarsi uno dei suoi film dell’adolescenza.
Un
vociferio generale si staglia tra i lunghi corridoi, ritornati a lei ormai
familiari nonostante negli
anni siano cambiati dalla prima volta che li ha varcati.
Le
squilla d’improvviso l’IPhone che cerca
frettolosamente nella sua Vuitton, regalo di suo marito per il primo
anniversario di matrimonio.
Sul
display lampeggia la faccia scocciata del maggiore dei suoi due figli,
evidentemente intento a protestare per il desiderio materno di scattargli una
foto.
-Ehi
tesoro-
-Mamma dove sei?-
-Arrivata,
non ti preoccupare-
-No non mi preoccupo solo che...ecco-
-Oh
non ti fidi proprio di tua madre!-
-Esatto-
-Ti
ho promesso che non indagherò e non lo farò-
Elena
ridacchia contro lo schermo mentre il tacco dodici dello stiletto nero di pelle
batte piccoli colpi sul pavimento liscio. Intorno a lei altri genitori si
stanno dirigendo nella palestra dove è stata allestita,
come ogni anno, la giornata genitori insegnanti di metà semestre.
Ha
promesso a suo figlio Alec di non indagare riguardo alla ragazzina con cui si
sente spesso, lo ha beccato l’altro giorno per sbaglio
mentre se ne stava tranquilla a piegare il bucato e lui credeva che non ci
fosse nessuno in casa.
Ed
è curiosa Elena, di sapere chi sia la ragazzina che ha regalato un sorriso a
suo figlio, di recente scontroso e risentito con lei.
Non
è un periodo facile per la sua famiglia e lei alle volte, la sera, si trova
stanca di fingere che vada tutto bene, che non ci siano problemi.
Che
sia tutto sereno come un tempo.
Ma
Elena ha smesso ormai di essere una ragazzina sognante che crede nel grande
amore.
Ha
40 anni e per quanto il tempo l’abbia resa ancor più
bella, con quelle piccole rughe d’espressione un po' più marcate, lo sguardo
più intenso e l’aria adulta, dentro si sente più vecchia.
Saluta
alcuni genitori, le mamme del comitato scolastico che come sempre la implorano
di tornare a farne parte, e vari professori che come lei sono diretti in
palestra.
È
sempre la stessa scuola infondo, e tutte le volte che ci torna è come riportata
agli anni della sua adolescenza, dei poster di Bon Jovi appesi nell’armadietto,
del suo cerca-persone comprato coi primi risparmi e
che le fu confiscato dal preside - tutta colpa di lui ovviamente che in poco tempo l’aveva trasformata in una
bugiarda e svogliata studentessa - e del diario condiviso da lei Care e Bonnie,
che a ruota conservavano nei rispettivi armadietti.
Adesso
sono tutte cresciute, Bonnie gira il mondo e loro due hanno messo su famiglia.
Si
toglie il trench e appoggia la borsa con sopra la giacca sugli spalti della
palestra, accanto a quelle delle sue amiche mamme.
I
figli di Caroline sono più piccoli, lei è stata la prima a sposarsi, la prima
ad avere figli, la prima ad invecchiare.
La
prima in tutto.
Anche
nel farsi spezzare il cuore.
Sospira
legandosi i capelli gonfi per l’umido in uno chignon composto, scoprendo il
collo e i punti luce alle sue orecchie.
Cerca
con lo sguardo suo figlio che lo vede giungere da lei.
-Ehi-
-Ciao
mamma-
-Come
è andata? Vedo come sempre che hanno fatto un grande allestimento...tu hai pensato a montare?-
-Sì
il preside ci ha obbligati a collaborare-
-Beh
certe cose non cambiano mai-
Sistema
il ciuffo castano chiaro di suo figlio che si ritrae, non ama essere
tocchicciato dalla mamma in pubblico.
-Eddai mamma-
-Va
bene, va bene-
-Senti
il Prof Saltzman ti vuole parlare-
Elena
cruccia lo sguardo in segno di rimprovero.
Suo
figlio è uno studente modello, come suo padre d’altronde, che può avere
combinato? E Ric l’avrebbe chiamata se ci fossero stati problemi.
-Ok-
Lui
la saluta appena scorge il gruppetto di amici e li raggiunge.
A
quel punto Elena cerca Ric nella folla e fa per raggiungerlo mentre il telefono
vibra nella tasca dei suoi jeans.
Un
messaggio di Caroline: perdonami, perdonami, perdonami.
***
1995
-Perdonami
il ritardo fratellino, ma sai com’è sono un ragazzo
impegnato-
Chiodo
nero e sguardo indispettito, Damon da una pacca sulla spalla a suo fratello che
oggi compie 16 anni. Ha fatto le corse per arrivare in
tempo, tra la lezione, la litigata furiosa con Kathrine e la sbronza della sera
prima non era proprio in forma.
E
non impazziva nemmeno all’idea di passare un intero pomeriggio in mezzo a dei
liceali che non sanno nemmeno accendersi una sigaretta e ascoltano musica pop.
Ma per Stefan è stato disposto a
sopportare ragazzine urlanti che si scambiano audiocassette e parlano dei loro
idoli.
Butta
giù un bicchiere dell’unico alcolico presente -rubato dalla riserva paterna
dato che ci sono solo bibite analcoliche- e si dirige in sala
dove gli ospiti stanno festeggiando.
Se
ne sta lì, sullo stipite dell’arco che divide il corridoio dal soggiorno a
scrutare i presenti con fare annoiato e guarda l’orologio per decidere quanto
tempo ancora restare.
Magari
il tempo di buttare giù un altro bicchiere e così si volta per dirigersi verso
lo studio di suo padre, ma la mossa brusca non gli ha permesso di intercettare
una malcapitata ragazzina che colpisce in pieno.
***
Present
day
Nadia
fissa il cellulare.
Suo
padre è in ritardo, come al solito.
Sa
che non lo fa di proposito, ma lo fa. Si gira il telefono tra le mani e ogni
tanto sorride alle due ragazze con cui ha legato, ancora non è totalmente parte
del gruppo e finisce per assentarsi coi pensieri
quando loro si lanciano in riferimenti a fatti o persone a lei estranei.
Ma
un sorriso incontrollato esplode sul suo volto di bambola quando scorge due caldi occhi azzurri sotto una massa castana scomposta.
Alec
sta parlando coi suoi amici e il suo giovane cuore fa
le capriole quando sposta l’attenzione su di lei.
Sa
che effetto fa al ragazzo, sa di essere molto bella
Nadia.
Se
c’è una cosa di cui deve essere grata ad entrambi i
suoi genitori è di averle trasmesso tutti i loro geni migliori, non che
esteticamente ne abbiamo qualcuno fuori posto, anzi.
La
stronzaggine di sua madre è direttamente proporzionale alla sua bellezza, non
per nulla sta ancora tentando di sfondare in televisione.
Sospira
timida quando lo vede prendere la sua direzione e arrossisce al pensiero di
parlarci.
Ma
in quel momento, alle spalle del ragazzo, vede entrare due occhi meno caldi ma
altrettanto teneri.
Quelli
artici di suo padre.
***
Elena
saluta Ric ormai invecchiato e affaticato, ma sempre contento del suo compito
di insegnare storia in un liceo.
-Ehi,
Alec mi ha detto che mi cercavi-
Era
un giovane neolaureato quando entrò la prima volta in quella scuola e tra i
suoi alunni c’era proprio lei, la piccola Elena Gilbert.
È
stato quasi un padre, uno zio, un fratello maggiore anche perché molto legato a
Stefan e di conseguenza lei aveva imparato a conoscerlo anche fuori dalle mura
scolastiche.
-Sì
io ecco-
Le
sfiora gentilmente un braccio per spostarla da un gruppetto di mamme curiose e
assume quella sua faccia da "mi scordato di dirti
una cosa."
Sta
iniziando ad agitarsi, ha scritto di sfuggita a Caroline che ancora non le ha
risposto.
-Si
tratta di Alec?-
-Come? No lui è bravissimo-
-Credo
si veda con qualcun... Tu lo sai!-
Lo
sguardo azzurro si contrae in una smorfia imbarazzata.
-Dai
dimmi chi è...giuro che non gli dico che sei stato
tu... E’ lei?-
Elena
indica la ragazzina verso cui sta andando suo figlio e per un attimo ha una
sensazione di déjà-vu, assomiglia terribilmente a qualcuno.
Ma
il suo cervello non sa proprio ricondurre quel volto ad
un nome, deve essere nuova perché non l’ha mai vista prima.
-Elena-
Ric
richiama la sua attenzione.
-C’è
una cosa che non ti ho detto e-
Gli
occhi scuri lo guardano in attesa, ma d’improvviso l’attenzione di Ric vola
oltre Elena che d’istinto segue la direzione di lui
girandosi verso l’ingresso della palestra.
***
1995
-Maledizione!-
-Il mio vestito nuovo!-
Gli
occhi scuri di Elena contemplano la fredda chiazza alcolica che sta impregnando
la stoffa del suo abito, l’odore pungente che non sa distinguere le stuzzica le
narici e inumidisce gli occhi.
Vuole
piangere, letteralmente.
Alza
di scatto la testa pronta a sferzare una frase acida e piena di risentimento
sull’idiota che l’ha urtata, ma si blocca per qualche secondo quando scorge due
cieli artici imbronciati.
Una
fronte crucciata contempla con amarezza la propria maglietta.
-Dannazione
ragazzina!-
-Io..-
Elena
arrossisce perché questo ragazzo bellissimo e maldestro non solo la guarda con
una freddezza che le fa paura, ma perché è molto più grande di lei e si sente
in imbarazzo.
Poi
d’un tratto la sensazione di bagnato tocca la sua pelle quando l’abito su cui
ha investito una intera paghetta si incolla addosso e
sembra riprendersi.
-Io???E tu allora??Mi sei venuto addosso! Mi hai macchiato il
vestito!-
Chiude
le mani a pugno con le braccia rigide lungo il corpo, pronta a scattare per
morderlo.
Damon
adesso la guarda con attenzione per la prima volta.
La
piccola ragazzina ha due occhi grandi e marroni che
adesso stanno letteralmente lanciato fiamme d’ira verso di lui, le labbra piene
e messe in evidenza da un rossetto color pesca nel tentativo di farla sembrare
-inutilmente-più grande curvate in un broncio e scendendo con lo sguardo
lentamente su questo famoso abito per cui si lamenta, trova uno scollo timido
che a fatica nasconde il giovane seno pieno ed infine la stoffa umida
appicciata alla pancia.
Elena
non sa perché arrossisce di colpo, quando quegli occhi di un azzurro mai visto
la percorro e tornano su di lei. Sente le guance avvamparle non sa se per l’imbarazzo
o per la rabbia.
-Dovresti
guardare dove vai-
-Sei
tu che ti sei girato di scatto-
-E
tu dove li puntavi quegli occhioni da cerbiatto?-
-Cos…io...come ti permetti!-
E
Damon non sa come, ma sente un piccolo e sconosciuto sorriso increspargli le
labbra e questa volta non si tratta di sarcasmo, ma
...tenerezza?
Gli
occhi della ragazzina sono furenti e lucidi, si domanda se si metterà a
piangere.
In effetti è zuppa di bourbon e puzza più di
suo padre nei momenti peggiori.
E
non sa perché improvvisamente, per la prima vota, abbia l’istinto di prendersi
cura di qualcuno, di tentare di rimediare a un suo pasticcio.
-Andiamo-
-Cosa?-
-Vuoi
passare la festa puzzando come un barbone sbronzo?-
-Certo
che no ma come-
Damon
afferra un polso di Elena, completamente avvolto da braccialetti a cerchio di
vari colori e la tira dietro a se.
E
la ragazzina non sa perché non riesca ad opporsi a
quel tocco che le brucia la pelle.
E
il suo stomaco fa le capriole.
Si
lascia condurre lungo il corridoio fino
a che non arrivano in una camera.
-Ma
non possiamo-
-E’
camera mia-
Lei
lo guarda perplessa. Che sia Damon, il fratello maggiore di Stefan?
Lui
le lascia il polso e chiude la porta alle sue spalle, Elena si trova a
trattenere il fiato quando il braccio e il corpo del ragazzo la circondano per
raggiungere la porta e chiuderla.
L’odore
amaro del liquore si mischia con quello fresco del ragazzo.
Lentamente alza gli occhi su di lui per
osservarlo meglio mentre si avvia verso l’armadio.
Lo
vede aprire gli sportelli e frugare in cerca di qualcosa, prende
due maglie e si volta.
-Metti
questa-
Elena,
ancora piantata dove lui l’ha lasciata, osserva la maglia che Damon posa sul
letto, il suo letto e non sa perché la mente vola a pensieri che prima d’ora
non l’avevano mai sfiorata, le guance si imporporano,
la pelle si scalda e qualcosa dentro di lei si accende.
Gli
occhi scuri bruciano febbrili ora che lui si sfila il
giubbotto di pelle e poi la maglia.
E
un respiro mal trattenuto le strozza letteralmente la gola, mentre di contro a lui scappa un sorriso quando la becca distogliere lo
sguardo imbarazzata.
Quando
si è messo la maglia pulita afferra l’altra e si avvicina
alla ragazzina.
-Lì
c’è il bagno, vai pure a cambiarti-
Glielo
sussurra ed Elena per la prima volta fa caso al timbro roco e sommesso della
sua voce e pensa che non abbia mai sentito una voce così bella.
-Ma
è corta!-
-Perché
il tuo vestitino a fiori come lo definiresti?-
Le
lancia uno sguardo eloquente mentre una guancia viene
solcata da una fossetta impertinente e lei si trova a sbuffare risentita.
Afferra
la maglietta dalla sua mano e si dirige nel bagno.
Ed
è quando il tessuto morbido e profumato aderisce sulla pelle che Elena capisce
che questo odore non se lo scorderà mai.
***
Present
day
Damon
percorrere in fretta i corridoio della scuola dove è
cresciuto e che non rivedeva dai tempi del diploma di suo fratello, troppi anni
prima.
Ed
è dolce amaro il sapore dei ricordi di quei giorni, non ha solo quelli dei suoi
anni di liceo, ma anche di quelli di una ragazzina i cui occhi aveva relegato da qualche parte dentro di se e ora di colpo
ritornato prepotenti.
Ricorda
la loro ultima litigata, ricorda il suo schiaffo, le
sue lacrime, la sua risata.
Il
loro ballo, i loro baci.
Scuote
la testa provando a tornare il sicuro e pacato 45enne
invece del ragazzo scapestrato che era a 20 anni.
Tira
un profondo respiro e guarda l’orologio, Nadia sarà furiosa.
Arriva
nella palestra molto più moderna di quanto ricordasse e allestita per l’occasione.
Deve
respirare perché tutt'a quella gente lo rende fobico e con lo sguardo cerca le
uniche due persone che conosce, sua figlia e suo zio.
Intravede
la folta chioma di sua figlia che parla con un ragazzo, magari è quel tale Alec
non vede l’ora di fare il padre protettivo. Si sistema la giacca di stoffa, sua
figlia gli ha proibito di presentarsi col look da bad boy e di fare il padre
serio.
Con
una mano si scrolla le gocce di pioggia incastrate tra
i capelli brizzolati, se c’è una cosa che non gli mancava di New York erano i
periodi di pioggia incessante, che adesso hanno un gusto amaro.
Ma
tutta la sua sicurezza, la sua determinazione si infrangono
contro due occhi poco più dietro sua figlia.
Due
occhi che dopo vent’anni non pensava di rivedere più.
Elena.
Damon.
Elena
resta immobile, con le labbra schiuse, il respiro che non riesce a funzionare,
le gambe molli come a 15 anni in quel maledetto
pomeriggio in cui si sono conosciuti e d’un tratto non è più la donna matura
che ha fatto pace coi fantasmi del passato.
Tutte
le certezze, i passi che ha fatto, la convinzione di
aver perdonato e accettato.
Di
non odiarlo più per le mille notti in lacrime, per il senso di tradimento, per
quelle righe scritte dietro al biglietto del concerto di Madonna del '97 che le
aveva regalato per i suoi 17 anni a fine giugno.
E
Damon odiava Madonna, ma per lei si era abbassato con vergogna a comprare quei
biglietti solo per guadagnare il sorriso di lei nel
momento in cui glieli aveva dati.
Aveva
sopportato le folle urlanti di ragazzine che intonavano Vogue, aveva sopportato la fila, le fan esaltate.
Tutto
questo per rubarle un ti amo sotto la pioggia quando alla fine di tutto era
sceso il diluvio e loro due, invece di scappare come
tutti a cercare riparo, erano rimasti in mezzo al prato a baciarsi.
In
compenso era riuscito ad evitare Titanic
e lei si era limitata a guardarselo con Caroline almeno cinque volte.
Ed
Elena non ricorda un periodo più felice e pieno di quello.
Tutto
di lui è stato conservato in una scatola che Elena non apre da quando ce lo ha chiuso dentro, ma non ha mai avuto il coraggio di
buttare niente.
Neanche
la maglietta nera che le aveva prestato quel giorno e che non gli aveva più restituito.
***
1995
Elena
ha dovuto spiegare il suo bizzarro abbigliamento e non ha fatto che cercare
Damon nella folla.
Dopo
essersi cambiata lui aveva preso il suo vestitino
zuppo d’alcool con la promessa di farglielo trovare pulito prima che la festa fosse
finita.
-Non
temere ragazzina-
-Mi
chiamo Elena-
Lui aveva sorriso complice.
-Bene
Elena torna pure a divertirti ci penso io-
E
così ha atteso non sa nemmeno cosa fin quando la casa non si è svuotata e lei
non è entrata nella stanza di Damon furtivamente qualche ora dopo, trovando con
stupore il suo vestito avvolto nel telo della lavanderia.
Appeso
c’era pure un biglietto che lei non butterà mai.
"Non
ho mai fatto il bucato per nessuno, vedi di non scordarlo Elena. D"
E
dopo aver arrossito violentemente Elena si è guardata
intorno cercando un pezzetto di carta su cui scrivere la sua risposta.
"Mandami
pure il conto, non vorrei avere debiti con un Salvatore."
Lasciandogli
il suo numero del cerca-persone.
Si
morde il labbro incerta di quella mossa azzardatissima
che le avrebbe cambiato la vita.
Eppure
era solo un numero, lasciato con l’ingenua speranza di
non sapeva bene cosa.
Si
era cambiata e aveva tenuto quella maglietta senza restituirgliela mai più.
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Ciao
a tutte!!!
Lo
so lo so che sono indietro con l’altra mia storia, ma in una settimana non so
come ho partorito questo strano esperimento, in modo tra l’altro talmente
veloce che l’ho quasi finita per questo consterà di
pochi capitoli!!!
Abbiamo
un Damon ed Elena versione 40, adulti, maturi con
figli adolescenti, che si ritrovano dopo ben vent’anni.
Attraverso
piccoli flashback racconto alcuni momenti salienti della loro storia, di quando
erano ragazzini e di come le cose siano andate male.
Spero
che si capiscano i vari salti temporali e mi perdonerete se ho toppato su
qualche anacronismo o fatti del passato, ma nel ’95 ero piccola quindi non ho
idea di come vivessero gli adolescenti all’epoca!
Attendo
i vostri commenti e vi prometto che mi metto sull’altra mia ff
in sospeso!
Baci
Eli