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Autore: Walpurgisnacht    22/10/2015    3 recensioni
Provate a immaginarvi una variazione sul tema, un momento di lucidità e chiarezza.
Poi provate a immaginarvi che, esattamente come col gatto di Schröndinger, quell'evenienza è accaduta e allo stesso tempo no.
Poi divertitevi con quanto ne consegue.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Chloe Price, Max Caulfield
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Frequencies'
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WARNING!
Abbiamo iniziato a scrivere questa storia un mesetto fa, molto prima che la Dontnod rilasciasse Polarized (uscito due giorni fa): pertanto, oltre a qualche somiglianza (del tutto casuale), troverete tante cose diverse e che abbiamo solo potuto ipotizzare durante la stesura della shot, ma speriamo comunque che questo What If? possa piacervi.    
Detto ciò, vi auguriamo buona lettura!

Mana Sputachu & Subutai Khan

****

"E il vincitore è... oh, che shock! Victoria Chase!"
"Oh mio dio!"
Oh sì, un vero shock. Such surprise. Mi chiedo se anche il resto dell'accademia che ora l'applaude sia genuinamente incredula o semplicemente finga bene.
"...e vorrei dedicare questo premio a Kate Marsh, la vera Everyday Hero della Blackwell. Spero che torni presto. Grazie!"
Non riesco a non inarcare un sopracciglio, domandandomi se sia una recita anche questa.
"Wow, Victoria ha vinto. Che sorpresa. Non posso credere che abbia cercato di ricattare Jefferson... " borbotto tra me e me. "No, non è vero. Ci credo eccome."
"Sai chi se ne fotte" ringhia Chloe accanto a me, "Rachel è comunque morta. E io voglio solo prendere Nathan a calci in culo. Adesso."
Annuisco, dirigendomi insieme a lei verso l'uscita: "Anch'io. Andiamo a controllare i dormitori!"
Siamo a pochi passi dall'auto, quando Chloe si ferma di botto.
"Cosa c'è?" chiedo, e noto che ha il cellulare in mano: "Nathan. Mi ha appena mandato un messaggio."
Mi avvicino e leggo il testo:

Sono felice che tu abbia dato un'ultima occhiata a Rachel, perché nessuno la troverà più dopo che avrò finito.

Io e Chloe ci scambiamo uno sguardo allarmato.
"Merda... dobbiamo andare alla discarica, ora!" urla, correndo verso la sua auto.
Il mio primo istinto sarebbe di seguirla ma... è la cosa giusta da fare?
Andare dalla polizia sarebbe la soluzione più logica, ma non ci crederebbero mai... e se chiedessimo aiuto a David?
"Max!"
Il tempo stringe, e io non so cosa fare.

*


“Avanti Max, non stare lì impalata come uno stoccafisso! Andiamo! Dobbiamo fermare quel pazzo!”.
Zitta Chloe, stai zitta un attimo.
Sto cercando di capire se ci stiamo per gettare a peso morto dentro il Monte Fato.
Insomma, per mezza giornata e oltre Nathan sparisce e improvvisamente se ne salta fuori con un messaggio del genere… che puzza terribilmente di trappola per pesciolini ingenui?
Mi tornano alla mente le parole di Joyce: “Spero che tu possa essere una buona influenza per Chloe”.
Ecco, quale momento migliore per dimostrare che la sua fiducia in me era ben riposta?
“Va bene, visto che come al solito mi dai buca nei momenti più importanti andrò da sola”.
Oh no, non ci provare. Stavolta il pistolotto del senso di colpa non funziona.
La trattengo per un braccio proprio mentre sta per riprendere la marcia.
“Chloe, un attimo”.
“Che cazzo vuoi, Max? Mi stai facendo perdere tempo prezioso!”.
“Vuoi fermarti mezzo secondo a riflettere, per l’amor del cielo? Ti pare normale che Nathan si faccia vivo solo adesso, dopo che alla festa nessuno sapeva dove fosse?”.
“Cosa vuoi che me ne fotta! Il bastardo sta andando a manomettere le prove che lo incastrano!”.
Respira Max, respira. Per te e per la tua avventata amica.
“Non è vero, c’è sempre il bunker con le foto! Inoltre, pensa a quanto sappiamo. Nathan dove cavolo la trova la lucidità di fare tutto questo se nell’ultima settimana era più drogato di un cavallo, o comunque palesemente fuori di testa? E poi abbiamo noi il suo cellulare”.
“È un fottuto Prescott, userà i cellulari come carta igienica!”.
“Chloe, non ti posso permettere di andare. Non così a testa bassa. Se anche fosse davvero Nathan… ti pare furbo andare ad affrontarlo al buio sole io e te? Sai bene che ha una pistola e non ha paura ad usarla!”.
“Perché, questa cos’è? Uno stuzzicadenti?” sbraita facendola volteggiare davanti alla mia faccia.
“D’accordo, ma siamo noi ad andare nella tana del lupo. Chi o cosa gli può impedire di prenderci alle spalle e riempirci di piombo prima che noi ci si accorga di nulla?”.
“Maxine Caulfield, se non sei con me… sei contro di me. Hai tre secondi per decidere”.
Ecco, l’ha fatto. Oltre al mio odioso vero nome… l’ultimatum.
Questo è stato un errore da parte tua.
Senza controllo cosciente la mia mano si muove da sé e impatta con la guancia sinistra di Chloe. La forza non è eccessiva ma il gesto è grave.
“Non ti devi azzardare mai più a mettermi con le spalle al muro in questo modo, Price. Io sono dalla tua parte e non dovrei essere qui ora a ribadirlo per l’ennesima volta, lo dovresti sapere benissimo da te. E proprio perché sono dalla tua parte sto cercando di impedirti di commettere una gigantesca stronzata che potrebbe costarti la vita! Chloe, io… io ti ho vista morire. In più di un’occasione. Se mi vuoi davvero bene, e al contrario tuo io non lo metto in dubbio, risparmiami la possibilità di vederti un’altra volta per terra con un proiettile in pancia. Per favore…”.
Si tiene la parte offesa, sconvolta dalla scenata.
Io… temo di aver esagerato. Ma è troppo egoista e troppo idiota da parte sua pretendere che la segua scondinzolando come il vecchio Pompidou.
“Porca eva” riprendo “il tuo patrigno è un ex marine, o un ex berretto verde. O quel cazzo che è. So perfettamente che non lo sopporti e non mi sento neanche di biasimarti per questo, ma perché non rivolgerci a lui per un po’ di protezione extra? Oppure… che ne so, qualcuno che possa guardarci le spalle. Lo sto dicendo per il tuo bene, brutta cretina che non sei altro! Come puoi non capirlo?”.
Un passo indietro. Lacrime che mi salgono.
L’ho ferita. So di averla ferita.
Ma non me ne pento.
Se si sente ferita vuol dire che è viva.
Cerco di addolcire il tono quando riprendo a parlare: “Chloe, scusami. Sono andata un po’ troppo oltre e lo schiaffo potevo evitarlo. Ma mi è sembrato il modo migliore per bloccare l’accelleratore che stavi schiacciando a tavoletta. Chiamalo quinto senso e mezzo, chiamalo intuito femminile, chiamalo Rosebud… ma mi sto convincendo che è una trappola. Non trovo altra spiegazione logica per una mossa così insensata da parte sua. Che amica sarei se ti permettessi di andare a gettarti in questo modo sconsiderato nelle sue fauci? Capisci che sei tu la mia prima preoccupazione in questo istante? Capisci che il mio remarti contro ha come unico scopo la tua salvaguardia?”.
E niente, scoppio a piangere come una bambina.
In questo istante emergono sensazioni che nel corso degli ultimi giorni ho tenuto al guinzaglio dentro di me: tutto il dolore che ho provato quando è ripetutamente stramazzata senza vita di fronte a me; l’angoscia che anche una semplice ombra sapeva, e tuttora sa, suscitarmi; quell’orribile presentimento che io e lei saremmo finite a fare compagnia ai vermi o, in alternativa, ingoiate intere dal tornado.
Pensieri allegri.
Ho represso tutto, cercando di nasconderlo sotto al tappeto. Ora che però il suo scarpone ci ha camminato sopra con la grazia che la contraddistingue, la polvere è stata sparata fuori.
“M-Max…” è tutto ciò che riesce a dire. Nei suoi occhi leggo rimorso, perché ha lo stesso sguardo che mi ha rivolto in ospedale poco prima che andassi a trovare Kate.
Forse l’ho convinta, ‘sta testona.
Abbassa la mano.
“Sono io a dovermi scusare. Come al solito mi sono fatta prendere dalla fretta, me e questa mia maledettissima fretta. Nessuno prima d’ora aveva avuto l’ardire di rifilarmi una sberla pur di costringermi a starlo a sentire, e quel che hai detto e come l’hai detto dimostra oltre ogni ragionevole dubbio che non stai mentendo e che davvero sono la prima delle tue preoccupazioni. Questa… è una cosa bellissima da parte tua, Max”.
E va bene, l’abbraccio te lo meriti.
GLOMP.
“Chloe *sniff*... grazie… finalmente *sniff*... hai capito…”.
“Non sarei Chloe Price se prima non ti facessi sbattere cinque o sei volte la testa contro un muro, d’altronde”.
“Ostinata… come *sniff* sempre…”.
“È per questo che ti piaccio, no?”.
“...”.
Non farmi domande equivocabili quando sono così emotivamente fragile, cacchio.
“Avanti” dice poi con un cipiglio sicuro ma più posato “andiamo dal mio adorato idiotrigno”.
Eh?
Alzo la testa, incontrando puntualmente i suoi occhi.
“Sei *sniff* sicura di volerlo fare? Ci sarà qualcun altro *sniff* che…”.
“Non posso negare che, per quanto mi stia sulle palle, in una situazione del genere è la nostra opzione migliore. David Madsen è sicuramente la persona più adatta per coprire due adolescenti che giocano alle detective”.
Sorride.
Il peggio è passato.
Sono fiera di me stessa. Sento di aver fatto la cosa giusta.

*


"Andiamo Max, muoviti!"
"Shhh! Vuoi farti sentire da Nathan?"
"Lo sa già che siamo qui!" e sprinta verso la tomba della povera Rachel, lasciandomi indietro ad ansimare. Lo so anche io che è qui, ma sarebbe comunque il caso di non annunciarci in maniera così plateale, ti pare?
Peccato mi manchi il fiato per inseguirla e dirglielo.
Mi fermo un secondo a riprendere fiato, davanti al piccolo rifugio di Rachel e Chloe... e, per qualche strano motivo, sento di dover entrare. Non so perché. Sarà il mio senso di ragno.
"Max! Ti muovi?"
No ma fatti sentire fino in città, eh?
Le faccio cenno di sì, ma prima voglio dare un'occhiata lì dentro. Mi faccio luce con il cellulare e mi guardo attorno: tutto è come l'abbiamo lasciato, le cianfrusaglie di Rachel, le bottiglie vuote, le scritte...
Oddio.
Mi volto verso la scritta Rachel era qui, a cui avevo aggiunto un Anche Max era qui.
Qualcuno ha coperto era con una x rossa, sostituendolo con è.
E i nostri nomi - Rachel, Chloe e Max - cerchiati in rosso, con il messaggio Morirete qui.
Senza pensarci due volte mi fiondo fuori e raggiungo Chloe, accovacciata accanto al loculo.
"Ok, è ancora qui..." sospira, visibilmente sollevata.
Mi guardo attorno, di Nathan neanche l'ombra. Non so se questo sia un bene o un male. Poi lo sguardo mi cade sul corpo.
"Chloe... non guardare."
"Eh?"
Non faccio in tempo a rispondere perché qualcosa mi punge sul lato del collo.
"Max, no!"
Il mondo comincia a girare attorno a me, e le gambe cedono: tutto ciò che riesco a vedere è Chloe alzarsi di scatto e puntare la pistola a qualcuno.
E poi cadere a terra, con un buco in fronte.
Vorrei urlare il suo nome, disperarmi e riavvolgere il tempo ma non riesco a fare niente di tutto questo: la mia bocca emette solo mugolii e la mano non obbedisce.
Posso giusto voltare lo sguardo verso l'intruso.
"Mr. Je... Jefferson?"
Tutto il resto è buio.

Quando riapro gli occhi una luce bianca mi acceca.
Mi ci vuole un po' per mettere a fuoco l'ambiente, ma quando ci riesco vengo colta da un senso di nausea.
La Dark Room.
Il mio primo pensiero è alzarmi ma il mio corpo non risponde; a malapena riesco a girare la testa e biascicare qualche parola.
"Ah, vedo che ti sei svegliata."
Una voce familiare.
Jefferson.
Mi volto per quanto la posizione me lo consente ed è lì, davanti alla scrivania: è di spalle, ma lo vedo armeggiare con quella che mi sembra una siringa e... flaconi.
"Hnn... hmm..."
"Buona, Max, buona" commenta, senza neanche voltarsi. "Non costringermi a drogarti ancora, non voglio" prosegue, rimuovendo l'ago dalla boccetta. "Non ancora."
Dopo di che posa la siringa sul tavolo e mi si avvicina, osservandomi dall'alto.
"Non volevo dover arrivare a tanto Max, credimi" sospira, e sembra quasi... dispiaciuto?
Scuote la testa: "Ma tu sei così testarda, così... ficcanaso! Te l'avevo detto di non immischiarti troppo, no? E invece tutte quelle domande su Kate... e Rachel" sussurra, rimanendo in silenzio per qualche secondo. Poi: "Lei non sarebbe dovuta morire, sai. Non era mai successo, nessuna di voi doveva farsi male."
Voi...? Significa che ero in lista anche io, dopo Victoria?
La sola idea mi fa vomitare, ma il mio corpo si rifiuta di fare anche questo. E da un lato è un bene, sono così intontita che soffocherei nel mio stesso vomito. Yuck.
"Ti assicuro che non ti avrei torto un capello" continua, immerso com'è nel suo soliloquio, "solo qualche foto artistica e saresti tornata a casa tutta intera. D’altronde sono un creativo, io, mica uno psicopatico da quattro soldi. Magari ti avrei fatto qualche foto assieme alla tua amica punk, se solo non fosse stata così aggressiva... e invece ora devo occuparmi di un altro cadavere." sbuffa infastidito.
Improvvisamente mi torna alla mente l'immagine di Chloe stesa per terra in un lago di sangue.
Oddio, oddio... fa’ che sia ancora in tempo...
Ma ho le mani legate, in senso letterale. Evidentemente quel pazzo di Jefferson non si fida troppo dei suoi intrugli.
Dio, fa male pensare che lo ammiravo così tanto... mi sono iscritta alla Blackwell per lui, dannazione!
No, niente rimorsi. Non per lui. Ho altro a cui pensare.
Mentre Jefferson è immerso nel suo monologo da super cattivo dei fumetti cerco in ogni modo di liberare le mani ma sono legate troppo strette. Provo allora a riavvolgere, e sperare in un miracolo: per un attimo la realtà attorno a me vacilla, ma è solo un istante e poi tutto torna normale. Sono ancora troppo debole.
Ma se non mi sbrigo sarà troppo tardi.
E Chloe... Chloe...
“Mi spiace davvero Max, sai? Non scherzavo quando ti dicevo che eri tra i miei migliori studenti.”
Cos’è, prendi per il culo adesso?
Poi il suo cellulare squilla. Si volta verso di me, poi si allontana per rispondere: “Ti avevo detto di non chiamare!”
Purtroppo non riesco a sentire la voce del suo interlocutore, ma lui sembra decisamente alterato.
“Ho tutto sotto controllo, sì. Smettila di darmi ordini, non sono tuo figlio.”
Figlio? Sta parlando con Sean Prescott?
“Nathan? Tranquillo, lui sta bene.”
Non so perché, ma quella frase mi gela il sangue, e un dubbio terribile mi assale… poi noto sul divano una cosa che avevo visto prima.
Una giacca rossa, come quella di Nathan.
Oh merda… anche lui…?
Comincio istintivamente a dimenarmi, approfittando del suo momento di distrazione: lo scotch sui polsi non sembra venir via e l’unica cosa che ottengo è la maglia che mi si solleva e dei fazzoletti che cadono dalla tasca.
Un momento.
Insieme ai fazzoletti c’è qualcosa di familiare, una polaroid. Quella che aveva scattato Warren, poco prima di entrare al party del Vortex Club…
Forse…
Cerco in ogni modo di avvicinarla a me, sperando di avere abbastanza tempo.
E che soprattutto funzioni.
Funzionerà. Deve funzionare.
Non accetto che Chloe… Chloe… o santo cielo…
Cazzo. Cazzo. Cazzo!
DEVO farcela.
Quando ormai sono a pochissima distanza dalla foto, con Jefferson che per fortuna continua a darmi le spalle…
FLASH.
Vedo me e Chloe, abbracciate. E mi vedo come se fossi un’altra persona.
FLASH.
Poi sono di nuovo nella Dark Room.
Che… che è successo?
Ah, ma bene. Sento il naso sanguinarmi.
Zitta Max, non distrarti.
Devi raggiungere quella maledetta foto.
Striscia. Soffri. Ignora la sensazione di intorpidimento. Ignora il naso che perde. Ignora la paura di farti beccare e probabilmente ammazzare per direttissima.
Questo è più importante di tutto il resto.
Dopo quella che mi sembra un’eternità, e che invece probabilmente sono stati non più di quaranta secondi, ci riesco.
Sto osservando la mia faccia e quella di Warren, una coppia di poveri ingenui che non sanno nulla.
E la magia si attiva da sola.

*


“Max, toglimi una curiosità”.
“Dimmi, Chloe”.
“Hai pensato a cosa dovremmo dirgli?”.
Ehm. Bella domanda, socia.
Solo in questo momento realizzo le reali implicazioni della mia trovata.
Presentarci davanti alla porta di David e parlargli di questo nostro piccolo problemino… significa dover confessare che siamo andate a ficcanasare nei suoi dossier. Più di una volta. E ho come la vaga, vaghissima idea che questo si ripercuoterà in maniera leggermente negativa sulla vita casalinga di Chloe.
Ancora che non sono intervenuta contro di lui ieri, quando a casa Price è scoppiata quella baruffa. Se lo avessi fatto non so da quale parte del corpo avremmo tirato fuori la faccia tosta di farci vive adesso.
“Dal culo. E da dove sennò?”. Grazie, Chloe che vive nella mia testa. Mi mancava la precisazione.
Oh senti, è vero che non ci siamo comportate in maniera proprio correttissima nei suoi confronti. Ma qua si parla di vita o di morte, mie e della sua figliastra.
In questi ultimi giorni, contro il comune buon senso, ho sviluppato la bizzarra teoria che David sia sincero quando dice che a Chloe ci tiene e che vuole solo il suo bene.
Quindi, sempre che non abbia preso un granchio clamoroso, mi piace pensare che sia disposto ad aiutarci comunque.
“Ebbene, Mad Max? Aspetto una tua mirabolante risposta”.
“Perché non ti preoccupi di guardare la strada mentre guidi questa carretta?”.
“Mi preme ricordarti che la carretta è ciò che ti ha salvato le chiappe mentre Nathan stava facendo a pezzi il tuo spasimante”.
“Beh, non posso negarlo…”.
Per un attimo ho avuto l’impulso di fare una battuta di cattivo gusto sul fatto che la carretta era parcheggiata in maniera barbara nella zona riservata agli handicappati. Lei non avrebbe capito dove stava il cattivo gusto, ma io sì. Fin troppo bene.
So che dovrei risponderle, e appena me ne sentirò in grado lo farò. Ma non posso fare a meno di pensare a quella Joyce e a quel William che hanno trovato il corpo senza vita…
Shush. Non distrarti.
“Temo” prendo parola senza alcuna esortazione esterna “che saremo obbligate a dirgli come siamo giunte al punto in cui siamo. Il che significa dovergli spiegare da dove abbiamo ricavato le informazioni. Tutte le informazioni”.
“Tutte?”.
“Tutte. Se vogliamo assicurarci la sua assistenza penso non sia il caso di nascondergli nulla. E comunque è facile che, se anche evitassimo di parlarne, ci possa arrivare da solo. A meno che Arcadia Bay non pulluli di investigatori privati che pedinano tutto e tutti”.
La voce di Chloe si alza di qualche decibel: “Ti rendi conto che questo mi mette in un bordello senza fine? Non potrò più neanche respirare in santa pace là dentro!”.
“Sì che me ne rendo conto, e mi dispiace. Non era previsto. Ti chiedo scusa”.
Prende un sospiro profondo prima di rispondermi: “...non fa nulla. Ho deciso di darti retta e sono disposta a pagarne le conseguenze. Almeno per oggi eviterò scene madri, gelosie assortite e tutto il carrozzone delle stronzate da egoista che mi contraddistingue. Oggi guidi tu”.
“Veramente sei tu al volante al momento…”.
“Cretina”.
Oddio, quant’è bella la risata di Chloe. Me l’ero quasi dimenticata.
“Ohi. Max, il tuo naso!”.
Che ha il mio naso? Starà mica ancora…
Eh sì. Sanguina.
FLASH.
Sto… sto strisciando per terra. Mi sembra di avere le gambe legate con del nastro adesivo.
FLASH.
“Uoh. Max, stai bene? È ancora come martedì?” chiede Chloe inchiodando il furgoncino.
“Tutto… tutto ok. No, non è come martedì. M-Mi sento solo un po’... scossa”.
Ci vogliono un paio di minuti ma riesco a convincerla a proseguire, che abbiamo comunque poco tempo.
BEEEP.
“Max, guarda tu il mio cellulare per favore”.
Eseguo.

Ah, quindi non ti interessa della tua amichetta? Bene.


“Nathan…”
“Cosa? Cosa dice quello stronzo?!”
“Guarda la strada!” le urlo, tornando a guardare lo schermo del suo cellulare: “Credo… credo che sia alla discarica, da Rachel-ARGH!”
Quella pazza frena di botto e quasi non finiamo fuori dal parabrezza.
“Non avevi detto niente scene madri?!”
“Dobbiamo tornare indietro!”
“No! Dobbiamo andare da David, ricordi?”
“Ma se non andiamo adesso quel bastardo potrebbe far sparire Rachel!”
...un punto per te, Price.
La situazione è critica e tanto per cambiare non so che pesci prendere.

*


Quando la testa smette di girare mi accorgo di essere nel cortile della Blackwell.
Ce l’ho fatta. Max the Ninja alla riscossa, anche se continuo a girare come in quella vecchia canzone dei Dead or Alive…
“Solo una foto per i poshteri… *hic*! Shento che il mondo potrebbe finire shtashera… hic!”
Il flash mi acceca per un secondo, poi un Warren ubriaco mi restituisce la polaroid e la foto appena scattata: “Scushate, sono una shpina nel fianco… ma volevo comportarmi da shtudente normale, per una sera… *hic*!”
Caro Warren, se solo sapessi quanto prezioso si è rivelato il tuo desiderio di lasciare un ricordo di questa serata.
Lo lascio a biascicare cose insensate (ma neanche tanto) e mi fiondo verso Chloe, che sta per varcare la soglia del Vortex Club.
“Chloe, aspetta!”
“Cosa? Voglio pestare Nathan a sangue, ora.”
La afferro per un braccio: “Non possiamo! Non è stato lui!”
“Cosa… ?” sussurra, guardandomi sconcertata. La tiro via allontanandola dalla porta e da possibili orecchie indiscrete, poi abbasso il tono di voce: “È stato Jefferson.”
“Eh?!” urla, ma le tappo al volo la bocca. I presenti penseranno che stiamo facendo chissà cosa… oh, beh. Un bacio c’è già stato… no ok, Max. Concentrati.
“Come… come diamine…?” balbetta, ma la interrompo prima che lei interrompa di nuovo me: “È già successo. Ci ha attirate alla discarica usando il cellulare di Nathan, per poi drogare me e” inspiro, “...sparare a te.”
Chloe sgrana gli occhi.
“Sei… sei sicura?”
“Ho appena riavvolto il tempo” mento. Non è il caso che sappia delle foto, non ancora almeno. Non voglio che mi chieda di William.
Chloe comincia a girare in tondo, le mani alla testa: “Non posso crederci… Mr. Bel Culo?!”
Alzo gli occhi al cielo. Le tue priorità sono tutte sballate, Price.
“E quindi cosa facciamo?” chiede, e l’unica cosa che posso risponderle è: “Andiamo via di qui. Ora.”
La trascino velocemente verso l’auto, e insisto perché vada via di lì al più presto.
“Ok, siamo fuori dal campus” riprende, “ma non capisco perché! Eravamo lì, lo avevamo in pugno!”
“E invece no, lui aveva in pugno noi” replico, cercando di spiegare come meglio posso. “Prima che riavviassi eravamo entrate al Vortex Club a cercare Nathan, senza successo. Poco prima di andare via abbiamo incrociato Jefferson, e immagino ci abbia viste uscire dopo la premiazione del contest. Quindi ha inviato il messaggio usando il cellulare di Nathan e ci ha precedute alla discarica…”
“Ma ci vogliono almeno venti minuti di strada, come ha fatto?”
“Conoscerà qualche scorciatoia. È molto più furbo di quanto non sembri” commento, ricordando con quanta attenzione dosava la droga, e il modo in cui mi aveva legata… brr.
“Ma… perché ha ucciso Rachel? Che motivo aveva?!”
“Credo ci sia lui dietro alle foto nel bunker” rifletto, “probabilmente insieme a Sean Prescott. D’altronde Jefferson è un fotografo, e mentre ero legata come un salame ha fatto un monologo degno del peggior villain… però adesso mi chiedo il ruolo esatto di Nathan. Insomma, sappiamo che è invischiato, ma se non è lui ad avere interesse nelle foto…”
“Forse forniva la droga per stordire le ragazze. Comprava la roba da Frank per i suoi festini, ricordi?” ipotizza Chloe, e annuisco. La cosa ha senso.
“La mia domanda comunque rimane valida” insiste lei, “cosa facciamo?”
Già.
Jefferson non ci ha viste arrivare al party, quindi non ha motivo di lasciare la festa in fretta e furia subito dopo la premiazione. Abbiamo trenta, forse quaranta minuti di vantaggio. Ma per fare cosa?
Andare da David? Sarebbe una buona idea, se lui non mi odiasse a morte. E dopo la scenata di ieri ho seri dubbi sia disposto ad aiutarci.
Anche la polizia è fuori discussione, se come pensiamo ogni poliziotto di Arcadia Bay è sul libro paga di Sean Prescott.
Potremmo andare da Frank… ma a che pro? Si è già arreso alla morte di Rachel, e immischiarsi in questa situazione vorrebbe dire avere gli sbirri alle costole.
Siamo di nuovo in un vicolo cieco.
Ok Max, rifletti.
La parte più suicida del mio cervello mi sta facendo presente che in realtà abbiamo ben più di quaranta minuti di vantaggio su Jefferson, nel senso che stando così le cose è lecito pensare che lui non sappia che noi sappiamo. Probabilmente sospetta qualcosa data la nostra poco salutare abitudine di andare in giro a fare domande, ma non ha ancora nessuna inequivocabile controprova… soprattutto perché Chloe non è entrata alla festa minacciando Nathan di una morte lenta e dolorosa. Questa teoria può essere convalidata o smentita dall’arrivo o meno dell’SMS con mittente Nathan.
Se così fosse abbiamo una potenziale finestra d’azione molto più ampia. Per pura ipotesi potremmo anche tornarcene a casa, lasciar scorrere questa serata senza incidenti e pensare a un piano a più lungo termine.
Non sarebbe neanche una così cattiva trovata, se non fosse… non credevo che l’avrei mai potuto dire, ma i miei timori convergono principalmente su Victoria adesso. Stando a quanto abbiamo intuito del suo/loro modus operandi, stasera tocca a lei farsi una lieta gitarella nella Dark Room.
E se fosse possibile vorrei evitarlo.
Se anche solo tre giorni fa mi avessero detto che a un certo punto della mia vita mi sarei preoccupata della salute di Victoria Chase… le risate, le matte risate.
Eppure ora è così.
Quelle foto sono agghiaccianti. Nemmeno un’alpha bitch come la regina del Vortex si merita simili sevizie.
E… porca puttana! Non le ho detto nulla, neanche ho avuto l’occasione di farlo.
Tutto ciò che ricordo della festa non è mai avvenuto, adesso.
“Chloe! Inversione a U, torniamo alla Blackwell!”.
“Max, ti sei rincoglionita o cosa? Sei stata tu a costringermi ad andarcene!”.
“Lo so, ma non ho pensato a Victoria!”.
“Cosa c’entra Victoria adesso?”.
“Non ricordi che abbiamo visto il suo fascicolo? Era la prossima sulla lista… nella quale appare il mio nome, fra l’altro”. Ops, informazione di troppo.
“COSA? Come lo sai?”.
“Me l’ha detto Jefferson prima che riavvolgessi… non è importante adesso, cazzo! Voglio salvare Victoria!”.
“Spiegami chi te lo fa fare! Devo essere io a ricordarti che quella è una stronza patentata? Tu stessa mi hai detto che ha scritto sullo specchio del bagno l’indirizzo del video di Kate!”.
“Vero, è una stronza. Ma c’eri quando abbiamo visto le foto di Rachel e Kate. Non so come la vedi tu Chloe, ma io non ho la crudeltà necessaria a lasciarla in mano a quel malato di mente di Jefferson. Per una volta sarò io a comportarmi come una mocciosa egoista. Svolta! Se non ti frega nulla di Victoria va bene, restatene in macchina. Io ho l’obbligo morale almeno di avvisarla”.
“Ehilà Max, non ti facevo capace di essere così autoritaria. Sai che la cosa… mi piace?”.
Nonostante la tensione a bomba non trattengo una risata e uno scappellotto di rimprovero.
“Aspetta, puoi mandarle un messaggio!”.
“Oh sì, certo. Ciao Vicky, sono la tua acerrima nemica Max. Fai attenzione a Jefferson, il professore che volevi scoparti per vincere il concorso. Ha intenzione di drogarti, legarti e farti delle foto sconce in un bunker fuori città. Ti sembra? Devo poterle spiegare faccia a faccia”.
“In effetti…”.
“Allora, ti decidi a tornare indietro o no?”.
“Tu mi farai diventare isterica, Caulfield”.
“Benvenuta nel mio mondo, Price”.
Ridiamo assieme della nostra comune stupidità.
Dopodiché sfodera un’ottima imitazione di Jimmie Johnson e in tempo zero stiamo tornando sui nostri passi.
In qualche minuto siamo nel parcheggio della scuola.
“Sei sicura di quanto stai per fare, Max?”.
“No, per nulla. È pericoloso. Molto pericoloso. Ma non posso allontanarmi facendo finta di nulla, stanotte non riuscirei a dormire. E non solo stanotte”.
“Vuoi la pistola per essere più sicura?”.
“No grazie, rischierei di farmi saltar via un occhio da sola. Se ti ricordi la figuraccia che ho rimediato alla discarica con Frank…”.
“Sì che me la ricordo”.
“Ecco”.
Un breve silenzio.
“Sai, nonostante tutto in questo momento ti stimo molto. Hai fatto la scelta più difficile per te, ma i motivi che ti hanno spinto a farla sono nobili. Io non ho la tua nobiltà d’animo ed è per questo che me ne rimarrò al riparo. Anche se ovviamente non lo ricordo, penso di poter dire che una pistolettata mi è bastata per stasera”.
Quando ci si mette Chloe è una persona onesta fino al punto della brutalità. Peccato che non accada spesso come vorrei.
Prendo un respiro profondo.
“Buona fortuna, sorella”.
Scendo.
O la va o la spacca.

*


“Hai già un’idea su cosa dirgli?”
“Sinceramente? No.”
“Mi sembra un ottimo piano” sbotta Chloe, visibilmente nervosa. “Ciao idiotrigno, noi avremmo trovato il cadavere di Rachel dopo aver rovistato tra i tuoi file. So che le cose tra noi non sono esattamente rose e fiori, ma dici che hai cinque minuti per salvarmi il culo?”
So che non dovrei ma scoppio a ridere.
“Lieta che la mia ansia ti faccia ridere” ringhia, “pure le mie ansie hanno l’ansia, adesso.”
Mi ricompongo velocemente e mi volto verso di lei: “Non c’è un modo indolore per farlo, lo sai. Toccherà prenderci questo calcio in culo ma” le stringo la mano per sottolineare meglio il concetto “insieme. Non ti lascio sola durante l’uragano Madsen.”
Chloe sorride ricambiando la stretta: “Insieme. Come ai bei vecchi tempi?”
“Come ai bei vecchi tempi” confermo, poi prendo tutto il (poco) coraggio che ho e suono il campanello di casa Price.
Nessuno risponde.
Pigio di nuovo.
Rumore di passi pesanti che si avvicinano.
“Chi diamine è a quest’ora?”
“Ciao.”
David ci guarda, non saprei dire se contrariato, disgustato o incazzato. O tutte e tre assieme.
“A cosa devo l’onore di una vostra visita?” chiede, sarcastico. Sto per iniziare il mio spiegone, ma Chloe mi precede.
“Siamo nei guai. Abbiamo bisogno di aiuto.”
“Sai che novità” commenta lui, senza staccare lo sguardo da Chloe. A quanto pare dà per scontato che la colpa sia tutta sua.
Ti piacerebbe, Madsen. Ma stavolta è un casino di proporzioni epiche.
“Dopo gli ultimi giorni… diciamo pure gli ultimi anni” replica “non vedo perché dovrei aiutarti Chloe. Ti sei scavata la fossa da sola, comportati da adulta e risolvi i tuoi problemi.”
“Ma possibile che proprio non capisci?! Non si tratta di un capriccio, ci sono in gioco le nostre vite!”
“Piantala di fare la melodrammatica, Chloe. Ormai non ti crede più nessuno” tuona David mentre sta per chiudere la porta, ma riesco a intercettarlo e fermarla col piede. Lui mi guarda torvo attraverso lo spiraglio: “Tu… vuoi proprio andare a fondo con lei, Max?”
“Ti prego, ascoltaci! Non stiamo giocando” lo supplico “siamo davvero in pericolo!”
Lui rimane zitto un attimo, poi apre di nuovo la porta: “E sentiamo, qual è questo pericolo di cui parlate?”
Io e Chloe ci scambiamo uno sguardo in silenzio, poi lei decide di prendere parole: “Abbiamo… trovato il corpo di Rachel. E sappiamo chi è stato.”
David sgrana vistosamente gli occhi, per poi aggrottare le sopracciglia: “Spero per voi che questo non sia uno stupido scherzo dei vostri o-”
“È di Rachel che stiamo parlando, non potrei mai scherzare!” grida Chloe. “È per lei che ho fatto tutto questo, che ho appeso volantini in giro per questa fogna di città quando tutti se ne fregavano! E per lei che mi sono messa nei guai pur di scoprire la verità! Credi forse che sia un gioco per me?” urla, e le lacrime le rigano il volto.
Oh, Chloe…
David ci osserva in silenzio, forse rendendosi conto che le parole della sua figliastra non sono campate per aria: “Mettiamo il caso che sia vero e che voi due abbiate ragione. Come avete scoperto il corpo? E soprattutto, come avete fatto a scoprire il nome dell’assassino?”
Adesso tocca a me prendermi una dose di incazzatura alla Madsen: “Abbiamo letto i tuoi file.”
“VOI COSA?!”
Facciamo qualche passo indietro cercando di evitare la sua ira, ma una voce alle sue spalle lo ferma: “David, con chi ce l’hai? Oh… Max, Chloe…”
Joyce, ferma sull’uscio della porta, osserva suo marito in procinto di saltare alla gola della sua figliastra e della migliore amica di lei.
“David, cosa sta succedendo?” chiede, con un tono che non ammette repliche. Che su David apparentemente non fa effetto: “Queste due” ci indica “hanno violato i miei documenti personali!”
Joyce si volta a guardarci: “Chloe, è vero?”
“È per Rachel, mamma! Lei… lei è morta, abbiamo trovato il suo corpo” singhiozza “e senza i documenti di David non avremmo potuto scoprire nulla!”
“Sappiamo chi è stato” aggiungo io “e abbiamo motivo di credere che possa avercela con noi.”
È un eufemismo, ma non posso certo spiegare anche a lei dei miei viaggi nel tempo. E proprio mentre lo penso, la realtà attorno a me cambia: solo un secondo, un flash velocissimo in cui vedo me e Chloe in auto sfrecciare lungo la strada allontanandoci dalla Blackwell.
Così come è arrivato il flash sparisce, e mi ritrovo di nuovo nel cortile di casa Price ad osservare i legittimi proprietari che litigano.
“Chissenefotte se vuoi punirmi, fallo! Ma prima aiutami!”
“Scordatelo, questa è l’ultima volta che ti cacci nei guai!”
Vorrei intromettermi tra David e Chloe, ma Joyce mi precede: “ADESSO BASTA! Zitti, tutti e due!”
“Ma…”
“Zitto David. Adesso entriamo tutti quanti in casa e parliamo.”
“Ha violato la mia privacy!” ringhia David. Chloe ribatte dicendo che lui lo fa giornalmente, con lei.
“Chloe e Max hanno sbagliato e pagheranno le conseguenze” e mentre lo dice ci guarda, “ma non adesso. È di Rachel Amber che si tratta, capisci? Quella povera ragazza è morta e tu non puoi rimanere impassibile di fronte alla loro richiesta d’aiuto. Soprattutto se hanno le prove e sono in pericolo come dicono.”
David si limita ad osservare la moglie in silenzio, e lei incalza: “Sai com’è fatta Chloe, ma sai anche che si è fatta in quattro per trovare Rachel. Se ha ragione non puoi abbandonarla. Non puoi. Sei un ex marine, ricordi?”
Joyce ci lancia un altro sguardo che sembra dire: “Siete comunque nei guai ma vedrò di diminuire la pena.”
Sia io, sia Chloe le sorridiamo di rimando.
David sospira ed entra in casa, facendo cenno con la mano di seguirlo — non prima di aver dato un calcio alla porta, s’intende.
Joyce, sei una gran donna.

*


E quindi siamo di nuovo all’ingresso di questo insopportabile badaboom elettronico, eh?
Il frastuono si insinua persino fra un pensiero e l’altro.
Non mi eri mancato, Party della Fine del Mondo.
Ma almeno ho un vantaggio rispetto a prima: conosco il mio nemico. So da chi devo realmente guardarmi.
Sbrigo velocemente la formalità con Stella ed entro.
“...la vera Everyday Hero della Blackwell. Spero che torni presto. Grazie!”.
Uh oh. Qualcosa non va.
Perché Victoria è sul palco a ritirare il premio del concorso?
E naturalmente c’è Jefferson al suo fianco.
Vaffanculo.
Ci abbiamo davvero messo così tanto a tornare indietro? Ma… saranno stati dieci, quindici minuti al massimo… e dopo che le ho detto di muoversi Chloe è andata piuttosto veloce…
Vaffanculo.
Vaffanculo.
Vaffanculo.
...
Con calma Max, con calma.
Prova a pensare come farebbe un perverso col pizzetto.
Sei accanto alla tua vittima designata, di fronte a decine di persone, dopo che l’hai premiata per un cacchio di concorso.
Qual è il modo migliore a tua disposizione per farla cadere nella ragnatela?
Così su due piedi mi viene in mente appartarvi da qualche parte poco frequentata prendendo come scusa il farle i complimenti per la vittoria, per poi sfogarti iniettandole la tua merda chimica nel collo.
Non so, la mia esperienza come perverso col pizzetto non è granché. Ma mi sembra un piano abbastanza solido.
Per ora mi conviene seguirli da distanza sostenuta.
Attorno a me l’ambiente fa di tutto per ostacolarmi fra orribile musica a tutto volume, tizi ubriachi che cercano di vomitarmi addosso e oggetti volanti non identificati che tentano di decapitarmi.
Mi tappo le orecchie, evito, scanso.
Ho una missione e intendo portarla a termine.
Lui non la molla un solo istante. Da qui non riesco a dirlo con precisione, ma dovrebbero star parlottando in maniera tranquilla.
Il labiale è difficile da leggere, anche se mi pare che la bocca di Jefferson non stia ferma un solo istante.
Con la mia nuova consapevolezza non esito a considerare tutto ciò che esce da quelle affascinanti labbra stronzate.
Poi vedo una cosa… impossibile.
Jefferson si china verso di lei.
La bacia.
Cosa? Cosa? Cosa?
C’è un’esplosione dentro di me. Non sapevo di custodire nello stomaco una generosa quantità di dinamite.
I miei piedi prendono vita da soli e in tre falcate gli sono praticamente dietro.
Lo afferro.
Lo spingo.
Lo scaravento nella piscina.
Prendo Victoria per un braccio e la trascino via.
L’intero party mi sta guardando.
Me ne frego.
“Caulfield, che cazzo fai? Mollami!”.
“Vieni con me se vuoi vivere”.
“Chi ti credi di essere, un fottuto T-800 dall’accento austriaco?”.
Sento su di me un migliaio… no, un milione d’occhi voraci.
Ho appena piantato una scenata che entrerà negli annali del Vortex Club, della Blackwell e dell’intera Arcadia Bay.
Tutto per una persona che mi disprezza.
Fa nulla.
Nonostante i suoi ripetuti tentativi di divincolarsi riesco a portarla fuori, per il momento al sicuro. Per fortuna siamo sole.
La mollo.
“Allora! Mi vuoi spiegare cosa ti passa per la testa, coglionazza?” urla fuori di sé.
Prima di risponderle mi prendo un istante per bearmi della sua voce. Vuol dire che è viva.
“Ti chiedo scusa per la piazzata, Victoria. Quando Jefferson si è permesso di baciarti... “.
Portandosi le mani sui fianchi chiede, sprezzante: “Sei gelosa, Maxine?”.
“No. Solo incazzata. E non con te, con lui”.
“No no, sei gelosa! Te lo si legge in faccia! Di’ la verità, volevi essere al posto mio quando finalmente l’ho fatto capitombolare ai miei piedi…”.
“...grazie al tuo irresistibile charme. Certo. Ma fammi il piacere, Victoria”.
“E allora perché…”.
“...ti ho presa in quel modo? Stavo cercando di salvarti”.
“Da cosa, da un Predator invisibile?”.
“Da lui. Da Jefferson”.
“Da Jefferson?! Sei sicura di non aver sniffato della vernice?”.
“Vaffanselfie, Chase. E comunque qui l’unica che può aver sniffato la vernice sei tu. Adesso stai zitta un attimo e apri bene le orecchie: che tu ci creda o meno Mark Jefferson è un uomo pericoloso, molto pericoloso. Ha le mani in pasta in alcune delle attività più squallide e illegali che si sono consumate e si consumano in questa città. Tu eri in cima alla sua lista questa sera, e probabilmente quel bacio era il primo passo per spingerti in trappola”.
Silenzio. Bubolare dei gufi. Manca giusto la balla di fieno.
“Cos’è, uno scherzo di pessimo gusto? Sono su Candid Camera?”.
“Vuoi che scenda nei particolari, eh? Lo vuoi? Ne sei sicura?”. Dopo che negli ultimi secondi mi ero leggermente calmata, ora sento di nuovo risalirmi quel torrente di lava.
“Dai, fammi ridere”.
Grrrrrrr. E va bene.
“Perfetto, non chiedevo di meglio. Jefferson e i suoi complici, tra cui c’è sicuramente il tuo amicone Nathan, rapiscono ragazze durante le feste. Le drogano. Le legano. Le portano in un bunker appena fuori città e fanno loro delle foto inquietantissime. Se tutto va bene le riportano svenute di fronte alla porta della camera da letto, com’è successo alla povera Kate Marsh. Altrimenti le ammazzano e le seppelliscono dove capita, vedi l’ancora più povera Rachel Amber. Oh, e non escluderei la possibilità di allegri stupri di gruppo”.
Ora, non mi aspetto di averla convinta con così poco. I nostri precedenti non giocano a mio favore, e ammetto che se fossi in lei avrei già bollato chi mi sta davanti come una demente appena fuggita da una casa di cura psichiatrica.
Solo che la reazione non è quella che mi prefiguravo. Invece di cominciare a insultarmi per aver infangato l’onore del suo adorato professore preferito… mi guarda stralunata.
Non è l’espressione di qualcuno che può credermi, ma non è neanche l’espressione di chi pensa di aver a che fare con una pazza.
“Vai avanti” mi esorta in tono neutro.
Vai… vai avanti?
Non credo di capire.
“Come vado avanti?”.
“Prosegui. Ci sarà altro che devi farmi sapere, no?”.
“V-Victoria… tu…”.
“No Max, non ti credo. Un’accusa tanto grave ha bisogno di prove inconfutabili a suo sostegno e per ora non ne ho vista neanche mezza. Ma non so per quale astruso motivo… mi hai messo un tarlo in testa”.
“Ma… ma…”.
Non posso crederci. Dopo quanto successo là dentro -e siano ringraziate tutte le divinità per star facendo in modo che nessuno si sia ancora precipitato fuori- Victoria Chase si sta astenendo dal farmi internare.
“Vuoi sapere perché ti sto ancora ad ascoltare, nonostante il 95% del mio cervello mi stia scongiurando di mandarti a Fanculo City e di lasciarti là?”.
“S-Sì, direi di sì…”.
“Si riduce tutto a un semplicissimo motivo: per una e una sola volta in vita tua, mi hai dimostrato di non essere la classica stronzetta che non combina nulla di buono durante la sua giornata”.
Eh?
“E… e quando… è successo?”.
“Quando sei venuta a consolarmi dopo che la mia camicetta di cashmere è stata vandalizzata da quel secchio di vernice. Mi aspettavo da parte tua una grassa risata, un dito puntato verso il mio naso e una più o meno figurata scarpata sulle gengive. Quel che mi hai fatto vedere, invece, era genuino dispiacere per l’incidente. Sei stata… gentile con me quando non ti avevo dato un solo motivo per esserlo. Quel singolo, minuscolo episodio mi ha permesso di rivalutarti, almeno in parte”.
Gentilezza.
Banale, innocente gentilezza.
Non so che dire.
“Victoria, io… io…”. Lascio cadere la frase perché sono palesemente incapace di completarla con qualcosa di sensato, adesso come adesso.
Lei non aggiunge nulla, evidentemente convinta di non doversi spiegare oltre.
Dalle mie spalle cominciano a giungere rumori inconsulti.
Starà venendo qualcuno.
Va bene, credo che mi convenga farmi uccel di bosco.
Prima di accomiatarmi un’ultima cosa: “Victoria, so che quanto ti ho detto suona incredibile. Impossibile. Inconcepibile. Ma è la verità. Credimi. Io sono stata in quel posto. Ti prego. Credimi”.
Non un suono giunge da lei.
Poi me ne vado.
Risalgo in macchina col fiato corto.
“Ehi Max, tutto bene? Com’è andata?” mi accoglie la mia partner dai capelli blu, il tono un po’ preoccupato.
“Chloe…”.
Senza motivo apparente scoppio a piangere.
“Max? Max, cosa c’è? Che ho detto?!” si impanica Chloe, stringendomi nel tentativo di calmarmi. Scuoto la testa cercando di farle capire che non è colpa sua: “No, non… non c’entri tu, è che…”
“Oh, vi ho trovate finalmente.”
Il sangue mi si gela nelle vene.
Ci voltiamo e incrociamo lo sguardo di Mark Jefferson che ci sorride, falso e pacifico.
Porca. Puttana. Eva.

*


"Fatemi capire: voi due non solo avete rovistato tra le mie cose, ma avete anche fatto irruzione nell'ufficio del preside, nella camera di Nathan Prescott e... ottenuto informazioni da uno spacciatore? E lo dite così, come se fosse cosa di tutti i giorni?!"
David distoglie lo sguardo, massaggiandosi le tempie; Joyce rimane in silenzio ma, al contrario di lui, non ci scolla gli occhi di dosso.
Ammetto che prevedevo esiti peggiori dopo il nostro racconto, ma non escludo che ci saranno conseguenze dopo che tutto sarà finito.
SE finirà.
"Per quanto possa condividere i sospetti su Jefferson e Wells, la storia del bunker nascosto nella tenuta dei Prescott mi sembra alquanto fantasiosa, volendo usare un eufemismo" commenta. Apprezzo molto il fatto che non stia dando in escandescenze, grazie anche alla presenza di Joyce.
"Sappiamo di aver fatto parecchie... cavolate" replico, "ma erano a fin di bene!"
"Ne sei proprio sicura?" chiede lui, e Chloe sbotta: "Abbiamo trovato il corpo di Rachel! Quale prova migliore?"
"E siete certe che sia lei?"
"Assolutamente" annuisce, "insomma quanta gente vuoi che venga seppellita in una discarica?!"
David sta per rispondere ma un'occhiataccia della moglie lo zittisce, forse prevedendo una risposta del tipo: "Più di quanta tu creda."
Joyce è sempre stata una donna di polso.
Rimaniamo per qualche minuto in silenzio, bloccati in un mucchio di se, ma e però.
Decido di interrompere questo stato catatonico: "Possiamo farti vedere il corpo. E possiamo portarti al bunker."
"No ehi, un momento" ci interrompe Joyce, "voi non andate da nessuna parte! Volete irrompere in casa dei Prescott come delle ladre?"
Io e Chloe ci scambiamo uno sguardo imbarazzato.
Joyce alza gli occhi al cielo, David si copre il viso con le mani: "Avete fatto ANCHE questo?!"
Preferiamo tacere, tanto la risposta la sanno già.
David sbuffa: "Ok, a parte il fatto che la fedina penale di Max comincia a somigliare a quella di Chloe" la quale borbotta sottovoce "idiotrigno", "cosa sperate che possa fare, esattamente? Che invada il bunker dei Prescott senza un mandato? O che vada a recuperare il cadavere?"
"No, ma" balbetto "almeno assicurarci che sia ancora lì..."
"Fantastico. E poi?"
"Noi abbiamo ancora gli indizi" interviene Chloe. "Sono in camera mia. Insieme al corpo di Rachel sono abbastanza per richiedere un mandato? O qualunque altra cosa si possa ottenere dagli sbirri?"
"Che sono quasi tutti sul libro paga di Sean Prescott, ti ricordo."
...già, dimenticavamo quel piccolissimo dettaglio. Sprofondo sulla sedia, esausta; accanto a me Chloe ha il viso nascosto tra le mani, e se la conosco si sta sforzando di non scoppiare a piangere qui in salotto. Mi avvicino e le cingo le spalle con le braccia, sperando basti a darle un minimo di conforto.
"David, tu non conoscevi qualcuno all'FBI?"
La voce di Joyce ci riporta alla realtà con un filo di speranza.
"Sì, un mio ex commilitone dei tempi della guerra del Golfo" conferma lui, "perché?"
Lei gli si avvicina: "Non potresti chiedere a lui? Se la polizia di Arcadia Bay è corrotta, è l'unica possibilità di fare luce sulla morte di Rachel e di questo... traffico di fotografie di minorenni."
David rimane in silenzio, incerto sul da farsi.
"Per favore" alza la testa Chloe, "è la prima volta che te lo chiedo..."
A quanto pare quelle due paroline da parte della sua figliastra sortiscono l'effetto desiderato, e finalmente cede: "Ok, proverò a fare una telefonata ma non vi assicuro niente... intanto fatemi vedere questi fantomatici indizi."
Direi che è più di quanto potessimo auspicare.
“Come ha detto lei sono in camera sua” dico alzandomi. Per un attimo ho pensato di aggiungere “vi faccio strada”, poi sono rinsavita.
Mi seguono senza un rumore.
Quando giungiamo provvedo alla spiegazione dei vari oggetti, della loro provenienza e della relazione che li lega uno all’altro.
Sento una piccola fitta di colpa quando passo a David l’elenco dei clienti di Frank. Dopo quel messaggio di auguri un po’ mi dispiace rischiare di metterlo nei guai.
Ma per il bene più grande questo ed altro. Al massimo verrò a portarti le arance in prigione, Bowers. Fra l’altro non è colpa mia se ti sei messo a spacciare.
“Vedete? Fra i tuoi file, gli SMS di Nathan e la lista di Frank siamo riuscite a risalire sia al fatto che Nathan ha comprato della droga il giorno in cui è stata aggredita Kate, sia al luogo dove si trova il bunker. Ecco, è sotto questo fienile”. Indico la foto.
“Incredibile” si lascia sfuggire Joyce, decisamente meravigliata.
“Cosa, che queste due anarchiche abbiano violato una mezza dozzina di leggi in un arco di tempo così breve?” pontifica David con quel suo carisma da uomo con una scopa in culo.
“No. Il fatto che abbiano scoperto tutto questo da sole. Se fosse dipeso dalla polizia… o da te, non sarebbe mai venuto a galla niente”.
Grufola infastidito al rimarco della moglie sulla sua incapacità. Da una parte è un po’ ingiusto, Madsen il Paranoico ha fatto un gran bel lavoro nel pedinare… le vittime. Sì, forse la signora Price non ha tutti i torti.
“E qui abbiamo tutto quello che siamo riuscite a raccattare in giro per la placida Arcadia Bay” conclude Chloe, a quanto pare ripresasi dal crollo emotivo di poco fa.
“Che non è poco, figlia mia. Fermo restando che non vedrai le chiavi della macchina da qui al 2050… beh, hai un futuro come investigatore privato”.
La mezza battuta di Joyce fa ridere un po’ tutti i presenti, a parte David che deve tenere in piedi l’immagine del duro.
Ok, adesso cosa…
FLASH.
Mi vedo discutere animatamente con Victoria, sembrerebbe fuori dalla festa del Vortex.
FLASH.



Oh merda. E sangue dal naso.
In tutto questo casino mi sono dimenticata di una cosa.
Stasera toccava a lei.

*


Siamo morte siamo morte siamo morte.
Il terrificante sorriso di Jefferson sembra voler frantumare il finestrino che ho tirato su in uno scatto nervoso.
Il fatto che grondi acqua, per colpa mia, non aiuta.
“Apri, Max. Avrei da farti una o due domande”.
Sogna, DILF psicopatico.
“Avanti, voglio solo sapere perché mi hai buttato in piscina. Sei arrabbiata per non aver vinto il concorso?”.
Internamente sgrano gli occhi. Ho diciotto anni, non otto. Ci arrivo da me che se non presento una foto il concorso non lo vinco, genio del male.
Oh, inutile star qui a farsi venire infarti multipli. Adesso riavvolgo e…
“Perché non fai quanto ti chiede? Sembra innocuo”.

Chloe, per la santa pazienza di qualche santissimo santo. Cresci.
“Sei impazzita anche tu per caso?”.
“Ma… guardalo! Sta solo chiedendo spiegazioni!”.
“Sì, prima di piantarci un proiettile in mezzo agli occhi! Fatti passare la cotta!”.
Al diavolo.
WHOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOSH.

Et voilà, ecco qui… un bel niente.
Non ha funzionato.
Jefferson continua a battere i pugni sul vetro, Chloe continua a farfugliare cose senza senso, io… continuo a sentire qualcosa che mi gocciola sui pantaloni?
Sembra… sembra sangue.
“Max!”.
Porca miseria.
Mi porto istantaneamente una mano al naso. Come sospettavo la perdita viene da qui.
“Sembrano le cascate del Niagara! Non te n’è mai uscito così tanto!”.
Mi sento stordita. E incazzata. Proprio adesso dovevi tirarmi il pacco, potere del cavolo?
A corto di opzioni, con l’adrenalina data dalla paura che mi scorre nelle vene come un fiume in piena, circondata da rumori molesti a sinistra e a destra…
“Chloe, vai! A tavoletta!”. Naturalmente sto cercando di bloccare l’emorragia con le mani, ma sembra un’impresa disperata.
“Ma…”.
“Vai ho detto, maledizione! Via di qui! Via!”.
Per fortuna la mia cocciuta amica decide di darmi retta senza piantar troppe grane, quindi ingrana e sgomma via.
“Max, tu stai male! Ti porto all’ospedale!”.
Vorrei poterle dire che non serve, che non è niente e che presto passerà. Prenderei per il culo lei e me tutto in una volta sola.
No, non si ferma. Continua imperterrito. Se ci riuscissi riderei vedendo i miei jeans ricolorati di rosso.
E poi eccolo, torna il senso di vertigine e di vomito che mi aveva assalito due giorni fa alla discarica.
Credo di stare per svenire.

*


“Andiamo, rispondi…”
“Sono Victoria Chase, lasciate un messaggio dopo-”
Blocco la telefonata. Stupida voicemail, è la terza volta che la sento.
“Ehi Max, tutto ok?”
Mi volto verso Chloe, sconsolata.
“Tutto bene? Sembra tu abbia appena letto un necrologio.”
“La tua ipotesi potrebbe rivelarsi vera, tra non molto” sbuffo, lasciandomi cadere sul divano. “Stavo provando a contattare Victoria, ma mi risponde solo la segreteria telefonica.”
“E perché?”
“Ti sei dimenticata che nel bunker dei Prescott c’era un raccoglitore vuoto, in mezzo agli altri? Temo che stasera tocchi a lei.”
Chloe rimane in silenzio, impassibile; so che a lei non piace Victoria (come darle torto, del resto?) ma mi sentirei meglio se riuscissi ad evitarle un trauma, nel migliore dei casi: “Non voglio che finisca tra le vittime di Sean Prescott. So che non la sopporti ma credo che una Rachel sia abbastanza, e mi farei schifo se non provassi neanche ad aiutarla.”
Chloe rimane ancora in silenzio. Oh beh, almeno non ha avuto la faccia tosta di dire cose come “Se l’è cercata” o “La prossima volta non farà la gatta morta con un professore.”
“Beh, David sta provando a rintracciare il suo amico all’FBI… se glielo diciamo adesso potrebbero mandare qualcuno alla Blackwell.”
Eh? Ho sentito bene?
“Perché mi guardi con quell’aria sconvolta?” chiede, e io mi fingo terrorizzata: “Chi sei, che ne hai fatto di Chloe Price?”
“Ah. Ah. Ah. Davvero spiritosa Caulfield. E smettila di benedirmi come il prete de L’Esorcista!” strilla, lanciandomi un cuscino.
“Hai persino chiamato David per nome, senza stupidi nomignoli” rido, “ti stai proprio ammorbidendo!”
“No! Ho solo pensato che… potevo tenere a freno la lingua, visto che ci sta aiutando.”
“Ma come siamo cresciute!” rispondo, e lei mi tira un altro cuscino. “E poi, come hai detto tu prima… una Rachel basta e avanza.”
Annuisco: “Il problema è come convincerli ad andare lì, visto che” abbasso la voce “non è successo nulla… in teoria. Insomma, se davvero ci aiuteranno immagino che la prima cosa che faranno sarà andare a controllare la discarica e assicurarsi che non sia una segnalazione a vuoto.”
“Anche questo è vero” replica Chloe, grattandosi la testa, “e non possiamo prendere la mia macchina perché mi tengono sotto tiro.”
Ridacchio, voltandomi verso l’atrio dove Joyce osserva David al telefono; di tanto in tanto si volta verso di noi come a volersi accertare che non siamo svanite nel nulla.
“Sì, anche la tua auto è off-limits” sospiro. “Potrei sempre riavvolgere il tempo per tornare al momento prima di andar via dal party del Vortex Club e…”
“...e perdere tutto quello che abbiamo fatto adesso? Sai meglio di me che una seconda chiacchierata con David potrebbe non dare gli stessi risultati.”
Già. Potrebbe andare meglio ma potrebbe anche andare molto, molto peggio.
“Non mi sono ancora abituata alla Chloe saggia” la punzecchio, e lei ridacchia: “Ehi, mica posso sempre farti da spalla! Mi piacciono i ruoli intercambiabili.”
La mia espressione deve essere più eloquente del previsto, perché arrossisce di colpo e mi butta addosso l’ennesimo cuscino: “N-non intendevo in quel senso!” borbotta cercando di non farsi sentire, “...forse.”
Ma guarda quante cose interessanti si scoprono in dieci minuti di chiacchierata. Che poi perché dovrebbero interessarmi, ci siamo baciate per gioco… sì. Per gioco.
“Lieto di vedere che la state prendendo con la serietà necessaria alla situazione.”
L’arrivo inaspettato di David ci coglie di sorpresa, ma ancora una volta è Joyce a salvarci dandogli una gomitata: “La situazione è grave, ma loro hanno diritto a cinque minuti di respiro” e il suo sguardo non ammette repliche.
David sbuffa e cambia subito argomento: “Ho parlato col mio amico all’FBI… e ha detto che verrà qui con un collega. No, non esultate!” ci blocca subito, “verranno qui in via ufficiosa. Se secondo loro ci saranno abbastanza prove interverranno ufficialmente.”
“Prenderanno il posto della polizia di Arcadia Bay sul caso di Rachel?” chiede Joyce, e lui annuisce: “Sanno che la polizia locale è in mano ai Prescott, ma immagino non fosse un caso di rilevanza per l’FBI… anche se la scusa che mi ha rifilato è che non avevano abbastanza prove.”
Uno sbuffo generico conferma che tutti, tra i presenti, la considerano una balla.
“E quindi cosa facciamo adesso? Quando arrivano?” chiede Chloe, ma David la frena: “Per ora possiamo solo aspettare. Arriveranno domani, è già tanto che abbia accettato di aiutarci.”
Chloe si volta verso di me.
“E Victoria?” piagnucolo io, che proprio non riesco ad accettare l’idea di dovermene stare con le mani in mano.
“Intendi Victoria Chase?” chiede David, e io annuisco: “Credo sia la prossima vittima. Quando… quando siamo andate nel bunker dei Prescott c’era un fascicolo col suo nome, e ho il sospetto che stasera potrebbe accaderle qualcosa di brutto… per di più Nathan è sparito e potrebbe essere coinvolto più di quanto crediamo...”
“Il party del Vortex Club sarà ancora in corso…” dice Chloe, senza riferirsi a nessuno in particolare.
David non risponde, ma prende di nuovo il telefono e compone un numero.
“Chi stai chiamando?” chiede Joyce.
“La Blackwell. Chiederò al tizio che mi dà il cambio di dare un’occhiata alla festa e vedere se la Chase è ancora tutta intera.”
Io e Chloe ci scambiamo uno sguardo sorpreso.
Price, da adesso credo che dovrai davvero smetterla di chiamarlo “idiotrigno.”
E dopo l’inarrivabile perla di saggezza… improvvisamente mi sento stanca. Indebolita.
Mi lascio ingoiare dalla poltrona, lottando per impedire che i miei occhi si chiudano.
Però sto bene, non mi sembra di avere nulla fuori posto. Solo stanca.
Che sia… forse è la tensione che se ne va lasciando spazio alla spossatezza.
Mi sto rilassando. Non so se considerarlo un bene o un male nella nostra attuale situazione. Ma è pur vero che, a conti fatti, quel che dovevamo fare l’abbiamo fatto: abbiamo avvisato David con risultati sorprendenti, abbiamo messo in guardia Victoria seppur per vie traverse, abbiamo…
Abbiamo, sì. E anche se mi sento un po’ in colpa nei confronti di Rachel pensandolo, credo che il nostro dovere si sia esaurito questa sera.
Dopotutto è giusto che sia compito di qualcuno più adulto e preparato di noi occuparsi di chiunque sia realmente dietro a ‘sta schifezza, che sia Prescott o Satana in persona.
FLASH.
Buio. Un rumore. Chloe si gira, fa per alzare la pistola e si prende una pallottola in piena fronte.
FLASH.
“Oddio!” mi lascio scappare senza volerlo, profondamente scossa dalla visione.
“Max!” salta su la protagonista di questo mio ultimo trip “Tutto bene?”.
Ci metto un attimo per mormorare un sì. Le faccio cenno di avvicinarsi e le spiego velocemente il motivo dell’urlo.
“Ma… ma quando è successo?” mi chiede, e si vede lontano un miglio che la novità la inquieta.
“Mai. Non è mai successo” le bisbiglio, sapendo che il territorio della conversazione si sta facendo scottante ed è bene che i suoi genitori, naturali o adottivi che siano, non ci sentano.
“E allora perché…”.
“E che ne so? L’ho visto e basta”.
“Stai diventando sempre più paragnosta ogni giorno che passa”. Una risatina di divertito scherno.
Grugnisco contrariata, anche se il sorriso che mi lascio sfuggire tradisce il mio vero stato d’animo.
“Bene” esordisco alzandomi con una certa dose di fatica “ormai si sta facendo tardi e io sono letteralmente a pezzi. Visto che qui la cosa si è sistemata in qualche modo, penso proprio che andrò a far visita alle calde e confortanti braccia di Morfeo. Possibilmente fino a mezzogiorno”.
“Max” mi apostrofa Joyce avvicinandosi a noi “tutto bene? Te la senti di tornare al dormitorio?”.
Oh, sei un tesoro a preoccuparti per me.
“Dubito che Nathan si prenda la briga di venire a sgozzarmi in camera, ma se ti può far star tranquilla ti assicuro che chiuderò la porta a tripla mandata. Mettendoci davanti anche una sedia per ulteriore precauzione. Piuttosto, avrei un favore da chiederti…”.
“Dimmi pure”.
“So che Chloe non può avvicinarsi a più di tre metri dalla macchina, solo che di autobus a quest’ora non ne passano più e la Blackwell è lontanuccia. Non si può fare un’eccezione alla sua punizione?”.
Devo essere suonata particolarmente buffa perché si mette a ridere, e nonostante la mano a coprirsi la bocca si vede che si sta divertendo da matti.
“Va bene, va bene. Solo per stavolta però, temo che d’ora in avanti dovrai trovarti un altro autista personale”.
“Ehi!” borbotta lei, piccata.
Incredibile. Mi sembra che persino David Madsen il Musone si stia unendo all’ilarità generale.

*


No mamma, non voglio andare a scuola. Solo dieci minuti, dai…
Nhf. Mamma? Scuola?
Max, non hai dodici anni.
Aprendo gli occhi vedo un soffitto a me estraneo. Dipinto pure male.
Ehi ehi ehi. Cos’è ‘sto dolore alla schiena?
Dove sono sdraiata, su un mucchio di sassi aguzzi?
“Santo cielo, Max! Stai bene!” ulula qualcuno che nel mio stato intontito faccio fatica a riconoscere. Poi una massa di qualcosa di blu si avventa contro la mia faccia e mi sento come se mi stessero stritolando.
Vacci piano, Hulk.
“C-Cos’è successo? Ricordo Jefferson bagnato fradicio che sembrava Jack Torrance nei suoi momenti migliori…”.
“Siamo fuggite dalla Blackwell in fretta e furia poi hai cominciato a perdere litrate di sangue e mi sono fatta prendere dal panico ho avuto paura che potessi morire dissanguata ti ho portata all’ospedale ma ti hanno lasciata su un lettino del pronto soccorso visto che non sembravi troppo grave ero terrorizzata santo cielo santo cielo santo cielo stai bene…”.
Uoh. Chloe, guarda che poi la tua immagine di ragazza tutta d’un pezzo va a farsi benedire.
“Ora sto meglio, sì. Ma me la sono vista brutta. Però dovresti mollarmi, a meno che non voglia finire il lavoro iniziato dal mio naso”.
“Sì sì sì scusa”, e si affretta a scostarsi.
Ohibò, cosa vedono le mie fosche pupille? Quelli sono gli occhi arrossati… di chi ha pianto. Davvero hai pianto per me?
Per quanto il momento sia il meno adatto mi sento scaldata dalla cosa. In più di un senso. Forse. O forse sto solo delirando.
Il mio primo movimento cosciente da quando sono rinvenuta è di portarmi in maniera istintiva le mani sulla zona del mio corpo che mi ha tradito. E a parte un po’ di sensazione umida vicino alle narici non trovo nulla di sbagliato.
Mi alzo lentamente, provata sia dall’esperienza metafisica e sia dalla scomodissima lastra di pietra che spacciano per materasso su cui mi avevano sbattuta.
“Ce la fai? Non devi sforzarti troppo, possiamo rimanere qui ancora per un po’ e…”.
“Sto bene, sto bene. Un po’ ammaccata ma sto bene”.
“Meno male, è un sollievo grande”.
“Ho la pelle dura, lo sai. E poi…”.
BLEEEP BLEEEP.
È il mio cellulare. Arrivato un messaggio.
Lo tiro fuori dalla tasca e controllo.
Victoria Chase.
Un nodo nella mia gola fa sentire la propria presenza togliendomi l’aria per qualche decimo di secondo.
Leggo.

Caulfield, ho visto quando Jefferson ti ha inseguita fino alla macchina. Era uno spettacolo francamente agghiacciante, con l’acqua che gli colava da tutti i vestiti e una faccia… terribile. Per un istante ho avuto la sensazione di star guardando Jack lo Squartatore. Alla luce di questa novità mi sento di doverti ringraziare. Ora la tua bizzarra storia ha un po’ più di credibilità ai miei occhi. Per qualche giorno cercherò di evitarlo.


Devo capire se questo giramento di testa è merito dell’SMS o se è un postumo del mio malore.
“Max? Tutto ok?”
“Era un SMS di Victoria. A quanto pare la scenetta di prima ha fatto effetto su di lei” rispondo, mentre mi prendo la briga di scriverle intimando di fare molta attenzione.
“Ottimo” sospira Chloe, “anche se…”
“Se dici ancora che sembrava innocuo ti picchio con l’asta della flebo.”
“Ma scusa!”
“Scusa un corno! Ti ho vista morire per mano sua, non ho intenzione di rischiare un’altra volta.”
“Va bene, va bene” sbuffa lei, “non lo dico più… dannato pizzetto sexy.”
Scoppio a ridere. I tuoi ormoni ogni tanto riescono a salvarti in calcio d’angolo, Price. Poi la vedo alzarsi e tirare fuori il cellulare dalla giacca.
“Uh, che fai?” chiedo, ma alza la mano per zittirmi: “Pronto? Ciao mà… sì, sì lo so che è tardi, sì ma- mi fai parlare? Dicevo, stasera non torno a casa, sono in ospedale con Max. No no, non urlare! No, non abbiamo fatto un incidente! No, non ero ubriaca! Stammi a sentire! Max si è sentita male, le usciva sangue dal naso a fiumi e non sapevo che fare e… cosa? Sì, al St. Elsewhere… oh, ok. Ok. Ciao.”
Si volta verso di me.
“Tutto ok?”
“Direi di sì… mamma ha detto che sta correndo in ospedale per vedere come stai. Ovviamente si trascinerà dietro David…”
Sorrido al pensiero: “Ma non c’era bisogno, sto bene!”
“Lo sai com’è fatta… visto che i tuoi non sono qui si sente in dovere di farti da vice-mamma.”
Mentre ridiamo della cosa un’infermiera entra nella stanza: “Scusate, c’è una visita per voi.”
Io e Chloe ci scambiamo uno sguardo perplesso. Non credevo che anche Joyce avesse la tendenza a schiacciare sull’accelleratore.
“Ragazze, sono lieto di vedere che state bene.”
Quel poco di sangue che mi è rimasto nelle vene mi si gela del tutto.
Jefferson è lì davanti a noi, i vestiti stropicciati ma ormai asciutti e il sorriso più falso che io abbia mai visto.
“Il vostro insegnante è stato gentile a preoccuparsi per voi, ha detto di avervi viste scappare in auto tutte insanguinate e vi ha seguite per assicurarsi che steste bene” sorride, chiudendosi la porta alle spalle e bloccandoci l’unica via di fuga.
Lui non si muove, né smette di sorridere.
Ok Max, calma. Finché siete qui siete al sicuro, non può toccarvi. E tra non molto Joyce e David saranno qui. Dio, mai come ora ho desiderato di avere attorno quel paranoico di Madsen!
“Mi avete fatto prendere un colpo” riprende, accomodandosi su una delle sedie, “perdevi così tanto sangue, Max… ero davvero preoccupato.”
“Non… non c’era bisogno di scomodarsi a venire fin qui” replico, fingendo una calma che non mi appartiene.
“Oh nessun problema, questo ed altro per la mia migliore studentessa. E poi c’è un solo ospedale ad Arcadia Bay, andavo quasi a colpo sicuro.”
Punto tuo, Jefferson.
“Comunque… volevo sapere il perché di quella tua scenata alla festa.”
Oh, già.
“Non sono arrabbiato, vorrei solo una spiegazione.”
Chloe mi guarda, come a voler dire: “E ora che gli diciamo?”
“Beh, il suo comportamento con Victoria non è stato esattamente… professionale” azzardo. Non è una bugia in fondo.
Lui sospira: “Hai ragione Max, non è qualcosa di cui andare fieri” replica, e il modo in cui gira attorno alla sua colpevolezza è irritante, “ma si poteva discuterne in modi più civili.”
“S-sì” annuisco, invocando mentalmente Dio, Buddha, Cthulhu o chiunque tenga le redini della baracca.
“E in ogni caso… non è qualcosa che ti riguarda.”
Il suo sguardo ora è tagliente, il sorriso beffardo sparito: ha la stessa espressione che aveva quando mi ha drogata.
“Ora che so che stai bene posso andare” comunica, ma non faccio in tempo a tirare un sospiro di sollievo perché aggiunge: “Ricordati solo che chi si fa i fatti suoi campa cent’anni, Max.”
Così dicendo si chiude la porta alle spalle. Io crollo sul lettino.
“Era… era una minaccia quella?” balbetta Chloe, e io non riesco a trattenermi: “Credevo avessi abbastanza esperienza da saperne riconoscere una, quando la ricevi.”
“Se riesci a fare del sarcasmo non stai poi così male.”
“Scusa, non dovevo. Comunque sì, era una minaccia bella e buona la sua.”
“Dici che sa che noi sappiamo?”
“Più facile che sospetti e basta, e con quell’ultima uscita da mafioso ha cercato di assicurarsi il nostro silenzio.”
“Che non avrà.”
“Su questo non ci piove. Ma per stasera magari lasciamo perdere.”
“...concordo.”
Super eroine sì, stupide no. Non sempre almeno.

*


Yawn.
Erano anni, anni che non dormivo così tanto. Ero davvero esausta, non so come ho fatto a stare sveglia le ultime ore di ieri sera.
Mi gratto le ascelle, le guance, la pancia.
Aprile dolce dormire, e chissenefrega se è ottobre.
Non ho neanche voglia di alzarmi, desidero passare questa giornata spalmata sul letto a rigirarmi e rilassarmi. Ho ancora un sacco di scorie residue da espellere e non può farmi che bene.
Da qui riesco a intravedere fuori dalla finestra. Il tempo sembra bruttino, ma non è che sia chiarissimo. Non aiuta il fatto che stia in posizione svantaggiata.
Con una mano tasto sul comodino e riesco a prendere il cellulare. Ancora mezza rincoglionita, trovo con grande coraggio la forza e la lucidità di mandare un messaggio a Chloe. Giusto per assicurarmi che stia bene.
Tre minuti dopo mi arriva la sua risposta, con tanto di solito rimprovero sull’uso delle emoticon.
Grazie a Dio. In fondo al mio cervello una vocina mi sussurrava che a rispondermi sarebbe stata Joyce, dicendo che l’avevano trovata smembrata in giardino.
Il sospiro di sollievo riempie il silenzio.
Fisso il soffitto, una sensazione di… difficile definirla, ma credo sia accostabile al vuoto. Nel senso che sta tornando prepotente in superficie ciò che ho provato ieri sera.
Noi abbiamo finito. Abbiamo dato.
Max Caulfield e Chloe Price hanno esaurito il loro compito.
Ora ci meritiamo il riposo dei giusti.
Ora devo solo sperare che il tornado vada a infestare il Nevada.
Ora… sento bussare alla porta?
“Max! Max, ci sei?”.
Sembra sia la voce di Dana.
“Un secondo, sono ancora in pigiama. Dammi un minuto che mi cambio” le urlo di rimando.
Il tono pareva concitato. Sarà mica successo qualcosa?
Un improvviso moto d’agitazione mi spinge a darmi una mossa, sebbene la voglia sia pressapoco sottozero.
Quando sono vagamente presentabile giro tre volte la chiave nella toppa. Non parlo a vanvera, Joyce.
Le apro e… occavolo, che è successo? Sembra sconvolta e, a giudicare dal suo aspetto, parrebbe aver appena finito di piangere.
“Dana! Che hai? Che c’è?”.
“Santo cielo Max, è terribile! Terribile! È… è… è… o santo cielo…”.
Per la miseria. Di qualunque cosa si tratti dev’essere stato tremendo.
Le dico di provare a calmarsi, anche perché in queste condizioni non riesce neppure a spiegarsi, e la faccio entrare.
Quando si siede sul letto e finalmente riesco a sentire un resoconto… sarebbe stato meglio non averlo fatto.
“Hanno… hanno trovato un cadavere nel campus, vicino all’entrata…”
Oddio.
Victoria.
Mi fiondo in corridoio, incurante di Dana che mi urla di aspettarla.
Non farmi questi scherzi, Chase! Non provarci, non me lo perdonerei mai!
Quando arrivo in cortile metà accademia si è già radunata per sbirciare: tra le facce note vedo Julie, Alyssa e… Warren che consola Brooke? Meno male che ho rifiutato il suo invito al cinema, a quanto pare aveva il piano B già a portata di mano.
Scuoto la testa. Svegliati Max, la vita amorosa di Warren è l’ultimo dei tuoi problemi. Poco più avanti noto Courtney, Taylor e… Victoria.
Tiro un sospiro di sollievo, ma viene subito sostituito da un’altra domanda: di chi è il cadavere?
Riflettendoci, Nathan ieri era introvabile, ma se si trattasse di lui la reazione di Victoria non sarebbe così composta, in mancanza di altri termini. Mentre cerco di fare mente locale un dialogo un po’ strano attira la mia attenzione: “Io lo sapevo che era morta.”
“C’era da aspettarselo.”
“Succede questo quando vai a letto col tuo insegnante.”
Mi avvicino alle voci, incuriosita.
“Non meritava lo stesso di fare questa fine.”
“A me alla fine non è che piacesse tanto, la Amber…”
Amber… Rachel Amber?
Cosa?!
Mi faccio largo tra la folla fino ad avere una completa visuale del campus: vicino ai tavoli c’è una buca, circondata dalla polizia, alcuni insegnanti (compreso Jefferson) e il preside.
Ai loro piedi il sacco che contiene il corpo di Rachel.
Ok, no. Come diamine ci è arrivata qui? Chi ce l’ha portata? Ma soprattutto, perché?!
Non ho tempo di trovare delle risposte perché il preside Wells si volta verso di me: “Ecco agente, quella è Maxine Caulfield.”
Tutta la scuola mi incolla gli occhi addosso.
Merda.
Perché indica me?
Mentre la polizia mi si avvicina, intimandomi di seguirli, istintivamente apro la mano e lascio che il tempo si riavvolga, e pochi istanti dopo il campus è deserto. Senza pensarci due volte torno indietro verso il dormitorio e apro di scatto la porta della mia stanza, prima che qualcuno decida di uscire. Non appena chiudo la porta alle mie spalle qualcuno urla in corridoio. Afferro il cellulare dal comodino: solo venti minuti. Ho solo venti minuti prima che mi accusino di aver profanato una tomba in una discarica (o peggio, di aver ucciso Rachel!) e meno di cinque minuti prima che arrivi Dana.
Va bene Max, puoi farcela. Ricordati che puoi riavvolgere ancora il tempo, se dovesse servire. Mi fiondo verso l’armadio, afferro dei vestiti a caso, la mia borsa e corro in bagno appena in tempo per sentire Dana urlare il mio nome in corridoio; il bagno per fortuna è deserto, quindi mi lavo e mi vesto alla buona prima di tornare in corridoio e… Dana è ancora lì, che bussa alla porta di Julie. Non mi rimane che riavvolgere ancora e scappare fuori dall’unica porta disponibile, evitando accuratamente l’entrata. La mia unica possibilità è aggirare l’edificio principale passando da dietro e arrivare al parcheggio. Sperando che nessuno mi becchi, ovvio. Guardo il cellulare: dodici minuti, e sono ormai dietro la scuola. Puoi farcela, Mad Max.
E mentre corro mi viene in mente che arrivare al parcheggio è inutile, perché non ho nemmeno una bicicletta e Chloe è confinata a casa e il bus passa davanti alla scuola e non posso prenderlo se no mi vedono tutti a meno che non riavvio di nuovo e però poi comincio a sanguinare dal naso e-
“OUCH!”
Cado di culo per terra, e mentre mi lamento qualcuno mi dà una mano a rialzarmi.
“Tutto bene Max?”
“Samuel?”
“Spero tu non ti sia fatta male.”
“No no è che… sono di fretta, e potrei finire nei guai e…”
“Non succederà. Io non ti ho vista.”
“Eh?”
Samuel sorride: “Ci sono in ballo cose molto più grandi, e credo che l’universo per una volta sarà dalla tua se glielo lascerai fare.”
“Ma tu come…?”
“Gli scoiattoli mi parlano, Max” sorride ancora, e poi va via intimandomi di nuovo di non rimanere troppo qui.
Quest’uomo sa troppe cose. Ma non è questo il momento di approfondire. Senza perdere altro tempo corro verso il posteggio e mi nascondo dietro un’auto.
Grande. E ora?
Mentre rifletto cominciano ad arrivare le prime volanti della polizia, quindi metto in atto l’unica soluzione possibile al momento: tiro fuori il cellulare e compongo il numero.
“Pronto? Max? Sono a lavoro, cosa-”
“Joyce, sono nei guai. Vogliono incastrarmi! Puoi venire a prendermi al parcheggio della scuola?”

*


“Sicura di voler tornare in accademia?”
“Sono sicura, sto bene, davvero.”
“A giudicare dai tuoi vestiti non direi proprio” commenta Joyce osservando un po’ schifata i miei jeans, che sono per metà rossi del mio sangue. Non un bello spettacolo in effetti.
“Magari un’altra notte in ospedale non sarebbe male” insiste Chloe, “dopo la visita di ieri…”
“Quale visita?” chiede Joyce, e io guardo la mia amica dalla bocca larga con uno sguardo eloquente che dice più o meno: “Tapparti la bocca con una merendina del distributore, no?”
“Ragazze.”
Ecco, questo è il tono di Joyce che non ammette repliche.
“Quale visita?” ribadisce, e se non vedo male il suo sguardo si sta indurendo. Vuole una risposta e la vuole subito.
Bella storia. Cosa ci inventiamo adesso?
“Ecco mamma, vedi…” esordisce Chloe “...non volevamo dirtelo, ma… è venuto Frank Bowers…”.
Oh. Tiriamo in ballo la pecora nera del paese? Non posso dire di esserne felice, ma capisco l’urgenza di inventarsi una balla credibile.
La faccia di Joyce viene attraversata da un’ombra scura: “Bowers? Che ci faceva quel delinquente qui all’ospedale? E che cosa voleva da voi?”.
“Niente che riguardi Max, se è questo che ti preoccupa. Doveva parlare con me”.
“Con te? Signorinella, non mi starai facendo capire che ti rifornisci di stupefacenti da quel brutto ceffo?”.
“La questione è più complessa. Vieni, parliamone fuori”.
“No, non…” cerco di inserirmi, ma non faccio neanche in tempo a finire la frase che le vedo andarsene senza un’ulteriore parola.
Sempre più bella storia.
Rimango a fissare la porta da cui sono appena uscite e mi chiedo quale demone abbia suggerito a Chloe di andare a mettersi nei casini fino a questo punto.
Perché citare Frank, che data la reazione di Joyce immagino abbia una certa fama qui ad Arcadia Bay, significa praticamente appendersi al petto un cartello con su scritto sono uno sporco drogato. Ed è l’ultima cosa di cui il mio sidekick ha bisogno, soprattutto a livello familiare.
Quel che mi stupisce di quanto accaduto è la generosità e la mancanza di insicurezza che Chloe ha sfoggiato. E diciamocelo chiaramente, non sono proprio le sue doti più risplendenti… in special modo la prima. D’altronde non più tardi di quattro giorni fa non ha esitato a tirarmi addosso, anche se solo in maniera figurata, lo spinello che si stava fumando dicendo che era roba mia.
Ci sono rimasta male sul momento, non lo nego. E ora sono rimasta positivamente colpita, non nego neanche questo. Chissà, magari si è resa conto di avermi fatto un torto in quell’occasione e ora sta cercando di espiare.
Potrei alzarmi e andare a sentire cosa si stanno dicendo, ma preferisco essere prudente e non prendermi possibili rischi. Di sicuro non mi sento al meglio della forma, ecco.
Passano un po’ di minuti, forse una decina. Poi la vedo rientrare da sola, lo sguardo mesto e un’aria rassegnata.
“Cosa le hai detto?”.
“Le ho parlato di Frank e Rachel”.
C-Cosa?
“Non ci credo. Non ti ho sentita urlare”.
“Poco sarcasmo, per piacere. Fa abbastanza male così”.
“...scusa. Indelicato da parte mia”.
“Puoi dirlo forte”.
“SCUSA, INDELICATO DA PARTE MIA”.
“Mi stai facendo pentire di essermi presa la colpa”.
“...di nuovo scusa. Oggi non ne azzecco una. Hai mica del nastro adesivo per sigillarmi la bocca?”.
“L’ironia in te forte scorre, giovane padawan”.
“Si fa quel che si può, Yoda dal colore sbagliato”.
Un attimo di silenzio. Una cicala che fa sentire la propria presenza. Poi uno scoppio sincronizzato di risate.
“Siamo sempre state così cretine, Max?”.
“Tenderei a dire di sì, solo che gli ultimi giorni non ci hanno permesso di esternarlo nel modo appropriato”.
“Beh, spero che questo pasticciaccio brutto si risolva presto. La tua risata è qualcosa di sublime”.
“Lo stesso vale per la tua”.
Il silenzio che scaturisce da queste due ultime frasi è diverso. Più… imbarazzato.
Poi lei sembra recuperare un decoro. Si avvicina e si siede sul lato del mio lettino.
“Prometto che cercherò di essere seria, Chloe. Ma ora, per favore, raccontami”.
Prende fiato prima di rispondere: “Le ho spiegato cosa legava Frank e Rachel, facendole credere che fosse quello il motivo per cui lui è venuto qui a parlarmi”.
“Immagino sia stato difficile per te…”.
“No, non lo puoi immaginare. Ho tentato di mantenere una compostezza, ma temo di aver lasciato trasparire troppo quel che provavo”.
Senza dire niente la abbraccio. Se lo merita.
“E ora cosa facciamo?” mormora.
“Non lo so” rispondo, “stavolta siamo davvero bloccate in un angolo.”

*


“Scusa se ti ho chiamata mentre eri a lavoro, ma non sapevo cos’altro fare…”
“Non dirlo neanche per scherzo, non ti avrei mai lasciata nei guai. Anche se davvero non capisco perché accusare te, non eri neanche ad Arcadia Bay quando Rachel è sparita!”
Sorrido e sprofondo sul sedile, ascoltando il soliloquio di Joyce: non potendo contare su Chloe e la sua macchina ho dovuto… improvvisare, ecco. “A Prescott avrà dato fastidio il mio ficcanasare in giro” sussurro, e Joyce fa una smorfia: “Non mi sorprende. Ma l’hai fatto a fin di bene.”
Vero, ma vorrei non finire in galera a fin di bene. E purtroppo rischio sul serio se l’FBI non si sbriga. Mi volto a osservare il mare e noto le balene spiaggiate. Con tutti i casini in cui sono invischiata avevo quasi dimenticato il tornado che sta per abbatersi su Arcadia Bay… quasi.
A questo non so proprio come porre rimedio, però.
Quando arriviamo a casa Price ad accoglierci troviamo David sul piede di guerra.
E anche Chloe? Che diamine…?
“Joyce! Mi ha chiamato un amico dalla polizia chiedendomi se avevo visto Max e… ovviamente l’hai portata qui.”
Mi limito a fare ciao con la mano.
“MAAAAX!”
Vengo travolta dal mio personale Tuono Blu che inizia a strillare: “MAX! Ti hanno interrogata? La polizia sa che sei qui? È stato Prescott, non è vero?!”
“Chloe, calmati! E anche tu, David!” li rimprovera Joyce, chiudendosi la porta alle spalle. “Secondo te” punta il dito contro il marito “cosa dovevo fare? Mi ha chiamata terrorizzata dicendo che volevano incastrarla per la morte di Rachel. Hanno fatto trovare il suo corpo in mezzo al campus!”
“Avresti potuto-”
“Portarla dalla polizia? Che è sul libro paga di Prescott, e quindi avrebbe fatto in modo che Max ci rimanesse in eterno?”
“...punto tuo.”
“Lo so, lo so che è estremamente rischioso e sto infrangendo non so quante leggi” continua, facendo su e giù per il soggiorno, “ma non potevo lasciarla lì!”
“Mamma, sei figa!” trilla Chloe saltandole al collo, e Joyce borbotta: “Ti ho detto cento volte di moderare i termini, signorina. Ma è vero, sono stata… intraprendente, ecco.”
“Beh, spero che questa tua idea non ci costi cara” riprende David, “ho detto loro che non avevo idea di dove fosse Max dato che ieri sera non avevo il turno di guardia, e per un po’ dovrebbero lasciarci in pace. Intanto cerco di rintracciare il mio amico dell’FBI, spero arrivi al più presto.”
“Ci vogliono poco più di due ore per arrivare qui da Portland, nel migliore dei casi si tratta di nasconderla fino alle dieci circa” sorride Joyce, ignorando tranquillamente lo sguardo malevolo di David. “Accomodatevi ragazze, preparo la colazione.”
“E il lavoro?” chiedo, e Joyce risponde facendo l’occhiolino: “Una delle mie colleghe mi doveva un paio di favori.”
“Mamma, come siamo biricchine!” la apostrofa Chloe, la cui faccia lascia trasparire tutta l’ammirazione che prova per sua madre in quel momento.
“Tesoro, da qualcuno dovevi pur aver preso” è la serafica risposta, “anche se ti manca il mio self control, ma vedremo di rimediare. Ora silenzio, artista ai fornelli.”
Ok, questo breve teatrino mi ci voleva: fuori luogo quanto volete, ma non si può certo vivere in una tensione perenne.
“Allora Mad Max, aggiornami” sussurra Chloe, sedendosi accanto a me “che diavolo è successo?”
“Non ne ho idea, so solo che stamattina Dana è venuta a svegliarmi dicendo che c’era un cadavere in cortile. Sono corsa a vedere perché credevo fosse Victoria…”
“...e invece era Rachel.”
“Già. Poi il preside mi ha aizzato contro la polizia e ho dovuto riavvolgere.”
“Ma perché tirarti in mezzo? Che gliene viene a lui?”
“Non lo so, ma non mi stupirei se fosse coinvolto in questo… schifo” sbuffo, “in fondo ha coperto tutte le malefatte di Nathan.”
“Sì, è l’unica spiegazione plausibile. Prescott ha deciso di passare al contrattacco” si incupisce, per poi riprendersi quando arriva la colazione: “Pancakes!”
“Oh sì, ne avevo proprio voglia!” dico fiondandomi sul mio piatto.
Siamo ancora con le bocche piene come due bambine di cinque anni quando sentiamo la porta di casa Price aprirsi e chiudersi di nuovo, e David tornare in salotto.
“Signore, la cavalleria è arrivata” annuncia, presentandoci due uomini totalmente vestiti di nero, “gli agenti Mulder e Scully.”
Sono salva. Voglio crederci.
...no, aspetta un attimo.
“Scusate, ma voi…” faccio per chiedere, salvo venire fermata da una mano alzata e un laconico, muto “Non chiedere, ragazzina”.
“Ehi, Mulder Bocca di Fuoco!” si lascia andare David abbracciando uno dei due tizi, ovviamente quello più grosso e dall’aspetto che incute più timore. L’armadio a quattro ante in questione ricambia con vigore quasi animalesco l’abbraccio, apostrofandolo come “Madsen Grillo Tonante”.
Ho già capito: non chiedere.
“Allora, a cosa dobbiamo la convocazione? Sai che sono sempre disponibile per una birra con i vecchi commilitoni, ma il tono della tua telefonata era piuttosto serio”.
“Sì, confermo. Queste due ragazze” dice indicandoci con il pollice “sostengono di avere scoperto un giro di foto illegali a minorenni. Da parte mia ho già provveduto a controllare gli indizi che hanno raccolto e mi sento di poter dire che la questione non è affatto campata per aria, anche se non ho potuto visionare niente di compromettente”.
“Sediamoci che così ci spiegate per bene, mh?”.
Ammetterò che, nonostante la presentazione fisica non del tutto rassicurante, l’uomo compensa con un tono piuttosto affabile. E comunque è stato disposto almeno ad ascoltarci, è già qualcosa.
Ci piazziamo tutti e sei sulle poltrone del salotto.
“Prego, dite pure”.
“Non c’è in realtà molto da dire” prende la parola Chloe, anticipandomi per pochi istanti “Siamo venute a conoscenza, in maniera non esattamente casuale, di una probabile organizzazione criminale che di notte rapisce delle ragazze e le conduce, sotto l’effetto di droghe, in un fienile appena fuori città. Lì, dove c’è un bunker antiatomico, hanno allestito uno studio fotografico usato per immortalarle in pose… oserei definirle sconce. La mattina successiva le riconducono a casa, o nella stanza del dormitorio se si tratta di studentesse della Blackwell Academy”.
Lo stupore e l’incredulità si possono vedere benissimo sui loro volti.
“Come siete venute a conoscenza di tutto questo? E che prove avete a sostegno di questa tesi? Sono accuse gravi, le vostre”.
“Tutto è cominciato con Rachel Amber, una mia cara amica che è sparita sei mesi fa. Visto che sembravo l’unica a interessarsi del suo destino ho cominciato a ficcanasare a destra e a manca, a fare domande, a raccogliere informazioni. Poi, e questa è la parte dolente, io e lei ci siamo date da fare in maniere… non esattamente legali”.
Qui, come si poteva facilmente intuire, la faccia di David si rabbuia e scuote la testa sconsolato. Un po’ mi dispiace per questo, Madsen.
“Da parte mia” dichiaro con voce ferma “sono disposta a pagare per le mie infrazioni”.
“Parliamo dopo dei tremila anni di carcere che ci aspettano, ok? Quel che questi gentiluomini vogliono sentire è altro, e cioè che la barra si è alzata quando abbiamo rinvenuto il corpo senza vita di Rachel”.
“Dove?”.
“In una discarica, avvolto in un sacco”.
“E come fate a sapere di questo fantomatico bunker e delle foto?”.
“...ci siamo state” sussurriamo assieme, consce di star ammettendo un crimine non proprio da due soldi.
“Esattamente cosa ci avreste trovato?”.
“Come le ho detto foto, un sacco di foto. Catalogate maniacalmente a seconda del soggetto, con tanto di nome bene in vista. C’erano la già citata Rachel Amber, un’amica di Max chiamata Kate Marsh che a causa di tutto ciò ha recentemente tentato il suicidio e altre persone che a dire il vero non conosco”.
“E come detto c’era… un set fotografico…” aggiungo tentennando. Tentenno perché… credo di star avendo una rivelazione.
“Max? Ti sei imbambolata, tutto bene?” mi chiede Joyce.
“Io… io penso… di aver capito una cosa importante”.
“E cosa?”.
“Il bunker appartiene alla famiglia Prescott, i vicere di Arcadia Bay. Tengono la polizia del posto sul palmo della loro mano, per questo ci siamo dovuti rivolgere a un livello superiore. Ma non penso che né Sean Prescott, il patriarca, né suo figlio Nathan siano poi così interessati all’aspetto più strettamente artistico. Solo che…”.
“Solo che?”.
“Solo che… conosco una persona che potrebbe esserlo”.
“Eh?” mi chiedono in coro gli altri.
“«Potrei prendere ognuno di voi, chiuderlo in un angolo buio e ritrarlo in un momento di disperazione»”.
“Eh? Ti stai dando alla filosofia decadentista?”.
“No, scema. Sto cercando di dire che forse, e sottolineo il forse… ho capito chi usava tutta la costosa attrezzatura che abbiamo visto in quel posto”.
“Oh. No, non starai dicendo che…”.
“Sì, lo sto dicendo”.
“Ragazze, si può sapere di cosa farfugliate voi due?” si intromette David, presto seguito da Joyce e dallo Scully dal sesso sbagliato.
Solo per un istante il fiato mi si blocca. Se ho ragione è una scoperta sconvolgente.
“Jefferson…”.
“Jefferson…?” Mulder inarca un sopracciglio e mi fa cenno di spiegare. Sospiro: “Mark Jefferson è il mio insegnante di fotografia alla Blackwell, nonché un famoso fotografo. La frase che ho sussurrato prima l’ha detta qualche giorno fa durante una sua lezione e…”
“...ti è venuto il dubbio che potrebbe essere coinvolto.”
“Io lo dicevo di non fidarsi di un tizio col pizzetto” è il fondamentale apporto del Madsen nazionale. Non che abbia torto, sia chiaro.
“So che non è una prova valida ma” mi alzo di scatto “tutta l’attrezzatura presente nella Dark Room era roba professionale e incredibilmente costosa. E anche se i Prescott possono sicuramente permettersela, non credo che Prescott senior l’abbia comprata per assecondare i capricci del figlio.”
“Però hai detto tu stessa che le foto in camera di Nathan erano strane” interviene Chloe, per poi tapparsi la bocca. Troppo tardi aggiungerei, tanto ormai abbiamo rivelato tutti i nostri peccati all’ FBI… fatto trenta facciamo trentuno. Dal canto loro i due agenti non sembrano particolarmente impressionati dal nuovo reato; Scully, finora rimasto in silenzio, decide finalmente di intervenire: “Queste però sono solo ipotesi, forse non le accetterebbero nemmeno come prove circostanziali. Hai niente che possa essere usato contro di lui? Anche solo qualcosa che giustifichi una semplice verifica della sua fedina penale… perché così abbiamo le mani legate.”
“E ricordatevi che al momento siamo qui in via ufficiosa” conclude Mulder, “e se dobbiamo pestare i piedi alla polizia di Arcadia Bay vorremmo farlo con il culo parato.”
Io e Chloe ci guardiamo demoralizzate, ben coscienti del fatto che non abbiamo nulla in mano. Stupida Max, non potevi avere quest’illuminazione ieri?
“Scusate se mi intrometto, chiaramente non voglio dirvi come fare il vostro lavoro ma… le ragazze hanno raccolto parecchi indizi che io e David abbiamo visionato. Non è possibile che ci sia qualcosa lì? Magari vale la pena dare un’altra occhiata.”
Ci voltiamo tutti verso Joyce, che ci sorride.
David inarca un sopracciglio: “In mezzo a quelle carte c’erano pure i miei file, che contengono informazioni anche su Jefferson…”
“Io e Max abbiamo già ricollegato date e targhe… ma ci eravamo sempre concentrate su Nathan” Chloe sgrana gli occhi, voltandosi di nuovo verso di me.
Joyce, ti voglio bene.

*


Arrivata alla Blackwell ho scoperto di non avere l’obbligo di andare a lezione.
A quanto pare la notizia del mio dissanguamento si era già diffusa, e i docenti mi hanno caritatevolmente concesso una giornata di libertà.
“Il signor Jefferson ci ha raccontato tutto, per oggi devi solo riposarti” dicevano. “Era così preoccupato per te, Max!” miagolavano.
Oh sì, preoccupatissimo.
Comunque non sarò certo io a schifare ventiquattro ore di libertà, quindi ho convinto Chloe a tornare a casa sua e fare ricerche sul tornado imminente. Non ho idea di cosa possiamo fare in realtà, dato che non ho controllo sugli agenti atmosferici, ma visto che anche puntare su Jefferson per ora è inutile…
“Questa ricerca è un buco nell’acqua” borbotta la mia hacker di fiducia, stiracchiandosi “non trovo assolutamente nulla di diverso da pagine che spiegano scientificamente il fenomeno dei tornadi. E non credo sia quello che ci serve.”
“Per questo dobbiamo scavare più a fondo” replico, alzando gli occhi dal cellulare — che sto usando per qualche ricerca incrociata, giusto per non stare a fissare imbambolata i nuvoloni in avvicinamento.
“E che dovrei fare, una capatina nel deep web? Non credo ci siano studi paranormali sulle tempeste.”
“Magari trovi un qualche modo illegale di far funzionare la copertura di rete durante il maltempo” ringhio, osservando le tacche del cellulare azzerarsi a intermittenza. Chloe fa spallucce indicando le tacche della sua connessione, anch’essa piuttosto altalenante.
“Ribadisco, è una perdita di tempo” riprende Chloe, “la cosa migliore sarebbe scappare via a gambe levate.”
“Se hai visto Final Destination sai che potrebbe non funzionare” ridacchio, anche se non del tutto divertita. Fin troppe cose, in questi giorni, sembrano aver seguito lo stesso schema di quel film. Chloe sbuffa, accendendosi l’ennesima sigaretta, e io mi butto sul suo letto: “E comunque la tua idea di andare in giro per le strade di Arcadia Bay urlando che l’apocalisse è imminente non era nemmeno da prendere in considerazione.” puntualizzo, e con la coda dell’occhio noto che lei mi fa il verso muovendo la mano come fosse un becco. Ah ah ah, che spiritosona. In tutto questo la mia pancia reclama vendetta per la colazione saltata, emettendo suoni inquietanti.
“A quando risale il tuo ultimo pasto?” mi sfotte Chloe, e io arrossisco: “Il budino che sapeva di colluttorio mangiato ieri in ospedale conta?”
“Ok, qui ci vuole una super colazione al Two Whales” decide, e si alza di scatto per prendere la giacca. Io non posso che essere d’accordo: “Approvo totalmente, la mia pancia brama i pancakes di Joyce. Certo, potevamo anche arrangiarci noi in cucina e non interrompere le ricerche. E poi uscire questo tempaccio…”
“Ormai uscire o no con la tempesta cambia poco, senza contare che necessito di una pausa” replica lei. “E poi, tu sai cucinare?”
“...no.”
“Nemmeno io.”
“...ok, andiamo al Two Whales.”

“Allora Max, come ti senti?”
“Molto meglio, grazie. La giornata libera ci voleva proprio.”
Joyce annuisce: “Concordo. Pancakes per te e uova fritte per la ribelle in arrivo.”
“Ricordati il bacon!”
“Niente bacon per te, signorina.”
Chloe sbuffa, e da brava bambina di cinque anni fa le linguacce alla madre — che deve avere gli occhi anche dietro la testa, perché la sentiamo cinguettare: “Tanto ti vedo.”
“Dai, se fai la brava ti faccio assaggiare un po’ dei miei pancakes” rido, e la piccola Price sembra calmarsi un po’, per poi borbottare di nuovo: “Stupido cellulare, è totalmente isolato.”
Mi volto verso le finestre, fissando i nuvoloni neri in lontananza: “Nella mia visione il tornado arrivava dal mare, e qui siamo già più vicine alla costa” rifletto, “forse i problemi di copertura del segnale qui sono più forti.”
“Lo sto notando” ringhia, e rido: “Vado un attimo al bagno, cerca di non lanciarlo contro una parete nel frattempo, se ci riesci.”
Mi fa un gesto con la mano che interpreto come sì, e mi dirigo alla toilette. Faccio ciò che devo fare e mi appresto a lavarmi le mani, quando noto una scritta su una delle porte:

Questo è il settimo segno: vedrai il mare diventare nero e molte creature viventi morire a causa di questo.

Ricordo di averla letta quando sono venuta qui la prima volta con Chloe, cominciando anche a notare parecchie… coincidenze inquietanti poco dopo, come animali morti ovunque e vortici in ogni forma e dimensione.
Vortici…
Torno al mio tavolo, dove trovo Chloe spiluccare dal mio piatto: “Ehi!”
“Avevi detto che potevo!” farfuglia con la bocca piena.
“Potevi almeno aspettare che tornassi” la rimprovero, e mi fa il broncio. Un broncio molto carino.
Ok Max, per favore, bastano già gli ormoni galoppanti della tua sidekick a far casini. Prima che mi passi di mente tiro fuori il cellulare dalla borsa e provo a fare una ricerca su Internet, ma non c’è campo.
“Senti, dovremmo tornare a casa tua. Potrei avere una pista.”
Chloe sgrana gli occhi e mi indica il piatto di uova fumanti. E una, una sola, strisciolina di bacon fritto. Joyce cuor di panna.
“Ma… ma la colazione?” piagnucola.
“Di questo passo potrebbe essere l’ultima che fai.”
Rimane in silenzio per qualche istante, per poi voltarsi verso il bancone: “Mà… ci faresti due confezioni da asporto?”
Così ti voglio, Price. Più o meno ligia al dovere.

“Allora, trovato qualcosa?”
“Sembra parte di una profezia hopi” borbotta, scorrendo la pagina sullo schermo del suo PC. “Ma continuo a non capire in che modo sia collegata al tornado.”
“Non ne ho idea” rispondo, girando in tondo dentro la sua stanza, “ma l’ho letta al Two Whales quando ci siamo state qualche giorno fa, e da allora non faccio che notare segni ovunque!”
“Segni?”
“Sì! Le creature che moriranno a causa del mare nero” cito quasi testualmente, “penso si riferisca a tutti gli animali morti in questi giorni! Gli uccelli morti nel tuo giardino, le balene spiaggiate… e vortici. Vortici ovunque.”
Inizio a pensare che anche il nome Vortex Club e il party Fine del mondo non siano nomi poi così casuali…
Chloe inarca un sopracciglio: “Max, ti rendi conto che tutto ciò è folle?”
“Riavvolgo il tempo con la sola imposizione delle mani. Davvero hai ancora dubbi su tutto questo?”
“Touché” sorride, e in una strana imitazione di stamattina si alza dalla sedia e va a prendere la sua giacca. “Avanti Mad Max, il dovere ci chiama.”
“Che vuoi fare?”
“Andare al faro. Non è lì che hai avuto la visione della tempesta?”
“Sì ma…”
“Andiamo a cercare qualche indizio. Magari abbiamo fortuna.”
“Tu dici?”
“Ehi, hai detto tu che arrivati a questo punto tanto vale buttarci a capofitto in questo casino no?”
“Non proprio in questi termini, ma sì.”
“E allora andiamo!”
E andiamo.
Il viaggio in auto è stranamente tranquillo, nonostante il memento mori dato dalle nubi all’orizzonte e dai tuoni sempre più forti; appena arrivate cominciamo a setacciare il faro in lungo e in largo, alla ricerca di qualunque cosa che possa tornarci utile.
“Niente, non c’è un fottuto niente di niente!”
“Cosa ti aspettavi, un festone con su scritto ‘Congratulazioni! Avete trovato il pulsante per fermare il tornado!’?”
“Ah. Ah. Ah. Non fai ridere.”
“Non volevo mica farti ridere” ghigno, accomodandomi sulla panchina. Ovviamente la ricerca si è rivelata un buco nell’acqua, non che mi aspettassi chissà cosa… però è deludente comunque.
Mentre osservo il mare sconsolata, sento un rumore strano provenire dalla mia borsa.
“Ma che…?”
“Cosa c’è, Max?” chiede Chloe, avvicinandosi.
“Sento un rumore strano” borbotto, frugando nella sacca e tirando fuori il cellulare. “Deve essersi attivata la radio per sbaglio.”
“A furia di venir sballottolato in mezzo al casino che tieni lì dentro” sorride, a cui replico con un secco: “Colpa della tua guida terrificante, Price.”
Mentre mi fa una pernacchia il rumore statico aumenta di colpo e… sento una voce. Una voce familiare.
“...senti-BZZZ”
“Abbiamo beccato un’interferenza?” chiede Chloe, ma le faccio cenno di far silenzio.
“...e mi senti… BZZZZ-ono Max…”
Max?
Sono io?
Quella è… la mia voce.

*


L’opera di visione del tabellone degli indizi Pricefield (capito? Price + Caulfield? Pricefield?) porta risultati non malvagi. I due ometti in nero ritengono quanto raccolto da me e dalla mia Robin senza tutina aderente sufficiente per almeno una piccola indagine informale, il che ci basta. Pretendere di più sarebbe stato francamente irrealistico.
Mentre Joyce assiste Scully con la prenotazione di un alberghetto e Mulder e David si tuffano nei ricordi di come, testuali parole, hanno fritto assieme il culo di quell’insetto del terrore di Saddam Hussein…
“Chloe, puoi venire un secondo con me? Dovrei parlarti”.
“Fattore T?”.
“Fattore T”.
“Sono tutta tua”.
Oh santo cielo, una risposta più equivoca no eh? Siamo nel bel mezzo di una crisi e tu hai la fantastica idea di andare a stuzzicare i miei ormoni con un punteruolo. Brava.
Ci appartiamo.
“Innanzitutto toglimi una curiosità: se non si fosse trattato del fattore T non saresti venuta?”.
“Non fare la viziata del menga, Max. Ovvio che sarei venuta. Solo che questo rende la conversazione più pressante, tutto qui”.
“Bof. Sarà. Comunque, quel che volevo dirti è una cosa un po’ preoccupante che ha preso ad accadermi da ieri sera…”.
“Riguardante quello?”.
“Se parlo di fattore T non intendo tartufi, genialoide”.
“Permalosona. Dai, dimmi”.
“Ti ricordi le ultime bizze del mio naso?”.
“Me le ricordo sì. Qualche problema?”.
“A parte che non è normale in sé e per sé sanguinare in quel modo, ma ormai credo di aver capito che quando succede è sempre in qualche modo collegato col mio potere. Martedì, quando c’è stato il casino con Kate, non ho potuto usarlo per aiutarla”.
“Ti era finita la polvere speciale?”.
“...Price, non è il momento. Sto cercando di essere seria”.
“Eeeeh. Scusa, scusa. Quindi? Ieri sera è stato lo stesso?”.
“No, almeno non credo. Non ne ho avuta la conferma pratica, ma so per certo che si è presentato un ulteriore aspetto del problema”.
“Sarebbe?”.
“In entrambe le occasioni, assieme al sanguinamento, c’erano delle visioni”.
“Visioni? Come quella che mi hai raccontato?”.
“Sì. E quando ti ho detto «non è mai successo» non intendevo un avvenimento cancellato dal mio riavvolgere, intendevo che a parte quello non ne ho mai avuta la minima memoria. Non è proprio esistito in questo mondo, ecco”.
“Capito. Cosa può voler dire?”.
“Lo devo sapere come? Non ne ho idea, Chloe. Ho visto cose mai accadute e non me ne so spiegare il motivo”.
“Figata. Oltre a manipolare il tempo hai le allucinazioni”.
“Ma piantala. Sono preoccupata da ‘sta cosa. Il mio potere potrebbe starmi facendo impazzire se mi metto a vedere quel che non esiste”.
Il tono mi si incrina e lascio trasparire un po’ di paura, perché ammetto che la cosa mi fa paura. Davvero non mi so spiegare questo fatto.
Perché cavolo vedo immagini che in teoria, e volendo anche in pratica, sono irreali?
Sento una mano sulla spalla. Alzo la testa, che si era abbassata da sé, e la vedo mentre con l’altra mano si avvicina alla mia guancia e mi accarezza.
“Tranquilla, la risolviamo in qualche modo”.
Price, con il nervoso e le paranoie e tutto il resto che mi hai causato ultimamente… grazie.
“Signorine!” la squillantissima e per nulla appropriata voce dell’agente Mulder ci distrae “Qua per ora abbiamo finito. Io e il mio collega faremo un velocissimo salto all’hotel, giusto per confermare la prenotazione, e poi cominceremo a lavorare sui dati che ci avete fornito. Vi prego di ricordarvi che siamo qui in via ufficiosa, quindi per il momento vi consiglio caldamente di non aspettarvi mandati d’arresto e retate in grande stile”.
“Volete un ombrello?” si inserisce Joyce.
“Uh?”.
“Guardate fuori dalla finestra”.
Anche noi seguiamo il consiglio e… wowser, sta…
...arrivando…
...un tornado.
Merdamerdamerdamerdamerdamerda.
Dimenticata. Me n’ero completamente dimenticata.
Non che io abbia idea di come fermare un tornado, ma anche starmene con le mani in mano non mi pare un’idea fantastica. Sto per rivolgermi a Chloe quando…
...sono al faro. La tempesta è fortissima e il tornado sempre più vicino, e... io e Chloe siamo sedute alla panchina.
E quando diamine è successo? O è un’altra visione del futuro?
Mi avvicino cautamente, nella speranza di carpire qualche informazione utile. A questo punto ci facciamo andar bene veramente tutto. Noto che l’altra me ha in mano il cellulare, e sia lei sia Chloe hanno un’espressione sconvolta in viso.
Le vedo aprire bocca.
“Era la mia voce?” dice l’altra Max, ma non faccio in tempo a chiedermi cosa voglia dire che mi ritrovo di nuovo nel salotto di casa Price.
“Max! Max, tutto ok?”
“Come ti senti?”
Mi correggo: sono sul pavimento del salotto di casa Price.
“Che… che cosa…” borbotto, con un tono di voce rauco che non sembra appartenermi, e subito Joyce interviene: “Non appena ho nominato il tornado hai cominciato a barcollare e sei svenuta!”
“Sto… sto bene, non è niente” protesto, ma Joyce non sente ragioni: dopo avermi controllato la temperatura ordina a Chloe di portarmi in camera sua, che sicuramente ho preso freddo durante i nostri bighellonamenti notturni; quest’ultima obbedisce senza fiatare.
Mi trascina fino al suo letto, dove mi fa accomodare: “Cos’è successo? Un’altra visione?”
“Wow, stai diventando un’esperta” ironizzo, prendendo possesso del cuscino.
“Dopo quattro o cinque volte che succede in mia presenza comincio a riconoscerne i sintomi” sorride, poi torna seria: “Allora, cos’era?”
Sospiro e cerco di riordinare le idee. Stavolta non sono sicura neanche io di cosa ho visto.
“Ero al faro, e il tornado era vicino. Ho visto noi due sedute sulla panchina del promontorio.”
“Wow, passeggiata romantica con tramonto e tornado. Un primo appuntamento indimenticabile!” ride, e vorrei che non l’avesse detto perché sento una strana sensazione allo stomaco. Credo di aver finalmente capito cosa voglia dire la frase “avere le farfalle nello stomaco”. Le mie sono tutte blu.
“Quindi era una visione futura?” chiede Chloe, riportandomi alla realtà. Aggrotto la fronte: “Credo di sì.”
“Ma…?” incalza.
“Ma non ne sono sicura. Quando mi sono avvicinata ho sentito l’altra me stessa dire qualcosa riguardo l’aver sentito la sua voce, e aveva il cellulare in mano… ma la visione si è interrotta proprio in quel momento.”
Chloe si gratta la testa, pensierosa: “Detto così può voler dire tutto e niente. Sembrerebbe qualcosa che deve ancora accadere, ma il particolare della tua voce sembra importante…”
“Già” sospiro, “se solo potessi avere queste visioni a comando…” dico, quasi senza pensarci.
Tuttavia…
Potrebbe funzionare. Voglio dire, con le foto l’ho già fatto, cosa mi impedisce di tentarci anche in questo caso? Mi alzo di scatto dal letto e la testa comincia a girare vorticosamente. E basta con i vortici!
“Max, che diamine fai?” mi rimprovera Chloe, “Sei ancora troppo debole!”
“Voglio provarci.”
“C-cosa?” balbetta lei, arrossendo.
“Le visioni. Voglio vedere se riesco a pilotarne una adesso.”
“Oh. Sì. Giusto” balbetta, e noto il rossore sulle sue guance. Se non avessi una fretta del diavolo approfondirei questo suo imbarazzo.
“E come pensi di fare?” chiede, cambiando subito discorso.
“Non sono sicurissima” mento, perché in realtà so come fare. Ma implicherebbe il rivelarle i salti nelle foto e… William. E non è il momento. Forse non lo sarà mai. Scuoto la testa: “Magari concentrandomi su un particolare, come faccio quando riavvolgo il tempo” sussurro, e riporto alla mente la scena: il faro, il vortice, il promontorio. Io e Chloe sulla panchina.
Fisso il mio sguardo su di loro — su di noi: dapprima è tutto sfocato e tremolante, ma poco a poco diventa tutto più nitido e la stanza di Chloe scompare lasciando il posto alla tempesta.
Di nuovo mi avvicino alle Max e Chloe della visione, e ascolto.
“...e mi senti… BZZZZ-ono Max…”
“Era… era la mia voce?”
L’altra Chloe si limita ad annuire, visibilmente turbata.
“Se mi senti-BZZZZ-sono Max! Da -BZZZZZ-one differente!”
“Che ha detto?” chiede Chloe, e l’altra me scuote la testa: “N-non so… provo a cambiare frequenza” dice, e smanetta col cellulare fino a trovare una frequenza un po’ più chiara: “Se mi senti, sono Max! Da una dimensione differente!”
Le due si guardano sconvolte. Io le seguo a ruota.
Una Max da una dimensione differente? La… la sta contattando tramite la radio del cellulare?
“Oddio sembra quel vecchio film, Frequency…” commenta Chloe, dando voce ai miei pensieri.
“So che è una follia” continua la voce dalla radio “ma… beh tutto è folle, da una settimana a questa parte! Se riuscite a sentirmi, vogliamo sapere cos’è successo da voi! Cosa sapete di Jefferson? Siete state nella Dark Room?”
E proprio mentre l’altra me sta per rispondere tutto sparisce, e mi ritrovo a fissare il soffitto tappezzato di tette e frasi emo della stanza di Chloe.
“Max! Maaax! Oddio, stai perdendo sangue a litri!”
La sua voce mi riporta del tutto alla realtà. Mi tocco il naso con una mano e scopro che apparentemente sto davvero morendo dissanguata.
“Non muoverti! Non muoverti! Oddio” balbetta Chloe, premendomi un paio di fazzoletti sulla faccia.
“Ho visto” sussurro, spostando leggermente la sua mano, “ho visto tutto…”
“Me lo dirai dopo, ok?” urla, totalmente in panico, ma la interrompo: “Non era una visione futura, era… era un’altra dimensione.”
“Silenzio! Ora tu ti stendi sul letto e…”.
“Shush” cerco di scacciarla con la mano. Non mi sento particolarmente male. Non ho vertigini, non ho nausea, mi sento stabile sui miei due piedi. “Sto bene e questo è più importante”.
“Niente è più importante della tua salute, specie quando decidi di imitare una cascata!”.
“Price, finiscila. Ti ho detto che sto bene e ‘sta cosa è troppo freaky per ignorarla così”.
“Guarda che non… oh, invece è proprio venerdì”.
Si scosta, pare un po’ ferita dal modo in cui mi sono rivolta a lei. Mi spiace Chloe, non volevo essere aggressiva ma mi ci hai costretta.
“Almeno premiti bene i fazzoletti sul naso…” mormora.
“Signorsì infermierina” la canzono, conscia del fatto di essere stata forse un po’ troppo dura prima.
“Quel che non capisco” riprende dopo qualche attimo di silenzio “è il motivo che ti avrebbe fatto avere una visione del genere. E poi perché dovremmo metterci in contatto… con le noi stesse di un’altra dimensione?”.
“A me lo chiedi? Ne so quanto te, cara mia. Se la voce che l’altra Max o presunta tale sentiva era davvero la mia… non so come abbiamo fatto, né tantomeno per quale scopo. So solo che ho visto la scena”.
“Max…”.
“Che c’è? Cos’è quella faccia preoccupata?”.
“Tu credi alle self-fulfilling prophecies?”.
“A cosa dovrei credere? Si mangiano?”.
“Brutta scema. Siccome qualcuno di mia conoscenza ha cominciato a fare la matta con i viaggi nel tempo, a me è toccato istruirmi in proposito. Sfoglia libroni polverosi qua, sfoglia libroni polverosi là... poi si trovano nozioni interessanti come appunto le self-fulfilling prophecies. Per spiegarti, anche se non dovrei perché dal nome mi sembra abbastanza chiaro: è una predizione che si autoavvera. Sto cominciando a sospettare che noi ci sia appena imbattute in una delle suddette”.
Davvero, sarò tarda io ma non riesco a seguirla.
“Ti spiacerebbe essere un po’ più chiara, per favore?”.
“Oh, guarda che non è davvero nulla di complicato. In parole povere quel che hai visto diventerà realtà proprio perché l’hai visto. Mi ricordo di un film in cui succedeva una cosa del genere…”.
Anche la presunta altra Chloe citava un film, Frequency.
“Fammi vedere se ho capito bene: secondo te noi ora dovremmo andare al faro e provare, non voglio neanche immaginare il come, a contattare le noi stesse di un’altra realtà?”.
“Con la settimana che abbiamo… che hai avuto, ti sembra poi così inconcepibile?”.
Uh dunque, vediamo. Riavvolgo il tempo, viaggio dentro le fotografie, lunedì vedo che venerdì ci sarà un tornado pazzesco che raderà al suolo l’intera città…
Non nego la verità delle tue parole, amica mia.
“Cosa abbiamo realmente da perdere? Se quel che sai è vero, probabilmente fra poche ore verremo spazzate via dalla furia di un cataclisma. Io dico di farlo. Al peggio ci ricaveremo un po’ di nervoso e un buco nell’acqua, che nella nostra situazione non è nulla di tragico”.
Più ciancia e più mi convinco che quest’idea da folli possa anche funzionare. E poi è vero quando afferma che peggio di così è difficile.
“Avanti Max” dice in tono deciso afferrando la giacca appoggiata sulla sedia “io vado. Vorrai mica lasciarmi da sola con il vortice mangiabambine, vero?”.
No, va bene. Se la butta sul patetico non posso che cedere.
Sbufficchio mentre la seguo.

“E ora?”
“E ora cosa?”
“Mi hai trascinata fin qui, avrai pure un’idea sul da farsi, no?”
“Io? Sei tu quella che ha avuto la visione.”
Sbuffiamo entrambe e ci voltiamo ad osservare la tempesta imminente: non so perché Chloe abbia pensato che trascinarmi al faro potesse farmi avere l’illuminazione su come contattare i nostri doppi di un’altra linea temporale, come se fosse una cosa di tutti i giorni poi.
“Non so cosa tu ti aspetti che faccia” replico, “contattare altre dimensioni non rientra tra i miei hobby.”
“Beh, dovrai fartelo piacere” borbotta Chloe, indicando l’orizzonte “perché il tornado sta arrivando e quella è l’unica pista che abbiamo al momento.”
La cosa assurda è che ha ragione.
Non sapendo bene cosa fare prendo posto accanto a lei sulla panchina, e tiro fuori il cellulare dalla borsa. Clicco su Radio FM.
“Nella visione l’altra me ascoltava la mia voce dalla radio, tramite il telefono” ragiono ad alta voce, “suppongo di dover seguire le indicazioni… c’è gente che così ci ha registrato voci di presunti fantasmi, mi sento una di loro.”
“Se non ricordo male c’era un vecchio film in cui il protagonista riusciva a comunicare col padre morto anni prima tramite una vecchia radio…”
“...durante una tempesta?”
“Sì! Te lo ricordi anche tu? Come diamine si chiamava…”
“Frequency” replico. La Chloe dell’altra dimensione l’aveva citato proprio qui al faro.
Ok, facciamo che lo prendo come un segno del destino. La tempesta c’è, la radio in qualche modo anche, e abbiamo un’altra dimensione da contattare. Smanetto con le stazioni radio fino a trovarne una particolarmente disturbata dal maltempo: non c’è nulla di scientifico dietro quanto sto facendo, vado assolutamente a caso. Diciamo che vado a sensazione, ecco.
Finalmente ne trovo una che mi ispira, per così dire. Mi volto verso Chloe, che annuisce.
Ci siamo.
“Max? Se mi senti, sono… Max! Da una dimensione differente!”

*


“So che è una follia” ma… beh tutto è folle, da una settimana a questa parte! Se riuscite a sentirmi, vogliamo sapere cos’è successo da voi! Cosa sapete di Jefferson? Siete state nella Dark Room?”
Non ci posso credere.
Sono stata contattata dalla me stessa di un’altra dimensione. E non credo di essere pazza, perché Chloe è qui con me e l’ha sentita. Può testimoniare. La faccia sconvolta non mente.
“Mi senti?”
“Avanti! Rispondi!” sussurra Chloe, intimandomi a gesti di risponderle.
“S-sì, ti sento” balbetto, assolutamente terrorizzata e al contempo eccitata all’idea di parlare con un’altra me. Dio, quanto sono nerd…
La voce si fa insistente: “Avete qualche informazione in più?”
“Sì, siamo state nella Dark Room” mi affretto a rispondere, “e sappiamo che è stato Jefferson, forse con la complicità di Prescott. Voi cosa sapete?”
“Non molto di più in realtà” risponde l’altra me, “di Jefferson non avevamo alcun sospetto fino a qualche ora fa, ma ora l’FBI sta indagando.”
Io e Chloe ci guardiamo stupite: “L’FBI? Come diamine avete fatto?”
“Abbiamo deciso di andare a parlare con David, e abbiamo scoperto che un suo ex commilitone lavorava all’FBI, e così…”
Lo sguardo che lancio a Chloe è pieno di significati più o meno velati, tra cui spicca una sequela di “Non voglio dire che te l’avevo detto PERO’ TE L’AVEVO DETTO!”.
“Come cavolo l’avete convinto a collaborare?” chiedo, e la risposta non mi sorprende poi tanto: “Non è stato facile, abbiamo dovuto ammettere tutte le nostre malefatte… ma alla fine ha ceduto e ha deciso di darci una mano. Ma voi, invece? Qual è la vostra situazione?”
“Beh… noi abbiamo la certezza che si tratti di Jefferson. Ha… sparato a Chloe e drogato me” ammetto, e dal telefono sento versi di stupore e disgusto. “Ma sono riuscita a riavvolgere il tempo, per fortuna. Solo che… Jefferson ora sa che noi sappiamo. E abbiamo le mani legate, non possiamo fare nulla.”
Un attimo di silenzio, poi: “Andate da David! So che può sembrare folle ma con noi ha funzionato! Forse può-BZZZZZZZZZZZZZZZZ!”
“Come? C’è un interferenza, non vi sento!” cerco di cambiare stazione, ma inutilmente. Comunicazione persa.
Però ci hanno dato un suggerimento importante… il più logico, a ben pensarci.
“Direi che adesso sappiamo cosa fare” rompo il silenzio.
“Andare da David?” chiede Chloe.
“Abbiamo altra scelta?”
“Direi di no” sospira, osservando il tornado. “Avanti, sbrighiamoci.”

“COS’AVETE FATTO VOI? VI SIETE PERMESSE DI ANDARE A FICCARE IL NASO NELLE MIE COSE?”.
“David, ti prego… calmati…”.
“NO CHE NON MI CALMO! VI RENDETE CONTO O NO DI QUANTO È GRAVE? E ADESSO OSATE VENIRE A MENDICARE IL MIO AIUTO?”.
Oh per tutti i santi benedetti. Sapevamo si sarebbe incazzato, ma l’imitazione del tornado che sta per scatenarsi fuori gli riesce davvero bene.
Non che la mia esperienza in merito sia molto ricca, ma non ricordo di aver mai visto David Madsen così fuori di sé. A giudicare dall’espressione di Chloe lo stesso potrebbe valere per lei, sembra sinceramente terrorizzata da quanto sta assistendo.
Sono convinta sia a tanto così dal ribaltare il tavolo. Ci manca giusto il meme umano.
Tentiamo di fargli passare l’attacco isterico, ma vanamente. Ha davvero gettato quel suo poco di razocinio e lucidità dalla finestra, mandandolo proprio nell’occhio del ciclone.
Ci caccia di casa in malo modo… ehi, puoi evitare di fare degli apprezzamenti sul mio onore, brutto stronzo!
“Andate da David dicevano. Sarà una scampagnata dicevano” sarcasticheggia Chloe pochi secondi dopo che la porta di casa Price si chiude con un boato alle nostre spalle.
“Veramente hanno detto che non è stato per nulla facile. E poi chissà, magari loro sono state semplicemente più fortunate”.
“Sarà stato quel che vuoi, Max. Rimane che siamo con la merda fino alle orecchie”.
“E che sarà mai. Siamo solo sotto scacco da parte di un professore carismatico e con un buon nome che sa usare molto bene delle tattiche intimidatorie tipiche della mafia. Una passeggiata di salute”.
“Vaffanculo”.
Uh. Questo mi ha fatto male.
“Chloe, devi proprio? Non è il caso di mettersi a litigare fra di noi”.
“...respirone profondo. Hai ragione, scusa. Ritiro. È che sono un filino nervosa, nel caso non si fosse notato”.
“Ma non mi dire”.
“Ingoiati il sarcasmo con dei crauti marci, Caulfield”.
Ok, meglio smetterla o mi mette le mani addosso.
Siamo ferme proprio davanti al garage, nel corso dell’ultima discussione ci siamo spostate in preda a dei passi involontari. E del vento, che sta salendo sempre più.
Il tempo stringe. Sento che anche il cappio attorno ai nostri colli sta facendo lo stesso.
In questo momento riemerge la famosa parte suicida del mio cervello. Solo che, al contrario di ieri sera, ora sussurra davvero pensieri con crisantemi e tombe piene d’erbacce.
Si può fuggire, volendo. Ci allontaniamo da Arcadia Bay perché un tornado sta per mangiarsela intera, ci rifugiamo… che ne so, nel primo paese vicino che c’è, torniamo a casino finito e troviamo Jefferson impalato dal ramo di un albero.
Sì. Qualcosa mi dice che lo scenario è appena appena inverosimile. Alla fine sarebbe solo un evitare il problema più pressante senza avere una reale soluzione per il traffico delle foto zozze.
Altro di fattibile non mi viene proprio in mente.
Cazzo cazzo cazzo.
“Chloe…”.
“Max…”.
Riusciamo nella mirabolante impresa di prendere parola nello stesso preciso istante. E sempre nello stesso preciso istante diciamo “Prima tu”.
“No Chloe, prima tu”.
“Io… e se ti dicessi che io voglio tentare davvero il tutto per tutto? Andiamo nel bunker, nella Dark Room. Arraffiamo tutto quello che possiamo, aspettiamo che il tornado si calmi e poi portiamo la roba a qualcuno in grado di aiutarci”.
Non ci credo. È quanto stavo per dire io, pressapoco.
Siamo entrate talmente in sintonia da pensare anche le stesse cose, adesso?
Meno male che ha parlato lei. Almeno ho qualcuno a cui esporre il perché questo piano è un’idea del cavolo. E soprattutto vedere se condivide i miei dubbi sulle conseguenze.
“Dimmi che ti rendi conto che è una vaccata colossale, visto che è facile avere anche il bisnonno Jeremiah Prescott là dentro. Quale posto più sicuro di un bunker per ripararsi da una tempesta?”.
“Stiamo parlando dei baronetti della città. Probabilmente hanno un rifugio antiatomico anche sotto il cesso di casa”.
“Possibile, ma dovresti conoscere Murphy e le sue simpatiche leggi. Se andiamo lì siamo praticamente certe di fare una brutta fine”.
“Lo so Max, lo so. Ma adesso che fine faremmo, rimanendo qui con le mani in mano? Te lo dico io: inghiottite da un fottuto tornado gigante. Non c’è altra scelta possibile. La nostra unica, pallida speranza di cavarcela consiste nel rischiare l’osso del collo e sperare che qualcuno lassù ce la mandi buona”
“Odio dovermi trovare nella situazione di essere costretta a pregare per sopravvivere. È… spiacevole”.
“Dillo a me”.
“Chloe, se noi adesso andiamo là rischiamo seriamente di morire. Lo capisci o no questo?”.
“E tu lo capisci o no che se non facciamo niente siamo morte comunque, che sia per colpa del tornado o di Jefferson che ci spara o ci prende a colpi d’accetta o qualunque sarà il modo?”.
Sto per ribattere quando la malefica parte suicida di me mi fa presente con un ghigno che quanto dice la mia amica dai capelli blu è la pura, semplice, inoppugnabile verità.
Se restiamo qui a grattarci i pollici siamo morte.
Se andiamo nel bunker siamo quasi morte.
Nessuna delle due prospettive mi aggrada, mi sembra ovvio. Ma dovendo proprio scegliere preferisco lo 0,000001% che lo zero su zero.
E proprio quando sto per confermare ad alta voce l’intenzione…
GLOMP.
C-C-C-C-Chloe?
Q-Q-Questo a-abbraccio?
“Max, qualunque cosa succeda… qualunque, davvero qualunque… io… io… ti ho voluto bene…”.
Balbetto. Ansimo. Boccheggio.
Mi ha presa totalmente in contropiede. Non mi aspettavo nulla del genere. Nulla.
Vorrei esternare questo mio stupore, ma qualcosa di caldo e soffice si poggia sulle mie labbra.
È importante dire che lo shock mi ha portata a chiudere gli occhi, quindi non so di cosa si tratta.
Che sia… oh porca eva, non mi starà mica…
Il contatto finisce.
Riapro gli occhi, sconvolta oltre ogni dire.
Lei mi sorride, e nonostante tutto è un sorriso mesto. Di chi sa che ha poco da vivere.
“Piaciuto il bacio?”.
Mi sento venir meno.

Ci guardiamo prima di scendere dalla macchina, parcheggiata praticamente nello stesso posto di ieri di fronte alla cascina.
“Quindi è così che finisce, eh Max?”.
“Non tirarcela, Chloe. Non siamo ancora morte”.
“Ho un brutto presentimento”.
“Siamo in due”.
No, va bene. Basta portare sfiga. Bisogna pensare positivo.
Scendiamo ed entriamo.
Ripetiamo i gesti di ieri e apriamo la botola che porta all’ingresso del bunker.
“Pronta al tutto per tutto, Price?”.
“Io sono nata pronta, Caulfield”.
Pfff. Sborona.
In un susseguirsi di momenti topici mi avvicino al tastierino numerico che sblocca l’ingresso. I tre tasti più consumati mi fanno istantaneamente tornare alla mente, nel caso ce ne fosse stato bisogno, la combinazione giusta.
5.
Il momento della verità si avvicina.
4.
O la va o la spacca.
2.
DING.
Ingresso aperto.
“Prima le signore” dico in tono provocatorio, con tanto di gesto come a farle strada.
“Mpf” commenta lei entrando.
La lascio avanzare.
È appena dentro la soglia.
BANG.
Alla tempia. Le hanno sparato alla tempia.
Crolla per terra.
“Max Max Max. Credevi davvero che questo posto non fosse provvisto di telecamere di sicurezza? Ero appostato sin da quando avete appoggiato i piedi sul terreno”.
Jefferson.
TI. AMMAZZO.
Non penso nemmeno a cosa sto facendo, agisco e basta.
Mi lancio contro quel pezzo di merda con il solo desiderio di pestarlo a sangue fino a cambiargli i connotati.
Poi un altro sparo. E un dolore atroce allo stomaco.
“Mi dispiace, Max. Dico sul serio.”
Tasto la pancia con la mano e sento la maglietta appiccicosa e intrisa di sangue. Proprio come Chloe, nel bagno della Blackwell… quanta ironia, quanta.
“Saresti stata la modella perfetta, anche più di Rachel Amber… ma ormai non c’è più tempo. Peccato, un vero peccato.”
Le gambe cedono e mi accascio per terra, i miei propositi di vendetta ormai a quel paese; Jefferson mi si avvicina e, con la grazia di un paracarro, mi afferra per un piede e mi trascina di nuovo fuori dal bunker: “Se avessi seguito il mio consiglio e ti fossi fatta gli affaracci tuoi tutto questo non sarebbe successo” mi rimprovera, non so con quale faccia di culo. “Con quella ferita allo stomaco ci vorrà un po’ prima che tu muoia, forse un’ora. E sarà dolorosa. È ciò che si meritano i ficcanaso.”
Quindi, se Dan Brown aveva ragione ne Il codice Da Vinci, morirò lentamente e tra atroci sofferenze, con gli acidi che mi avvelenano il sangue e…
Vaffanculo Jefferson, muori male.
Comincio a sentirmi debole. Ho solo la forza di voltarmi e vedere il corpo inerme di Chloe, gli occhi aperti e fissi verso il soffitto. Le lacrime mi scendono da sole.
“Mi… dispiace…”
“Come? Oh sì, immagino tu stia implorando il perdono della tua amica” commenta lui con lo stesso tono con cui commenteresti la fantasia delle tende in bagno. Poi mi prende in braccio di malagrazia ed emetto un gemito di dolore. Non ho abbastanza forze per chiedere spiegazioni, so solo che a un certo punto sento il pizzicore del fieno sulla pelle perché… perché mi ha lasciata in mezzo al fienile, che sembra stia per crollare da un momento all’altro.
“Il tifone è ormai alle porte, e tu hai un posto in prima fila per godertelo.”
Detto questo torna di sotto, lasciandomi lì a morire dissanguata. O schiacciata da una trave.
Provo inutilmente a riavviare il tempo ma sono troppo debole, non riesco neanche a sollevare la mano.
Vaffanculo.
Non è così che dovevano andare le cose.
Una parte del tetto vola via con rumori assordanti.
Perdonami Chloe…
L’ultima cosa che vedo è una trave di legno crollare. Proprio sopra di me.

*


“Aaaah!”
“Max! Che succede?”
“Io… io non lo so.”
Stavo per salire in camera di Chloe quando ho sentito improvvisamente le forze venirmi meno e crollare per terra.
“Ti senti bene?” chiede Chloe, accovacciandosi accanto a me.
“È strano” balbetto, “è come se… come se avessero strappato a forza una parte di me.”
“Strappato? Cosa intendi? Hai una brutta faccia”.
“Non lo so cosa intendo con «strappato»” mormoro mentre mi aiuta a rialzarmi “E sì, immagino di avere una brutta faccia. Capita quando ti viene un mezzo coccolone”.
“Però la parlantina made in Max è sempre rapida e caustica”.
“Questo dimostra che non sto poi così male” sorrido nel tentativo di confortarla. Tentativo riuscito così bene da farmi guadagnare un buffetto di rimprovero sulla spalla.
“No, ma seriamente” riprende quando ormai sono in piedi “Come ti senti?”.
“Te l’ho detto, tutto sommato bene. È stato solo un momento di debolezza, dovuto a un non ben precisato malore che però se n’è già andato”.
“Come se fosse la prima volta che mi svieni addosso…”.
“Ehi, stai muovendo una critica alla mia salute per caso?”.
“Chi, io? Non mi permetterei mai. Ti paio il tipo?”.
Adesso tocca a me darle un buffetto. “Mi sarei meravigliata del contrario, sai”.
“Hai davvero una così brutta opinione della sottoscritta?”.
“No. Peggiore”.
“Wowser Max, provi a essere divertente fallendo miseramente”.
“No hella shit, Sherlock”.
Va bene, l’esserci rubate le parole tipiche è troppo. Ci avvinghiamo l’una al fianco dell’altra con le braccia e proseguiamo la salita.
Una volta sedute sul suo letto, una consapevolezza pesante come plutonio ci cade in grembo.
Se davvero vogliamo credere all’esperienza paranormale con la radio, il che non è automatico data la bizzarria dell’avvenimento, sappiamo chi è il vero mastermind di tutto questo schifo. Qualcuno che sembra godere della disperazione di giovani ragazze inermi. E non è una giapponesina coi capelli rosa.
Stando alla me stessa *glomp* di un universo parallelo, una realtà alternativa, il vattelapesca… il colpevole è Mark Jefferson.
Era un’ipotesi che avevamo già preso in considerazione in maniera indipendente, ma Max 2 lo ha detto con convinzione. Non un sospetto, una certezza.
Il che corrobora la mia intuizione e fa bene all’autostima.
“Chloe…”.
“Dimmi. Ehi, gradisci?” esclama allungandomi la canna che si sta accendendo.
Ma sai cosa. Viva i colpi di testa.
“Solo un tiro però” sorrido accettandola.
“Uella. Proprio l’ultima cosa che mi aspettavo da te”.
“Una volta all’anno è lecito impazzire”.
“E quindi cosa c’è?”.
“Beh, pensavo al fatto che forse… forse…”.
“Forse?”.
“Forse… stavolta ce l’abbiamo davvero fatta. David e Joyce hanno creduto a quanto abbiamo detto loro, l’FBI non ci ha bollate come due mitomani e sta indagando, potremmo anche avere scoperto chi si cela davvero dietro Rachel e Kate e tutte le altre…”.
Prendo il famoso tiro. COFF COFF. ‘Sta roba è mortale.
“Si vede che non sei abituata a fumare” ridacchia riprendendosela “E per il resto: sì, potresti aver ragione. Ora ci rimane un solo problema, e non solo a noi”.
“Il tornado…”.
Per qualche minuto solo il silenzio riempie la stanza. Di fronte a quello, mi tocca ammetterlo, siamo impotenti. I miei fenomenali poteri cosmici, per fortuna non contenuti in un minuscolo spazio vitale, non mi danno nessun controllo sugli elementi atmosferici.
Vento, pioggia e grandine non si piegano ai capricci di Padre Tempo.
Osservo la schiena di Chloe che si è alzata ed è andata a guardare fuori dalla finestra. Sta peggiorando, ma il grosso sembra ancora abbastanza lontano.
A un occhio privo della conoscenza futura per ora può sembrare… toh, un temporale di medie dimensioni.
Poi, come un fulmine che squassa l’oscurità…
“Max…”.
Uh oh. Quello è il tono da Idea Pazza Price™.
“S-Sì?”.
“E se… provassimo a…”.
“A far cosa?”.
“A dirlo a mia madre e al mio… patrigno?”.
“Dire cosa?”.
“La merda rosa. Secondo te cosa? Che sta per arrivare un tornado a devastare tutto. A giudicare da quanto si vede fuori dovremmo essere ancora in tempo per un allarme generale”.
Uhm.
“Pensaci un attimo, Max: grazie a tutto questo gigantesco casino, non siamo mai state così vicine a loro negli ultimi giorni. Se c’è un momento in cui possono crederci è adesso. E se ci credono possiamo mettere una pezza a ‘sto pandemonio”.
Sì Chloe, tutto molto bello. Ma…
“Come glielo spieghiamo che sappiamo di un cataclisma in arrivo?”.
“Non glielo spieghiamo. Ci limitiamo a dire che è così e basta”.
“Chloe, non credo funzionerà. Vorranno sapere, giustamente aggiungerei. Se io fossi nei loro panni pretenderei una spiegazione. E se dovessero farsi insistenti… sarei costretta a dire dei miei poteri”.
“Max, io so solo questo: noi sappiamo cosa quelle nuvole e quelle per ora limitate folate di vento stanno preparando. Se non facciamo niente per impedirlo o arginarlo... non so te, ma io mi sentirei in parte responsabile di ogni singolo danno, di ogni singolo osso rotto, di ogni singolo bambino che piange”.
Chi… chi è questa persona? Che fine ha fatto Chloe Price, la Principessa degli Egoisti?
“Max? Sei ancora qui con me?”
Rinsavisco: “Sì, ci sono. E forse hai ragione, avvisarli è la cosa migliore che possiamo fare… ma alle mie condizioni.”
“Cioè? Niente corsa in giro per Arcadia Bay urlando che l’apocalisse è vicina?”
“Esatto” rido mentre lei si finge contrariata, poi acchiappo il mio cellulare.
“Chi vuoi chiamare?” chiede Chloe, mentre cerca disperatamente di disperdere la nube di marijuana fuori dalla finestra.
“Se vogliamo mettere tutti in guardia dalla tromba d’aria ho bisogno di dati scientifici” rispondo, componendo il numero “e quindi ho bisogno di uno scienziato.”
Chloe inarca un sopracciglio: “Vuoi chiamare Warren?”
Sospiro: “Non vorrei ma non ho scelta. Al momento non posso chiamare la mia insegnante di scienze perché sono ricercata, ricordi?”
“Vero, vero. Ma perché non sei particolarmente contenta di chiamare Warren?”
“Diciamo che non mi piace tanto l’idea di fare il rimpiazzo” borbotto. Davvero, non sono gelosa. Ma essere friendzonata da Warren? Grazie ma no, grazie.
“Uuuuh, mi sono persa qualche puntata Grahamfield?” ride lei, e vorrei tirarle una scarpa ma finalmente il signor Graham risponde al telefono: “Pronto, Warren? Sì sono Max. Sì sto bene, senti… no, non ho tempo… stammi a sentire un attimo per f-WARREN ZITTO.”
Persino Chloe mi guarda incredula.
Cerco di recuperare un po’ di compostezza: “Senti non ho tempo di parlare di frivolezze, mi serve la tua conoscenza in campo scientifico: cosa mi sai dire della tempesta che sta arrivando? Sì, qualunque dato va benissimo.”
Chloe mi fa cenno di mettere il vivavoce, e la accontento: “Max, ci sei? Ok… quello che posso dirti è che la tempesta sembra essere diminuita d’intensità. Non posso esserne del tutto certo perché non ho i mezzi adatti, ma ad occhio e croce direi che potrebbe essere un EF2… mentre stamattina era decisamente un EF3. Senti, per quanto riguarda il cinema-”
“Sì, grazie, ciao” interrompo bruscamente la comunicazione. “Bene, direi che abbiamo tutte le informazioni che ci servono… Chloe, perché mi guardi così?”
“Così come?”
“Con quel sorriso da stregatto stampato in faccia.”
Chloe allarga il sorriso: “Niente, niente… ero solo curiosa riguardo la tua freddezza verso Warren.”
Sbuffo: “Quando stamattina sono andata nel cortile della scuola l’ho visto insieme a Brooke, ok?”
“Oh, Mad Max è gelosa!”
“Non sono gelosa! Ma non mi piace essere il… piano di riserva, ecco.”
“Hmm… sì, in effetti essere friendzonata da uno come lui è pesante” annuisce lei, poi tira di nuovo fuori quel sorriso sornione: “però una cosa posso dirtela: non verrai mai friendzonata da me.”
Cerco di dissimulare le farfalle nello stomaco col sarcasmo: “Anche perché se lo fai ti cavo gli occhi.”
Lei si porta una mano al petto e una alla fronte con fare teatrale: “Allora vagherò per le strade di Arcadia Bay urlando che sono diventata cieca per amore!”
Le tiro un cuscino.
Però in fondo mi fa piacere sentirmi dire questo… qualunque cosa sia.
Ok, EF3 calato a EF2. Non è molto ma dovrebbe bastare.
Possiamo andare.



No, non ancora.
Ho un’altra cosa da fare prima.
Sotto lo sguardo vigile di Chloe mi alzo dal letto e senza dire una parola mi avvicino a lei.
“Andiamo o no?” chiede, dubbiosa. Evidentemente tradisco l’intenzione di non muovermi di qui, almeno per il momento.
Non le rispondo. Non a parole, perlomeno.
La mia risposta arriva sotto forma di un abbraccio e di un bacio.
Perché è giunto il momento di smetterla di navigare nelle mezze frasi, nelle battutine sarcastiche, nei «lancio il sasso e ritiro la mano facendo finta di nulla». Le cose col tornado si stanno mettendo al meglio, ma quel senso di armageddon imminente preme ancora sulla mia nuca e mi spinge a risolvere ogni possibile punto in sospeso. Questo è decisamente il più importante della lista.
Mi aspettavo un gesto di meraviglia da parte sua, nel peggiore dei casi anche una spinta per allontanarmi. Invece lei si immerge totalmente nel bacio, rendendolo qualcosa di… no, è indescrivibile. Suonerò melensa ma è troppo oltre le parole.
Anf. Resterei qui per il resto della mia esistenza, ma ho bisogno di fiato. Mi stacco con la morte nel cuore.
Chloe sorride come una iena, come se fosse appena riuscita a estorcermi qualcosa di prezioso e ora se ne stesse vantando. Mica è troppo lontano dalla verità.
“Era ora che ti dessi una svegliata, Max”. Oh, quanto trovo hot ‘sto tono a metà fra il faceto e il “ti butto sul letto e ti strappo i vestiti con i denti”.
“Ho dei tempi lunghi, ok? Non rimproverarmi”.
“Non volevo rimproverarti. Sono troppo contenta per troppe cose”.
“Chloe Price la ribelle coi capelli blu e le mutande di pelle… è contenta? Bada che ti si rovina l’immagine da dura”.
“Che me ne fotte. Finalmente quella testona della mia migliore amica ha capito che fra di noi c’è qualcosa di più profondo. E non solo, ma ha preso l’iniziativa e si è mossa per prima. Sono orgogliosa di te Max”.
Va bene va bene basta o mi scoppia la testa finiscila Chloe finiscila di sorridermi in quel modo.
“Dai, andiamo. Alle liete novità romantiche ci penseremo dopo. Prima il tornado”.
Di sotto troviamo Joyce ad accoglierci, mentre il Madsen nazionale è ancora al telefono.
“Ragazze, dove pensate di andare?”
“Vogliamo avvisare tutti della tempesta in arrivo!” dico, ma Joyce mi guarda perplessa: “Non per smontarvi l’entusiasmo, ma credo se ne siano accorti un po’ tutti.”
“Vero, ma non sanno che è una tempesta EF2 e volevamo mettere la città in allerta…” insisto, ma Joyce si limita ad indicarmi la TV: sullo schermo, in rosso, la scritta ALLERTA METEO.
Oh.
“Non potete sempre essere le eroine della situazione” ride Joyce, “in questo caso lasciate fare ai meteorologi.”
“E poi sei ancora ricercata, nel caso te lo fossi dimenticata” si intromette David. Pensa alla tua bolletta telefonica, Madsen.
Però ha ragione. Eravamo così convinte che ci eravamo scordate questo piccolo dettaglio…
“Avanti, tornate su” conclude Joyce, “vi chiamo quando è pronto il pranzo.”
Noi obbediamo, ma non prima che Chloe riesca a trafugare una confezione di biscotti.
“E ora che si fa?” borbotta, buttandosi sul letto.
“Non saprei… è quasi strano non aver niente da fare” replico. Ho avuto una settimana talmente infernale che tornare ad un normalissimo stato di calma è addirittura spiazzante. Devo reimparare ad essere una persona normale.
“Magari potremmo… riavvolgere il tempo e-” tenta Chloe, ma il mio sguardo basta a zittirla: “No. No. Neanche per scherzo. Ho fatto fin troppi casini con il tempo che ancora mi chiedo come non ci sia collassato tutto addosso, vediamo di non sfidare la sorte!”
“Va bene va bene, non lo dico più” replica, azzannando un biscotto, “chome shei shushettibileh!”
“Magari ingoia prima di parlare” rido, appropriandomi della sua postazione pc. E per un po’ rimaniamo così, in silenzio, lei intenta a mangiucchiare biscotti e giocare col cellulare, io persa dentro Google a cercare notizie su Jefferson, sui Prescott, su Rachel ritrovata nel campus della Blackwell, su qualunque cosa. La vita da ricercata non mi piace.
Questo silenzio si protrae per dieci minuti. Poi venti.
E poi mi rompo.
“Chloe.”
“Hm?”
Mi volto ed è li che mi guarda con l’ultimo biscotto ancora in bocca, mezzo masticato. Io volevo farti un discorso serio, Price. Grazie per aver ammazzato l’atmosfera.
“Tutto ok?” chiede, e io annuisco: “C’è… c’è una cosa che volevo chiederti,
“Spara. No aspetta, scelta di parole infelice. Va beh, vai avanti.”
Inspiro.
“Riguarda quello… che è successo prima” balbetto.
“Oh” sussurra, e nel giro di due secondi la sua spavalderia lascia il posto al panico più totale: “Ho esagerato, vero? Diamine, sono una stupida! Davvero Max, scusami, non volevo innervosirti è che credevo fossimo sulla stessa lunghezza d’onda ma giuro che non volevo-”
“Chloe. Chloe calma! Non ho cambiato idea, tranquilla! Anzi, è per questo che volevo…”
“Volevi…?”
“Ecco…” balbetto. Maledizione, sono nerd su tante cose ma non sull’amore. Ci riprovo: “Ecco, volevo sapere… noi cosa siamo?”
“Ragazze?”
“Sì, grazie per avermi tolto questo dubbio che mi teneva sveglia la notte” sbuffo. “Intendevo dire… alla luce di quanto ci siamo dette prima, io e te cosa siamo? Siamo ancora amiche?”
Chloe sorride: “Quello sempre. Finché morte non ci separi.”
Sorrido di rimando.
“E… penso di aver capito cosa tu voglia dire” sospira, grattandosi la testa. “Spero di riuscire a spiegarmi senza passare per stronza, ma ci provo: quanto ti ho detto prima è vero. Tutto, parola per parola. Ma… non sono ancora pronta per passare al livello successivo, per così dire. Rachel è morta e l’ho scoperto da poco, e l’amavo… e ho bisogno di un po’ di tempo per riprendermi. Solo questo.”
Rimango in silenzio, gli occhi fissi su di lei e lo stormo di farfalle che balla la macarena nella mia pancia.
“Insomma non ti sto rifiutando, ho solo bisogno di un po’ di tempo… capisci?” chiede. E io mi butto tra le sue braccia. Sento Chloe tirare un enorme sospiro di sollievo.
“Hai tutto il tempo del mondo, Price” rido.
Lei ride di rimando: “Un’altra scelta infelice di parole.”
Vero, ma chi se ne frega. Sono davvero felice dopo tanto tempo, l’universo mi perdonerà qualche battuta sarcastica.

Qualche ora dopo stiamo digerendo il favoloso pranzo di Joyce distese sul materasso di Chloe; il tempo fuori è orribile, ma non come temevamo qualche ora fa: non mi azzarderei ad uscire neanche se mi pagassero, ma non vedo alberi e tetti volare via e mi pare un buon compromesso.
“Secondo te com’è la situazione?” mugugno verso di lei, intenta a giocare con il telefonino: “Arcadia Bay è ancora integra, mi sembra” risponde, senza voltarsi.
“Non intendevo questo” faccio una smorfia, “parlavo della mia situazione…”
“Se non sono ancora venuti a cercarti direi che possiamo stare tranquille” sorride, “saranno impegnati a perlustrare il teatrino degli orrori di casa Prescott, almeno si spera.”
“Ora che ci penso… che fine ha fatto Nathan?”
“E perché dovrebbe interessarci?” ringhia. “Anche lui è colpevole della morte di Rachel.”
“Hmm” annuisco, anche… non so, qualcosa non mi torna. Non so esattamente cosa sia, ma fino a stamattina ero troppo presa dai miei casini per fermarmi a rifletterci. E proprio mentre spremo le meningi, quasi fosse un segno del destino (davvero, piantatela) il mio cellulare comincia a suonare come un pazzo.
“Che gli è preso? Anche lui si sta ribellando al tuo uso smodato di emoticon?” ride Chloe, a cui rispondo con una pernacchia: “No, credo mi stiano arrivando tutti i messaggi e chiamate che non mi sono arrivati a causa del maltempo” rispondo, poi noto qualcosa di strano: “C’è un messaggio vocale di Nathan, di ieri sera…”
“Cosa? Fa sentire!”
Obbedisco e premo ok per ascoltare:

“Max… Max, sono… sono Nathan. Voglio solo dirti che… che mi dispiace. Io non volevo fare del male a Kate, o a Rachel o… io non volevo fare del male a nessuno! Tutti… tutti mi hanno usato. Mr. Jefferson sta venendo a cercarmi, adesso… e tra poco tutta questa merda finirà. Fai attenzione Max… vuole fare del male anche a te. Mi dispiace… mi dispiace.”

Il messaggio si conclude così. La voce di Nathan era rotta dal pianto.
Io e Chloe ci guardiamo.
“L’ha mandato ieri, hai detto?”
“Alle 21… poco prima della festa” sussurro.
Poco prima che andassimo a cercare David.
“Ma se questo messaggio è suo” chiede Chloe, “chi ha scritto quello che è arrivato a me ieri sera?”
L’unica risposta plausibile, pur senza prove certe al momento, è una sola: Jefferson.
E improvvisamente ho un orribile presentimento.
Schizzo fuori dalla stanza di Chloe, seguita poco dopo da quest’ultima, e mi fiondo in salotto: “David! David!”
Lo trovo ancora al telefono, ma l’espressione che ha in volto è funerea. Non ho tempo di essere educata quindi provo ad avvicinarmi a lui, ma vengo bloccata da Joyce: “Max, che succede? Perché urli?”
“Devo parlare con David, perché Nathan è sparito da ieri e…”
“Nathan Prescott? Oh, Max…” e anche il suo volto si incupisce.
“Mamma?” incalza Chloe, e poco dopo David ci raggiunge, una mano a coprire la cornetta del telefono: “Hanno trovato il corpo di Nathan nella discarica dov’era sepolta Rachel, poco lontano da lei” spiega, “erano andati a controllare se c’erano altre prove e… ma perché vuoi saperlo?”
Non ho la forza di parlare.
Mi limito a fargli sentire il messaggio audio sul mio telefono: lui sospira, annuisce e poi richiama il suo amico dell’FBI. Io e Chloe ci buttiamo sul divano e rimaniamo in silenzio, finché lei non prende parola: “Perché… perché mi dispiace per lui? Non dovrebbe essere così…”
Dopo un attimo di silenzio provo a darle una risposta: “Forse era una vittima anche lui… in quel messaggio diceva che tutti l’avevano usato” rifletto. “Immagino che Jefferson fosse una di quelle persone. Nathan era debole, per lui sarà stato uno scherzo manipolarlo come un burattino…”
Chloe non risponde, limitandosi ad annuire.
Non c’è altro da dire, purtroppo.
E adesso? Di nuovo la stanchezza accumulata in questi cinque giorni da manicomio si fa sentire nei miei muscoli.
Adesso non ci resta che aspettare i risultati della piccola indagine di Mulder e Scully, pregando con l’intensità di mille soli che possano trovare qualcosa di compromettente e far finire quel porco di Jefferson in prigione per i prossimi dodicimila anni e un pezzo e mezzo.
“Un penny per i tuoi pensieri, Max”.
“Rilancio con un dollaro per i tuoi, Chloe”.
“Piatto ricco mi ci ficco. Niente, a essere sincera la mia testa in questo momento è occupata da frivolezze, stupidaggini prive di reale importanza. Mentre negli ultimi giorni era stato un continuo ripensare a Rachel, a Nathan, a quello che dovevamo fare per avanzare nella quest…”.
“Sì, lo stesso per me. Non so se vale anche nel tuo caso, ma io sento di nuovo la spossatezza addosso. Quando il cervello si sgombra da qualcosa di così grande e pesante poi si rischia di risentirne anche a livello fisico”.
“Ora che me lo fai notare in effetti ho *yawn* un poco di sonno. L’adrenalina avrà esaurito il suo effetto”.
“Beh Chloe, direi che *yawn* il nostro turno da eroine della situazione può dirsi concluso. Lasciamo fare il loro mestiere ai federali vestiti in nero”.
“Non siamo dentro Men in Black, lo sai vero?”.
“Meno male. Non sopporterei andare in giro su una Ford Superschifo Deluxe”.
“Però saresti stata in compagnia del meglio del meglio, signore. Con lode, signore”.
“Non assomigli neanche un po’ a Capitan *yawn* America”.
“Per fortuna. Preferisco K, molto *yawn* più affascinante”.
“Mi stai dicendo che sei insensibile al magnetico fascino del culo di Chris Evans?”.
“Oddio, insensibile forse no. Però non basta un pur notevole quarto di bue per titillarmi”.
Solo ora mi accorgo che, forse in modo involontario o più probabilmente no, io e Chloe abbiamo finito con l’accoccolarci l’una all’altra. Il tepore che ne scaturisce è davvero bello.
“Senti, un riposino… ce lo vogliamo fare? Penso che ce lo meritiamo”.
“Non chiedo… di meglio…”.
Gli occhi si chiudono e Hipnos poggia il suo benevolo sguardo sulle nostre teste. Se riesco a essere così geek mentre sto per addormentarmi, però…
“Oh David, ma guardale. Non sono carinissime?”.
“Sì Joyce, peccato che poi si svegliano. Inoltre solo a me paiono un po’ troppo vicine?”.
“Sì, solo a te. Se ti azzardi a tirar fuori una delle tue frase da repubblicano inveterato ti faccio ingoiare la teca dove tieni le pistole”.
“...detto niente, io”.
Ecco Joyce, brava. Difendi tu… i nostri diritti di diversamente… etero… mentre noi dormiamo…

“Maaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaax! Esco, porto le ragazze a scuola”.
“Chloe, aspetta! Non ricordo se è oggi che devi andare allo Schnitz”.
“Si chiama Arlene Schnitzer, porca miseria! Cazzo, è il più importante teatro di Portland!”.
“Oh santa paletta, non prendertela. È solo un soprannome. Lo so che il tuo lavoro di attrice è molto importante per te, dai”.
“Va beh. Comunque sì, oggi. Quindi tocca a te recuperare Anna e Victoria”.
“Nessun problema, tanto ho l’esposizione di mattina e poi sono libera e felice come una farfalla”.
“Provaci solo a fare la farfalla con quella smorfiosa della tua assistente personale che le costole gliele spezzo una ad una”.
“Oh su, ho una sola signora dai capelli blu nel mio cuore”.
“Sarà meglio. Anche se non mi tingo più da quindici anni”.
SMACK.
SMACK.



No no no, non svegliarti… mannaggia.
Apro gli occhi.
Va bene, gli scenari di vita futura me li terrò per me. Anche perché c’erano un po’ di particolari fuori posto. Tipo Chloe che fa l’attrice… naaaaa, credo a Joyce quando pensa che sia tagliata per darsi all’investigazione.
E poi una nostra figlia non può chiamarsi Victoria. Preferirebbe un’isterectomia. Stupido subconscio, tu e i tuoi nomi dati a casaccio.
Siamo ancora abbracciate. Universo, non osare provare a farmi muovere.
“Max, sei sveglia?” sento alle mie spalle.
Joyce, io ti voglio bene ma forse non mi sono spiegata.
“Oh no ragazzina, non far finta di chiudere gli occhi. Ti ho vista. Alzati, il collega dell’amico di David vorrebbe parlarti… anzi, vorrebbe parlarvi. Quindi vedi di far venire anche quella lavativa di mia figlia”.
...mi sa che ci tocca.
La scuoto piano e il vederla tornare alla vita con lentezza… che spettacolo.
“Chloe, Chloe… ci aspettano. Sorgi e splendi”.
“Hmmmno, di’ a Frank che può aspettare ancora per i soldi…”
Per fortuna Joyce si è allontanata e lei ha borbottato sottovoce o il suo risveglio non sarebbe stato proprio piacevole.
“Andiamo, alzati” la scuoto un po’ più forte, “siamo richieste dall’FBI” e a quest’ultima frase finalmente apre un occhio, poi l’altro. Inarca la schiena e si stiracchia con la grazia di un bradipo, emettendo versi che poco hanno di umano e molto di bestiale.
Immagino che ognuno abbia il primo amore che si merita.
Ok, non voglio fare aspettare le forze dell’ordine. Scollo il sedere dal divano e tiro Chloe per un braccio, intenta a lamentarsi di avere ancora sonno e che il suo dovere di brava cittadina l’ha già fatto; per fortuna ha avuto la decenza di omettere “rispettosa della legge”.
“Buongiorno, signorine.”
Scully ci osserva seduto al tavolo del salotto. Io e Chloe arrossiamo all’unisono. Joyce, avvisare no?
“B-buongiorno” balbetto, prendendo velocemente posto al tavolo; Chloe invece fa sosta in cucina nella speranza di trovare del caffè, presumo.
“Dunque, sono qui perché ho un po’ di notizie da darvi” annuncia Scully, senza scollarmi gli occhi di dosso. Dio, il disagio. “Grazie ai vostri indizi e al ritrovamento del cadavere di Nathan Prescott siamo riusciti ad ottenere un mandato per rivoltare casa Prescott come un calzino, bunker compreso” annuncia, e un lieve tic nervoso lascia intendere che anche lui, apparentemente tanto composto, è rimasto disgustato da ciò che ha visto. Più che comprensibile, io ho i conati di vomito solo a ripensarci. E a proposito…
“E… per quanto riguarda Mr. Jefferson?” chiedo, e il sorriso di Scully si allarga diventando un pelo inquietante: “Al momento lo stiamo interrogando riguardo Nathan, ma ci manca la prova definitiva… il tuo telefono, Max.”
Immagino che David lo abbia informato mentre io sognavo futuri alternativi felici. Non faccio una piega e gli consegno il mio cellulare, con la promessa di riaverlo tutto intero non appena concluse le indagini. Sono tecnologia-dipendente, fatemene una colpa.
“Per quanto riguarda me?” chiedo, temendo già il peggio. “Sono ancora indagata?”
“Assolutamente no” replica, “al momento stiamo indagando il preside Wells per aver cercato di incastrarti.”
“Quindi sono…”
“Scagionata da ogni accusa. Anzi, forse potresti essere chiamata a testimoniare contro Jefferson.”
“Ci conti” annuisco. Figurati se mi lascio scappare l’occasione di sbattere quello psicopatico in galera.
Scully sta per andarsene, quando ricordo di dovergli chiedere ancora una cosa: “Agente Scully!”
“Hm?”
“Senta… per quanto riguarda i Price, che succederà?”
“Cosa intendi?”
“Beh, Joyce mi ha portata qui quando ero ancora indagata… credo sia un reato federale, o qualcosa del genere?”
David e Scully si scambiano uno sguardo, poi quest’ultimo si volta verso di me e sorride: “Sta’ tranquilla, è tutto apposto”. Ed è un sorriso che non ammette repliche, con un sottotesto che sembra dire “Ho i miei agganci ed è tutto quello che ti è dato sapere”. Per carità, non mi intrometterei mai.
“Piuttosto mi preoccuperei per la tua fedina penale e quella della tua amica” prosegue, “se avessimo lasciato correre vi sareste beccate almeno un anno di galera o più.”
Io e Chloe ci guardiamo e cerchiamo di convincerci di aver fatto la cosa giusta. Fallendo miseramente.
“Tuttavia…”
“Tuttavia?”
“Visto che ci avete aiutato a risolvere un grosso caso, abbiamo deciso di commutare la vostra pena in molti… molti, molti mesi di lavori socialmente utili. Sono ancora convinto che alcuni reati meritassero qualcosa in più” ammette, fissando Chloe (che sta sudando freddo), “ma senza i vostri indizi e le vostre bravate non saremmo riusciti a fermare Jefferson e Prescott. Quindi chiuderemo un occhio… per stavolta” conclude. Sempre fissando Chloe, che non osa fiatare.
Forse, e dico forse, possiamo mettere la parola fine a tutto questo.


“Nel 1976 la Kodak lanciò un suo sistema di fotografia istantanea, Kodak Instant. Le pellicole di questa fotocamera…”
Dei del cielo, riuscire a farmi dormire durante le lezioni di Fotografia è un talento raro. La nuova professoressa è tanto brava e preparata, ma non ha abbastanza carisma da riuscire a catturare la nostra attenzione.
Però non ha un ripostiglio pieno di raccoglitori con foto di ragazzine drogate, si spera.
Sono passati cinque mesi da quella terrificante settimana alla Blackwell e tre mesi e mezzo dal processo che ha visto Sean Prescott e Mark Jefferson condannati a non so più neanche quanti anni per omicidio, sequestro e… com’era il termine tecnico? Oh diamine. Va beh, chiamiamolo spaccio di foto di minorenni e di droga.
Il preside Wells non è stato accusato, la sua “unica” colpa era di prendere mazzette da Prescott; il consiglio studentesco ha però deciso di farlo dimettere, e al suo posto adesso c’è la professoressa Grant.
La vita in accademia sembra essere tornata la stessa, seppur con qualche cambiamento: Kate si è finalmente tolta quell’aura di tristezza che si è portata dietro per mesi, e sembra anche aver ottenuto un po’ di libertà in più dai suoi genitori… e soprattutto, sta lavorando seriamente a un libro di illustrazioni per bambini; Victoria è… Victoria, ma un po’ meno stronza di prima: si lascia scappare ancora qualche “vaffanselfie” ai miei danni, ma la morte di Nathan sembra averla scossa profondamente. E il Vortex Club è stato finalmente eliminato: nessuno voleva più frequentarlo dopo quanto è successo. Non si hanno più notizie di Frank e del vecchio Pompidou: un messaggio anonimo gli ha suggerito di sparire per un po' da Arcadia Bay, almeno finché non si fossero calmate le acque. L'anonimo mittente si sentiva in colpa per aver fatto il suo nome all'FBI. Warren è il solito Warren, un po’ nerd un po’ farfallone: quando gli ho detto del bacio tra me e Chloe sembrava indeciso se scoppiare a piangere o chiedermi di rifarlo scattando una foto per lui.
A proposito di Chloe…


“Maledizione a me e a quando ho deciso di riprendere a studiare. Nessuno mi aveva detto che diventare detective fosse così difficile!”

“Oh, povero specialissimo fiocco di neve! :p”

“Smettila. Con. Le. Emoticon.”

Metto via il telefono prima di venire scoperta.
Sì, Chloe ha preso sul serio la battuta di Joyce e si è messa in testa di diventare davvero un’investigatrice, come la tipa coi capelli viola di Dangan Ronpa. Solo che nessuno le passerà il titolo di famiglia e le tocca sgobbare giornate intere sui libri. Ed è ancora alle prese con i lavori socialmente utili, così come lo sono io. Ne avremo per più di un anno, mi sa.
Io? Io continuo a fare fotografie e immortalare attimi qua e là nel tempo, senza però scomodarlo per i miei capricci. Ho perso i miei poteri, poco dopo la fine di quella brutta storia: senza preavviso o spiegazione, così come sono arrivati sono spariti.
Sarò sincera, non mi dispiace per nulla: era qualcosa di troppo grande per me e stava cominciando a sfuggirmi di mano… posto che io abbia mai avuto quel casino sotto controllo, sia chiaro.
Una volta ho provato a chiedere delucidazioni a Samuel. “Era così che doveva andare” fu la sua risposta. “A volte le cose succedono perché devono succedere e basta. E probabilmente valeva anche per il tuo dono: ti serviva in quel momento per sistemare quella situazione, poi così come te l’ha donato l’universo se l’è ripreso”
Non mi ha mai detto come sapesse tante cose… ma non ha importanza ormai. Certe cose è meglio che rimangano senza spiegazione.
Per quanto riguarda Chloe e me… ci è voluto un po’, lei doveva superare il lutto per Rachel. Non credo ci riuscirà mai del tutto, ma si è ripresa abbastanza da permettermi di avvicinarmi a lei come voleva… e come volevo io.
Dire ai miei della mia… relazione? Sì, relazione. Dicevo, dirlo ai miei genitori è stato un dramma… fino a che non ho capito che ero io quella che aveva tutte le paranoie del mondo, mentre loro hanno accettato la cosa senza battere ciglio; certo, ci sono state le classiche domande sul futuro, cosa farete, e questo e quello… ma il futuro per ora è lontano, lasciamolo lì dov’è.
Per ora voglio godermi il presente.
E il mio è pieno di farfalle blu.
   
 
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