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Autore: polymerase3    21/10/2015    0 recensioni
Non ho mai approfondito il genere fantascientifico; ultimamente, però, sto sviluppando grande interesse per le scienze biologiche, che diventeranno -almeno spero- il mio futuro universitario. Ho concepito questa idea molto velocemente, cercando qualcosa di originale da presentare ad un concorso di scrittura con tema "il valore della vita". Sfortunatamente, ho dovuto scartare il racconto all'ultimo minuto, dimenticandolo fra i documenti del mio computer. Mentre lo scrivevo, però, ho provato un'attenzione particolare verso queste parole, così fluide e libere; i temi sono diventati sempre di più e, un po' per l'eccessiva libertà, un po' per la delusione dovuta allo scarto repentino dal concorso, la storia mi è sfuggita di mano. Così, pian piano, l'ho dimenticata. Stasera la rileggo e risento quel legame particolare, l'attenzione all'ambientazione e alla biologia, il tema dell'umanità e del rapporto tra tradizione ed evoluzione, sebbene ancora abbozzate, rappresentano al meglio il vigore intenzionale che volevo rappresentare. Ho deciso quindi di proporlo qui, cercando magari qualche ispirazione per continuarlo e svilupparlo al meglio.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1

 

VOCE MASCHILE (con tono allegro e incalzante): Usate l’uomo. La macchina interplanetaria  più economica ed affidabile.

VOCE FEMMINILE (stizzosa): Ed io cosa sono?! Non sarai mica maschilista, vero?

VOCE MASCHILE (imbarazzata): Ehm…mi correggo. Usate l’uomo e la donna. Le macchine più economiche dell’universo!

 

 

Usate l’uomo.

Quanto possono essere stupidi i tele-Giornali?

Sulle pareti di metacrilato risuonano altri -pochi- tenui borbottii.

Capisco che sono già le 12:00, l’ora di trasmissione dei Giornali Telepatici e che, quindi, ho ancora altri quindici minuti di lavoro.

Un lieve formicolio all’altezza della nuca preannuncia l’arrivo di una nuova notizia. Parte una marcetta assordante, una di quelle che implode nei timpani, manco fossero casse di un amplificatore. Ancora pubblicità. Non c’è niente di meglio di un tele-Spot poco prima di staccare dal lavoro.

Dopo un lieve pizzicore della retina, l’iride s’illumina; dai miei occhi chiari parte un fascio di luce conica che si estende davanti il mio banco da lavoro. Le pareti di metacrilato trasmettono altre ombre, una quarantina di coni luminosi da cui nasce un’immagine. Lo spot sta per cominciare.

Visualizzo un marchingegno sottilissimo e finemente elaborato, l’ultima innovazione in fatto di telefoni oculari. 

Certo, dopo un po’ ci si fa l’abitudine, eppure non si è mai abbastanza rilassati per poter sopportare i fonogiornalisti ogni tre ore, piazzati in bella mostra davanti il tuo occhio destro.

Ci sarà forse un pazzoide che deciderà di annientare la quiete del suo secondo occhio con chiamate e messaggi?

 

VOCE MASCHILE (ESORTANTE): AFFRETTATEVI! RESTANO SOLO 225 MODELLI!

 

La domanda, amico mio, è pleonastica. 

 

2

 

Il lavoro continua, inesorabile, cinque minuti dopo la pausa pranzo.

Alla tredicesima ora si stagna in un ruscelletto secco e arido, dove l’acqua bagna a malapena la melma sabbiosa del fondo.

L’Aula Cromosomica s’impasta in un’arietta densa, grumosa e corrosiva, conseguenza diretta del problema di ventilazione che va avanti da ormai tre sol.

Quando Marte fu visitato dai primi umani -parliamo dei tempi in cui, per mancanza di mezzi, bisognava ancora impacchettarsi per bene se si voleva camminare su suolo marziano- trovarono un’atmosfera decisamente rarefatta.

Il problema si risolse, se la memoria non m’inganna, solo a partire dal ventitreesimo secolo, qualche annetto prima della colonizzazione ufficiale.

L’inseminazione di vegetali geneticamente modificati, capaci di una fotosintesi artificiale estremamente rapida, migliorò di molto il problema, donando a Marte un quantitativo d’ossigeno necessario alla crescita e proliferazione di esseri ed organismi viventi.

Al giorno d’oggi, più di duemila esemplari di piante OGM popolano Marte, senza mai alterare il processo di fotosintesi accelerata che, fino ad ora, non ha mai incontrato problemi di alcun tipo.

Eppure, specie nei luoghi chiusi, capita ancora di percepire un’eccessiva porosità dell’aria: quel caratteristico odore aspro e pungente del ferro tipico di alcuni luoghi del pianeta rosso.

Ogni marziano che si rispetti, di conseguenza, non perde mai l’abitudine di portare con se una bomboletta di mascherine spray quando naviga in luoghi chiusi e assai affollati.

La fotosintesi accelerata può anche funzionare, ma quanto è accelerato il ricambio d’aria? Una delle tante cose che non mi spiego.

Prendo la bomboletta e mi spruzzo sul viso una mascherina-spray. Di sicuro non sono state brevettate per chi lavora nelle Aule Cromosomiche; l’ossigeno tascabile comincia a prudere intorno la bocca, mentre ho la continua impressione che la mascherina declini sempre più verso il mento.

Oggi siamo tanti, il ricambio d’aria è minimo e il lavoro da fare è eccessivo.

Sarà che è ormai raro trovare un terrestre fra i superstiti che accetti di ricominciare la propria vita su Marte,  ma è da un po’ che il numero delle richieste di nascita continua, sol dopo sol, ad aumentare. A volte penso, perché la gente ha così tanta voglia di fare figli? Marte è davvero il pianeta perfetto che tutti desideriamo?

Sono poche le cose che non sopporto di Marte; ad eccezione dell’aria qualche volta irrespirabile e dell’ossido ferrico che sporca vestiti e scarpe, sono ormai abituato a tutto il resto. Eppure, tante sono le cose che ancora non capisco.

Abbasso lo sguardo sul mio foglio di gomma:

xx, xy, xx, xy, xy xey …

Un maschio emofiliaco?

Ci sarà sicuramente un errore.

Meglio ricominciare.

   
 
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