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Autore: Papillon_    21/10/2015    4 recensioni
Kurt ha solo un sogno per l'estate, ed è partecipare a Camp Rock, un campo estivo a cui tutti ambiscono per diventare qualcuno nel mondo della musica. E' dolce, disposto a tutto, ama la sua musica.
Blaine è scontroso, un ragazzo che ha dimenticato i motivi per cui è diventato qualcuno, e che preferisce non provare nulla piuttosto che dare spiegazioni. Due mondi completamente diversi a contatto, in un campo dove essere se stessi e amare la propria musica è tutto ciò che conta davvero.
[Camp Rock!Klaine]
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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You're the missing piece I need, the song inside of me
 
Quello era l'ultimo giorno di scuola al McKinley - e l'ultimo giorno di scuola al McKinley significava per Kurt che poi, finalmente, sarebbe stato libero.
Si alzò dal letto con un enorme sorriso, preparandosi in modo lento per andare in quelle quattro mura che tanto odiava ma sforzandosi di essere impeccabile – cantando a squarciagola una canzone che aveva scritto quell'inverno, in un pomeriggio in cui non aveva saputo staccarsi da un foglio di carta e una penna tra le dita – Who will I be, it's up to me, all the never ending possibilities that I can see, there's nothing that I can't do – il cuore che vibrava perchè quello era il suo momento, e non poteva permettersi di non viverlo.
 
A colazione, suo padre lo guardava con un broncio calmo e gli occhi piccoli. Kurt stava per mangiare il secondo muffin, quando alla TV fecero passare un notizia su un importante notiziario (Hot tunes TV, uno dei programmi che Kurt più amava) che riguardava Blaine Anderson, una pop star amata in tutta l'America.
In poche parole, si era cacciato di nuovo nei guai. Kurt ridacchiò quando la giornalista alzò gli occhi al cielo, spiegando la sua ultima bravata: Blaine era scappato durante la registrazione di un pezzo insieme al suo gruppo, i "Connect three", senza dare alcuna spiegazione plausibile.
A fine notizia, Burt mormorò qualcosa di incomprensibile, prima di scrollare le spalle. "Io proprio non lo capisco quel ragazzo. Ha tutto dalla vita."
Kurt sbuffò. "Tranne un cervello funzionante...?", la buttò lì come domanda, recuperando un po' di succo e bevendo piano. Solo dopo si sentì finalmente pronto a porre a suo padre la fatidica domanda.
"Allora, hai...uhm – pensato a ciò che ti avevo chiesto su Camp Rock?"
Suo padre respirò a fondo, puntando gli occhi sul suo piatto colmo di uova. "Certo che ci ho pensato.", borbottò. "E mi dispiace da morire, figliolo, ma non vedo il modo di mandarti a Camp Rock."
Kurt aveva voglia di piangere. "...Come?"
"Ho fatto tutti i conti possibili, Kurt. Con i soldi che abbiamo da parte devo assolutamente riparare la TV, non possiamo permettercene una nuova. Non...non ci avanza molto altro per quest'estate."
Kurt si accigliò. "Ma ci sono- tutte le mance che ho tirato su facendo il baby-sitter e le lezioni di canto. Dovrebbero bastare-"
"Per coprire nemmeno la metà dei costi.", mormorò Burt affranto, passandosi una mano sulla testa pelata. "Kurt, davvero – ho cercato tutti i modi. Non ce ne sono."
Kurt perse ogni voglia che aveva quel mattino di affrontare la giornata. Era stato convinto fino all'ultimo istante che lui e suo padre avrebbero trovato il modo di racimolare dei risparmi per Camp Rock – il più prestigioso ritrovo estivo per ragazzi aspiranti musicisti. Kurt doveva assolutamente andarci – chiunque voleva avere un minimo di successo nel campo della musica partiva da Camp Rock, dalle loro parti. E poi veniva notato, e magari dopo avrebbe ottenuto un importante contratto discografico.
Dire che Kurt era a pezzi era un eufemismo.
Suo padre gli diede una sbrigativa pacca sulla spalla – Kurt sapeva che era il suo modo goffo e impacciato di fargli capire che era davvero dispiaciuto per lui. Ma Kurt era troppo triste per badare a quel gesto, e finì per alzarsi e andare a scuola di malavoglia.
 
*
 
Quando la campanella dell'ultima ora tintinnò, Kurt seguì gli altri studenti fuori dalla scuola, in un flusso continuo di persone che esultavano ed urlavano di gioia. Presto fu raggiunto da Mercedes – la sua unica amica, in quel branco di persone tutte uguali e troppo diverse da notare Kurt minimamente. Mercedes era come Kurt – emarginata, eppure con quel qualcosa in più. Gli sorrise dolcemente.
"Allora.", mormorò. "Quando parti per Camp Rock?"
Kurt si rabbuiò. "Mercy, non parto più per Camp Rock."
Se fossero stati in un video-game, gli occhi di Mercedes le sarebbero sicuramente scivolati fuori dalle orbite. "Che cosa? Puoi ripetere?"
"Niente Camp Rock.", soffiò Kurt, più triste che mai. "Nonostante le paghette e i soldi da parte io e mio padre proprio non ce la facciamo."
"Cavoli, è un vero peccato.", borbottò Mercedes. "Mi dici sempre che andare a Camp Rock sarebbe un'esperienza meravigliosa, e che chiunque speri di diventare qualcuno...", Mercedes si bloccò di colpo, notando l'espressione affranta del suo amico. "Ehy, vedrai che riuscirai ad andarci l'anno prossimo. Ne sono sicura. E sarai talmente bravo che recupererai per quest'anno."
Kurt ridacchiò a quel punto, sentendosi fortunato ad avere una persona come Mercedes al suo fianco. Le sorrise dolcemente.
"Hai voglia di accompagnarmi al Lima Bean? Comincio subito dopo pranzo, oggi."
"Certo zuccherino.", disse subito lei. "Hai voglia di sapere cosa faccio io, quest'estate?"
 
*
 
Era praticamente ora di cena quando Kurt terminò il suo turno. Corse a casa con l'unica biciletta da uomo che avevano – l'altra era quella di sua madre – e la lasciò in giardino, dove suo padre stava preparando una grigliata.
"Ehy.", mormorò lui. "Com'è andata al lavoro?"
Kurt scrollò le spalle. "Nessun topo nascosto negli angoli, oggi.", disse con un pizzico di sarcasmo. Non vedeva l'ora di cambiare posto di lavoro, a dire la verità. Il Lima Bean offriva dei buonissimi caffè, ma una volta gli era capitato di scorgere un topo gigante – non esattamente un bel vedere.
"Dai, siediti, c'è la grigliata stasera. Poi ho cotto un po' di patate con una ricetta super speciale, ti piacerà tantissimo.", disse suo padre tutto d'un fiato. Kurt apprezzava davvero il fatto che suo padre cercasse di distrarlo, ma non aveva davvero nessuna voglia di sorridere. Continuava a pensare a tutti quei ragazzi che si stavano preparando per andare a Camp Rock – ai sorrisi sui loro volti – e invece lui eccolo lì, a casa e miserabile.
Mangiarono con calma, senza mai guardarsi negli occhi. Bevuto l'ultimo sorso d'acqua, Kurt fece per alzarsi e andare in camera sua (ecco come sarebbe passata la sua estate) – quando Burt lo interruppe.
"Figliolo – volevo aspettare un po' a dirtelo, ma ho come la sensazione che tu non veda l'ora di andare in camera e piangere, e voglio evitarlo."
Kurt aggrottò la fronte e si risedette di fronte a suo padre. "Papà, cosa c'è?"
Burt sembrava più che imbarazzato. "Uhm, io...conosco una donna da un po', s-si chiama Carole. Nulla di che, giuro, solo che lei ha cominciato a parlarmi di quest'opportunità lavorativa, e- e non ho saputo dirle di no..."
"Papà?", soffiò Kurt, non capendo sinceramente dove volesse arrivare.
"Oh sì insomma, in poche parole, andrai a Camp Rock.", borbottò suo padre. "Io ci dovrò lavorare quest'estate, sarò il primo cuoco. E tu potrai frequentare a un prezzo scontato!"
Kurt non voleva crederci. Si alzò dalla sedia quasi inciampando, portandosi le dita sulla bocca. Suoni imbarazzanti abbandonarono la sua gola – tra tutti dei diversi "Stai scherzando, vero?" e "Se mi stai prendendo in giro me ne vado di casa.", ma alla fine, i due si abbracciarono.
Il sogno di Kurt si stava realizzando, e non sapeva nemmeno come fare a crederci.
 
*
 
Kurt preparò tutte le sue cose in un borsone, e fu pronto a partire in circa quattro giorni. Era domenica sera, e Camp Rock sarebbe cominciato il giorno dopo, di lunedì.
Quando il furgoncino di suo padre varcò l'entrata principale, Kurt si sentì a dir poco la persona più fortunata del pianeta: c'erano ragazzi ovunque, di diverse età ed etnia, tutti raggruppati per conoscersi o semplicemente per osservare qualcuno più intraprendente di altri che aveva cominciato a suonare o ballare. C'erano pulmini, auto singole e addirittura limousine.
Suo padre parcheggiò in un posto appartato, dedicato al personale. Scese con lui e lo aiutò a sistemare tutte le cose nella loro piccola stanza interamente di legno, respirando aria di nuovo e di estate.
"Allora, questi sono i patti.", borbottò Burt, puntandogli un dito contro. "Quando te lo chiedo vorrei che mi aiutassi in cucina. Cose semplici, ovvio, ma voglio che tu questa vacanza te la guadagni. Per il resto...", il volto di Burt si addolcì. "Voglio solo che tu ti diverta, figliolo."
Kurt gli sorrise. "Grazie, papà.", disse velocemente, abbracciandolo di slancio.
E, visto che ormai non stava più nella pelle, corse fuori dal loro Bungalow per dare un'occhiata da vicino a quel campo meraviglioso.
 
Poco prima di cena raggiunse quello che chiamavano "palco esterno". A breve si sarebbe tenuta la cerimonia di apertura, e Kurt non stava più nella pelle. C'erano un sacco di ragazzi raccolti in quella zona – alcuni stavano ballando, altri semplicemente si abbracciavano, probabilmente perchè non si vedevano dall'estate passata. Kurt sorrise a tutte le persone che incrociava, e per la prima volta da tutta una vita, la gente non lo guardava in modo strano. In qualche modo, ebbe la speranza che lì a Camp Rock le cose potessero cambiare: nessuno magari si credeva più importante o più privilegiato, come a scuola. Rimase rapito dal modo in cui un ragazzo molto alto lì accanto stava muovendo sul prato le bacchette della batteria, quando per sbaglio andò addosso ad una ragazza.
"Oh mio dio, perdonami!", disse tutto d'un fiato. La ragazza era bionda – aveva un viso tondo e occhi verdi enormi. Una smorfia indignata stava colorando il suo bel viso. "N-non ti ho visto.", balbettò Kurt, tentando di sorriderle. Lei si limitò a voltarsi.
"Ovviamente.", grugnì in tono decisamente infastidito. Kurt si sentì sprofondare. Era arrivato da meno di un'ora e poteva essere quasi certo di avere già una nemica. Fu più o meno in quel momento che i suoi occhi ne incrociarono un paio di marroni cioccolato – appartenevano a una ragazza esile e minuta, seduta sul bordo del palco.
"Tranquillo, fa così con tutti, se è quello che ti stai chiedendo.", gli disse. "Si chiama Quinn, e come immagino avrai capito crede di essere tipo la regina del campo."
A Kurt venne spontaneo fidarsi di quella ragazza e sorridere. "Uhm, ma è almeno brava?"
La ragazza-occhi-di-cioccolato sembrò sul punto di scoppiare a ridere. "Diciamo solo che è più brava a sforzarsi di essere brava.", borbottò. "Comunque sono Rachel.", gli disse lei, allungando una mano per stringergliela.
"Kurt."
"Sei nuovo, immagino."
"Sì, primo anno.", mormorò Kurt. "E tu?"
"Già il secondo.", ammise con un sorriso grande. "Scrivo canzoni e per lo più produco la musica. Tu?"
Wow, nessuno dei suoi compagni a scuola aveva mai voluto sapere quelle cose di lui. Con Rachel era sembrato tutto così naturale.
"Uh...mi piace cantare. E so suonare il pianoforte."
"Wow.", soffiò Rachel ammirata. "Vedrai che qui ti troverai benissimo."
Parlarono fitto fitto per altri cinque minuti, raccontandosi a vicenda delle rispettive scuole e di cose gli aveva spinti a venire lì. Kurt non aveva mai sentito quella sensazione con nessuno – la sensazione di poter essere libero, e parlare a qualcuno di qualsiasi cosa volesse. Gli capitava con Mercedes, certo, ma lei la conosceva da molto tempo.
A un certo punto furono costretti ad alzarsi; la direttrice di Camp Rock, Carole – Kurt ebbe la vaga idea che fosse la stessa Carole che aveva offerto il lavoro a suo padre – parlò sul palco a tutti i ragazzi, spiegando le regole principali del campus. Terminò dicendo loro della Final Jam, la competizione finale che si sarebbe tenuta la sera di chiusura dei corsi, che proclamava il vincitore di quell'estate a Camp Rock.
Kurt era molto più che emozionato. Ora che aveva conosciuto Rachel aveva la sensazione che sarebbe andato tutto per il meglio, e inoltre la notizia della Final Jam accese qualcosa di più in tutti i partecipanti. Il vincitore non avrebbe vinto soltanto un trofeo, ma in palio c'era anche un premio speciale – avrebbe potuto incidere un pezzo con il nipote della direttrice, Blaine Anderson.
Al suono di quel nome, praticamente tutti nel campus iniziarono ad esultare. Kurt un po' meno. Non ce l'aveva particolarmente con Blaine, anzi, aveva ascoltato alcune sue canzoni e quelle del suo gruppo, ed era considerato praticamente un Dio tra le ragazzine. Solo – pensava che non avesse molto cervello, tutto qui. E solitamente i ragazzi senza cervello non gli piacevano (ne vedeva già abbastanza nella sua scuola).
In ogni caso, finito il discorso di Carole, i ragazzi abbandonarono il palco esterno accompagnati da un grande entusiasmo. Si spostarono nella sala principale – quella in cui a quanto pare venivano serviti i pasti – per la conclusione della cerimonia di apertura, e Rachel lo trascinò immediatamente a conoscere altri ragazzi.
"Dunque, lui è Finn.", esordì, indicando il ragazzo altissimo che poco prima aveva incantato Kurt con le sue bacchette da batterista. Lui gli offrì un enorme sorriso. "Uhm – loro sono Mike e Jake, i ballerini più bravi di tutto il campus. No, seriamente, se ti serve una coreografia chiedi a loro.", borbottò Rachel, ridacchiando quando i due cominciarono effettivamente a ballare. "E per ultima ma non meno importante, Tina. Tina è già al terzo anno qui a Camp Rock.", spiegò Rachel.
"Wow.", soffiò Kurt. "Hai tipo- qualche consiglio?"
Tina ridacchiò dolcemente. "Ti piacerà tantissimo stare qui, solo questo. Camp Rock ti dà una spinta che ad altri corsi si sognano, te lo posso giurare. E avete sentito? Quest'anno dicono che la cucina sia una bomba."
Kurt si sentì inspiegabilmente in imbarazzo. Non riuscì a dire ai ragazzi che in realtà quell'anno il cuoco era suo padre – in qualche modo, pensava fosse degradante. Si limitò a distogliere lo sguardo, e fu in quel momento che vennero raggiunti da Quinn. Non era più sola come poco prima, era accompagnata da due ragazze altrettanto belle: una aveva la pelle leggermente scura, l'altra era forse ancora più bianca di Quinn, i capelli lunghi biondi e un perenne sorriso sul volto dolce.
"Malefica in biondo.", borbottò Rachel, facendo ridacchiare i presenti. Quinn sembrò sentirla chiaramente, infatti si voltò verso di lei, squadrandola da capo a piedi.
"Rachel.", soffiò in tono di sufficienza. "I tuoi papà fanno ancora gli intrattenitori per crociere?"
"Almeno loro sono simpatici, mia cara Quinn Fabray.", la rassicurò Rachel. Kurt stava per ridacchiare, ma notò solo in quel momento una cosa a cui prima non aveva fatto caso. Quinn Fabray. Il nome gli frullò in testa per qualche istante, e capì chi fosse quella ragazza. Era la figlia di uno dei cantanti più famosi degli anni '70 – suo padre doveva avere una cosa come almeno venti suoi CD. Non riuscì a contenere un piccolo squittio.
"Vuoi dire che tu sei-"
"Sì, sono proprio io.", ammise Quinn sbattendo gli occhi più volte, senza avere minimamente bisogno che Kurt terminasse la frase. Doveva essere abituata ad essere riconosciuta. "E tu sei...?"
"Kurt. Kurt Hummel."
La ragazza ispanica accanto a Quinn accennò un sorriso. "Mio padre conosce un Hummel. È un produttore, sei suo figlio?"
"Uhm, no.", pigolò Kurt, pensandoci su. Stava per dire che in realtà suo padre era semplicemente un cuoco, un cuoco che per di più lavorava lì, a Camp Rock, quando si rese conto di come esattamente quelle ragazze lo stessero guardando. Era proprio come a scuola, quando i ragazzi dell'ultimo anno gli passavano vicino e non facevano altro che deriderlo. Stavano solo aspettando il pretesto giusto per cominciare a prenderlo in giro, e trattarlo come qualcuno che non avrebbe mai ottenuto niente.
Forse fu per quello che Kurt nemmeno ci pensò; iniziò a parlare e basta, non rendendosi conto del guaio in cui si stava cacciando.
"In realtà, mio padre è il presidente della Hot News TV.", disse fieramente, raccontando la prima bugia che gli venne in mente. Notò le facce incredule dei presenti – soprattutto quella di Rachel, che doveva essere stupita nel scoprire quella cosa di lui solo adesso. Kurt tentò di rimediare. "...In Cina.", aggiunse, sperando che forse così fosse più credibile. "Laggiù c'è un mercato enorme."
"Stai scherzando, in Cina?", mormorò la ragazza bionda accanto a Brittany. "Dicono tutti che la Cina è enorme."
"E' vero.", disse Kurt (insomma, gli era sembrata grande dalle cartine geografiche, l’ultima volta che aveva controllato). Okay, stava ufficialmente raccontando una bugia e non capiva nemmeno il perchè.
Quinn sembrò studiarlo e vederlo per la prima volta. Si concesse un sorrisino, cercando gli occhi delle altre due ragazze. "Pensate anche voi quello che penso io?"
Entrambe annuirono (la ragazza bionda in realtà con un secondo buono di ritardo).
"Kurt, ti va di fare una passeggiata con noi?", chiese Quinn con voce melliflua, invitandolo ad uscire. Kurt non se lo fece ripetere due volte e le seguì, notando che tutti i presenti lo stavano fissando con ammirazione e invidia: probabilmente era raro che Quinn chiedesse la compagnia a qualcuno di nuovo.
Passeggiarono per tutta la sera, parlando di tutto come niente. In realtà, Quinn ascoltava e basta, mentre Kurt ascoltava Santana (la ragazza ispanica) e Brittany (l'altra ragazza bionda) raccontargli della loro vita. Le trovò davvero molto simpatiche e determinate, e ben presto istaurò con loro lo stesso tipo di rapporto che aveva trovato con Rachel.
Finirono per sedersi sugli scalini del Bungalow delle ragazze; Santana portò fuori la sua chitarra e Brittany entrò in crisi perchè non sapeva che colore scegliere tra due smalti (Kurt aveva l'impressione che fossero seriamente identici). Quinn nel frattempo aveva provato a chiamare suo padre, sbuffando contrita quando questo gli aveva risposto sbrigativamente.
"A volte odio mio padre.", sibilò Quinn. "Non ho nemmeno fatto in tempo a dirgli che Blaine Anderson sarà qui quest'anno."
"Sei emozionata?", le chiese Brittany, mentre felice si metteva lo smalto. Quinn alzò un sopracciglio.
"Vuoi scherzare? Ovvio che lo sono.", disse con un grande sorriso. "A fine estate, non solo avrò vinto Camp Rock e ottenuto il trofeo, ma avrò anche trovato un ragazzo."
Kurt alzò un sopracciglio. Era quasi certo di aver sentito dire che Blaine fosse gay – non era una cosa che alla sua casa discografica aveva fatto piacere, agli inizi, e forse era uno dei motivi principali per cui ora era diventato un ragazzo piuttosto ribelle. Le altre due ragazze sembravano perplesse quanto lui.
Cambiarono presto argomento. Kurt scoprì che Santana era una cantautrice mentre Brittany una brava ballerina – Quinn, dal canto suo, disse di saper fare tutto, anche se Kurt ne dubitava fortemente.
"E tu, Kurt?", chiese dolcemente Brittany. "Tu che fai?"
"Io, uhm...scrivo canzoni, per lo più."
Santana e Brittany sembrarono entusiaste. Quinn rimase impassibile.
"Allora? Ce le fai sentire queste canzoni?", chiese in tono basso e stanco. Kurt si avvolse nelle braccia.
"In realtà sono personali."
Quinn alzò gli occhi al cielo. "Sì, ma siamo amici ora, giusto?", borbottò. Kurt deglutì – prese un bel respiro, e intonò una canzone che aveva scritto da poco.
 
This is real, this is me
I'm exactly where I'm suppose to be now
Gotta let the light, shine on me-
 
Kurt si interruppe dopo la nota alta finale, sapendo perfettamente che spesso la gente rimaneva piuttosto stupita da quelle sue capacità. Non voleva che lo etichettassero come il ragazzo dalla voce troppo alta. Invece, Santana e Brittany gli offrirono un piccolo applauso.
"Mio dio- non ho mai sentito nessuno cantare come te.", ammise Santana. Brittany aveva un sorriso enorme.
"Sì, uhm...sono un controtenore. Fortuna, più che altro."
"Wow.", soffiò Brittany. "Quinn, ma l'hai sentito? È così forte!"
"Forte, sì.", tagliò corto lei, sembrando per niente impressionata. "Ora vorrai scusarci, Kurt, ma dobbiamo andare a riposare. Ci vediamo sicuramente domani mattina a colazione."
Kurt annuì, alzandosi dagli scalini e sistemandosi i vestiti. Santana e Brittany lo salutarono velocemente, mentre Quinn rimase indietro, un vago sorriso sul volto.
"Kurt, posso farti una domanda?"
Kurt scese di uno scalino, rimanendo comunque alla stessa altezza di Quinn. "Certo."
"Sei gay, vero?", gli chiese lei senza mezzi termini e guardandolo negli occhi. Kurt pensò che per quel giorno aveva mentito abbastanza; aveva già fatto coming-out a scuola, e in più con suo padre. Non aveva bisogno di rimanere nascosto di nuovo.
"S-sì.", soffiò appena. "E se è un problema-"
"Oh, non lo è per niente.", disse cauta Quinn, con voce di miele. "Santana e Brittany sono una coppia."
Oh. Quello Kurt lo aveva capito solo ora. "I-io...non lo immaginavo."
"Già. Meglio così – se fossi stato etero sarebbe stato un problema farti entrare nel gruppo. Non avrei mai voluto ti innamorassi di me. O peggio, di una di loro due."
Kurt non afferrava il punto di quella discussione, ed ebbe la vaga sensazione che Quinn volesse sapere che Kurt era gay per altri motivi. Probabilmente, aveva paura di avere concorrenza per fare colpo su Blaine Anderson. Il che era piuttosto ridicolo, no?
"Okay...?", borbottò vagamente. Quinn si sporse per baciarlo sulla guancia.
"Ottimo, contenta che ne abbiamo parlato! A domani.", disse, e poi sparì nel suo bungalow.
Kurt, più che sconvolto, tornò alla festa di apertura accorgendosi che ormai non era rimasto quasi nessuno. Solo dopo decise che ormai era ora di andare a dormire, e tornò nel proprio bungalow da suo padre.
 
*
 
La sveglia alle sei del mattino fu più che traumatica.
Come fu più che traumatico aiutare suo padre a sfornare il pane e mettere in fila forchette e coltelli.
In ogni caso, alle otto in punto, Kurt riuscì in qualche modo ad entrare nella sala. Vide Rachel da lontano e la salutò, andando a sedersi accanto a lei e ai ragazzi che aveva conosciuto la sera prima.
"Kurt, amico!", borbottò Finn. "Ti sei perso l'esibizione di Tina ieri, è stata grande."
"Già.", mormorò Rachel. "Sei sparito."
"L-lo so.", soffiò Kurt. "Sono andato con Quinn, Santana e Brittany."
"Uh uh.", cantilenò Rachel senza molto entusiasmo. Kurt le diede una spallata. "Ehy, scherzavo. Solo che non ti faceva il tipo da essere loro amico, tutto qui."
Kurt distolse lo sguardo.
"Lo vuoi un consiglio?", mormorò Rachel. "Se vuoi essere amico di Quinn, non essere bravo."
Kurt aggrottò la fronte, e fu proprio in quel momento che vide Quinn e le altre due ragazze arrivare. Lei guardò male tutta la tavolata, fino a posare gli occhi su Kurt e sorridergli in modo calcolato e fintamente dolce. "Forza, Kurt, siediti con noi."
Kurt non potè fare molto altro che obbedirle.
 
*
 
"No, belli, forse non avete ancora capito che io lì non ci voglio andare.", scandì Blaine, rifiutandosi di scendere dalla macchina. Diede fuori un'ulteriore sbirciatina – non vide altro che campi e alberi e ragazzini, e non sapeva proprio come sarebbe potuto sopravvivere lì dentro un'estate intera.
"Bello, sai che è stato deciso dalla casa discografica. Non puoi tirarti indietro.", insistette Sam, scrollando le spalle. Puck gli diede una gomitata di incoraggiamento. "E inoltre sai che io e Puck non lo possiamo fare perchè non abbiamo le tue stesse capacità stilistiche..."
"Artistiche.", borbottò Blaine correggendolo. "E' solo che – non so cosa voglia da me la casa discografica. Non diventerò improvvisamente un bravo ragazzo perchè mi costringono a passare tre mesi qui."
"Non si sa mai.", disse in tono piatto Puck. "Ma poi hai visto? Sei circondato da un mucchio di belle ragazze che farebbe di tutto per finire a letto con te! La vorrei io una vacanza così."
Blaine alzò gli occhi al cielo. Come se gli importasse qualcosa delle ragazzine urlanti. O delle ragazze in generale.
"Me la pagherete cara.", grugnì Blaine, prima di allungare la mano e recuperare la propria chitarra. "Vi sto odiando moltissimo."
"Dai amico, ti divertirai.", lo rassicurò Sam. "E se ti avanza tempo fammi una bella casetta per gli uccelli."
"Fottetevi.", mugugnò, scendendo dalla macchina. Si mise in spalla la sua unica compagna in quella stupida avventura, la sua fedele chitarra, e iniziò a camminare verso gli uffici principali, dove sua zia Carole lo stava aspettando. Si lasciò abbracciare e le offrì un sorriso stanco.
"Sei in ritardo, Blaine.", lo rimproverò dolcemente lei.
"Non volevo nemmeno venirci qui, zia.", si lamentò lui, passandosi una mano tra i capelli.
"Oh, avanti. Che ci sarà di male di stare a contatto con la musica per mesi interi in un posto come questo."
Blaine alzò gli occhi al cielo. "Non lo so.", borbottò. "Non c'è neanche un po' di vita...?"
Carole lo guardò a fondo. "Sai, guardandoti in TV avevo la sensazione che stessi cambiando. Non mi sbagliavo.", mormorò. "Mi sembra di star parlando con un estraneo, e non più con mio nipote."
Blaine sbuffò. "Sono cresciuto, zia."
"Lo vedo.", disse lei. "Peccato che l'ultima volta che ho controllato la parola crescita non mi sembrava affiancata dalla spiegazione perdita di cervello.", lo punzecchiò. Blaine non la trovava affatto divertente. "Bene, ascoltami – fra un'ora esatta hai lezione di hip-hop. Vedi di non mancare, tutte le lezioni che perdi poi le devi recuperare. Questa è la chiave per il tuo bungalow, è il secondo sulla destra. Adios!", lo salutò sua zia, sparendo negli enormi giardini di quell'enorme posto.
Blaine si guardò attorno, strinse più forte la sua chitarra.
Sarebbe stata una lunga estate.
 
*
 
Kurt ebbe circa quattordici secondi di tempo per realizzare che Blaine Anderson non gli piaceva.
Era entrato in classe senza nemmeno salutare, si era messo in mezzo alla pista e aveva cominciato a sbraitare ordini e destra e a sinistra, lamentandosi del fatto che nessuno riuscisse a stargli dietro. Improvvisamente, poi, si era messo a ballare aspettandosi che loro, da bravi ballerini, lo seguissero senza mai aver visto i passi prima. Cosa che fu più o meno impossibile. La maggior parte di loro cadde almeno una volta. Chi non era mai caduto alla fine della lezione si buttò per terra, stanco come non mai.
Non ci voleva un genio a capire che l'ultima cosa che voleva la giovane star era stare lì ad insegnare – ma a quel punto, la domanda era più che lecita: Cosa ci faceva Blaine Anderson a insegare a Camp Rock, se invece tutto ciò che voleva fare era comportarsi da divo?
Quinn non faceva altro che lanciare occhiatacce a lui e alle ragazze, raccomandandosi di comportarsi Meglio che potete, così che lui ci noti. Kurt sbuffava in continuazione, perchè non aveva alcun bisogno che Blaine lo notasse. Per nulla.
Gli ultimi cinque minuti di lezione, Kurt poteva dire fieramente di aver imparato tre sequenze di otto consecutivi. Sorrise a sè stesso, pensando di aver fatto del suo meglio, quando proprio accanto a lui Finn inciampò sui suoi stessi piedi, colpendo accidentalmente Quinn.
"Ecco uno che il ritmo non lo sente proprio.", borbottò lei, alzando gli occhi al cielo. Kurt non seppe capire perchè, ma i suoi occhi corsero a cercare il volto di Blaine. Non sembrava per niente divertito, anzi: lanciò un'occhiataccia alla ragazza bionda, e dopodichè si piegò verso Finn, sorridendogli leggermente.
"Ehy, amico.", mormorò. "Sei forte alla batteria?"
Finn annuì. Estrasse dalla grande tasca dei pantaloni le sue fedeli bacchette, e cominciò ad eseguire sul pavimento un pezzo totalmente nuovo ed improvvisato, che lasciò Blaine di stucco.
"Dio , se senti il ritmo. Sei più che bravo.", si complimentò, dandogli una mano per aiutarlo ad alzarsi. Finn annuì goffamente.
"Dobbiamo solo cercare di far andare tutta quella bravura nei piedi. Ci stai?", mormorò, dando poi il cinque a Finn, che sembrava entusiasta.
Okay, forse Kurt poteva averci messo quattro secondi a cambiare idea.
O forse era semplicemente troppo presto per dirlo.
 
Poco prima di pranzo, Kurt fuggì dalle domande senza senso di Quinn per aiutare suo padre con i dolci. Ciò significava sostanzialmente lavorare con farina e uova e tanta, tanta pazienza.
Stava proprio per cominciare quando sentì la porta secondaria aprirsi e chiudersi. Non se ne badò molto, visto che comunque la cucina era raggiungibile solo da suo padre e i soci. Si chinò per raccogliere i guanti, quando sentì una voce fin troppo familiare.
"Ehy, c'è nessuno?"
Oh, per tutti i Santi. Che cavolo ci faceva Blaine Anderson nella cucina di Camp Rock?
"Guarda che ti sento. È inutile che ti nascondi."
Ottimo, molto più che grandioso. Kurt non poteva farsi vedere lì – non poteva farsi vedere sporco di farina, non dal sogno adolescenziale di almeno un milione di teenagers. Avrebbe fatto due più due e avrebbe capito che era il figlio del cuoco.
Fece dunque la cosa più pazza che aveva mai fatto in diciassette anni di vita: prese una manciata di farina tra le mani e se la gettò in faccia, sbuffando subito dopo. Forse solo così non lo avrebbe riconosciuto. Si mise anche il cappello da cuoco per sicurezza, in modo da non destare nessun sospetto. Solo allora si rimise in piedi.
"Ehy, ciao!", esclamò, afferrando saldamente il cucchiaio di legno che aveva vicino per far sì che credesse che il suo lavoro lì in cucina era molto serio. "Uhm – posso aiutarti?"
"Scusami?", soffiò Blaine in un sussurro. "Ma questa qui è una cucina o un campo di battaglia?"
Kurt cercò di non badare molto al suo tono di sufficienza. E' stato gentile con Finn, ricordi?
"Beh, ecco..."
"Senti, non ho molto tempo da perdere. Sono Blaine Anderson – beh, sono certo che tu già lo sai."
"Certo che lo so.", mormorò Kurt anche con troppa gentilezza. "E' davvero un piacere conoscerti."
"In realtà per me non lo è.", borbottò Blaine, accennando un sorriso strafottente. Kurt sentì l'impulso repentino di prenderlo a schiaffi. Come diamine si permetteva?
"Tu, sei...?"
"Una fottuta persona.", grugnì Kurt, dimenticando definitivamente le buone maniere. Blaine spalancò gli occhi.
"Come, scusa?"
"Ho detto-", soffiò Kurt con calma. "Che sono una persona. E tu non puoi piombare qui e trattarmi in questo modo. Sono stato abbastanza chiaro?"
Blaine accennò un sorriso, osservando per un attimo i suoi occhi. "Wow, sì. Cristallino.", mormorò. Allungò una mano per raccogliere una patatina da un recipiente che c'era lì accanto. "Solo – mi chiedevo se avete ricevuto la lista dei cibi che non posso mangiare. Il mio agente l'ha comunicata, ma temo che ci sia stato un errore, perchè oggi non mi sono potuto avvicinare alla colazione."
"Oh, ma quanto mi dispiace.", sussurrò Kurt, allontanando la ciotola delle patatine da lui. "Triste, vero, non schioccare le dita e non avere tutto subito."
Un brillio fece sembrare il volto di Blaine semplicemente – oltraggiato. "Senti, dimmi solo dove devo andare per comunicare le mie intolleranze, di nuovo. E forse, solo forse, ti lascerò in pace."
Kurt sorrise in modo mellifluo. "Seconda porta a destra, c'è il cuoco lì. Spero davvero che tu riesca a trovarlo, così puoi sparire dalla mia vista."
Blaine appoggiò le mani al tavolo, osservandolo attentamente. "Bene."
"Bene.", soffiò Kurt in risposta. Vide che Blaine stava per andarsene, quando si schiarì appositamente la voce, sorridendo eloquentemente.
Blaine lo guardò con un sopracciglio alzato. "Uhm – grazie?"
Kurt gli concesse una smorfia vagamente compiaciuta. "Molto meglio."
 
*
 
Le giornate di Kurt si riempirono di corse – corri a lezione, e poi ad aiutare suo padre, e poi di nuovo a lezione, e poi da Quinn. A volte vedeva Rachel, quando gli avanzava tempo tra una corsa e l'altra. Dopo la prima settimana di lezioni, Quinn gli chiese di far ufficialmente parte del loro gruppo. In un primo momento, Kurt aveva detto che sognava di esibirsi da solo, alla Final Jam (Santana e Brittany sembravano entusiaste, Quinn invece sembrava voler vomitare da un momento all'altro) ma alla fine cambiò idea. Forse perchè era il suo primo anno. Forse perchè Quinn gli disse che entrare nel suo gruppo era qualcosa che non succedeva sempre, e Kurt si sentì sfiorato dall'eccitazione di far parte di qualcosa di reale. Per cui disse di sì, in modo semplice e schietto, e poi mentì come sempre, perchè doveva andare ad aiutare suo padre in cucina.
Un pomeriggio come un altro, Kurt stava apparecchiando la tavola del Bungalow in cui Carole dormiva (gli capitava spesso di farlo, era un piacere che suo padre gli chiedeva sempre di fare) quando notò che in un angolino c'era un pianoforte.
Si avvicinò con cautela, e ne pigiò qualche tasto. Era perfettamente accordato, così decise di sedersi e suonare qualche nota. Solo dopo estrasse dai suoi jeans il quadernino in cui teneva scritte le canzoni – e fece l'unica cosa che lo faceva sentire giusto.
Cantò.
 
Do you know what is like
To feel so in the dark
And to dream about a life,
Where you're the shining star
Even though it seems,
Like it's so fa away
I have to believe in myself
It's the only way
 
This is real, this is me
I'm exactly where I'm suppose to be now
Gotta let the light, shine on me
Now I found who I am
Ther's no way to pull it in
No more hiding who I wanna be
This is me
 
Kurt abbassò lo sguardo, sentendosi immensamente triste e senza capire nemmeno il perchè. O forse semplicemente perchè quella canzone parlava di essere sè stessi, e invece lui aveva cominciato a mentire sulla sua identità da inizio estate, solo per entrare nelle grazie di una ragazza che nemmeno lo capiva. Abbandonò il pianoforte con uno sbuffo, tornando verso la cucina.
Non poteva sapere che Blaine, acquattato dietro un cespuglio, aveva sentito la sua particolare, bellissima voce. E non poteva sapere che poi lo aveva cercato, raggiungendo il pianoforte, senza però trovare nessuno.
 
*
 
Blaine suonò qualche nota distrattamente, pizzicando le corte e ricordando quanto era bello scrivere le canzoni che partivano dal cuore. Ricordava com'era la foga di avere un pezzo in testa e poi trascriverlo su un foglio bianco e immacolato che brillava sotto le dita – la musica vera, quella per cui era nato.
Sua zia entrò nel bungalow, ricordandogli che quella sera ci sarebbe stato il falò, e Blaine annuì senza particolare entusiasmo.
Forse doveva solo ricominciare a scrivere canzoni. Forse doveva concentrarsi sulla stupenda voce di quella ragazza, e sperare che gli desse la forza di ritrovare sè stesso.
 
*
 
Kurt era agitato.
Okay, no, dire che era agitato era un eufemismo – era molto più che agitato. Era folle pensare che fosse minimamente pronto per esibirsi al falò, quella sera, insieme a Quinn e ai ragazzi del suo gruppo. Lei era bellissima nel suo abito e assolutamente sfavillante, lui sembrava avere dei problemi con la scelta dei vestiti.
Cantarono la canzone che ormai stavano preparando da settimane, Kurt e Santana e Brittany in un angolo, a fare da coristi, mentre Quinn si muoveva in centro, raccogliendo tutti i sorrisi e gli applausi finali.
Non si poteva dire che Kurt fosse deluso alla fine dello spettacolo, perchè anche quello sarebbe stato un enorme e patetico eufemismo. Era spento, e triste. Perchè non era venuto a Camp Rock per mettersi in un angolino, prima di tutto, e far brillare di più Quinn.
Quando seguì le altre ragazze giù dal palco, si sentì afferrare per un polso e si voltò. Era Rachel.
"Non dirmi che fare il corista ti è piaciuto.", mormorò. Kurt non ebbe il coraggio di guardarla in faccia, e abbassò lo sguardo bruscamente, scrollando velocemente le spalle. E poi scappò via.
 
*
 
Kurt a volte aveva bisogno di staccarsi da tutto e da tutti, e passeggiava lungo i boschi che costeggiavano i laghi del campo. Era piacevole farlo, e la maggior parte delle volte Kurt si ritrovava a cantare o riflettere su quello che stava facendo lì a Camp Rock. Non che ne andasse molto fiero, in verità. Mentiva su chi era veramente, era entrato in un gruppo che non lo apprezzava...non era esattamente così l'estate che si era immaginato di vivere.
Si bloccò di colpo quando alla sua destra sentì il suono di una melodia. Era una chitarra, a dire la verità. Kurt fece qualche passo e notò solo dopo a chi appartenesse: era Blaine Anderson, seduto ai piedi di un albero mentre suonava, gli occhi chiusi e il volto assolutamente sereno.
Kurt dovette ricordarsi che non provava per nulla simpatia, per quel ragazzo – ma vederlo così, sereno e totalmente avvolto dalla musica, gli fece dubitare delle sue convinzioni. Forse Blaine era un ragazzo fragile che era stato costretto a cambiare per il mondo da cui era circondato. Forse non era cattivo, si stava semplicemente proteggendo.
Non lo fece apposta, quando sfiorò con un piede una radice ai suoi piedi, producendo uno scricchiolio. Blaine si fermò di colpo, cercandolo con gli occhi.
“Scusami.", disse Kurt, sentendosi infinitamente in colpa per averlo interrotto. Blaine non sembrava molto in vena di accettare le sue scuse, così Kurt si avvicinò con cautela, provando un approccio diverso.
"Ti giuro, mi dispiace tanto-"
"Lo hai già detto.", mormorò Blaine. "Grazie tante, adesso dovrò ricominciare da capo."
Kurt tentò di respirare a fondo e ricordarsi per la millesima volta che forse, da qualche parte oltre quella maschera, quel ragazzo non era così. Si strinse il petto con le braccia.
"Davvero non capisco perchè tu sia così scontroso con tutti.", mormorò. "Non volevo...interromperti, o altro."
Blaine lo guardò. "Ah no?"
"No.", disse semplicemente Kurt. "Sarei stato ad ascoltarti per giorni interi, credo che non mi sarei mai stancato."
Qualcosa di denso si smosse dentro gli occhi di Blaine. "Ti...ti piaceva?"
Kurt accennò un sorriso. "Davvero molto.", soffiò. "Era...non so come dirlo, diversa, forse."
Blaine sbuffò. "Diversa dalla solita musica fatta con lo stampino? Wow, scusa se ho deluso le tue aspettative."
Kurt fece di no con la testa. "Era decisamente diversa dalla solita musica fatta con lo stampino. E meno male.", aggiunse immediatamente dopo, accennando un sorriso. "E no, non hai deluso le mie aspettative."
Blaine sembrava come – paralizzato, Kurt pensò. Come se non potesse credere che a qualcuno potesse davvero piacere la sua musica. "Come ti chiami?", gli chiese tutto d'un fiato.
"Kurt.", soffiò l'altro, facendo scorrere lo sguardo sul lago di fianco a loro. "E, beh – non c'è bisogno che tu ti presenti."
Blaine sembrava molto più rilassato adesso. "La mia fama mi precede.", borbottò. "Non sto dicendo che questo sia un bene, sia chiaro."
Kurt si ritrovò a sorridere, ricordando il loro episodio in cucina.
"Vieni...vieni spesso qui?"
"Qualche volta.", ammise Kurt. "Camminare qui mi aiuta a pensare. Non solo a me, ma anche alla mia musica. Mi aiuta davvero tanto."
"Provo le stesse cose.", ammise Blaine, cercando i suoi occhi. "Qui non c'è nessuno che possa disturbarmi, o...non lo so. È come essere in pace con il mondo."
Kurt ridacchiò. "Ho distrutto la tua pace, suppongo.", borbottò. "Immagino che non mi sarà più concesso venire qui."
"Puoi farlo, se ti va.", sussurrò Blaine. "Voglio dire- non smettere di venire perchè ci sono io."
Kurt era piuttosto incuriosito. "Mi stai dicendo che vuoi condividere questo posto con me?"
Blaine scrollò le spalle. "Ti sto dicendo che sei una delle poche persone qui dentro che non mi sta facendo sentire...completamente fuori posto, temo."
Kurt perse un battito. "Hai, uhm...dato un titolo alla canzone?", chiese dolcemente.
"Ancora no.", ammise Blaine, accarezzando con le dita il legno della chitarra. "Sai, ho sentito questa ragazza cantare, e...la sua voce era così pura, e così particolare, e semplice...mi ha fatto venire voglia di tornare alle origini. E provare a scrivere canzoni...vere. È per questo che è nata questa."
Kurt gli sorrise ampiamente. "Hai tutta la mia approvazione.", soffiò. "Voglio dire, ho sempre pensato che le vostre canzoni fossero belle. Dico sul serio. Ma non c'eravate voi, dentro, non so come spiegarlo. Per me una canzone non è una canzone se non parla di te, dei tuoi sogni, delle tue paure."
Blaine sembrava senza fiato. "Hai...hai ragione, sì.", sussurrò leggermente.
"Uhm- ti dà fastidio se ti dico tutto quello che penso? Perchè sono fatto così, ma non tutti potrebbero apprezzare."
"No, io- sul serio, va bene.", mormorò Blaine. "Preferisco la verità a un mucchio di bugie dette per farmi stare meglio."
Kurt non poteva dirsi più d'accordo. "Allora continua a scrivere seguendo il tuo cuore, Blaine.", disse con certezza. "Solo così credo che ritroverai chi sei davvero, la tua vera musica."
Blaine si morse distrattamente il labbro inferiore. "Kurt...", soffiò, ma proprio in quel momento, il suo cellulare iniziò a suonare. Kurt ne approfittò per fare un passo indietro.
"E' stato un piacere parlare con te, Blaine.", disse velocemente. "Uhm, stavo per andarmene."
"Aspetta!", esclamò Blaine, alzandosi in piedi e impugnando la sua chitarra. "Posso- possiamo rivederci?"
Kurt sentì il proprio cuore scivolargli nello stomaco. "Certo. Io sono proprio qui, Blaine. Cercami quando hai bisogno...non so, di trovare la retta via?"
Blaine si lasciò scappare una risata – la prima genuina e sincera, da quando era arrivato lì a Camp Rock. E poi Kurt scomparve tra i boschi, il cuore che batteva come mille cuori.
Okay, forse Blaine Anderson non è così male, ammise a sè stesso piano, combattendo con la parte di sè che lo prendeva in giro perchè andiamo, solo qualche giorno prima avevano litigato in una cucina, e adesso...
 
*
 
Fare colazione era sempre un'esperienza particolare, lì a Camp Rock. C'erano colazioni semplici, momenti di svago con gli amici, incomprensioni, accordi per che ora incontrarsi il pomeriggio.
E purtroppo, inevitabilmente, litigi.
Quel mattino ci fu tra Rachel e Quinn. Non che fosse una novità – Kurt da quando erano arrivato a Camp Rock le aveva viste litigare una cosa come ogni cinque minuti, ma quel mattino non erano davvero in grado di fermarsi. Accidentalmente Rachel aveva gesticolato un po' troppo, finendo per colpire Quinn, che indignata si era fermata e aveva cominciato a dirle una parola dopo l'altra. Kurt aveva cercato di intervenire, senza alcun successo.
Accadde l'inevitabile: Quinn fece scivolare il suo piatto di pane e uova fritte su Rachel, che per ripicca lanciò sul maglioncino privilegiato di Quinn dei pezzettini di biscotti e frittelle. Tutto quello diede il via ad una vera e propria lotta col cibo, che terminò nel momento in cui Carole entrò preoccupata nella sala e bloccò le due ragazze e anche Kurt, che si era inevitabilmente messo in mezzo per fermare la loro lite.
Portò tutti e tre nel suo ufficio, Rachel che tra i capelli aveva ancora residui di uova e Quinn che girovagava con il maglioncino pieno di briciole. Kurt non sapeva se ridere a crepapelle per l'assurdità della situazione o piangere fino allo sfinimento, perché non era possibile che fosse appena accaduto tutto quello.
“Chi è stata la prima a lanciare il cibo?”, chiese Carole stancamente, guardando tutti e tre. Rachel fece per aprire bocca, ma Quinn la precedette.
“Facilissimo. Rachel.”, disse in un sussurro.
“Tecnicamente è vero, ma...”, soffiò Rachel in un tentativo di rimediare, ma Carole la interruppe.
“Niente ma, Rachel. Qui al campo abbiamo una politica molto rigorosa per quanto riguarda queste piccole cose. Non siamo dei bambini, non si lancia il cibo. Senza contare che quest'anno è davvero molto pregiato. È un insulto, oltre che uno spreco.”, borbottò lei.
Kurt avrebbe tanto voluto dire com'erano davvero andate le cose. Che era stata Quinn in realtà a cominciare la lite, e che era tutto un terribile malinteso, ma sapeva anche che se avesse parlato avrebbe perso per sempre l'amicizia di Quinn – e di conseguenza, la reputazione che si era pian piano costruito.
Non disse nulla.
“Visto che però ti piace così tanto lavorare con il cibo...”, iniziò Carole. “Forse potresti dare una mano in cucina. Come punizione.”
“Che cosa?!”, dissero Kurt e Rachel all'unisono. Si guardarono di sfuggita, e Kurt si morse l'interno della guancia con forza, costatando quanto quel suo intervento sembrasse fuori luogo. Nessuno sapeva che era il figlio del cuoco. Ma se Rachel avesse lavorato in cucina...
Entrambi finirono per annuire.
“Ottimo, vedo che siamo tutti d'accordo. Buona giornata, e che non si ripeta più.”, si raccomandò Carole, lasciando poi l'ufficio. Quinn se ne andò con un sorriso soddisfatto, mentre Rachel si guardava i piedi con insistenza.
“Rach...”
“Non dire niente.”, sbuffò Rachel, passandogli di fianco. “Grazie infinite, Kurt.”
 
Quando Kurt quel pomeriggio raggiunse la cucina, non aveva ancora pensato al modo più semplice e diretto di affrontare Rachel. Stava trasportando un enorme sacchetto contenente nachos quando varcò la soglia e la trovò lì, ferma a parlare con suo padre. Vide Burt allontanarsi un attimo, e quando Rachel si voltò verso di lui si portò automaticamente l'enorme sacchetto davanti alla faccia. Era così stupido – aveva perso, non c'era modo di nascondere la sua bugia a Rachel. Allora perché continuava a mentire?
“Ehy, ciao! Non sapevo che il cuoco avesse un figlio. Devi essere le mani cinque e sei per la preparazione dei...come li ha chiamati...hanno un nome spagnolo, comunque.”
A Kurt tremavano le mani. Si ritrovò a indietreggiare senza poter fare nulla per bloccare il suo corpo, quando accidentalmente colpì con il piede un secchio pieno di acqua, che lo fece scivolare. Non solo cadde, ma naturalmente anche l'enorme sacchetto di patatine si aprì, e queste caddero come una pioggia tutte sopra e attorno a lui.
Fu più o meno allora che sentì il sospiro assolutamente sconcertato di Rachel.
“T-tu?”, soffiò, gli occhi spalancati. “Kurt, ma...non ci posso credere.”
Kurt abbassò lo sguardo, sentendosi morire. Aveva mentito all'unica persona che lì dentro gli avesse mai mostrato un po' di rispetto.
“Rachel, io- mi dispiace.”
“Dispiace molto di più a me.”, disse lei con amarezza. “Sei il figlio del cuoco. Io...io non so cosa dire. Stai mentendo a tutti.”
“Lo so.”, borbottò Kurt. “Io...è solo che...”
“Non credo mi servano le tue giustificazioni, sai?”, borbottò lei. “Non hai nemmeno il coraggio di essere te stesso. Qui, dove quella è la prima regola se vuoi divertirti. Che razza di persona sei?”
Kurt si sentì colpito nel profondo. “E allora corri, avanti. Vai a dirlo a tutti.”
“Potrei farlo, sai.”, soffiò lei. “Forse però prima voglio sapere tutti i retroscena.”
Kurt prese un respiro profondo, alzandosi con cautela. “Cosa vuoi sapere, Rachel? Che mi sono sempre sentito emarginato? Che sono stato chiamato con nomi che non ho nemmeno il coraggio di ripetere e che qui non volevo ripetere tutto quanto? Che volevo che per un volta, una volta soltanto, ogni cosa cambiasse? Questo vuoi sentirti dire?”
Rachel si strinse forte nelle sue stesse braccia. “Se avessi passato più tempo a essere te stesso invece che fingere di essere ciò che non sei, avresti notato che io e gli altri ti apprezziamo per chi sei veramente. Non ci interessava proprio nulla di chi era tuo padre. Volevamo essere tuoi amici.”, disse lei. “Probabilmente non ti interessa niente di noi-”
“Non venirmi a fare la ramanzina, Rachel.”, borbottò Kurt. “Non fai altro che portare avanti questa recita delle ragazza a cui non importa niente di nessuno, ma allora che cosa ci fai qui?”
Rachel sembrava davvero molto ferita. In quel momento tornò Burt dal retro, visibilmente sconvolto da ciò che stava vedendo. “Ragazzi, che- che cosa è successo...?”
Rachel alzò gli occhi al cielo. “Kurt è annegato nelle sue bugie.”, bisbigliò pianissimo.
“Che cosa?”, chiese Burt. Lei scrollò le spalle.
“Nulla.”, si affrettò a rispondere. “Signor Hummel, non me la sento di stare in cucina oggi. Verrò ad aiutarla domani, solo...d-devo andare.”
“R-Rachel.”, soffiò Kurt, notando le lacrime nei suoi occhi. “Rachel, aspetta-”
Ma lei aveva già superato la soglia della cucina, e Kurt si sentì più smarrito che mai.
 
*
 
Kurt aveva bisogno di staccare.
Non si presentò a cena, quella sera, e preferì allontanarsi per raggiungere il ponte che dava sul lago, a pochi metri dalla spiaggia. Di solito a quell'ora non c'era mai nessuno, perché erano tutti impegnati con la cena.
Strinse forte tra le dita il legno del ponte, mordicchiandosi forte il labbro inferiore e sentendosi tremendamente in colpa. Non era giusto quello che aveva fatto a Rachel, ma più di ogni altra cosa non era giusto ciò che aveva fatto a sé stesso. Ciò che continuava a farsi.
"Ehy, ma allora sei tu.", disse chiaramente una voce. Kurt si voltò di scatto, notando che a pochi metri da lui, dalla spiaggia, stava arrivando Blaine. Aveva i piedi nudi, i jeans accartocciati fin sopra le caviglie, una maglietta semplice che gli fasciava il petto in modo libero e fresco e una giacca di pelle nera.
"B-Blaine.", si ritrovò a soffiare. Si affrettò a sbattere le palpebre velocemente; non voleva che Blaine lo vedesse piangere. Non avrebbe mai saputo cosa dirgli, come affrontarlo.
"Ciao.", soffiò lui. "Stai bene?"
"Oh- certo. Certo, sto benissimo.", mormorò Kurt, accennando un sorriso.
Blaine sembrava poco convinto. "Non sei con gli altri a cenare?"
"Non avevo molta fame.", sussurrò Kurt in risposta. "E credo...che avevo bisogno di venire qui."
"Ti capisco.", mormorò semplicemente Blaine, avvicinandosi a lui con cautela. "Si sta davvero bene qui, come se nessuno al mondo potesse scalfirti."
Kurt sbattè piano le palpebre. "Hai mai l'impressione che in mezzo a tutte quelle persone, sia proprio tu la persona che ti impedisce di essere felice?"
Kurt sentì gli occhi di Blaine addosso. "Molte volte.", ammise. "Ma qui...mi piace pensare che nemmeno quello possa succedere. Sono in pace."
Kurt si sforzò di sorridere. "E' difficile?", chiese in un mormorio. "Il mondo in cui vivi."
Blaine fece una piccola smorfia. "Sì e no.", borbottò. "Voglio dire, posso avere cose che prima potevo solo sognare. Però a volte...è come se ti soffocassero."
"Mi dispiace.", disse immediatamente Kurt. "Non voglio...portarti dei pensieri brutti."
"Nessun pensiero brutto.", lo rassicurò Blaine. "Sono quello che sono, quel mondo mi segue ovunque io vada."
"Puoi fare finta di essere solo tu, se vuoi.", soffiò piano Kurt. "Quando sei con me. Non- non devi fingere, o portarti dietro quel peso."
Blaine sembrava davvero felice di sentire quelle parole. "Okay.", disse semplicemente. Stava disegnando cerchi distratti sul legno sotto le sue dita, e Kurt pensò per un solo secondo come potesse essere avere quelle dita sopra la propria pelle.
"Sai, non è stato propriamente facile con la mia casa discografica.", cominciò a raccontare Blaine. "Eravamo tre ragazzi con un grande talento, ci hanno messi insieme e gettati nel mondo della musica, e io credevo di essere pronto, invece non lo ero affatto.", soffiò con calma. "Sempre lontano da casa, dagli amici veri, immersi in ambienti in cui non conoscevamo nessuno...non è stata una passeggiata. E poi...beh, ho fatto coming-out, e alla casa non è piaciuto per niente."
Kurt si sentì – sopraffatto. E onorato del fatto che Blaine stesse raccontando quelle cose a lui.
"Oh. Tu- voglio dire...n-non sei obbligato a dirmi tutto, io..."
"Ma voglio.", disse semplicemente Blaine. "A meno che a te non dia fastidio...voglio dire, credevo di aver capito che anche tu...f-forse ho solo interpretato male."
"Oh. No- cioè, sì. Voglio dire, no! Mi piacciono i ragazzi. Sì. M-mi piacciono...uhm..."
Blaine ridacchiò, dandogli una spallata giocosa. "Ehy, non preoccuparti. Non c'è niente di cui ti debba vergognare."
"Okay.", soffiò Kurt. E poi pensò wow, è così evidente? Poi si rese conto che se Blaine era gay era logico che avesse un radar molto sviluppato, quindi si calmò. "Posso capirti, sai. Per quanto riguarda il coming-out. Per me è stato un mezzo disastro quando l'ho fatto a scuola, posso solo immaginare in un ambiente come il tuo."
"Oh, non c'è molto da immaginare. La mia casa discografica lo tiene nascosto. E se nelle interviste mi chiedono se ho la ragazza e io rispondo chiaramente di essere gay, loro mandano immediatamente un comunicato stampa in cui correggono il tutto, dicendo che il mio è solo un comportamento puramente ribelle."
Kurt era a dir poco esterrefatto. "E' terribile."
"Già.", soffiò lui. "Tutto questo, sai...il mentire, il nascondersi...non gioca molto a mio favore. Non ho mai avuto un ragazzo."
A Kurt si riempì il cuore di qualcosa di leggero e prepotente allo stesso tempo. “Nemmeno io.”
Si guardarono per un istante, poi, sorridendosi appena. La luce della luna si scioglieva in piccoli brillii nei loro occhi.
“Sai, sto...scrivendo questa canzone.”, mormorò Blaine. “Quando sarà pronta, vorrei tanto che tu la ascoltassi.”
Kurt sentì le proprie guance imporporarsi, e ringraziò il fatto che fosse sera e che Blaine non potesse vederlo. “Certamente. Sarebbe a dir poco meraviglioso.”
Blaine gli sorrise con timidezza (dov'era finito il ragazzo strafottente che credeva di aver conosciuto?) e poi distolse lo sguardo, puntandolo lontano.
Kurt sentì il proprio cuore sprofondare, e si diede dello stupido un milione di volte, perché l'ultima cosa che poteva fare era innamorarsi di una rock star, durante una delle estati più importanti della sua vita.
 
*
 
Se c'era una cosa che Kurt proprio non sopportava, erano le serate in cui Quinn li obbligava, in quanto suoi coristi, a vestirsi tutti uguali. Diceva a lui, Brittany e Santana di mettersi maglietta e pantaloncini abbinati, e tutti e tre finivano per sembrare sul punto di andare a letto in pigiama. Quella sera era una di quelle. Loro tre in un angolo, con quei ridicoli completini addosso - e Quinn con un sorriso smagliante sulle labbra e con indosso uno dei vestiti più belli e sfavillanti del suo armadio.
Dire che era ingiusto era un eufemismo.
Passarono la maggior parte della serata a ridere e scherzare - o per lo meno, lui, Brittany e Santana ci provarono, Quinn interveniva ogni due secondi trovando sempre qualcosa da dire su qualcuno. A un certo punto Rachel gli passò a fianco con uno sguardo di sconforto, andando verso la console per esibirsi. Kurt aveva già sentito qualche sua composizione, ma doveva ammettere che quella di stasera era davvero una delle migliori che avesse mai sentito: melodica e dolce, proprio come piacevano a Kurt. Sembrava piacere un po' a tutti i ragazzi della sala.
A un certo punto Brittany si voltò verso di loro con un sorriso smagliante. "Piace anche a Blaine.", bisbigliò, indicando un punto in fondo alla stanza. Kurt si voltò di scatto, finalmente scorrendo Blaine in tutta la sua bellezza. Sembrava un po' stanco, gli occhi poco luminosi e i ricci sparsi ovunque, ma si stava comunque divertendo e si vedeva. A Kurt venne spontaneo sorridere dolcemente nel vederlo, e fu allora che un grido echeggiò nella stanza. Ovviamente, Quinn. Rachel interruppe subito la sua esibizione.
"C'è un serpente!", squittì Quinn, indicando un punto preciso della stanza. Rachel scese dal palco improvvisato e si avvicinò a lei, raccogliendo quello che doveva essere il presunto serpente. "Quinn.", soffiò esasperata. "È il filo della console."
Quinn vece un versetto sorpreso. "Oh, che sbadata. Colpa mia."
Il volto di Rachel si trasformò in una maschera di rabbia. "Lo hai fatto apposta, vero?", sbottò. "Proprio non sopporti che qualcuno che non sia tu possa avere un minimo di successo."
"Oddio.", sussurrò Quinn indignata. "Quanto sei limitata, Rachel."
"Quanto sei limitata, sul serio?", intervenne Kurt in difesa di Rachel. "Quinn, se fossi in te non darei della limitata proprio a nessuno, dopo aver scambiato un serpente per un filo. E poi forse non lo sai, ma non va più di moda da un pezzo."
L'espressione sul volto di Quinn - congelata in una smorfia adirata - fece sorridere Kurt e Rachel. Con uno sbuffo Quinn lasciò la stanza, seguita da Santana e Brittany che stavano ridacchiando di gusto. Dopo un'occhiata d'intesa lanciata a Rachel (che era molto stupita ma anche felice) anche Kurt fu pronto a lasciare la sala, con il cuore un pochino più leggero.
 
*
 
Kurt non si era mai sentito peggio in vita sua - e doveva ammettere di averne avuti parecchi, di momenti brutti. Quando i ragazzi della sua età lo spingevano sugli armadietti causandogli dolore non solo fisico ma anche più in profondità, nel punto in cui batteva il cuore; oppure ancora, quando gli lanciavano granite in faccia, o quando facevano letteralmente a gara per trovare il termine che lo potesse ferire di più. Come un gioco. Eppure ora era lì, di fronte a Rachel, ed era sicuro di non essere mai stato peggio. Perché le aveva mentito, e perché lo aveva fatto con tutti gli altri. Si schiarì la voce, tanto per cominciare, gettando un'occhiata dalla sua parte. Stavano preparando i palloncini per la serata a tema che ci sarebbe stata in un paio di ore.
"Uhm...", borbottò. Pessimo inizio. "Allora, parteciperai alla Final Jam?"
Rachel ruotò il capo verso di lui, tendo gli occhi bassi. "Uh - si."
Kurt sorrise appena. "E...hai già deciso cosa portare?"
"Uh - no. Ma poi - perché mi parli? Mi metti ansia."
"Non lo so.", borbottò Kurt. "Forse faccio una visita ai quartieri poveri?", mormorò giocosamente, prima di allungare una mano per appoggiare una matita appuntita su un palloncino, che prontamente scoppiò. Rachel gridò, ma poi scoppiò a ridere.
"O forse volevo solo prepararti a questo!", scherzò Kurt ridacchiando.
"Ma come ti viene in mente?!", si lamentò Rachel, a sua volta facendo scoppiare un palloncino. La tensione scivolò via insieme alle loro risate, e alla fine si guardarono con un sorrisino sconfitto.
"Mi manchi, Rachel.", ammise Kurt senza tanti giri di parole.
Lei chiuse forte gli occhi. "Anche tu.", soffiò. "Sono ancora arrabbiata"
"Lo so.", disse Kurt prontamente. "Ma..."
"No, ascolta.", lo interruppe lei. "Lo so com'è essere amica di Quinn. Perché anch'io...anch'io l'estate scorsa ero nel suo gruppo."
Kurt era più che sbalordito.
"...Volevo essere popolare. E lei...non lo so, in un certo senso sembrava amichevole. Ma mi sbagliavo. Non appena si è resa conto del mio talento mi ha vista come una minaccia, e mi ha sbattuta fuori."
Kurt si mordicchiò il labbro inferiore. "Magari è cambiata."
Rachel sbuffò una risata senza entusiasmo. "Kurt, Quinn non cambierà mai. Ha solo bisogno di tempo e farà lo stesso con te, e mi dispiace che tu non te ne renda conto."
Kurt accennò un sorriso. "Starò attento."
Rachel annuì, e per gioco sbattè un palloncino sulla sua spalla. "Venditi l'anima. Ma non dimenticare che noi ci siamo sempre, okay? E non azzardarti a mentirmi mai più."
"Promesso.", soffiò Kurt, accennando un sorriso. Si rese conto che ormai era tardi, e si alzò dalla sedia con un movimento repentino. "Devo andare, ho le prove con..."
"Malefica, certo. Meglio non farla aspettare." Kurt annuì tristemente, prima di abbassarsi e dare a Rachel un piccolo bacio sulla fronte.
Sperava davvero di non farla soffrire mai più.
 
*
 
Un pomeriggio, Kurt stava tornando in cucina da suo padre con un enorme scatola di tacos, passando vicino al laghetto – era incredibile la capacità che avesse quello specchio d'acqua di calmarlo – quando accidentalmente si scontrò con qualcuno.
Era Blaine.
"Oh.", sospirò lui, con un enorme sorriso sulla faccia. "Hai tanta fame, vedo."
Kurt era in preda al panico, convinto che Blaine potesse sospettare qualcosa su di lui, vedendolo con quello scatolone in mano. Si concesse di ridacchiare.
"Uhm...sì. Fame. Una fame assurda.", balbettò, non riuscendo a non imitare il sorriso che Blaine gli stava offrendo. Era sempre stato così bello quando sorrideva...?
"A parte questa tua enorme fame...avresti del tempo da dedicarmi?", gli chiese Blaine con dolcezza. I suoi occhi brillavano di una luce intensa e particolare. Kurt sapeva perfettamente che se avrebbe ritardato suo padre lo avrebbe come minimo messo in punizione anche se era estate ed erano a Camp Rock, ma non poteva dire di no a Blaine. Non in quel momento.
"Certo.", sussurrò.
"Ho finito la canzone.", disse Blaine con un pizzico di velato orgoglio. Allungò una mano verso Kurt intrecciando le loro dita senza impegno, ma Kurt sentì comunque il proprio cuore volare nella gola. Blaine lo trascinò più giù, ai piedi del lago, esattamente nello stesso posto in cui si erano conosciuti (e parlati civilmente) la primissima volta.
Si sedettero uno di fronte all'altro, e Blaine si portò davanti la chitarra, sembrando un pochino spaesato. "E' solo...di solito non faccio mai ascoltare le mie canzoni a qualcuno, sono davvero...intime. O per lo meno, questa lo è, e solo..."
"Non mi permetterei mai di giudicare, Blaine.", ammise Kurt, incrociando le gambe e sperando che Blaine potesse fidarsi di lui. E così Blaine lo fece – si fidò, e dopo aver chinato il capo iniziò a suonare.
 
Everytime I think I'm closer to the heart
Of what it means to know just who I am
I think I've finally found a better place to start
But no one ever seems to understand

I need to try to get to where you are
Could it be, you’re not that far

 
Non era la prima volta che Kurt ascoltava la voce di Blaine, quello no – ma per la prima volta gli sembrò di vedere il vero Blaine, quello sotto la maschera distorta dai media, il semplice, puro distillato Blaine, senza che ci fosse nulla a distorcere la sua persona.
E Blaine era vero, reale, caldo e rassicurante, e la sua voce era limpida e meravigliosa.
 
You're the voice I hear inside my head, the reason that I'm singing 
I need to find you
I gotta find you
You're the missing piece I need, the song inside of me
I need to find you
I gotta find you

 
Kurt sperò di essere forte abbastanza da non scoppiare a piangere di fronte a Blaine perchè le parole che stava cantando erano a dir poco – incredibili, toglievano il fiato, e Kurt sperò un giorno di essere fortunato abbastanza da riuscire a cantare quelle parole o sentirsele cantare di rimando con il cuore, perchè qualcuno le intendeva davvero. Scommetteva che sarebbe stata la sensazione più bella del mondo.
 
You're the remedy I'm searching hard to find 
To fix the puzzle that I see inside 
Painting all my dreams the color of your smile 
When I find you I'll be alright 
I need to try to get to where you are
Could it be, your not that far

You're the voice I hear inside my head, the reason that I'm singing
I need to find you 
I gotta find you 
You're the missing piece I need, the song inside of me
I need to find you
I gotta find you

 
C'era qualcosa, qualcosa di assurdamente bello e reale nel modo in cui Blaine lo guardava – c'era indugio nei suoi occhi ma anche speranza, e Kurt non potè fare a meno di pensare Oh mio dio mi sono innamorato di te, di questo tuo modo di dimostrarmi che sei diverso, e sapeva di non potere, lo sapeva, eppure non trovava il coraggio di distogliere lo sguardo.
 
Been feeling lost, can't find the words to say 
Spending all my time stuck in yesterday 
Where you are is where I want to be 
Oh next to you... and you next to me 
Oh I need to find you...

You're the voice I hear inside my head, the reason that I'm singing 
I need to find you 
I gotta find you
You're the missing piece I need, the song inside of me 
I need to find you 
I gotta find you 

 
Blaine concluse la canzone sfumando appena le note e puntando gli occhi nei suoi, dopo un piccolo sbuffo di risata. "E' da sistemare in certi punti.", ammise. "E la casa discografica...beh, ha fatto capire che canzoni del genere non potrebbero mai fare successo, quindi in tutta sincerità non so se mi piace-"
"E' perfetta.", sussurrò Kurt, non riuscendo a fermare il proprio sorriso. "Davvero Blaine – non ho mai ascoltato una canzone che fosse...così autentica."
Gli occhi di Blaine erano grandi e luminosi. "Dici...dici davvero?"
"Non sono mai stato più sincero.", soffiò Kurt. "Le parole sono così – così tutto. Ti tolgono il fiato."
"Mi ha ispirato quella canzone, te l'ho detto.", disse brevemente Blaine. "Mi ha fatto venire voglia di tornare alle origini."
Kurt sentì una leggera vena di gelosia premergli nel petto – non aveva la più pallida idea di chi l'avesse cantata quella canzone, ma era una persona davvero molto, molto fortunata ad aver ispirato Blaine Anderson.
"So solo che non devi smettere di scrivere queste canzoni. Non devi smettere di essere te stesso.", mormorò Kurt, cercando i suoi occhi. "Me lo prometti?"
"Te lo prometto.", soffiò lui. "Oh – e grazie. Per avermi ascoltato, sai."
"Non ringraziarmi. Io...è stato davvero importante per me farlo."
Blaine lo aiutò ad alzarsi da terra e gli porse l'enorme scatola di tacos. "Allora, torni in cucina?"
Kurt sbarrò gli occhi, tossendo furiosamente. "C-che?"
"Intendo...di solito i tacos si mangiano con la salsa, quindi immaginavo che dovessi andare a prenderla."
"Oh, oh – quello.", mormorò Kurt. "C-certo. Vado a prendere la salsa."
Blaine gli sorrise dolcemente. "Grazie infinite per oggi, Kurt."
Kurt sentì il cuore perdere chiaramente un battito. "Grazie a te, Blaine."
 
*
 
La voce di Puck arrivava leggermente gracchiante dall’altra parte del telefono.
“…quindi, secondo i miei infallibili calcoli saremo lì fra un paio di giorni.”, borbottò. “Oh, e Sam chiede se gli ha fatto la famosa gabbietta per gli uccelli.”
Blaine scoppiò a ridere, rendendosi conto con un certo stupore che gli mancava passare del tempo con i membri della sua band. “Ragazzi, non c’è alcuna fretta. Mi piace stare qui.”
“Ti piace – cosa? Ho sentito bene o qualche alieno si è impadronito del tuo corpo?”
Smettetela.”, sbuffò Blaine. “Ho trovato nuovi stimoli. E ho scritto un paio di canzoni che non vedo l’ora di farvi ascoltare. Mi auguro davvero che vi piacciano, sono diverse dal solito.”
Ci fu un momento di pausa. “Sicuro di stare bene, Anderson?”, gli chiese con un sorriso. “Non ti ho mai sentito così sorridente.”
“Oh, ma smettila.”, si lamentò Blaine. “Adesso devo andare.”
“Agli ordini.”, disse velocemente Puck. “E qui Sam ti ricorda che non ti rivolgerà mai più la parola se non gli costruirai questa dannatissima gabbia per gli uccelli.”
 
*
 
Ormai Blaine sapeva benissimo dove andare quando voleva staccare un po’ da tutto, ma ciò di cui aveva davvero bisogno in quel momento era semplicemente vedere Kurt.
Andò nel loro posto segreto, trovandolo ai piedi del lago appoggiato con la schiena a un tronco d’albero piegato mentre tra le mani aveva un quaderno scarabocchiato. Gli si avvicinò con cautela, inginocchiandosi dietro di lui e posandogli le mani sugli occhi come scherzo.
“Indovina chi è?”
La risata cristallina e dolce di Kurt smosse qualcosa di impreciso dentro lo stomaco di Blaine. “Uhm – non saprei. Un mostro dai miei incubi?”
Blaine lasciò andare la presa. “Speravo di comparire nei tuoi sogni.”, ammise Blaine con un piccolo broncio. Kurt ridacchiò osservandolo con un minuscolo sorriso.
“Ciao.”
“Ciao.”, borbottò Blaine. “E’ da un po’ che non ci vediamo.”
“Sono stati giorni un po’…intensi, devo ammetterlo.”, spiegò Kurt. Tra i vari turni in cucina e tutte le prove che faceva con le ragazze, a malapena trovava cinque minuti per staccare e dedicarsi alle sue canzoni. O semplicemente, a Blaine.
“Lo capisco. La Final Jam è sempre più vicina.”, disse piano Blaine. “Beh, uhm…ti andrebbe di fare una cosa?”
Kurt alzò un sopracciglio verso l’alto. “E’ pericoloso?”
Blaine sbuffò una risata, alzandosi in piedi e tendendo le braccia verso Kurt. “Naah. Ti piacerà, fidati di me.”
 
Kurt fu d’accordo con il fatto che andare in barca non era molto pericoloso, ma era piuttosto convinto che stessero remando nel modo sbagliato, dal momento in cui non riuscivano ad andare né avanti né indietro. Ma sembrava non importare a nessuno dei due. Se ne stavano lì al centro del laghetto a ridere come se non avessero preoccupazioni di nessun genere, a scambiarsi occhiate fugaci che spesso facevano arrossire Kurt fino alla punta delle orecchie.
Fu Blaine a parlare per primo.
“Mi sento diverso quando stiamo insieme.”
Il remo si bloccò nelle mani di Kurt, che tremarono leggermente.
“E’ solo…vivo in un mondo dove non mi è concesso essere me stesso. Devo sempre fingere di essere qualcuno che non solo, calarmi una maschera per essere accettato. La cosa brutta è che spesso mi dimentico chi è il vero me stesso, e comincio ad essere sempre quel ragazzo scontroso che non vuole far vedere nulla di sé. Ma io…io non sono così.”
Kurt sbattè le palpebre una singola volta. “Lo so che non sei così, Blaine.”
“E come sono?”
Il cuore di Kurt perse un battito. “Uhm…dolce, al di là di tutto. Un ragazzo semplicissimo che ha fatto della musica la sua vita. E sei sincero.”, mormorò, sentendosi al contempo tremendamente in colpa. A differenza di me.
Blaine abbassò lo sguardo, gli occhi improvvisamente più luminosi. “Uh – wow. Nessuno aveva mai detto quelle cose su di me.”
“E’ perché non lasci che gli altri vedano.”
“Forse voglio che solo certe persone vedano.”, ribattè Blaine scrollando le spalle. I loro occhi si incontrarono per diverso tempo. “E comunque so che tu puoi capirmi.”
Kurt fece per aprire la bocca, ma Blaine ritenne giusto dargli qualche altra spiegazione.
“Non intendo solo per il fatto che siamo entrambi…gay.”, sussurrò. “Ma per il mondo di cui mi hai detto di fare parte. Con tuo padre che lavora in quell’ambiente, in Cina, sono sicuro che anche tu sia circondato da persone che fanno finta di essere ciò che non sono.”
Kurt deglutì appena. “S-sì. Continuamente.”
“E questo ti fa stare male?”
Kurt abbassò lo sguardo bruscamente. Voleva dirglielo. Erano soli, erano loro, in mezzo al loro posto speciale. Blaine era la persona di cui in assoluto si fidava di più insieme a Rachel lì a Camp Rock: bastava raccogliere quel poco di coraggio in più e confessargli ogni piccola cosa. Ma non ci riuscì.
“…un pochino.”
“So come puoi sentirti.”, sussurrò appena Blaine. “…per questo sono contento che ci siamo trovati.”
Kurt sentì il proprio cuore mancare un battito. “Anch’io sono contento che ci siamo trovati.”, riuscì a dire, ricacciando indietro le lacrime. Si concentrò sul movimento delle braccia per riuscire a far andare avanti la loro barca, e solo dopo cercò gli occhi di Blaine.
“Allora, come va la tua ricerca della ragazza dalla voce suggestiva?”
Blaine scoppiò a ridere. “Non dirmi che lo hai saputo.”
“Che c’è, i gossip funzionano bene qui a Camp Rock.”, borbottò Kurt. “Voglio solo sapere se l’hai trovata.”
“Ancora no, ma non mi do per vinto.”, borbottò Blaine, assottigliando le palpebre. “Mi sembra di scorgere un pizzico di gelosia.”
“Cos – io? Geloso? Sei fuori strada, Blaine.”, disse Kurt scrollando le spalle, sentendosi praticamente con le spalle al muro. (Sì, scorgi tanta, tantissima gelosia). Il sorriso di Blaine, oltre ad essere praticamente smagliante, era enorme.
“Uhm, certo. Niente gelosia allora.”, borbottò divertito Blaine, prima di raccogliere un po’ di acqua con le mani e gettarla su Kurt. Questo spalancò la bocca, ridacchiando immediatamente dopo.
“Questo è sleale, Anderson.”, disse con un gran sorriso, prima di bagnare il remo e scuoterlo verso Blaine, per far sì che si bagnasse.
C’erano troppe risate e troppi sorrisi per rendersi conto del mondo che li circondava. E proprio per questo nessuno dei due si accorse di Quinn, rannicchiata dietro il tronco di un albero, intenta a fissarli piena di rancore.
 
C’era particolarmente freddo verso tardo pomeriggio, quando uscirono dalla barca. Kurt tremava leggermente e fece di tutto per stringersi nei suoi vestiti, senza ottenere molto successo.
“Dio, stai congelando.”, borbottò Blaine, avvicinandosi a lui per togliersi il copri-spalle. Quello era praticamente fradicio, così lo lasciò cadere sul terreno sotto di loro, ma poi si tolse di fretta anche la maglietta, che era rimasta praticamente asciutta.
Kurt spalancò gli occhi quando si ritrovò Blaine a petto nudo, esattamente di fronte a lui.
“Forza, indossala.”, disse velocemente Blaine, aiutandolo a sollevare le braccia per infilargliela velocemente, sopra i pochi vestiti che aveva. La maglia di Blaine era a dir poco enorme e avvolgente; Kurt ci si perse dentro, abituandosi al suo profumo.
Non smetteva comunque di tremare, facendo spaventare Blaine.
“Vieni qui.”, disse a un certo punto, allungando le braccia per trascinare Kurt vicino a sé e stringerlo leggermente. “Vedrai che andrà meglio così.”
Kurt arrossì in un modo che non pensava fosse nemmeno possibile, scomparendo nell’incavo del collo di Blaine e beandosi di tutto quel calore. Rimasero così forse più dello stretto necessario, ma a Blaine piaceva pensare che fosse grazie a lui che ora Kurt aveva smesso di tremare e stava meglio.
“G-grazie.”, balbettò Kurt, tirandosi leggermente indietro per cercare il suo viso. Blaine lo guardava con una vena di preoccupazione e assoluta dolcezza. Perse un po’ di fiato quando le dita di Blaine afferrarono una ciocca dei suoi capelli che era caduta sulla fronte, un gesto leggero che lo fece rabbrividire.
Kurt vide Blaine avvicinarsi appena, mentre con gli occhi gli fissava le labbra con un certa insistenza. E stava per chiudere gli occhi anche lui e lasciarsi baciare – lo voleva così tanto che non riusciva nemmeno a quantificarlo – ma alla fine si spostò, schiarendosi la voce.
“Devo –”, borbottò, sorridendo appena. “Devo andare. Doccia. Domani…devo alzarmi presto. Scusami.”
Blaine sorrideva leggermente, e sembrava sereno.
“E’ stato un pomeriggio meraviglioso.”, lo ringraziò Kurt, prima di sparire nella foresta.
E forse solo in quel momento si rese conto del perché non aveva voluto baciare Blaine. Non voleva fargli del male. Perché a differenza di quel ragazzo che nello stare con lui si era tolto la maschera, Kurt non faceva altro che mentirgli e non riusciva a trovare quel briciolo di coraggio in più per essere sé stesso.
 
*
 
Quinn aveva smesso di essere gentile.
Aveva smesso di fare la carina e aspettare che le cose le piovessero dal cielo. Per questo aveva un piano. Suo padre gli aveva detto fin da piccola che per guadagnarsi da vivere era necessario screditare i possibili avversari, ed era esattamente ciò che lei voleva fare.
Per questo quel mattino si nascose dietro il bungalow di Kurt. Non ci era mai stata prima, visto che si trovava in un luogo abbastanza appartato del campo. Lo vide uscire seguito da Rachel – mio dio, quei due erano inseparabili – e poi un pochino più tardi, vide anche il cuoco.
Il cuoco ufficiale di Camp Rock, che ora lo stava baciando su entrambe le guance.
“Ciao papà, ti voglio bene! Appena finisce l’esibizione torniamo in cucina.”
Quinn si sedette per terra, ridacchiando come mai in vita sua. Allora era quella la verità del loro dolce, ricchissimo Kurt Hummel: era il figlio del cuoco.
E lei non aveva alcuna intenzione di mantenere quel segreto ancora a lungo.
 
*
 
Quel giorno, Blaine si sarebbe esibito al campo insieme ai Connect Three, che erano arrivati quel mattino. Kurt si mise con Rachel nelle prime file, in modo da poter vedere Blaine più vicino possibile. Verso metà canzone Kurt si chiese se quella fosse stata una buona idea, visto che Blaine tendeva a dedicargli le parti più significative (Everything I want is here with me) e Kurt sapeva benissimo che sarebbe arrivato a casa con il cuore che scoppiava.
La canzone era nuova, scritta da Blaine in quei giorni e completamente diversa dal solito genere a cui il pubblico era abituato, ma piacque moltissimo. Anche i membri della band sembravano entusiasti della scelta del loro leader, e Kurt poteva dire di non essere mai stato così fiero di Blaine.
Quando l’esibizione finì, Kurt vide Blaine e gli altri ragazzi allontanarsi per un po’, probabilmente per parlare di ciò che avevano appena cantato.
Il gruppo di amici di Kurt era in subbuglio: tutti non facevano altro che parlare di quell’enorme successo, almeno finchè Quinn non interruppe il discorso rivolgendosi a Kurt.
“Kurt, perché non ci parli un altro po’ di tuo padre?”
“Mio padre?”, chiese in un soffio, scrollando le spalle. Rachel gli si fece più vicina. “E’ un buon padre, tutto qui.”
“E’ solo che mi chiedo, sai – come sia essere il figlio del Hot Tunes TV in Cina. Perché è quello ciò che fa, vero? Non ci sono stati errori di calcolo?”
E Kurt capì che Quinn sapeva.
Dal modo in cui semplicemente lo guardava, non come sempre, e ciò come un possibile membro della squadra ma come un impostore, qualcuno che le aveva mentito e aveva mentito a tutti. Abbassò lo sguardo.
“M-mio padre…n-no. Non è il presidente della Hot Tunes TV.”
Un po’ tutti intorno a loro sospirarono di sorpresa e delusione.
“Certo. E allora cosa fa, è un vice-preside, un importante segretario?”
Quinn…”, sussurrò Rachel.
“Sta’ zitta tu. Voglio sentire parlare lui.”
Fu a quel punto che Kurt esplose. “E’ un cuoco, va bene? Qui, a Camp Rock.”
Kurt si sentiva tutti gli occhi puntati addosso, e non aveva nemmeno il coraggio di guardare in faccia i suoi amici. Amici che ben presto lo avrebbero abbandonato.
“Hai mentito a tutti, Kurt.”, disse fermamente Quinn, scrollando le spalle con veemenza. “Io davvero non posso crederci. Andiamo via ragazze, forza.”
Fu in quel momento, quel momento in cui Kurt si voltò e incontro gli occhi feriti di Blaine, che sapeva di aver perso ogni piccola cosa. E la colpa era solo sua.
“B-Blaine –”
“No, davvero, risparmia il fiato.”, soffiò Blaine, facendosi spazio tra la folla e dirigendosi verso il confine della foresta. Kurt lo seguì correndo.
“Blaine, aspetta –”
“Io mi fidavo di te.”, disse Blaine fermamente, voltandosi per incontrare i suoi occhi. Kurt si sentì distrutto nel notare che i suoi erano leggermente lucidi. “Tutto quello che ti dicevo, Kurt – era reale. Era assurdamente reale. Per la prima volta in tutta la mia vita credevo di aver trovato qualcuno che fosse diverso, qualcuno che non mentisse –”
“N-non sono mai stato falso con te, Blaine.”, soffiò Kurt a singhiozzi. “Quello che ti dicevo, ogni piccola cosa – lo pensavo davvero, con tutto il mio cuore –”
“Non ti credo più.”, sbottò Blaine, scrollando una singola spalla. “Credevo fossi migliore, Kurt. Credevo davvero di aver potuto trovare qualcuno di cui…”, la sua voce sfumò. “Lascia stare, va bene? Sei uguale a tutti gli altri.”
Kurt lo vide andare via, lasciandolo indietro con il cuore a pezzi e le mani che tremavano.
Presto due braccia calde furono sulla sua schiena.
“Non qui, Kurt.”, mormorò Rachel. “Andiamo via.”
 
*
 
Kurt passò i successivi due giorni in camera sua, a piangere stringendo forte la maglietta che gli aveva dato Blaine.
Non aveva il coraggio di presentarsi a lezione, né di farsi vedere dai suoi amici. L’unica che veniva a trovarlo era Rachel, naturalmente, che cercava di tirarlo su di morale e tenerlo al passo con i gossip del campo, anche se naturalmente la notizia più succulenta del momento era proprio quella di cui Kurt era protagonista.
Il terzo giorno, Kurt si costrinse a buttarsi giù dal letto e andare a fare colazione. Superò il tavolo di Quinn, Santana e Brittany, e si sedette accanto a Rachel. Ebbe paura che Finn e gli altri potessero mandarlo via, ma gli offrirono un dolce sorriso di incoraggiamento.
Così mangiarono con calma ciò che avevano nel piatto, almeno finchè Quinn non passò di fianco a Kurt, urtandogli una spalla.
“Saresti così gentile da far notare a tuo padre che praticamente le uova erano crude? Oh, e il pollo era secco.”
Kurt a quel punto si alzò mettendosi di fronte a lei, superandola di almeno venti centimetri.
Smettila di parlarmi in questo modo, Quinn.”, sbottò. “Smettila di parlare così a tutti. Io sarò pure il figlio di un cuoco e no, non sono ricco, ma almeno non sono una ragazzina impaurita che per stare meglio deve far stare male tutti gli altri.”, disse ad alta voce, in modo che tutti lo potessero sentire. “E preferisco essere me tutta la vita.”
Quinn assottigliò le palpebre, sconvolta. “Se non era già ovvio, sei fuori dal nostro gruppo.”, borbottò, prima di lasciare la sala insieme a Santana e Brittany. Inspiegabilmente, Kurt si sentì sollevato. Rachel gli mise una mano sulla spalla e poi lo abbracciò di slancio.
“Allora vuol dire che faremo il nostro di gruppo, okay?”
 
*
 
Le lezioni di Blaine rimasero le più difficili da seguire.
Kurt smise di saltarle dopo la prima settimana dal disastro, ripetendosi che così dimostrava solo di essere immaturo. Così ricominciò ad andarci. Blaine era spento ma mai arrabbiato; aiutava tutti i ragazzi con parole di incoraggiamento e sorrisi. Non si erano mai più parlati direttamente ma i loro occhi si cercavano di continuo, ma mai più del dovuto.
Dopo la quarta lezione, Kurt scoppiò a piangere non appena ritornato nel suo bungalow. Blaine aveva fatto un discorso d’incoraggiamento sulla Final Jam visto che ormai mancavano pochissimi giorni, e aveva detto delle cose giustissime – Siate voi stessi perché è quello che conta, è quello ciò che vi farà vincere – ma che lo avevano spezzato. Non poteva credere di aver rovinato una delle cose più belle e reali della sua vita, e di aver perso il primo ragazzo per cui avesse mai provato qualcosa di importante.
Avrebbe voluto parlargli, fargli capire che era sinceramente dispiaciuto. Confessargli ciò che provava probabilmente dal primo momento. Ma sapeva anche che Blaine non aveva bisogno di quello, e così continuò a farsi da parte.
 
*
 
This is real, this is me
I’m exactly what I’m suppose to be now
Gotta let the light
 
“Blaine?”, lo interruppe Carole, sedendosi accanto a lui sulla veranda.
Blaine le sorrise con calore. “Ciao, zia.”
“Era molto bella la canzone che cantavi.”
“Non è mia.”, soffiò Blaine. “E’ della ragazza che sto cercando. Ti giuro, non riesco a togliermela dalla testa.”
“Mai dire mai, tesoro.”, mormorò Carole. “A breve ci sarà la Final Jam, forse troverai questa ragazza misteriosa.”
Blaine annuì leggermente, pizzicando appena le corde della sua chitarra.
“Ti vedo così spento, ragazzo.”, borbottò lei. “E’ per questa storia della canzone…?”
“No, non per quello.”, disse forse troppo velocemente Blaine. “Sono successe delle cose, qui a Camp Rock…mi sono un po’ distratto, tutto qui. Credevo di aver trovato qualcuno e di essermi innamorato.”
Gli occhi di Carole si allargarono stupiti.
“…ma forse dovrei solo concentrarmi sulla mia musica e non farmi distrarre.”, borbottò con un leggero sorriso. Carole vide i suoi occhi spenti e leggermente lucidi, e si avvicinò appena per fargli capire che era lì e che lui era così dannatamente giovane – avrebbe avuto tutto il tempo del mondo per sistemare le cose.
Né Carole né Blaine si accorsero della presenza di Quinn.
Quinn che era certa di averla già sentita quella canzone, e non cantata da una ragazza, ma da Kurt.
Si passò una mano tra i capelli bruscamente. Doveva trovare il modo di non far partecipare quell’insulso ragazzino alla Final Jam.
 
*
 
Se non si considerava la stonatura finale e qualche altro errore di qua e di là, la prova di quel pomeriggio era andata decisamente bene. Insomma, più o meno.
Rachel a un certo punto rinunciò a suonare la sua console e afferrò la mano di Kurt ridacchiando, portandolo fuori dal loro bungalow per raggiungere la cucina e fermarsi a mangiare qualcosa. Era chiaro che entrambi avessero bisogno di distrarsi; alla Final Jam mancavano due giorni e Kurt era teso come una corda di violino, senza contare che non era di certo stato uno dei periodi più belli quello che aveva appena superato. Stavano mangiucchiando delle patatine scherzando sul fatto che alcune avevano davvero la forma più strana del pianeta, quando Carole entrò seguita da una Quinn furiosa.
“Sono assolutamente certa che ce l’abbiano loro.”, disse Quinn, indicando Kurt e Rachel. Loro aggrottarono all’unisono le sopracciglia, guardandola come se da un momento all’altro le fosse spuntata una terza testa.
“Scusa, non avremo cosa?”
“La mia collanina porta fortuna.”, ringhiò Quinn, incrociando le braccia al petto. “Kurt sapeva dove la tenevo. Probabilmente lo hai aiutato a rubarla.”
“Come come come frena aspetta.”, borbottò Rachel, alzando le mani. “Noi non abbiamo rubato nulla. Cosa me ne faccio del tuo stupido porta fortuna?”
“Non lo so, forse perché è d’oro? Kurt ha mentito tutta l’estate sulla sua identità, sono sicura che lo sta facendo anche ora –”
“Chiudi quel forno, Fabray.”, sbottò Kurt, ma a quel punto Carole battè le mani tra singole volte.
“Ragazzi, adesso basta. La questione è semplice, darò un’occhiata qui in giro per vedere se la collana è qui o nei vostri Bungalow. Se non è da nessuna parte, ci dimentichiamo di questo orribile equivoco, va bene?”, sussurrò Carole dolcemente, sembrando piuttosto convinta a chiudere la faccenda in fretta. Si mise a dare un’occhiata tra gli scaffali della cucina grossolanamente (Kurt pensò che fosse giusto per rendere Quinn felice), quando Rachel parlò.
“Hai una bella faccia tosta a venire qui e accusarci di qualcosa che non abbiamo fatto.”, sibilò. “Carole non troverà niente, perché non abbiamo rubato proprio –”
“Ragazzi.”, soffiò Carole, riemergendo dai banconi infondo alla cucina. “E’ per caso questa la collanina?”, mormorò, facendo vedere un filo dorato che teneva tra le mani. Kurt cercò immediatamente gli occhi di Rachel, vedendoci dentro lo stesso smarrimento.
“Non è possibile.”, disse piano, aggrottando la fronte. “Non – non abbiamo preso niente. Ci stiamo preparando per la Final Jam – non abbiamo nemmeno il tempo di –”
“Risparmia il fiato, Hummel.”, disse Quinn, la voce bassa e ferita. “Ho capito che cosa sei. Ti diverti a mentire alle persone, non è vero?”
“Ci sta incastrando, Carole!”, intervenne Rachel, passandosi entrambe le mani tra i capelli. “Non abbiamo preso nessuna collana.”
“Ma le regole sono regole, ragazzi.”, disse sconsolata Carole, porgendo la collana a Quinn. “La collana era qui. Ho le mani legate.”
Kurt sentì il cuore precipitargli nello stomaco.
“Non posso espellervi dal campo, perché ormai le lezioni sono quasi finite. Mi trovo costretta a impedirvi di partecipare alla Final Jam.”
“Che cosa?”, strillò Rachel. “Non se ne parla, stiamo lavorando tantissimo per questa competizione dall’inizio dell’estate, la prego –”
“Mi dispiace.”, soffiò Carole, sembrando devastata quasi quanto loro. “…almeno fino alla fine della Final Jam, non potrete più cantare in nessuna attività.”
Rachel prese un profondo respiro, mentre Kurt crollò su una sedia vicina. Quinn sembrava così soddisfatta da far paura, mentre lasciava la cucina con il naso all’insù.
Non c’era più niente che Kurt potesse perdere.
 
*
 
“Macho.”, disse Puck, il tono di voce né troppo alto né troppo basso. “Fammelo però un sorriso ogni tanto. Sembri mia nonna.”
Blaine alzò lo sguardo per notare che sulla soglia Puck lo stava guardando con preoccupazione. “Sto bene.”, mormorò.
“Lo vedo. Sei lì sul letto a non fare niente. Stai una favola.”
Blaine ridacchiò. “Voglio solo riposare un po’.”
“Okay.”, mormorò Puck, facendo per andare via. Tornò sui suoi passi poco dopo, offrendo a Blaine un piccolo sorriso.
“Io e Sam non te lo abbiamo mai detto apertamente, ma per noi è assolutamente okay che tu sia…quello che sei. Non c’è nemmeno il bisogno di dirlo perché ehy, tu sei così e chi se ne frega, amico. E visto che conosco quel tipo di faccia, so che stai male per un ragazzo. E…niente. Volevo solo far venir fuori questa cosa.”
“Grazie.”, borbottò Blaine fissando il soffitto.
“…non te lo puoi proprio riprendere, questo ragazzo?”
Blaine chiuse gli occhi e prese un bel respiro. “E’ lui che ha perso me, Puck. È lui che dovrebbe riprendermi.”
 
*
 
Le liste dei partecipanti per la Final Jam erano uscite, e il nome di Kurt e Rachel non c’era.
Spiccavano quelli del gruppo di Quinn, invece. Gli Hasta la vista crew, formato da tutti gli amici di Kurt e Rachel, compreso Finn. E qualche altro artista che aveva deciso di partecipare da solo.
La sera prima della Final Jam, Kurt si infilò su un maglioncino piuttosto pesante e si fece coraggio, raccogliendo tra le dita la maglia che Blaine gli aveva dato quel pomeriggio. Camminò fino al suo bungalow, bussando con le nocche con debolezza. Gli aprì Puck, il ragazzo coi capelli più strani che avesse mai visto – e nonostante Puck non lo avesse mai visto prima, gli bastò un’occhiata al viso di Kurt per sorridergli appena e indicargli una stanza al d là della porta.
Blaine si stava aggiustando la giacca quando Kurt si fermò sulla soglia della sua camera da letto.
“Il blu è un’ottima scelta.”, soffiò, vedendo quanto bene quella giacca fasciasse le spalle larghe di Blaine. Lui alzò il viso dallo specchio, rincorrendo gli occhi di Kurt e sussultando appena, le dita attorno ai bottoni che tremavano.
“Ho pochi minuti –”
“Non ho intenzione di rubarti nulla di più.”, soffiò Kurt. “Perché so di avertene già rubato abbastanza, di tempo.”
Le braccia di Blaine ricaddero lungo i suoi fianchi.
“Volevo solo dirti che mi dispiace.”, disse pianissimo Kurt, temendo per un secondo di non riuscire a trovare abbastanza coraggio ed ossigeno per far uscire quelle parole. “Mi dispiace per tutto. Per averti mentito. Per aver praticamente sgretolato con le mie mani tutto ciò che mi avevi detto. Per averti permesso di fidarti di me. E’ solo che –”, il respiro di Kurt lo abbandonò, una calda lacrima che solcò la sua guancia destra mentre cercava disperatamente di raccoglierla. “E’ solo che per la prima volta in vita mia ho visto un’opportunità di essere qualcosa di più e l’ho colta, Blaine, e la cosa mi è sfuggita di mano e non ho saputo gestirne le conseguenze, ma tu eri l’unica persona durante il percorso che non avrei mai, mai voluto ferire, devi credermi.”, disse, cercando di trattenere i singhiozzi. “Ogni cosa che dicevo riguardo a te, alle tue canzoni – era vera, Blaine. Completamente vera. Non avrei mai potuto credere che il Blaine Anderson che vedevo alla televisione potesse essere questo ragazzo dolce e pieno di vita. Tu – mi hai sorpreso, Blaine. E hai lasciato che vedessi il vero te, e so – so di essere stato davvero fortunato per questo. E so anche che averti fatto del male è stato l’errore più grande della mia vita.”
Anche Blaine aveva gli occhi lucidi. C’era silenzio tutto intorno a loro. Kurt attorcigliò le dita sopra il suo stomaco, attorno alla maglietta di Blaine.
“V-voglio solo chiederti di far vedere questo, al mondo. Il vero Blaine. Di non avere paura come ne ho avuta io. Di pubblicare le meravigliose canzoni che mi hai fatto sentire, e di non smettere mai di essere te stesso e scrivere musica. Il mondo si innamorerà di te, Blaine. Esattamente come ho fatto io.”
Blaine allargò impercettibilmente gli occhi, mentre Kurt si lasciava scappare un piccolo singhiozzo. “E’ così, Blaine. M-mi sono innamorato di te. Non l’ho fatto apposta, ed è successo tutto a un tratto, senza che potessi farci nulla. E – mi dispiace. Mi dispiace da morire di averti fatto quello che ti ho fatto. E adesso ti giuro che sparirò dalla tua vita, non ho intenzione di ferirti più di quanto abbia già fatto.”
Blaine sembrava sul punto di spezzarsi. “K-Kurt-”
“E’ okay. Va bene così.”, sospirò Kurt. “Ti lascio la maglietta che mi avevi prestato. È lavata. In bocca al lupo per la scelta del vincitore, so che avrà la fortuna di incidere un pezzo con te.”
Solo allora Blaine si voltò, ma quando lo fece Kurt era già scivolato fuori, camminando verso un albero appoggiata al quale Rachel lo stava aspettando. Gli offrì un fazzoletto.
“Ce l’hai fatta?”
“Ce l’ho fatta.”, borbottò, imponendosi di non cedere e piangere. Non potevano partecipare a nessuna attività, quindi in breve non potevano nemmeno vedere la Final Jam, così Rachel propose di andare al laghetto lì vicino per restare un po’ da soli.
Kurt si aggrappò forte alla sua migliore amica, e per la prima volta dall’inizio di quell’estate desiderò che tutto quello finisse in fretta.
 
*
 
Era seriamente la quattordicesima volta che Santana e Brittany stavano provando lo stesso identico punto della coreografia ideata da Quinn, quando per caso questa sfiorò una spalla di Santana con un dito, bloccando i passi e sbuffando sonoramente.
“Hai sbagliato.”, la rimproverò. “Dio santo, quante volte te lo devo dire che non dobbiamo sbagliare.”
Santana stava seriamente per darle una sberla in pieno viso. Non aveva sbagliato, per prima cosa. Si erano solo accidentalmente sfiorate durante un movimento.
“Era perfetto, Quinn.”, ribattè, facendola infuriare ancora di più.
“Era uno schifo, per dio, uno schifo! Fra dieci minuti andiamo in scena e non sappiamo nemmeno fare quattro passi tutte insieme, sarà un fottuto disastro per colpa vostra! E io non posso fare una figura barbina di fronte a mio padre e a Blaine e a tutto il campus, lo capite questo?”
A quel punto, Santana alzò un sopracciglio. Si mise le mani sui fianchi, e per la prima volta da tutta l’estate, alzò la voce.
“Sai cosa ti dico? La colpa non è nostra. È tua.”, disse con certezza. “Passi la maggior parte del tempo a rimproverarci per come balliamo, quando sappiamo benissimo che la migliore qui è Brittany, tu a malapena riesci ad imitare una gallina starnazzante. E prendi le cose troppo sul serio, Quinn. È un campo estivo. Ci sono venuta per stare con la mia ragazza, per divertirmi e vivere la musica, non per stare a sentire le tue lamentele da prima donna. Sei fuori di testa. Io con te ho chiuso.”
Quinn spalancò la bocca, completamente offesa. “Non ti azzardare, Santana Lopez –”
“Mi azzardo eccome, invece. Vieni, Brittany?”, soffiò, prendendola per mano e allontanandosi da Quinn. Non appena uscirono dal suo camerino, Brittany si gettò tra le sue braccia e le lasciò un bacio sulla guancia.
“Ero seriamente convinta che non l’avresti mai fatto.”, mormorò. “Sei la mia eroina!”
Santana rise dolcemente, accarezzando la schiena di Brittany e beandosi del suo profumo. “Dobbiamo chiamare gli altri, forse c’è ancora un posto per noi.”
Brittany le diede un bacio sfiorato sulle labbra. “Sei impazzita? Io ballo con gli altri. Tu no.”
Santana alzò un sopracciglio, perplessa.
“Tu parteciperai da sola.”
 
*
 
Sullo stesso ponte in cui una volta lui e Blaine avevano parlato per una delle prime volte, Kurt aveva chiuso gli occhi per sentire il vento sulla pelle, Rachel che invece era nervosissima e faceva avanti e indietro per distrarsi.
“La voglio strangolare.”
Kurt non trovava nemmeno più la forza di arrabbiarsi. Aveva perso ogni piccola cosa, compreso l’unico motivo per cui aveva creduto che valesse la pena combattere.
“Tanto chi vuoi che se ne accorga. Faranno una festa. Un’enorme festa. Addio Quinn Fabray. Non mancherai a nessuno.”
Continuava a pensare che se si fosse impegnato un pochino di più, quel tanto che bastava, probabilmente ora Blaine sarebbe stato lì con lui. Come poteva ricambiare il suo amore se nemmeno poteva fidarsi?
“Ho un’idea migliore. Aspettiamo che finisca la Final Jam, la rapiamo e la vendiamo in cambio di milioni di dollari alla mafia cinese. Mi piace. Prendiamo due piccioni con una fava: noi diventiamo ricchi e ci sbarazziamo di Quinn.”
Kurt immerse la testa tra gli avambracci chiusi, respirando piano. Gli venne da sorridere, perché le idee di Rachel erano carine. Aspettare la fine della Final Jam per rapire Quinn Fabray e-
Un momento.
Improvvisamente gli vennero in mente le parole di Carole – Fino alla fine della Final Jam – e qualcosa scattò dentro di lui, forte e prepotente. Forse Quinn non aveva rovinato del tutto la sua estate.
Afferrò una mano di Rachel, che stava ancora blaterando ad alta voce.
“Dimmi che stiamo andando ad attuare uno dei miei piani.”
Kurt rise. “Diciamo solo che stiamo andando a prenderci la rivincita.”
 
*
 
Gli Hasta la vista crew furono più che contenti di avere una ballerina in più nel gruppo. Si esibirono portando un pezzo che fece impazzire i ragazzi del campus. Qualche minuto dopo si esibì Quinn: cantò molto bene nonostante avesse perso pochi istanti prima le sue coriste così all’improvviso, ma alla fine della canzone rischiò di cadere dal palco, dopo aver visto con la coda dell’occhio che suo padre, in platea, si era assentato per rispondere a una chiamata.
Santana se la vide passare davanti in un lampo, gli occhi inondati di lacrime e il viso sconvolto, prima di farsi coraggio e salire sul palco con la sua chitarra.
Portò un pezzo molto personale, che fino a quel giorno aveva fatto ascoltare solo a Brittany. C’era tutto di lei, lì dentro – la rabbia per non aver mai tirato fuori prima la grinta, la voglia di lottare e di vincere, l’amore che provava per la musica.
Alla fine dell’esibizione, i ragazzi del campus e la giuria formata da Carole e i Connect three si alzarono in piedi, urlandole che era bravissima.
Fu la prima volta in tutta la sua vita che Santana non si sentì fuori posto.
 
*
 
Carole annunciò al pubblico che i membri dei Connect Three avrebbero scelto in qualche minuto il definitivo vincitore di Camp Rock, una volta che l’ultima esibizione fu portata a termine. Proprio mentre Carole stava per scendere dal palcoscenico, un rumore assordante che proveniva dalle casse coprì le urla del pubblico, così Carole si scusò e andò dietro il palco per cercare di capire cos’era successo, e vide che lì Rachel e Kurt la stavano aspettando, tesi come due corde di violino.
“Adesso è finita la Final Jam, non è vero?”, chiese speranzoso Kurt, guardando Carole con gli occhi pieni di luce. Lei si lasciò scappare un sorriso.
Speravo che aveste capito.”, disse sinceramente. “Fila sul palco e falli sognare.”
Kurt lasciò andare tutto il fiato che aveva in corpo, mentre Rachel si gettava tra le sue braccia. E okay, non avrebbe partecipato alla Final Jam come vero e proprio concorrente, ma era pur sempre qualcosa. Avrebbe cantato davanti a tutti.
Raccolse tra le dita il microfono e deglutì sonoramente prima di fare un passo verso il palco, i suoi occhi che vennero inondati dalle luci della platea e il vocio che diminuì all’istante. Dopo pochi momenti, una canzone riempì lo spazio intorno a Kurt, che si ritrovò a stringere il microfono tra le dita quasi spasmodicamente. E poi dopo, facendosi coraggio, iniziò a cantare.

I've always been the kind of boy
That hid my face
So afraid to tell the world
What I've got to say
But I have this dream
Bright inside of me
I'm gonna let it show, it's time
To let you know
To let you know


This is real, this is me
I'm exactly where I'm supposed to be, now
Gonna let the light, shine on me
Now I've found, who I am
There's no way to hold it in
No more hiding who I want to be
This is me


Kurt cantava con il cuore riempito di qualcosa a cui non sapeva dare un nome, mentre finalmente capì che era sempre stato tutto chiaro lì, nella sua testa e nel suo cuore. La musica era la sua vita, solo quella aveva importanza. Non doveva fingere di essere ciò che non era, doveva solo essere se stesso e mostrare al mondo il suo cuore, la sua vulnerabilità, ciò che amava davvero ed aveva faticato per diventare.
In fondo alla platea, nello stesso istante, Blaine guardava Kurt senza fiato.
Tutto quel tempo sprecato a cercare una ragazza, quando aveva avuto l’artefice di quella meravigliosa canzone davanti agli occhi. Era Kurt. Kurt con la sua voce bellissima, dolce e alta, che piano piano stava penetrando sotto la sua pelle per ricordargli tutte le sensazioni che aveva provato quel primo giorno quando lo aveva sentito cantare.
Kurt era il motivo per cui aveva ritrovato se stesso. Il motivo per cui aveva ritrovato la voglia di comporre e guarire e credere di nuovo nella sua musica.
Kurt era la voce che sentiva nella sua testa, la ragione per cui aveva voglia di cantare.
A quel punto, Sam si voltò verso di lui. “Ma è quella la ragazza che stavi cercando? Cioè, voglio dire – ragazzo. Non ho capito molto bene.”
Puck alzò gli occhi al cielo. “Tu che dici, Sam?”

Do you know what it's like
To feel so in the dark
To dream about a life
Where you're the shining star
Even though it seems
Like it's too far away
I have to believe in myself
It's the only way


This is real, this is me         
I'm exactly where I'm supposed to be, now
Gonna let the light, shine on me
Now I've found, who I am
There's no way to hold it in
No more hiding who I want to be
This is me


Per la prima volta in tutta la sua vita, Kurt si sentiva finalmente libero. Libero da tutto ciò che lo aveva costretto a mentire, libero da un passato che gli faceva paura. Libero di essere chi voleva essere.
Proprio quando pensò di concludere la canzone con le ultime note, una voce a lui molto familiare irruppe nella canzone, togliendogli ogni briciola di fiato.
Blaine iniziò a cantare per lui, gli enormi e pieni di luce e speranza.
 
You're the voice I hear inside my head
The reason that I'm singing
I need to find you, I gotta find you
You're the missing piece I need
The song inside of me
I need to find you, I gotta find you 

 
Proprio verso la fine della strofa, Kurt e Blaine cominciarono a camminare l’uno verso l’altro, incontrandosi esattamente nel mezzo del corridoio e finendo per guardarsi negli occhi senza minimamente preoccuparsi delle persone che li osservavano – in qualche modo, era come se ci fossero solo loro lì, a cantare insieme dopo essersi ritrovati, finalmente, senza paure e senza mai guardarsi indietro. Kurt prese un profondo respiro prima dell’ultima strofa, racimolando la forza di non piangere perché avere Blaine lì, che lo stava guardando e che credeva in lui, gli toglieva ogni briciola di fiato. Cantarono l’ultimo pezzo insieme, il cuore che batteva come mille cuori e le loro dita che si rincorsero nel mezzo, intrecciandosi in mezzo a loro, davanti al mondo intero.
E poi la canzone finì, e la platea si sciolse in enorme applauso.
 
*
 
Quando Kurt corse dietro le quinte, Blaine che lo lasciò semplicemente perché doveva finire di discutere insieme agli altri membri della sua band, trovò Rachel fermo ad aspettarlo, un enorme sorriso sul volto. Si abbracciarono, sconvolti per il successo che il pezzo aveva avuto e per quello che era effettivamente successo con Blaine. Stavano urlando una serie di parole senza senso, quando furono interrotte dalla vocina minuscola di Quinn.
“Siete stati bravi.”, disse loro, comparendo dagli spogliatoi e accennando un piccolo sorriso. “E io volevo solo…scusarmi, già. Per tutto quello che vi ho fatto passare.”
Kurt e Rachel si guardarono di sfuggita, assolutamente increduli. “E’ okay, Quinn.”
“So che non è okay. Mi sono comportata da stronza tutta l’estate, e spero solo…sì, di poter rimediare. Magari l’estate prossima. Sempre che voi mi vogliate dare una possibilità.”
Kurt, suo malgrado, si ritrovò a sorriderle. “Potremmo sempre pensarci.”
Quinn se ne andò annuendo, seguita da Rachel che sollevò i pollici verso Kurt un’ultima volta, prima di sparire nel pubblico. Kurt a quel punto si tenne entrambe le mani ferme sullo stomaco: non poteva crederci che avesse cantato davanti a tutte quelle persone, e di essere effettivamente piaciuto.
Fece per voltarsi e tornare dietro le quinte, quando sulle scale comparve Blaine. Aveva un sorriso sereno sul volto, la giacca slacciata sul davanti, gli occhi brillanti.
“Eri tu.”, disse semplicemente, facendo qualche passo verso di lui e scendendo le scale. “Sei sempre stato tu.”
“A quanto pare sì.”, soffiò lievemente Kurt. Blaine gli si mise di fronte, soffiando una risata. Sollevò entrambe le mani, contornando così il volto di Kurt per studiarlo per qualche istante.
“Eccoti qui.”, disse semplicemente. “Ti sto cercando da una vita.”
Kurt sentì il proprio cuore scivolargli nello stomaco, mentre raccoglieva ossigeno e cercava di non cedere sotto quello sguardo. Si morse appena il labbro inferiore.
“Mi dispiace di non essere stato facile da trovare.”, borbottò. “Di aver sbagliato, facendoti sbandare. Ma sono davvero tanto, tanto felice che mi hai trovato alla fine.”
Gli occhi di Blaine furono attraversati da un semplice brillio a quel punto. Kurt lo vide avvicinarsi con estrema lentezza, delicato e calmo, e non riuscì più ad aspettare oltre.
Immerse le dita tra i suoi capelli trascinandolo vicino, baciandogli le labbra calde e sorridendo contro di lui, il cuore che scivolava via e battendo con la stessa intensità di quando scriveva canzoni o cantava. Con l’unica differenza che Blaine non era una sola canzone, era la melodia che voleva poter sentire per tutta la vita.
Si staccarono con delicatezza, Blaine che gli accarezzò la guancia pianissimo prima di spostarsi da lui, le guance rosse e una tenera incredulità che giocava con i suoi lineamenti. “Ti stavo per chiedere se volevi ricominciare. Ma questo, beh – questo mi sembra un buon inizio.”
“Oh, okay.”, borbottò Kurt ridacchiando. “Ciao, mi chiamo Kurt Hummel. E vorrei tanto fare un giro in barca con te più tardi.”
Blaine gli raccolse la mano. “Ciao, sono Blaine Anderson, e mi sono innamorato di te.”
Kurt non ebbe il tempo di elaborare.
Ebbe solo il tempo di lasciare andare il fiato, e farsi trascinare da Blaine dietro le quinte, esattamente quando Carole annunciò che la vincitrice era Santana. Tutti applaudirono con calore, mentre lei saliva sul palco dedicando il trofeo a Brittany e accettando un abbraccio sia da Sam che Puck piangendo leggermente.
Blaine tenne Kurt stretto, passando un braccio attorno ai suoi fianchi e baciandogli una guancia. E sì, Kurt alla fine non aveva vinto la Final Jam, ma pensare di essere lì, con il ragazzo che amava che lo stringeva, un’estate meravigliosa alle spalle e mille prospettive diverse per il futuro, gli facevano pensare che in qualche modo, avesse trovato comunque la maniera di vincere.
 
Fine
   
 
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