Era stanca.
Il suo fedele pick up si era rotto, era dovuta andare a scuola a piedi. La mattina era fredda, come sempre a Forks, il luogo delle eterne nuvole. Il paese delle piogge, la cittadina nebbiosa. Era logora. Come una vecchia coperta, usata e ormai da buttare. Un dolore sordo le pulsava in fondo al cuore impedendole di notare come la natura si stesse risvegliando, come le margherite avevano ricoperto pian piano il ciglio della strada, come un raggio di sole osava sfidare quella pesante coltre grigia e illuminare la strada.
Era spenta. Niente più la toccava, niente sembrava risvegliarla dalla sua apatia, il padre era disperato (cosa faccio, dove ho sbagliato?), le amiche la ignoravano orma. In città tutti la indicavano come Bella la ragazza di Cullen sì proprio lei, poveretta che duro colpo, andarsene così poi, che famiglia insensibile, ma io l’avevo sempre detto!
Alzò gli occhi al cielo, occhi vuoti, occhi che volevano solo una cosa: rivederlo.
Il sole le scaldò le mani, povere mani, inutili se non potevano toccarlo.
Il rumore di voci le ferì le orecchie, non sentiva la sua, l’unica che aveva un senso.
Infine la bocca assaporò l’aria finalmente primaverile. Ma era ancora inverno, nel cuore di Bella Swan.