Asteria:
il pianeta dei dieci
elementi
PROLOGO
Asteria.
Io sono nato nel
Regno della Luce del pianeta Asteria. I suoi dieci territori, che
precisamente
e perfettamente dividono l’intera superficie del Mondo in
dieci spicchi uguali,
facendolo rassomigliare ad una grossa arancia, per me sono un
impeccabile
esempio di come natura, magia ed umanità possano convivere.
Luce,
Fuoco, Metallo, Terra,
Roccia, Oscurità, Acqua, Ghiaccio, Aria ed
Elettricità possiedono ugual misura
di territorio e potere sul pianeta, con un regno proprio, una capitale
ed un
re. L’Oscurità si estende su un lato che
raramente, quasi mai, è illuminato da
Sirona, la nostra stella. Al contrario, il regno della Luce non
è mai
abbandonato dai suoi raggi.
Il
dominio del Fuoco si
estende lungo uno spicchio ricco di vulcani attivi e calore vivo.
Metallo e
Fuoco sono due territori alleati, dando il primo la materia prima ed il
secondo
la temperatura necessaria per forgiare armi e moltissime altre cose che
poi
vengono rivendute lungo tutto il Pianeta. La Terra è la zona
più fertile di
Asteria, l’Acqua il suo oceano…ogni regno
è importante quanto pericoloso, se
dovesse dominare sugli altri. Per questo, laddove questi spicchi si
incrociano,
su due punti lungo l’asse dell’Equatore, sono stati
eretti tempo fa due edifici
identici, custoditi da creature gemelle e potenti, figlie della magia
stessa di
Asteria. Leggende narrano che la loro nascita risale al giorno della
creazione.
Sono magia ed energia pura, e per questo al di sopra d'ogni re,
principe, o
abitante del Mondo. Il loro compito è mantenere
l’equilibrio fra le diverse
forze e fare in modo che nessuno prevalga sull’altro. Ruolo
infelice e
complicato, a mio avviso, essendoci odio e fastidio più che
evidente fra
diversi reami. Solo grazie alla loro grande forza ed
autorità riescono a
prevalere. Sono potenti. Potenti ma vincolate all’edificio
che le ospita per
volontà della divinità creatrice del Pianeta. La
loro libertà, infatti,
creerebbe uno scompenso nel perfetto gioco di forze di Asteria che
diverrebbe
difficile da gestire. Non hanno un nome, o perlomeno io non ne sono a
conoscenza. Gli abitanti di questo Mondo si limitano a chiamarli il
“Signore
dell’Est” ed il “Signore
dell’Ovest” e anche questa definizione immagino sia
relativa, non essendoci cartine ufficiali di Asteria ma solo piantine
singole
per ogni regno e quindi soggette a diversi punti di vista. In effetti,
potrei
lavorarci io su un progetto del genere…
Mi
chiamo Efrehem e, come
detto prima, sono un abitante del regno della Luce.
Ho
avuto la fortuna di nascere
in uno dei territori più pacifici del pianeta, essendo i
suoi abitanti
illuminati non solo dalla luce di Sirona ma anche dalla forte luce
della
conoscenza e passiamo più tempo sui libri a studiare
piuttosto che a pensare ad
altro, tipo dominare il Mondo. Questo non è un aspetto
sempre positivo, come
potete pensare…ho avuto modo di provare sulla mia pelle che
solo con la lettura
e lo studio non si arriva lontano come precedentemente credevo.
Stiamo
un po’ per conto
nostro, non partecipiamo attivamente alla maggior parte di
ciò che accade per
Asteria. Possiamo definirci
“neutrali”…anche se credo che
“menefreghisti” sia
il termine giusto. Altri, come gli abitanti del Fuoco, ci definirebbero
“codardi”.
Immagino
che il nostro temperamento
dipenda molto anche dalla divinità che regna sul nostro
spicchio di pianeta.
Ogni elemento ne ha uno, anch’esso motivo di guerra e
bisticci di varia natura
fra abitanti di credo diverso, e molti tendono ad ignorare che a
dominare su
tutto c’è la Creatrice, colei che ha dato vita
fisicamente ad Asteria, per poi
darla in “affidamento” a diversi suoi colleghi. Di
certo gli elementi e le
divinità influiscono sul nostro carattere e, ovviamente, sul
nostro aspetto
fisico. Pur avendo una “base” comune, ogni regno ha
una tipologia specifica di
abitante che si differenzia dagli altri. Alcuni per
un’inerzia, come il
Ghiaccio dove le differenze sono per lo più interne per
permettere di
sopravvivere alle basse temperature, altri sono difficilmente
classificabili come
esseri con un corpo specifico, come gli abitanti del mondo
dell’Oscurità, che
son poco più che ombre con gli occhi.
Di
certo queste differenze non
aiutano a creare una convivenza pacifica, ma alimentano la paura e la
diffidenza. Per questo, nella maggior parte dei casi, i regni non hanno
contatti fra loro ed ognuno provvede per sé, senza correre
il rischio di
incappare in “incidenti diplomatici” con
conseguente rissa fra regnanti e
richiamo finale dei Signori dell’Est e dell’Ovest.
Solo la loro presenza ha
evitato ad alcuni elementi di non autodistruggersi dopo
l’ennesima guerra. Ce
ne sono state ma, come detto, per fortuna non hanno mai toccato il
regno della
Luce, protetto più che mai dai due Signori perché
custode di moltissimi libri e
conoscenze preziose. Siamo, diciamocelo, un po’
privilegiati…chi penso io del
regno del Metallo userebbe un termine molto meno elegante, che ha a che
fare
con la parola “raccomandati”, ma leggermente
più volgare.
Questa
è la storia di un
viaggio, un viaggio che ha cambiato tutti coloro che lo hanno
intrapreso ed il
Pianeta stesso. Ogni cosa ha preso una via differente da quel giorno
non molto
lontano, che sia verso il positivo o il negativo ancora non lo so. So
solo che
la mia vita, come quella di molto altri, è mutata
radicalmente e ancora mi
batte forte il cuore al solo ricordo di tutto ciò che io ed
i miei compagni
abbiamo vissuto.
Tutto
è iniziato in uno dei
palazzi sopraccitati, uno di quelli costruiti sul punto di incontro dei
dieci
regni, precisamente nella dimora di colui che noi abitanti della Luce
definiamo
il Signore dell’Est.
I
Il
palazzo del Signore
dell’Est era di forma circolare e di color grigio chiaro,
illuminato da fievoli
candele lungo le zone prive di finestre. Ozymandias, re
dell’Oscurità, risiedeva
nell’unico punto in cui non vi era nessuna apertura
né luce e restava immobile,
in attesa di un qualche evento che spezzasse il silenzio. I dieci
regnanti dei
dieci diversi spicchi di Asteria erano stati convocati in
quell’edificio
neutrale, suddiviso anch’esso in dieci parti uguali. I
loggioni in cui erano
accomodati erano rialzati, permettendo una visuale completa degli altri
reali
presenti, e sufficientemente distanziati in modo da evitare ogni
contatto
fisico fra i partecipanti di quella riunione straordinaria. Ognuno di
loro
poteva accedere all’unica sala tramite una stretta scala in
pietra che si
presentava davanti a loro dopo una porta ad arco, di cui solo il
regnante aveva
la chiave. Le dieci porte avevano dieci colori diversi, più
per dare un tocco
artistico alla cosa che per una reale ragione, così anche le
chiavi avevano
forme, consistenza e colorazione differente. I presenti le portavano al
collo,
legate ad una pesante ed elegante catena in tinta. Zameknenit, il
giovane re
del regno dell’Aria, era il più nervoso. Si
guardava attorno con i suoi occhi
blu scuro, come spaventato per ciò che poteva accadere.
Quella era la sua prima
convocazione presso uno dei Signori e non sapeva cosa aspettarsi.
Inoltre non
amava molto restare a lungo in luoghi troppo chiusi e
quell’edificio, a suo
avviso, non aveva sufficienti finestre. Notò lo sguardo
d’odio e fastidio che
gli stava rivolgendo Vehuya, il re del Fuoco, e la cosa lo
innervosì ancora di
più. Si passò le mani fra i capelli rossi, che
gli si rizzavano sulla testa in
ciuffi appuntiti, e si accorse che l’unico rumore che si
poteva udire erano le
piume che aveva sulle braccia, di colore verde, che sfregavano sulla
pietra
della semisfera che lo ospitava. Si impose di non muoversi
più ed incrociò le
mani fra loro.
“Non
volare via, pulcino” lo
schernì Vehuya, con un largo sorriso.
Zameknenit
non rispose, si
limitò a lanciargli a sua volta un’occhiataccia.
Anche perché aveva davvero il
desiderio di volare via dalla finestra che aveva alle
spalle…poteva farlo, le
sue braccia alate glielo permettevano, ma continuò a
ripetersi nella testa di
non farlo e rimase seduto.
La
risatina di Vehuya lo
irritò ancora per un po’ e riecheggiò
nell’edificio. Gli occhi rossi di
quell’uomo erano inquietanti e spiccavano sul suo viso, pieno
di cicatrici ed
incorniciato da una massa di capelli scuri, tenuti assieme in una
treccia. Non
dimostrava l’età che aveva, almeno una settantina
d’anni, quasi il doppio di
Zameknenit che ne aveva poco più di trenta.
“Suvvia,
Vehuya! Non prendere
in giro il povero Zameky…è solo un
ragazzo!” parlò Jovihann, la regina del
Metallo.
“Zameky??!!”
si indispettì il
re dell’Aria a quelle parole.
“Hai
ragione, mia alleata…”
convenne Vehuya, ignorando il fastidio del giovane, lanciando
un’occhiata alla
regina che lasciava trasparire di che tipo di alleanza ci fosse fra di
loro
“…non ne vale la pena. Stuzzicarlo non
dà soddisfazione”.
“Non
avere paura, Zameknenit.
Non accadrà nulla di pericoloso…”
tentò di tranquillizzarlo Midir, regina della
Terra, ma il signore dell’Aria si mostrò offeso
dal suo atteggiamento
iperprotettivo ed incrociò le braccia, borbottando un
“io non ho paura” poco
convinto.
La
regina non parve apprezzare
quel gesto e si rabbuiò, infilando parte della testa nella
sciarpa che portava
attorno collo per il freddo. Socchiuse gli occhi viola ed
iniziò una serie di
esercizi di respirazione per ritornare alla sua solita calma.
“Io
mi sto annoiando…”
protestò Taranis, il re del regno
dell’Elettricità, famoso per non riuscire a
stare fermo per troppo tempo.
“Come
sempre…” ribatté
Nerektan, regina dell’Acqua.
“Non
serve stuzzicare!” le
fece notare Rocana, signora del Ghiaccio.
Eranoranhan,
il re della
Roccia, spaparanzato sul suo seggio di pietra, evitava di guardare
verso il
basso per non pensare al fatto di essere sospeso per aria dentro un
semiuovo
grigio. Si limitava ad osservare gli altri senza dire una parola,
attento a non
innervosirsi troppo o perlomeno di non farlo notare agli altri.
“Ma
è vero…non ha capacità di
controllo!” sbottò Nerektan, riferendosi al re
dell’Elettricità.
“Non
sono affari tuoi!” sibilò
Taranis, facendo scintillare qualche piccola scossa fra i suoi capelli
zigzagati e fluttuanti, di colore quasi bianco.
“Non
serve che fai pesare a
tutti che ti annoi, come fai ad ogni riunione!”
rimbeccò l’Acqua.
“Fai
a meno di venire, madama
pesce!” si limitò a dire Taranis, incrociando le
braccia e riferendosi alla
pelle squamata della regina Nerektan.
“Ma
come ti permetti di
commentare l’aspetto degli altri tu, che sembra ti sia
infilato le dita nella
presa della corrente?!” commentò Rocana.
“Parla
quella che va in giro
come una puttana in saldo” borbottò Jovihann,
tintinnando con tutti i
braccialetti e le catene di metallo che portava alle braccia.
“Io
sono vestita poco, carina,
perché sono abituata a temperature ben più basse
di quella che c’è qua dentro!
E comunque pensa per te…sembri un fantasma con tutte quelle
catene…dove tieni
la palla al piede? E quand’è che te ne vai
passando attraverso il muro?” le
urlò la signora del Ghiaccio.
Ozymandias
scoppiò a ridere. E
scese il silenzio. La risata del re dell’Oscurità
era inquietante, profonda e
vibrante. Nascosto nell’ombra della sua postazione, si poteva
vedere solo la
luce argentea dei suoi grandi occhi leggermente sporgenti.
Friedrik,
re della Luce,
sospirò. Si reggeva gli occhiali con la mano destra e
guardava fisso verso
l’alto, in cerca di un qualche aiuto nascosto
chissà dove.
“Problemi,
Friedrik?” parlò
Ozymandias.
“Certo,
mio caro. Non è
possibile che riusciate sempre a trovare una qualsiasi stupidaggine per
poter
litigare. Mai una riunione in cui non saltano fuori beghe o
risse…è possibile
che ciò accada almeno per una volta? Una convocazione in cui
possa regnare la
pace?”.
“Certo
che no, Friedrik! Siamo
elementi opposti, contrastanti, nemici! È normale che
litighiamo! Per non
contare tutto ciò che è successo nel
passato…” commentò Vehuya, lanciando
uno
sguardo infuocato a Zameknenit, che si accucciò
inconsciamente, fra le risatine
di Ozymandias.
“Siete
dei bambini” scandì bene
Midir.
“Non
so come non darVi
ragione, regina della Terra” fu la risposta di Friedrik.
“Lecchino.
Cosa speri di
ottenere alleandoti con la Terra?” insultò
Jovihann.
“Di
certo non quello che
ottieni tu con il Fuoco…e poi dai a me della
puttana!” ribatté Rocana.
“Quanto
casino inutile…”
parlottò Eranoranhan.
“Hai
detto qualcosa, re dei
sassi?!” si sentì dire dall’angolino in
cui si era rannicchiato il re
dell’Aria, che meglio di chiunque altro riusciva ad ascoltare
le voci ed i
suoni che si propagavano nel suo elemento.
Il
re della Roccia rimase
immobile, consapevole delle conseguenze che poteva provocare un suo
attacco
d’ira, con la sua grossa corporatura e con i muscoli dello
stesso materiale del
suo elemento sovrano, con un colore quasi uguale alla semisfera che lo
conteneva.
“Basta!”
tuonò qualcuno.
Tutti
si guardarono, pronti a
controbattere, ma pareva che nessuno di loro avesse aperto bocca.
“Sono
stato io a parlare”
continuò la voce.
Proveniva
dal basso e tutti,
tranne Eranoranhan, che soffriva di vertigini, si sporsero per vedere
da dove
provenisse. Dal punto d’incontro di tutti gli spicchi dei
dieci regni, ben
tracciati sul pavimento, stava emergendo una figura.
“Il
Signore dell’Est?” azzardò
Zameknenit.
“Esatto,
re dell’Aria. Non ho
mai avuto il piacere di incontrarVi precedentemente, dato che questa
è la
Vostra prima riunione. Condoglianze per Vostro padre, era un grande re.
Io sono
il Signore dell’Est. Benvenuti, tutti quanti, nella mia
dimora, nella mia
prigione, nel mio territorio… Come sempre vi trovo a
litigare fra di voi…”.
“Se
no che divertimento c’è…?”
commentò, sarcastico, Ozymandias.
Il
padrone di casa scosse la
testa, con un mezzo sorriso. Era tutt’uno con il pavimento
sottostante e si
muoveva come se fosse una massa informe. Vagamente si intuiva quale
fosse la
sua testa, anche se si distinguevano chiaramente gli occhi, che
mutavano
continuamente di colore. La bocca la si poteva intravedere solo quando
l’apriva
per parlare. Guardò tutti i presenti, in modo da zittirli
del tutto, incutendo
in loro il rispetto ed il timore che voleva e meritava. Quando
finì di
emergere, pur rimanendo senza stacchi dal suolo, era ben visibile da
tutti i
reali anche se questi restavano seduti, come preferiva fare il re del
regno
della Roccia. Nessuno parlò per alcuni minuti, forse una
tecnica del padrone di
casa per valutare se erano in grado di non litigare e fare silenzio.
“Come
in ogni altra occasione
in cui vi ho convocato, non è per giocare o per fare quattro
chiacchiere.
Sapete bene che queste riunioni non sono piacevoli, né per
me né per voi.
Oserei dire che vi detesto sotto certi aspetti…sempre a
litigare per delle
quisquilie e non notate le questioni e i problemi molto più
importanti che vi
circondano”.
I
presenti si guardarono fra
loro con aria interrogativa, riuscendo a non parlare. Di solito
venivano
chiamati per sedare guerre e situazioni delicate che, però,
al momento, non
c’erano. Era una cosa piuttosto rara ma, da una decina di
anni, non vi erano
guerre su Asteria.
“A
cosa Vi riferite?” ebbe il coraggio
di chiedere Friedrik.
Il
re del regno della Luce si
trovava nel punto più luminoso della stanza, anche
perché emetteva luce lui
stesso, ed era il più anziano dei presenti. Per questo,
probabilmente, aveva
avuto la forza di azzardare una domanda. Fissava, con i suoi grandi
occhi
arcobaleno, il Signore dell’Est in attesa di risposta. Il
Signore rispose al
suo sguardo e gli sorrise. Il re si sistemò la barba bianca
e contraccambio il
sorriso.
“Friedrik,
caro mio…come va in
famiglia? Ti trovo…invecchiato”.
“Perché
siamo stati
convocati?” insistette il re della Luce.
“Ricordi
la prima riunione a
cui tu fosti presente?”.
Friedrik
annuì, nonostante
fossero passati più di cinquant’anni.
All’epoca era un ragazzo che sfiorava i
vent’anni di vita e di certo l’agitazione di quel
giorno non l’aveva scordata.
“Quel
giorno vi avevo
convocato per stabilizzare la situazione fra Ghiaccio e
Roccia…” quella frase
provocò uno sguardo d’odio fra i due
rappresentanti di quegli elementi “…e feci
una cosa che calmò gli animi. Te la ricordi?”.
“Sì…con
le loro magie, creaste
una cosa meravigliosa. Una pietra trasparente, pura, grande, luminosa e
bellissima, a dimostrazione che con l’uso della magia
avrebbero potuto plasmare
qualcosa di stupendo insieme, invece di tentare di distruggersi a
vicenda”.
“Bravo.
Hai buona
memoria…ebbene, una cosa del genere non mi è
più possibile farla”.
“Ma…come…”.
Il
Signore dell’Est si allungò
in modo da sembrare provvisto di braccia e le puntò verso il
rappresentante
della Roccia e la regina del Ghiaccio. I due urlarono, avvertendo
chiaramente
che il Signore ne stava risucchiando la magia, e non riuscirono ad
opporre
resistenza. Fra le due escrescenze simili a braccia si
iniziò a formare una
forte luce, che fece ringhiare di fastidio il re
dell’Oscurità, e si formò una
pietra bellissima ma molto piccola.
“Che
significa? Perché una
pietra così? L’altra volta era parecchio
più grossa” volle sapere Friedrik.
“Lo
so bene. Non è colpa dei
due regnanti e nemmeno mia. È il pianeta stesso che ha
qualcosa che non và”.
La
risposta e la reazione dei
presenti si espresse in un mormorio vago, parlottando fra loro o con il
vicino
più prossimo, in cerca di risposte, pronunciando delle
domande che non avevano
il coraggio di rivolgere al Signore dell’Est, nessuno
alzò la voce.
“Come
vi dicevo prima…”
riprese il padrone di casa, dopo aver riassorbito le braccia ed
adagiato in
terra la piccola pietra “…se non foste
così impegnati a bisticciare fra di voi,
vi sareste accorti di queste discrepanze nella magia.
All’inizio erano piccole
ed ignorabili, ma ora sono davvero fastidiose per
l’equilibrio di Asteria. Ho
atteso e sperato che la cosa si sistemasse da sola ma, vedendo che la
situazione peggiorava invece di migliorare, vi ho convocati tutti
quanti”.
“E
noi…che cosa possiamo
fare?” azzardò Zameknenit, mostrandosi
preoccupato.
La
magia era una componente
fondamentale nella vita di ogni singolo abitante del Mondo e creava non
poco
disagio l’idea che potesse non essere più
disponibile oppure che mutasse,
creando qualcosa di distorto rispetto al passato.
“Giusto…che
possiamo fare? E a
cosa sono dovute queste discrepanze?” aggiunse Taranis,
mandando brevi
scintille elettriche tutt’attorno alla sua postazione.
“Sì,
e quali conseguenze
porteranno?” domandò Nerektan, stringendo fra loro
le mani palmate, mostrando
la sua evidente agitazione.
Il
Signore dell’Est non
rispose subito. Questo aumentò la tensione fra i regnanti,
che iniziarono a
guardarsi fra loro con sospetto, pronti ad accusarsi a vicenda di ogni
cosa.
“Se
la situazione dovesse
restare l’attuale…” si decise, infine, a
parlare la creatura dell’Est
“…cioè se
la magia continuasse a degenerare e diminuire a questo ritmo,
perché è questo
sostanzialmente ciò che sta accadendo, giungeremo ad un
punto di non ritorno.
Questa forza così importante per noi tutti, finirebbe col
compromettersi e
danneggiarsi irreparabilmente, portando pessime conseguenze ad Asteria
ed a
tutti i suoi abitanti. Vi ricordo che tutto
questo…” parlò ruotando gli occhi,
riferendosi all’intero pianeta “…si basa
su delicati equilibri magici”.
Fece
una pausa, più lunga
delle precedenti.
“Sì
ma…noi che dovremmo fare?”
sbottò Ozymandias, spazientito da tutti quei silenzi,
tamburellando le dita
d’ombra sulla roccia.
“Dobbiamo
intervenire subito,
prima che sia troppo tardi”.
“Come?”
incalzò il re
dell’Oscurità, essendosi il padrone di casa di
nuovo fermato.
“Io
ed il mio gemello, il
Signore dell’Ovest, siamo giunti alla stessa soluzione.
È pericolosa, e non
sappiamo a quali reali conseguenze porterà, ma abbiamo
vagliato ogni possibile
soluzione e questa è l’unica via che abbiamo per
uscirne”.
“Spiegati.
E si sa quali siano
le cause?”.
A
parlare era stato
Eranoranhan, re della Roccia, che sapeva di non essere in grado di
restare
calmo ancora a lungo.
“Le
cause sono i mezzosangue”
affermò l’Est, quasi con solennità.
“Mezzo
cosa??!!” quasi urlò
Zameknenit, per la prima volta convinto di non aver sentito bene.
“Mezzosangue.
Creature figlie
di due diversi elementi”.
“Possibile?!
Possono nascere
ed esistere creature simili?” si stupì Midir.
“Madama
della Terra, possono
esistere e ne esistono. Da quanto ne so e mi è dato sapere,
non sono nemmeno
tanto poche. Altrimenti l’equilibrio magico non sarebbe
così pesantemente
compromesso. O sono tante, o sono molto potenti. In entrambi i casi
è meglio
intervenire”.
“Le
uccidiamo tutte?” propose
Taranis, sempre piuttosto sbrigativo.
“Ma
no, stupido!” lo
contraddisse Ozymandias “E se poi ce ne sono altre nascoste?
Meglio catturarne
un gruppetto e torturarle, in modo da essere sicuri di averle
sterminate
tutte!”.
“Nessuna
di queste è la
soluzione!” li fermò il padrone di casa, con uno
sguardo di vivo rimprovero.
“Ma…come
possono esistere
simili creature? Chi le ha generate?” si informò
Friedrik, il più curioso e
desideroso di ampliare le proprie conoscenze fra i presenti,
com’era tipico
degli abitanti del regno della Luce.
“Evidentemente
le avete
generate fra di voi!” sbottò il Signore
dell’Est, ma si corresse subito notando
come tutti si stessero per accusare “Non fra di voi in senso
stretto! Intendo
dire che, fra la popolazione dei vostri regni, ci devono essere stati
dei
contatti. Alcuni elementi si combinano particolarmente bene assieme,
come
Roccia e Terra o Ghiaccio e Acqua, e devo dire che le loro unioni non
sono
motivo di grosse preoccupazioni”.
“Allora
dove sta il problema?”
disse Vehuya, impetuoso come il suo elemento di fiamma.
“Il
problema sta nelle unioni
non compatibili. Finché parliamo di Acqua e Ghiaccio non si
hanno grossi
scompensi perché entrambi si basano sugli stessi principi
magici. Ma se ad
unirsi e generare sono, ad esempio, Roccia ed Aria, la cosa si fa
più
complicata perché si viene a creare la coesione di due magie
opposte che si
devono fondere per poter convivere in quella creatura, provocando gli
scompensi
di cui prima parlavo”.
Zameknenit,
re dell’Aria, ed
Eranoranhan, re della Roccia, si guardarono quasi con disgusto.
“Come
può una leggiadra
creatura dell’Aria unirsi con un sasso ambulante
com’è un qualsiasi abitante di
Roccia?” si domandò Zameknenit.
“Sì,
infatti. Una cosetta
insignificante nata nell’Aria non può di certo
sopravvivere ad un rapporto con
una Roccia. Si spezzerebbe subito” convenne Eranoranhan.
“Sentite…non
mi riguarda come
la cosa avvenga fisicamente…ma in qualche modo è
successo e fra elementi molto
distanti fra loro, se non opposti, che hanno provocato queste correnti
avverse
al normale flusso di energia, indebolendo tutta la magia del
pianeta” concluse
il Signore dell’Est, abbassandosi leggermente, come ad
indicare che era stanco
di discutere.
Gli
opposti nella sala si
fissarono, in silenzio, lasciando spazio a mille domande. Poteva il
calore e
l’irruenza del Fuoco unirsi al freddo ed alla
staticità del Ghiaccio? O la
luminosa Elettricità avere qualcosa a che fare con la
profonda Oscurità? Nessuno
poteva realmente crederci ma, se era il padrone dell’Est a
dirlo, dovevano
crederci e fidarsi.
“Forse
è colpa
dell’Oscurità…quelli sono famosi per
essere degli incantatori” azzardò
Jovihann, rompendo il silenzio e dicendo ciò che in molti
pensavano.
“Ma…come
osi?!” ringhiò
Ozymandias, mostrando tutta la sua ira alla regina del Metallo,
aumentando il
volume dell’ombra che lo componeva.
“Suvvia,
Ozymandias…lo sai
meglio di me che sei in grado di mutare il tuo aspetto a tuo
piacimento. Puoi
ricreare perfettamente chiunque di noi con il corpo. Inoltre siete fra
i più
abili nella manipolazione delle arti magiche. Riuscireste facilmente a
convincere chiunque che siete una creatura diversa da quello che
siete”.
“Perché
dovrei mutare per
andare ad infilarmi nel letto di uno qualsiasi di un’altra
razza? La mia mi sta
benissimo! Tu, piuttosto, sei famosa per i tuoi rapporti diciamo
amichevoli con
Vehuya…”.
“Dove
vuoi andare a parare?”
si insospettì Vehuya.
Ozymandias
fece per ribattere
ma non sapeva come. Era consapevole che quelli della sua specie,
volendo,
avrebbero potuto effettivamente mutare ed era inutile pensarla
diversamente.
Riguardandosi si resero conto che nessuno poteva chiaramente
dichiararsi esente
da colpe per tutta la sua gente. Era un problema comune che richiedeva
una
soluzione comune.
“Qual
è la soluzione?” mormorò
Friedrik, alzatosi in piedi e tenendo le braccia incrociate.
La
sua corona bianco latte
brillava, illuminata dalla luce che entrava dalle sue spalle e che
creava lui
stesso, spiccando sui capelli una volta biondi, ora quasi del tutto
dello
stesso colore della corona. Aveva un’aria solenne e
preoccupata. Vehuya imitò
il suo gesto, alzandosi a sua volta, e giocherellando con la lunga
barba scura
ed intrecciata, incalzando il padrone di casa a fornirgli una soluzione
al
problema. Quasi tutti si alzarono, tranne il re della Roccia che
restava ben
ancorato al suo trono, in attesa delle parole dell’Est, che
però tardavano ad
arrivare.
“Tutto
questo necessita
un’alleanza” furono le parole del Signore, seguite
da un altro, interminabile
silenzio, che irritò tutti i reali, compresi quelli famosi
per la loro pazienza
come Midir e Nerektan.
Iniziarono
guardarsi fra loro,
perfino la Roccia ora era in piedi. Come potevano creature
così diverse anche
solo pensare di allearsi? Erano nemici fin dalla nascita di Asteria,
come
potevano andare d’accordo? E qual’era il piano dei
due Signori, di cui il
padrone di casa stesso aveva paura di parlare? Si fissavano. Occhi
infuocati,
profondi, sporgenti, enormi, coloratissimi, vuoti,
argento…solamente notando le
differenze nei loro sguardi capivano che un’alleanza era
impossibile. Erano
troppo diversi. Appartenevano a razze troppo distanti fra loro per
cooperare.
Gli Alati dell’Aria, con le loro piume che spuntavano sulle
braccia riccamente
tatuate, potevano davvero avere buoni rapporti con la pelle che pareva
di
pietra degli abitanti della Roccia? E tutti gli spuntoni metallici che
si
presentavano sul corpo della popolazione del regno di
quell’elemento come potevano
sintonizzarsi con la guizzante elettricità che sempre
circondava quelli come
Taranis? Le squame, il colore bluastro e tutte le creste, membrane e
pinne
dell’Acqua, cosa avevano a che fare con le piante, i fiori ed
i germogli che
presentava la Terra sulla pelle? No, giunsero alla conclusione che
erano troppo
diversi per pretendere di collaborare pacificamente. Il Signore
dell’Est parve
intuire quei pensieri perché parlò come se le
loro menti avessero pronunciato
apertamente quel concetto.
“Che
vi piaccia oppure no, mi
spiace, ma dovete allearvi. È l’unico
modo”.
“Ed
il piano qual è?” parlò
Rocana.
“Non
spetta a voi portarlo a
termine. Voi siete i regnanti di questo Mondo ed il vostro compito
è fare ciò
che avete fatto fin ora: i re e le regine. Siete stati scelti per
governare
perché i più forti, dal punto di vista magico e
fisico, chi più da un lato e
chi più dall’altro, fra la vostra gente e questa
forza si trasmette,
generazione dopo generazione, tramite il vostro sangue. Intraprendendo
il
viaggio che sto per proporvi, vi allontanereste per troppo tempo e si
creerebbe
il panico”.
Si
fermò un attimo per
riprendere fiato, apparentemente, in realtà voleva
verificare le varie reazioni
fra il suo “pubblico”. Si decise a riaprir bocca
quando noto gli sguardi d’odio
che gli stavano lanciando i convocati.
“Ciò
che dovete fare e
scegliere, fra la vostra discendenza o fra chi vi è
più vicino, guardie del
corpo o potenti soldati ad esempio, una persona adatta ad intraprendere
un
difficile viaggio attorno al pianeta, assieme ai nove rappresentanti
degli
altri regni, per portare a termine la missione che, forse, ci
permetterà di
rimettere in ordine Asteria”.
“Di
che missione si tratta?”
domandò Taranis.
“Anche
se voi non ne venite a
conoscenza non ha importanza. Sappiate che dovranno raggiungere i
luoghi
proibiti e se falliranno non avremo altre
possibilità”.
Gli
sguardi allarmati dei
regnanti fecero sorridere il Signore dell’Est, quasi
sadicamente. Sapeva quanto
terrore provocava in ognuno di loro le parole “luoghi
proibiti”.
“Avete
un mese di tempo a
partire da oggi” riprese a parlare “Scegliete
colui, o colei, che riterrete più
idoneo a questo delicato compito. Fra un mese esatto li attende mio
fratello,
il Signore dell’Ovest, per mostrar loro la missione nei
dettagli”.
“Che
caratteristiche deve
avere il prescelto?” domandò la regina della Terra.
“Forza,
coraggio,
determinazione, magia, rapidità, destrezza,
intelligenza…dev essere ciò che
meglio personifica il vostro elemento. Ricordate che faranno parte di
una squadra
e quindi, di conseguenza, non crucciatevi troppo se presentano anche le
lacune
tipiche della gente che rappresenta. Si aiuteranno a vicenda”.
I
re e le regine presero
tutti, contemporaneamente, un’espressione dubbiosa.
“Ad
esempio, Friedrik, so bene
che i rappresentanti della Luce non sono bravi a combattere. Ma sono
molto
intelligenti e la presenza di una creatura, con la conoscenza che so
che alcuni
di voi possiedono, sarà molto importante ai fini della
missione. Perciò trova
il più intelligente e preparato fra di voi e mandalo dal
Signore dell’Ovest. So
che in quel gruppo ci sarà l’aggressivo, il
paziente, il freddoloso, il
coraggioso, l’impetuoso…ogni caratteristica
è importante. Scegliete bene.
Magari fra i membri della vostra famiglia, che possiedono la forza
magica più
grande fra la popolazione”.
“Ma…non
tutti hanno familiari
da poter scegliere…” parlò Zameknenit.
“Scegliete
chi vi pare. Basta
che corrisponda alle caratteristiche della vostra gente. E Voi, re
dell’Aria,
non avete Vostro fratello?”.
“Non
so se è il caso che…”
iniziò il re ma fu interrotto.
“Basta,
sono stanco” sbottò il
padrone di casa “Andate, scegliete, fate un po’
come vi pare. Che mandiate
vostro figlio, vostra figlia, il vostro amante, il migliore amico o il
bastardello di qualche serva non mi riguarda. Fra un mese esatto,
però, tutti e
dieci devono essere presenti al cospetto del Signore
dell’Ovest. Adesso sparite
dalla mia vista e smettetela di avere istinti omicidi nei confronti dei
mezzosangue…alla Creatrice non piacciono!”.
Detto
questo scomparve
lentamente, ridivenendo tutt’uno col pavimento e con il resto
del Mondo. Scese
il silenzio, i re e le regine, dopo un sospiro ed un ultimo sguardo
verso il
punto dove un tempo c’era il Signore dell’Est, se
ne andarono. Lentamente, e con
migliaia di domande senza risposta nella mente, scesero le scale e
chiusero la
porta di quell’edificio grigio, senza notare i confinanti che
facevano lo
stesso, e si apprestarono a tornare alla loro capitale, ognuno con i
propri
mezzi, rimuginando su chi scegliere per salvare Asteria ed i suoi
abitanti.