Robin
Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null'altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita.
(Vladimir nabokov - “Lolita”)
Aria
apre piano gli
occhi, un raggio di sole che sbuca dispettoso dalla finestra la
costringe al nuovo giorno. Rumore di passi, una porta sbatte, acqua
che scorre.
Pietro, più mattiniero di lei, si sta preparando nel
bagno a fianco. La ragazza si stira, sbadigliando sonoramente. Indossa
solo le
mutandine.
Guarda la
radiosveglia colorata sul comodino: le sette e mezza.
Un piccolo
scampanellio. Ai piedi del letto, un pincher dalle orecchie a punta
grandi come parabole e con gli occhi un po' troppo grossi per un muso
così appuntito la osserva.
“Buongiorno.
Il tuo padrone si sta facendo la doccia, credo.” Mormora la
ragazza.
Il cane schizza a
tutta velocità sul parquet, le unghie che grattano, e
comincia ad
abbaiare e piangere come un pazzo raschiando la porta del bagno.
“Sì
Lo, tra poco esco! Abbi pazienza!” Urla l'uomo ancora avvolto
da
una nuvola di vapore.
Aria sorride.
Solo la sera prima
era sola in quella piazza enorme, in attesa di Jacopo, il suo
ragazzo.
Gli aveva detto che
voleva restarsene a casa, mancavano quindici giorni al temutissimo
esame di anatomia, doveva studiare ancora e meglio. Jacopo non aveva
sentito ragioni.
Così lei si era
vestita elegante, più per se stessa che non per la serata a
due, ed
eccola lì, il tubino nero sotto la giacca troppo leggera, le
parigine che normalmente non si metteva mai, le sentiva troppo audaci
addosso a lei, ma la solleticava quel mostrare quella piccola
porzione di pelle al mondo. Non esagerata da risultare volgare, ma
abbastanza per presagire una promessa, un segreto da nascondere, da
schiudere solo a chi voleva.
Jacopo era in
ritardo, i tacchi cominciavano a starle scomodi, si rigirava tra le
mani la collana importante che amava indossare, nervosa e
infreddolita, mentre cercava di ripetersi a mente i nomi dei vari
componenti del cuore, il viaggio del sangue arterioso e venoso.
Nei suoi sogni
migliori, Aria avrebbe voluto diventare cardiochirurgo.
Quando
era piccola,
i nonni facevano ammazzare il maiale per le feste.
Una volta nonno
Orlando, con occhi complici, l'aveva avvicinata per fargli vedere una
cosa bellissima: il cuore del maiale, ancora viscoso di sangue, e si
era messo a spiegarle come funzionava, a snocciolare i nomi delle
vene e delle arterie, indicandole col dito il percorso dei fluidi.
“Il
cuore è una macchina straordinaria Aria, non mente mai.
Ascoltalo
sempre.” Le aveva detto con
un sorriso. E lei, undici anni appena, le trecce e il vestitino a
balze, era rimasta inizialmente impressionata, poi affascinata da
quell'organo grosso come il pugno chiuso del nonno.
Spesso chiudeva gli
occhi, si sdraiava a terra, e ascoltava battere il suo: in quiete,
dopo una corsa, uno spavento, un emozione forte, il ragazzino
più
carino della classe che le sorrideva, il pianto dopo una caduta.
Pareva una lingua vera e propria coi battiti al posto delle parole.
E Aria avrebbe dato
ogni cosa per riuscire a decifrarla.
Jacopo
era un paio
di anni più grande di lei, studiava ingegneria. Aria si era
innamorata di lui perché sapeva dargli sicurezza, era mite,
gentile. Ma da un po' di tempo le cose non andavano.
“Sei
sempre così emotiva” Aveva detto una volta lui. La
ragazza l'aveva
guardato senza capire. Cosa voleva dire? Che doveva emozionarsi di
meno? Non infervorarsi per qualcosa a cui teneva davvero? Smettere di
piangere, ridere, urlare, saltare?
Sembrava che Jacopo
conoscesse il segreto per un termometro dei sentimenti. Era sempre
così misurato, calmo, come se nulla lo scuotesse mai davvero.
“Ti
è piaciuto?” Usava chiederle dopo l'amore. Odiava
quella
espressione. Persino lì doveva usare un metro, una scala,
una
qualsivoglia numerazione? Pensava che esistesse un parametro anche
per gli orgasmi? Che stronzate.
Aria faceva un gran
sforzo per trasportarlo nel suo mondo, gesticolava, la voce che
s'alzava e si abbassava, a volte tremava tanta era l'emozione. E lui
restava lì, l'ascoltava, sorrideva, ma non la vedeva mai
davvero. Ne
era certa. I loro cuori non battevano mai alla stessa frequenza.
Non poteva
continuare così, si ripeteva, non poteva restare impigliata
in
quella storia insoddisfacente solo perché Jacopo era il
fidanzatino
del liceo.
“Devo
fare una commissione urgente, non è che faresti compagnia a
Lo? Se
la porto fuori faccio tardi, si ferma ad annusare tutto in
continuazione, ti scoccia?”
Le chiede Pietro
affacciandosi, i boccoli scuri ancora umidi.
“No,
vai pure..” Mormora lei, incerta sul da farsi, uno sciocco
pudore
che la fa coprire col lenzuolo.
Come
se non mi avesse già vista stanotte. Comunque non mi ha
detto di
andarmene. Se no prendeva il
cane e mi sbatteva fuori senza tanti complimenti.
Un sorriso, una
coccola all'animale, e l'uomo è già fuori in
mezzo alla Roma
soleggiata della domenica mattina.
Aria cerca di raccogliere i suoi
vestiti con tutta la calma possibile. Un brivido di freddo
le attraversa la schiena.
Se metto una sua
maglietta o, peggio, la camicia della sera prima sembrerò
troppo
sicura di me. Come se dessi per scontato che le sono piaciuta un
casino.
Ci manca solo che
mi scriva in fronte: “bello scoparsi le ventenni,
eh?” Poi sono a
posto.
Si rinfila il
vestito, sedendosi a gambe incrociate sul letto. Il pincher continua
a osservarla, alquanto curioso.
“Sai
Lo, se non ci fossi stata tu, magari io e Pietro nemmeno ci saremmo
salutati!” Le dice Aria.
Lo sapevi vero?
L'hai sentito! I tuoi feromoni da cane avevano già capito
tutto.
Ce li avessimo
noi! Sai quanti convenevoli, quante cene noiose, quanti soldi
buttati, quante aspettative in meno..
Ci si annusa un po' il culo a
vicenda, e basta! O ci si piace, oppure no.
E ognuno va
dritto per la sua strada. Così semplice, così
facile.
Il tuo padrone ha
un odore che mi è piaciuto subito, sai? Ma tra noi umani
quando ci
si conosce mica usa dirlo.
Eppure mi pare un complimento bellissimo.
“Hai un buon odore”.
È
come confessare che hai già annusato il suo corpo, e
vorresti
scoprire se la sua anima profuma allo stesso modo.
La
ragazza stava lì,
in attesa di Jacopo, quando, dal nulla, una specie di topo un po'
troppo grosso l'aveva assaltata per le gambe, infilando il muso
impertinente sotto al vestito, annusando senza pudore alcuno. Lei,
sovrappensiero, aveva cacciato un urlo.
“Lo!
Lo! Vieni subito qui, accidenti a te! Che cazzo
fai?”
Un uomo sulla
trentina, col fiato corto di uno che ha appena corso come un pazzo,
si ferma a gambe larghe davanti ad Aria.
“Scusi..
Mi è scappata.. Io..” Ma ha bisogno di
più aria nei polmoni per
parlare, tossisce, ingoia, gli manca l'ossigeno.
Aria ride. Si è
presa uno spavento solo per un cagnolino.
“Si
figuri, è che non me l'aspettavo.. è sua.. Come
l'ha chiamata?”
“Lo.
A dir la verità sta per Lolita.” L'uomo sorride
ora, più
rilassato.
“Oh,
come il romanzo! Lo adoro!”
“Esatto!
Mi sono distratto un attimo e mi è scappata.. Se non fosse
stato per
lei, chissà dove l'avrei ritrovata..!”
“Oh,
diamoci pure del tu! Sono Aria, piacere..”
“Pietro.”
“Piacere
Pietro, ciao Lolita.”
“Ti
ho intravista da lontano.. Sola.. Hai bisogno d'aiuto? Aspetti
qualcuno?” Chiede lui.
Oh sì, sto
aspettando il mio fidanzato che ha insistito tanto per portarmi
fuori, ma a quanto pare se n'è dimenticato. E mi ha lasciato
qui
sola come un'imbecille.
E il tuo cane che si è messo ad annusarmi
sotto al vestito è la cosa più emozionante di
questa serata di
merda che avrei dovuto passare sul libro di anatomia. Dopo questa
magari lo lascio, si, lo lascio. Adesso me ne vado
e non rispondo più al telefono, ciao Pietro, è
stato bello
conoscere te e la tua Lo.
Chissà se pure tu attendi qualcuno.
“...
Non credo verrà più a questo punto.”
“Oh..
Mi dispiace.” Borbotta Pietro un po' in imbarazzo.
“Non
preoccuparti.. Ti lascio andare.. Anzi, mi sa che me ne vado
anch'io..”
“Ti
accompagno!”
Aria lo osserva. Ha
una voce roca, calda, da uomo, così come la statura, la
postura
decisa. Gli occhi sono verdi e grandi, molto belli, i tratti
mascolini e la barba si addolciscono di un sorriso sincero.
Carino questo
Pietro. Ha fascino, ma si comporta in modo goffo, come se non se ne
rendesse conto, come se non sapesse davvero sfruttarlo. è
spiccio,
diretto, senza fronzoli. E gli piacciono
le cose belle, il nome della sua cagnolina è un
bell'indizio. Ma
posso fidarmi?
Magari dietro la
maschera da ragazzone gentile si nasconde uno stronzo, un maniaco, un
ladro.
Magari il trucco
del cane l'ha fatto a chissà quante altre donne, per poi
stenderle
con un pugno e rubare loro la borsetta.
Ci metterebbe un attimo a
buttarmi a terra, piantato com'è lui, esile come sono io. Un
orso
contro un pettirosso. Non c'è partita.
Ora faccio un bel
sorriso, declino, e mi allontano.
Sì, un sorriso
e..
“No
scusa.. Così sembro un infoiato.. Scusa! È che
portavo fuori Lo per
la passeggiata serale.. E volevo rientrare
anche io.. Così.. Magari siamo di strada..”
“Tranquillo,
io sto verso i Monti.. Tu?”
“Anche
io!”
“Beh
allora.. Andiamo, no?”
Ed
eccoli insieme,
l'uomo, la ragazza e la cagnolina che trotterella poco più
avanti a
loro.
“Posso
chiederti perché Lolita?”
“Certo!
Beh, tutto risale a due anni fa. Stavo rileggendo il libro di
Nabokov, che amo particolarmente. Ero tornato a vivere da solo,
appena uscito malconcio da una storia lunga..”
“Oh
scusa.. Non credevo..”
“Tranquilla..
Stavamo inseme da otto anni.. Pensavo fosse quella giusta.. Poi.. Io
pensavo ai figli, lei amava troppo il suo lavoro, la sua
indipendenza, la nostra vita esclusiva a due.. Non ci siamo
più
trovati. E lei mi ha lasciato. Solo, in quell'appartamento estraneo,
mi pareva di impazzire. Non sapevo come
uscirne. Piangevo, bevevo, dormivo, stavo uno schifo. Non ero pronto
alla solitudine dopo tutto quel tempo. Una mia amica veterinaria mi
informa che ha una cagnolina dispersa che non sa a chi affidare.
Così
è arrivata Lolita, detta Lo. Non sono mai stato
un amante degli animali, ma occuparmi di lei mi faceva pensare meno
alla mia relazione andata in fumo.. L'ho tenuta con me.”
Pietro è freelance.
Ha sempre avuto la passione di scrivere, fin dai tempi della scuola.
Gli veniva così facile: i punti, le virgole, gli incisi,
coniugare i
verbi, costruire una frase corretta.. è sempre stato un
gioco. E a
quello ha unito l'amore per i viaggi: scrive soprattutto reportage
documentaristici delle mille zone che visita, per poi venderli a
riviste specializzate. Fotografa, ma solo
per passione sua. Scrive poesie che non trova il coraggio di
pubblicare. Canta, ma solo sotto
la doccia.
È un verbo in infinito divenire Pietro, un arco mai teso
fino allo spasimo, un tuffatore che resta lì, sul bordo del
trampolino, incapace di decidere quale sia il momento giusto per
saltare giù. Non è stato sempre così.
Quella storia gli ha
tolto un pezzo di sé, l'ha reso freddo, rinsecchito, spoglio.
Ha smesso di andare
al cinema, a teatro, per timore di incontrarla.
Non fotografa più
le donne, perché ogni profilo potrebbe ricordargli troppo
bene il
corpo di lei.
Lolita è l'unica
capace di fargli riversare fuori un po' d'amore sincero. Le parla, la
coccola, la vizia, come una bambina qualsiasi. Si lascia leccare la
faccia e ride come un pazzo. Nessuna donna gli ha
mai dimostrato tanta adorazione. La sua ex si incazzava a morte per i
suoi ritardi, invece Lo può lasciarla sola tutto il giorno
che,
quando rientra a casa, lei corre impazzita, scivolando sul parquet,
scodinzolando e tremando tutta. A volte fa persino la pipì,
incapace
di contenere l'emozione di ritrovare il padrone.
Pietro sa che
dovrebbe sgridarla, ma come non commuoversi davanti a un essere che
non trattene nemmeno la piscia dalla gioia che ha di rivederti?
Così
ride, si china e si lascia leccare, un feticista di bava di cane e
d'affetto incondizionato.
“Patetico eh?” S'interrompe Pietro guardandola. Si passa una mano tra i capelli arruffati dalla doccia, si sente ridicolo, un trentaquattrenne sfigato che parla del suo cane a una studentessa. Ci manca solo che rientrato a casa si ficchi in mutande nel letto e si faccia una sega pensando a quei lunghi capelli biondi, agli occhi scuri dalle ciglia lunghissime, a quella piccola porzione di carne che scorge sotto al vestito che sembra urlargli: toccami, accarezzami, sono qui apposta, non ti dirà mai di no.
Sono pazzo. Ha
poco più di vent'anni e sono qua a tenere a bada i miei
ormoni
sofferenti per l'astinenza. Pietro sei un maiale, piantala subito.
Magari vive ancora coi suoi. Magari ha un amore, uno della sua
età.
Magari ti ascolta e dentro pensa che sei uno sfigato di prima
categoria, lo fa solo per educazione.
Piantala di farti viaggi
mentali. Sei patetico, una casalinga segaiola con cagnolino appresso.
Vattene a casa, nel lavello c'è una montagna di piatti
sporchi, hai
finito i calzini puliti e il divano è ancora macchiato dalla
coca
cola dell'altra sera.
Vattene, davvero,
lasciala in pace.
“No,
affatto, davvero. Ho sempre desiderato un cane, ma i miei genitori si
sono sempre opposti..”
Porca troia
Pietro, lo vedi, adeschi le ragazzine! I genitori.. Te non li vedi da
chissà quanto..
“Tu
cosa fai nella vita? Studi, giusto?”
“Oh,
si. Medicina.”
“Alla
faccia! Una secchiona!”
“No,si..
Cioè.. Mi piace ecco.. Vorrei diventare cardiochirurgo, un
giorno.”
“Perché
proprio quello?”
Ed ecco che Aria si
anima, gesticola, quasi salta dall'emozione sui tacchi, parla a ruota
libera, sorride, gioca con la collana vistosa, i capelli che si
muovono a destra e sinistra.
Pietro ascolta,
annuisce, ha paura di fare qualcosa di sbagliato e spegnere quel
piccolo uragano di entusiasmo che invece gli piace così
tanto, gli
dà allegria, ammira quella passione così sincera,
così forte che
non bastano le parole a contenerla tutta, ma devi metterci il
sangue, il corpo, l'anima, per poterla spiegare.
E Aria parla, parla,
senza fermarsi, perché quei due occhi verdi e grandi la
scrutano, la
indagano, vogliono sapere davvero, capire, e non c'è nessuno
sbuffo,
nessuna smorfia accondiscendente, niente “Sì,
insomma, qual è il
punto?”, nessuna perplessità. Quell'uomo la sta
guardando.
Davvero.
Ed è una sensazione
così appagante che non ne farebbe più a meno.
“Ehm,
io sono arrivato..” Dice infine Pietro.
“Oh..
Si..” Fa lei.
Dì qualcosa. Dì
che sei stata bene con lui. Dì che magari vi rincontrerete
una sera
mentre lui porta a spasso Lo. Magari vi siete già incontrati
in
mezzo alla gente mille volte e non lo sapevate. Magari vi siete
scontrati tra la folla. Magari vi siete scusati sorridendo. Magari vi
siete pure già scambiati qualche parola senza nemmeno
immaginare che
vi sareste ritrovati.
Fanculo Jacopo.
Pietro sa di buono, di sincero, i suoi occhi mi guardano come han
guardato mille luoghi del mondo e non ne avessero comunque
abbastanza.
C'è qualcosa di ruvido e dolce in quegli occhi, in
quelle mani, nel sorriso timido.
Lo so che sono solo una ragazzina
per te. E tu sei un uomo
fatto, ferito, deluso.
Ma, ecco, ho il
cuore che batte come un tamburo e non so come fare a dirlo senza
risultare ridicola, una bimbetta, una Lolita, proprio come quella di
Nabokov. Oh, no.. è solo che mi piaci e non era previsto,
no, e
adesso vorrei avere più tempo..Più tempo..
Oh, Aria. Sono un
uomo con una cagnolina e mille insicurezze. I veri cani sono loro, le
insicurezze, le delusioni, i rancori, le sconfitte. che mi mordono il
cuore, di notte, di giorno, e non mi lasciano mai in pace. Ma tu
stasera le hai allontanate, almeno per un po'.
E la solitudine
mi inginocchia, mi strozza, mi sfinisce. Ma tu sei così
giovane,
poco più che una ragazzina, così fresca,
così pronta a schiantarti
con la vita con tutta la forza che hai, hai voglia di sbucciarti, di
ferirti, di sanguinare, lo vedo, lo capisco, vuoi fare l'amore con la
vita, fargli sputare i denti, piegarla al tuo volere, ai tuoi sogni.
Anche io ero così, ma mi sono perso. La vita mi ha preso a
cazzotti
e io sono rimasto all'angolo come un pugile malconcio che non riesce
più a combattere. Che ho da offrirti, io? Non so.. Ma come
vorrei..
Pietro sta per dire qualcosa, ma Aria, stupendosi di se stessa, lo precede: si alza un po' sulle punte, perché lui è alto e i suoi tacchi non bastano, e lo bacia. Si stacca quasi subito, ha paura di essere stata troppo impulsiva, di vederlo ridergli in faccia, di sentirsi umiliata, ma lui si riappropria quasi subito della sua bocca e gli passa una mano fra i capelli, allora si lascia andare, e non importa Jacopo, il freddo, l'esame, lui ha una mano libera e lei la indirizza verso il pezzo di coscia lasciato scoperto dalle parigine, perché lo vuole, vuole che Pietro la tocchi, e la sua mano è calda e gioca col bordo del vestito, resterebbero così un'infinità di tempo, bocca dentro bocca, se non fosse per Lo che li ha circondati col guinzaglio, forse perché ha capito tutto col suo istinto canino e vuole che i due stiano i più vicini possibile, ma stanno per cadere e quindi devono appoggiarsi al portone, guardarsi e ridere, mentre lui cerca le chiavi e Aria cerca di districarsi da quel groviglio.
Pietro non le ha chiesto niente quella notte, mai una volta, nemmeno quando sono rimasti a parlare fumandosi una sigaretta ciascuno, nessun giudizio, nessun chiarimento, non le ha chiesto nemmeno di rimanere, semplicemente l'ha cinta con un braccio, scattante e forte, e si è addormentato annusandole la nuca. “Hai il cuore che batte fortissimo, sembri un passerotto!” Ha mormorato solo, sorridendo. Ma lei già dormiva, contenta di quel nido caldo e accogliente, come le sembrava di non averne trovati mai.
Aria è lì, seduta su quel letto sfatto due volte, il viso un po' gonfio e il cuore che ancora continua la sua corsa. Lolita la scruta, la studia, piegando un po' il capo in modo buffo.
Pietro torna
subito. Ha detto così.
Spero che tu non
sia gelosa.
Lo so che sei
arrivata prima di me.
Magari sei
risentita della mia presenza. Ti capisco.
Finora tutte le
carezze erano per te, le attenzioni, le moine, bastava abbaiare ed
eccolo lì, pronto a servirti, a portarti fuori, a comprarti
il cibo
più buono, a lasciarti dormire accoccolata in fondo al
letto, a
farti sdraiare sul divano mentre lui guarda la televisione..
Ma ecco che ieri
notte si porta dietro me, e tu sei rimasta in cucina, un po' offesa
dalla porta di camera sua chiusa, a guardare sconsolata le crocchette
e l'acqua.
Ma come? Io ti
lecco, ti scodinzolo, ti faccio mille feste.. E mi lasci qui
così?
Non guardarmi in
quel modo, non te lo porto via, te lo giuro.
Magari non ce ne
sarà nemmeno bisogno perché mi caccerà
prima lui.
Magari tu sei
ancora troppo esclusiva da dividere con un'altra persona.
Un animale non è
una persona, comunque se ne dica.
Hai meno
aspettative e desideri meno complicati di me.
Forse sceglierà
ancora te e metterà alla porta me, senza tante cerimonie.
E io me tornerò
come una randagia alla solita cuccia, farò pace con Jacopo,
e
continuerò così per chissà quanto..
Piccola Lo, lui è
là fuori e io non so se scapparmene via prima che torni o
restare
qui.
Potrei vestirmi
di mille strati e mi sentirei comunque nuda.
Cosa faccio? Tu
scodinzoli e non dici niente, come se potessi parlare del resto,
eppure tu sai di andare incontro a una certezza, ma io? Io sono qui
seduta in una camera che ho visto in penombra, col suo odore addosso,
dentro una casa che non è mia.
Tu questo odore
lo riconosci alla perfezione, per me è così
nuovo, chissà se
potrei abituarmici, se vorrei che accadesse davvero.
Ieri sera ci
siamo annusati e ci siamo piaciuti. Ma adesso?
Per una parte di
me che vorrebbe uscire silenziosa da questo appartamento e da questa
vita, c'è l'altra che lo attende, i sensi tesi al massimo,
in
allerta, per capire se potrò restarmene accoccolata qui.
Almeno per
un po'.
La porta
si apre,
Lolita scappa in salotto e Aria può sentire Pietro ridere e
rispondere alle feste della cucciola. “Ehi..”
Eccolo, è lì
davanti a lei, odora di bagnoschiuma, di giornata nuova, il sorriso
timido e i capelli scompigliati di chi se n'è uscito di
corsa."
"Scusa..
Di solito non sono così maleducato, ma.. Qua vicino
c'è una
pasticceria buonissima e volevo comprare le paste appena fatte..
Crema o cioccolato?”
Aria guarda
quell'uomo, se non fosse per la barba direbbe che è un
bambino
entusiasta che le ha fatto una sorpresa ed ora è
lì, complice, che
le porge un sacchetto profumato.
“Ho
fatto anche il caffè.” Aggiunge. Come se ce ne
fosse bisogno.
“Crema
andrà benissimo” Sorride Aria, incapace di dire
altro.
No, forse non la
caccerà. Non ancora.
The
Author's
corner: 'Robin' in inglese indica il pettirosso.
È il primo
racconto totalmente originale che trovo il coraggio di postare. Spero
possa piacere a qualcuno.
Se vorrete lasciare una recensione mi farà
molto piacere.
Charly