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Autore: MayQueen    24/10/2015    2 recensioni
A volte è difficile trovare una soluzione ragionevole.
"To these memories I will hold
with your blessing I will go
to turn at last to paths that lead home... "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock.
Perché devi sempre creare problemi?                                                                                                                                                             Sei davvero così stupido, Sherlock?                                                                                                                                                                 Lo fai solo per provocarmi, dì la verità.                                                                                                                                                       Sherlock.                                                                                                                                                                                                     Sherlock.

 
"Sherlock?"
La voce di John si insinua oltre quella di Mycroft, fino a sovrastarla completamente. Scuotendo leggermente la testa, Sherlock si risveglia dai suoi pensieri e si gira verso di lui.

"Scusa, cosa?"

John lo guarda inclinando un po' la testa di lato, con aria perplessa.
"Va tutto bene?"

Istintivamente, l'altro sorride.
"Bene. Benissimo, John." Si sistema il colletto del cappotto, nonostante siano all'interno e non ci sia neanche un alito di vento.
"Forza, non perdiamo tempo. Continuiamo l'indagine!"
 Si avvia a passo sicuro lungo il corridoio, seguito a ruota dal dottore. Una luce calda illumina le pareti spoglie, nonostante non ci siano finestre.
In un battere di ciglia raggiungono una grande porta decorata da intarsi astratti. Sherlock poggia una mano sul pesante legno scuro e la porta si apre senza un rumore.

"Dove siamo?" chiede John, guardandosi intorno.
Altissimi scaffali straripano di libri dalle rilegature più varie. Una decina di tavoli sono disposti a semicerchio nella stanza polverosa, tutti coperti da innumerevoli fogli, rotoli di pergamena e raccoglitori di cartone. Non sarebbe strano sentire odore di vecchio o di muffa in un posto del genere, eppure l'aria sembra pulita e leggera come da nessun'altra parte.

"La biblioteca! Quale posto migliore dove cercare? Andiamo, John, se non lo troviamo non risolveremo mai il caso!"
In preda all'emozione che solo un bell'enigma è in grado di dargli, Sherlock si precipita allo scaffale più vicino e comincia a sfilare un libro dopo l'altro. Dà un'occhiata rapida alla copertina e poi lascia cadere il tomo a terra senza alcuna accortezza.
John gira lentamente intorno a uno dei tavoli, guardando distrattamente i fogli sparsi.

"Deve essere qui, da qualche parte... Non può essere nascosto troppo bene.." Apre uno dei volumi e lascia scorrere velocemente le pagine fitte di parole.
"Questi sono stati letti poche volte. Eppure dalla copertina si capisce che sono antichi, e l'inchiostro usato è tipico delle miniature della zona di.."

"Senti, Sherlock..." lo interrompe John.

"Trovato qualcosa?" in un balzo il detective raggiunge l'amico e lo guarda con un sorriso carico di aspettative, mostrando una felicità che risulterebbe a chiunque poco motivata. Una felicità che risulterebbe decisamente anormale a chiunque conosca lui.

"Senti, Sherlock..." ripete John, impassibile "Esattamente, cos'è che stiamo cercando?"

"Tranquillo, John, lo capirai quando te lo troverai davanti! È palese!"

"Ma...perché?" continua l'altro.

"Perché cosa?"

"Perché lo stiamo cercando?"

Questa volta il sorriso di Sherlock vacilla. Solo un minimo, mentre un lampo di incertezza attraversa i suoi occhi.
"Beh, è un indizio importante.."

"Per cosa?"

"Ovvio, per il caso.."

"Qual caso, Sherlock?"

Il detective apre la bocca per rispondere, ma le parole gli muoiono in gola. Serra nuovamente le labbra, sorpreso. Corruga la fronte, mentre il dubbio diventa evidente sul suo viso.

"Io..." mormora, confuso.

Dal canto suo, l'espressione di John non cambia di una virgola.
"Quanto andrà ancora avanti?"

"...Di cosa parli?"

"Di tutto questo." agita un dito nell'aria, indicando intorno a sé "Questo posto. Tu e io, qui dentro, a fare quello che stiamo facendo."

Poche volte in vita sua Sherlock si è sentito così disorientato di fronte a una qualsiasi situazione. Cerca di dire qualcosa, ma di nuovo non riesce a formulare il pensiero giusto.

"Sherlock, te lo chiedo di nuovo. Dove siamo?"

"Nella..nella biblioteca..." si guarda intorno, scoprendo con stupore di non essere più in mezzo agli scaffali, ma di nuovo nel corridoio.

"Biblioteca di quale casa? Di chi? Come siamo arrivati? A che caso stiamo lavorando?"

"Io..Non capisco.."  una vaga ombra di paura comincia a stringersi intorno al più giovane, mentre le domande di John gli arrivano una dopo l'altra come una raffica di mitragliatrice.

"Sì che capisci, Sherlock. Tu capisci sempre. Solo non vuoi ammetterlo. Cosa sta succedendo? Dove siamo?"

Un'illuminazione colpisce Sherlock, fulminea. Tutto in un istante diventa ovvio.
"Certo..." dice a mezza voce, pensieroso. "Siamo nel mio Palazzo Mentale."

John emette un sospiro di sollievo. "Finalmente ci sei arrivato. La situazione cominciava a essere strana."

"Ma non ha senso." Continua Sherlock, la fronte corrugata in un'espressione concentrata. "Com'è possibile che non me ne sia accorto?"

Un leggero sorriso increspa le labbra di John. Un sorriso strano, nota Sherlock, diverso dal solito. Quando John sorride, i suoi occhi brillano. Questo è un dato di fatto. Anche ora lo fanno, ma in modo sospetto. Un luccichio umido, che da al tutto un'ombra di malinconia.
"Davvero non ricordi?" chiede.

Sempre più confuso, Sherlock si limita a guardarlo e a scuotere piano la testa.

"Vieni, ti faccio vedere." con un movimento delicato John allunga il braccio verso di lui.

Sherlock sposta lo sguardo smarrito dal suo volto alla sua mano, e poi di nuovo ai suoi occhi velati di tristezza. L'altro si limita a muovere leggermente le dita, come a incoraggiarlo.
Con un sospiro, Sherlock ricorda a sé stesso che tutto sta accadendo nella sua mente e che nessuno può vederlo. Poi, insicuro, afferra la mano di John, stringendola quanto basta per non perdere la presa.

Camminano lungo l'infinito corridoio, passando davanti a porte chiuse, tutte uguali, al punto che sembra che non si stiano muovendo affatto.
A un certo punto John si ferma davanti a una di queste. Rivolge per un secondo uno sguardo a Sherlock e poi poggia la mano libera sulla maniglia.

***

L'interno della stanza è di un bianco accecante. Muri bianchi, pavimento bianco, scrivania bianca, libreria bianca, lettini bianchi, persone vestite rigorosamente di bianco. Un ospedale.
Il suono ritmato di un elettrocardiogramma appare distorto, come se arrivasse da oltre uno spesso vetro. Fattore normale, trattandosi questo di un ricordo.
Due figure entrano nel campo visivo di Sherlock. Non riesce a riconoscere i volti, ma è facile dedurre che sono due infermiere. Una assunta da poco, a giudicare dallo stato delle unghie.
"Come si sente oggi, signor Holmes?" chiede la più anziana delle due. Aspetta qualche secondo una risposta che non arriva, poi continua: "Il medico ha detto che tra pochi giorni potrà essere dimesso. Suo fratello ha acconsentito a ospitarla a casa sua fino a che non starà meglio." La donna si avvicina. Sherlock sente che gli sta toccando i capelli, probabilmente togliendo una fasciatura o una benda. L'altra continua a guardarlo con aria quasi spaventata, a qualche passo di distanza.
"Deve ritenersi un uomo molto fortunato, signor Holmes..." continua la donna "Trovarsi a così pochi metri da un'esplosione... È un miracolo che almeno lei sia sopravvissuto..."

***

Annaspando in cerca di ossigeno, come emergendo dall'acqua, Sherlock si ritrova nuovamente nel corridoio del Palazzo. Sta ancora stringendo la mano di John, questa volta fino a lasciargli un'impronta rossa sulla pelle.

"Quando...quando è successo?" chiede con il fiato corto.

"Più di un mese fa ormai." risponde il dottore "Trentanove giorni fa, per la precisione. Indagavamo sul caso dei Waters. Hai capito che avevano un appuntamento in programma con dei ricettatori, in un edificio abbandonato a Brixton. Si è rivelato essere una trappola, a quanto pare avevano dei conti in sospeso." si lascia sfuggire una risata amara "Peccato non averlo capito prima di arrivare sul posto."

Finalmente, Sherlock si stacca da lui e comincia a guardarsi intorno.
"Quindi è quella la causa. Una maledetta esplosione. Sono bloccato qui."

John stringe le labbra in un'espressione perplessa "Bloccato? Oh, no, Sherlock! Non hai capito. Non sei bloccato nel Palazzo Mentale, semplicemente non vuoi uscirne."

Il detective continua a fissarlo in silenzio. Lui sospira e continua la spiegazione, con il tono professionale di un medico.
"Non sei in coma, se è a questo che hai pensato. Sei in stato vegetativo. Sei sveglio, tutte le tue funzioni  vitali sono a posto, respiri da solo e a volte cammini anche avanti e indietro nella stanza. Semplicemente non reagisci a nessuno stimolo esterno. Perché ti ostini a restare qui, nella parte più profonda della tua mente. È solo un meccanismo di difesa psicologica, fisicamente tu te la sei cavata con una commozione cerebrale e qualche costola incrinata."

"Ma com'è possibile?" ribatte Sherlock innervosito "Non riesco a capire, non posso essere rimasto così...scioccato dall'esplosione. Non al punto di chiudermi qua, non al punto di dimenticare cosa fosse successo! Deve esserci qualcosa di più se l'unica soluzione razionale per la mia mente è stata chiudersi in sé stessa e.."
Improvvisamente si blocca. Occhi spalancati, labbra socchiuse. Prima di continuare a parlare prende un respiro profondo.

"L'infermiera. L'hai sentita, prima. Ha detto che è un miracolo che almeno io sia sopravvissuto..."
Congiunge le punte delle dita e si sfiora un labbro con gli indici.
"E tu, John. Hai appena detto che io me la sono cavata con una commozione cerebrale..."
Cerca gli occhi di John, ma quello distoglie subito lo sguardo, fissandolo in punto imprecisato in basso a destra.
"Io me la sono cavata così... Che mi dici...di te, John? Eri con me, vero?"

Il silenzio più assoluto cala intorno a loro. I secondi passano, uno dopo l'altro, e ognuno lascia cadere un peso sulle spalle di Sherlock, che a poco a poco perde tutto il colore che la sua carnagione già chiara gli permette di perdere. Il terrore si fa strada nei suoi occhi, mentre aspetta una risposta che sa già di non volere sentire.

Sembra essere passata un'eternità quando John si decide a schiarirsi la voce e a parlare. Con calma, scegliendo le parole con cura.
"Io...Per una volta camminavo davanti a te..." alza le spalle "Non so neanche perché, tu vai sempre avanti, ma questa volta tenevo la torcia, quindi ti precedevo..."

Sherlock lo ascolta in silenzio, deglutendo a fatica.

"Per farla breve..Diciamo che ero vicino alla bomba. Molto vicino...Ok, diciamo che se avessi avuto il tempo di fare un altro passo probabilmente ci sarei inciampato sopra!" fa una risata nervosa e con un dito asciuga una singola lacrima che tenta di scivolare lungo la sua guancia. 
"Non ho sentito niente. Davvero! Non me ne sono neanche accorto, è successo così in fretta.."

Fa un passo verso Sherlock, che invece retrocede. Piano, scuotendo la testa, gli occhi spalancati fissi su di lui.
"Sherock, dico sul serio, non ho sofferto in alcun modo."

"No."

"Non c'è bisogno di reagire così. Non è stata colpa tua, è successo, punto."

"No." porta a poco a poco le braccia verso l'alto e si mette le mani, che cominciano a tremare vistosamente, tra i capelli.

"Non è niente di così tragico, la morte è solo un interruttore, da acceso a spento, funziona così, no? Succede a tutti..."

"No. No, no, no, non è vero." Sherlock indietreggia ancora, mentre un insieme di disperazione e paura si impossessa di lui togliendoli ogni forza. Le ginocchia cedono e lui si ritrova a terra, contro il muro, cercando comunque di indietreggiare ancora, come un animale ferito e braccato. 
"Non è vero. No. NON È VERO!"  il grido rimbomba in tutto il Palazzo, facendo vibrare pericolosamente le pareti.

"Sherlock. Sherlock, ti devi calmare!" con tono frenetico John si accovaccia davanti a lui, prendendogli i polsi tentando di togliergli le mani dal volto.
"Devi calmarti e tornare lucido, dico sul serio. Hai subito da poco una commozione cerebrale, una crisi nervosa non è affatto quello che ti ci vuole!"
Come se non lo avesse sentito, l'altro continua a divincolarsi, serrando gli occhi come per proteggersi, mentre il suo corpo continua a essere scosso da spasmi violenti. Allo stesso modo il pavimento intorno a loro comincia a tremare come durante un terremoto. Da qualche parte in lontananza una porta sbatte, e per un momento la luce sembra intenzionata a spegnersi.

"No, no, non può essere, no.."

"Ascoltami, Sherlock, devi fare come ti dico!" Nella voce di John comincia a essere evidente una nota di allarme.
"Accidenti, se non vuoi restare qui bloccato per sempre e fare il vegetale a vita ritrova la tua dannata ragione e ferma questo caos! Maledizione, Sherlock, TORNA IN TE!"

Finalmente il detective spalanca le palpebre e trova gli occhi di John, grandi e pieni di preoccupazione, fissi nei suoi. Con il fiato corto, resta fermo lì per un po', mentre migliaia di pensieri gli sfrecciano nella mente nel disordine più assoluto. Un po' alla volta riprende a respirare normalmente, più calmo, e le pareti del Palazzo tornano immobili.

Con un sospiro di sollievo, John lascia i suoi polsi e si siede vicino a lui, prendendosi le ginocchia tra le braccia.

"...Non è giusto..." mormora Sherlock a mezza voce, gli occhi chiusi e la testa buttata all'indietro, a toccare il muro dietro di lui.
"Non è giusto...Non doveva andare così..."

"Lo so, Sherlock." la voce di John è tranquilla. "Ma nessuno può farci niente. Non si può più andare indietro."
Gira la testa per guardarlo.
"Solo avanti."

Come se fosse stato punto da uno spillo, Sherlock tira su la testa di scatto. Anche lui si gira a guardare John.
"Andare... avanti?" chiede, con tono gelido. Tutti i suoi muscoli si tendono, mentre la disperazione totale cede malvolentieri il posto alla rabbia.
"Dovrei andare avanti, dici? Pensi che sia possibile?" si alza in piedi, ancora un po' incerto sulle gambe.

John lo guarda con un'espressione impassibile.  

"Sai com'era la mia situazione prima che arrivassi te? Ero completamente solo al mondo. Guardato da tutti come un pazzoide solo per la mia intelligenza. Mi sforzavo di considerare una dote quella che invece sentivo nel profondo essere una maledizione. Ho dovuto dimenticare le offese a furia di aghi nel braccio, e sopprimere tutti i miei sentimenti prima che qualcun' altro li potesse calpestare...."

"Sì, Sherlock, lo so." anche John si alza, lui con un sorriso tranquillo "Sono una proiezione della tua mente, so tutto quello che sai tu. È una sensazione strana, devo ammettere."

Un nuovo lampo di dolore attraversa gli occhi chiari di Sherlock.
"E allora sai che non posso semplicemente tornare là fuori e lasciarti qua."

"Però devi farlo."

"E dimenticare tutto quello che abbiamo vissuto in questi anni?" per quanto tenti di controllarla, la voce di Sherlock tradisce un insieme di emozioni che, al di fuori del Palazzo Mentale, difficilmente riuscirebbe a far trasparire.
"Tutti i casi risolti. Tutte le indagini fatte. Tutti gli spari, le corse, le risate, i litigi, le parole. Ogni singolo sguardo d'intesa che mi ha fatto sperare che ad almeno un essere umano nell'universo interessa ciò che faccio e ciò che sono. Dovrei andare avanti? Dimenticare? Perdere tutto questo?"

 Lo sguardo di John si addolcisce.
 "Non ti sto chiedendo questo, Sherlock. Non devi dimenticare. Nessuno potrà mai toglierti quei ricordi. Ti appartengono. Quello che sei è il risultato di tutto quello che hai vissuto." 

Sherlock prende un respiro profondo, guardandosi attorno. Lascia scivolare lo sguardo sulle infinite pareti del Palazzo, senza riuscire a fissarlo su alcun particolare. Tutto ciò che vede è sfocato, come avvolto in una leggera nebbia. Non è reale, deve ricordarsi. Tutto ciò che lo circonda è solo una costruzione della sua mente disperata. Non è il mondo reale. Eppure non riesce a concepire l'idea di uscire di lì.

"Guarda fuori."

"Cosa?"

"Dai, Sherlock, fai come ti dico."

"No."

"Solo un'occhiata! Ti chiedo solo questo. Un'occhiata, dimmi cosa vedi."
Con un cenno del capo, John indica una delle pareti, sulla quale è improvvisamente apparsa quella  che sembra essere una finestra.

"...Solo un'occhiata?" chiede Sherlock, avvicinandosi sospettoso.

Quando John annuisce, prende un profondo respiro e guarda fuori.

***

Per la prima volta da settimane prende coscienza di cosa stia succedendo intorno a lui, eppure gli sembra ancora di osservare la scena dall'esterno. Gli servono alcuni secondi per abituarsi alla semioscurità. Da sotto una porta chiusa filtra la luce di una lampadina, e si sente un rumore di passi. Un uomo con delle pantofole, inconfondibile.  Un divano in velluto occupa buona parte del stanza, illuminata a fatica dal fuoco in un caminetto in marmo. Ai lati, due poltrone uguali una all'altra. Su una di queste, un cappotto nero, dal taglio sportivo.  Su un tavolino di vetro sono poggiati una bottiglia di scotch e un bicchiere con del ghiaccio. Le pareti sono ricoperte di ritratti di dubbia entità e dai colori cupi, che conferiscono alla stanza un'atmosfera quasi inquietante. Improvvisamente, la porta si apre. Mycroft fa il suo ingresso nel salotto a passo lento, e si lascia cadere su una delle poltrone. Poggia un gomito al bracciolo e sembra riuscire a reggere il peso della testa solo poggiando la guancia alla mano chiusa. Tende il mignolo e se lo porta sul labbro, assorto, per poi cominciare a mordersi la punta dell'unghia.
"Lo fai solo per provocarmi, vero Sherlock?"
Si gira verso di lui, la luce del camino riflessa nel luccichio umido degli occhi azzurri.

***
Con un passo incerto, Sherlock si allontana dalla finestra, bloccando nuovamente ogni contatto con la realtà. Tiene lo sguardo fisso a terra, pensieroso.

"Quindi? Cosa hai visto?"

"..Sono a casa di mio fratello."

"E...?"

"...Non sta bene, vero?" chiede, la voce che suo malgrado tradisce il senso di colpa.

"Te ne rendi conto persino tu, pensa. Non lo ammetterebbe mai, d'accordo, ma è davvero molto preoccupato. Per te."

" Se non altro finalmente ha perso un paio di chili..."  accenna a una risata sarcastica, ma John lo zittisce con uno sguardo di rimprovero.

"Che mi dici del cappotto?"

"Il cappotto?"

"Sul divano. L'hai riconosciuto?"

 Sherlock riflette per qualche secondo, corrugando la fronte. Poi riesce a collegare l'immagine del soprabito a un volto.
"...Lestrade? Che è venuto a fare Lestrade a casa di mio fratello?"

"È passato a trovare te, questo pomeriggio." spiega John "Passa spesso. Si siede e comincia a descriverti i dettagli di qualche nuovo caso. Fa
ipotesi e continua a chiedere il tuo parere, sperando di avere una risposta. E con quella di oggi fanno..." arriccia le labbra pensieroso, muovendo le dita della mano destra come per aiutarsi a contare  "...diciotto visite, se non sbaglio. In trentanove giorni mi sembra una buona media."

Sherlock apre la bocca per commentare, ma si trova costretto a richiuderla, non trovando nulla da dire.

"E Gavin non è l'unico, sai? Molly Hooper passa ogni giorno, dopo il lavoro. Anche se dopo pochi minuti scappa, per non cominciare a piangere. Sa che non lo sopporti. E la signora Hudson? Mycroft ha cominciato a staccare il telefono di sera, perché chiamava in continuazione."

"Oh"

"Capisci ora? Sono tutti là fuori che aspettano solo che tu ritorni."

"Tutti tranne te." Sherlock parla a voce talmente bassa che lui stesso fatica a sentirsi. Eppure un sorriso malinconico si fa strada sul volto dell'amico.

"Imparerai ad accettarlo."

"E come?"

"Non lo so. Ma tu lo capirai." alza le spalle come a voler scrollare via ogni dubbio "Sei la mente più geniale mai esistita."

Questa volta la risata di Sherlock è sincera
"Lo dici solo per convincermi, non lo pensi sul serio!"

John alza le mani in un gesto di difesa "Sono una proiezione della tua mente, ricordi?"

"Sì, in effetti questo è qualcosa che io penserei." conferma l'altro con un sorriso.

Il silenzio cala per minuti che sembrano interminabili. Questa volta però non si tratta di un silenzio teso, pesante, impregnato di paura e dolore. È un silenzio sereno, forse rassegnato, ma che parla più di mille parole.
Quando Sherlock è sicuro di avere inciso nella memoria ogni dettaglio di quel volto che conosce tanto bene, si gira a guardare la grande porta che è apparsa al loro fianco.

"Forza" lo incoraggia John con la voce che sembra quella di un padre che tenta di convincere un bambino a tuffarsi dal bordo della piscina "Sai che è la cosa giusta da fare."

Sherlock sospira, scuotendo la testa

"Insomma, alla fine è sempre così. Sei sempre tu, John Watson. Sei sempre tu a farmi fare la scelta giusta." un'ombra cala sui suoi occhi "Anche ora che non ci sei più."

"Ma questo non è vero, Sherlock." risponde lui, con un sorriso talmente tanto dolce e pieno di affetto che sembra illuminare l'intero Palazzo. "Io ci sarò sempre. Qui, nella tua mente."

La porta, alle spalle di Sherlock, si apre e una luce quasi accecante comincia a circondarli.

"E sarò sempre nel tuo cuore." continua John "E ogni volta che mi ricorderai, anche solo per un istante, sarà come riportarmi in vita. Ogni caso che risolverai, ogni persona che salverai, ogni brano che suonerai al violino...Io starò facendo tutto questo al tuo fianco."

"Questo non.." mormora Sherlock, tentando di mascherare la voce strozzata con un tono sarcastico "..Questo non è qualcosa che io penserei..."

"Forse ti ho cambiato più di quanto pensassi."

È come un pugno nello stomaco. Di nuovo, le forze abbandonano Sherlock completamente, le sue gambe cedono e lui si lascia andare a un liberatorio pianto disperato. A terra, in ginocchio, aggrappandosi con le punte delle dita alle gambe di John, alla sua camicia, alle sue braccia, a qualsiasi cosa che gli dia la sicurezza di non precipitare in un baratro dal quale tanto tempo prima era riuscito ad allontanarsi.

"Non doveva andare così!" riesce a dire tra un singhiozzo e l'altro "Ti meritavi tanto di più... Mi hai salvato tante di quelle volte... Farei qualsiasi
cosa... Qualsiasi cosa... Per riportarti indietro...Qualsiasi cosa..."

Lentamente, con un movimento talmente tanto fluido da non sembrare reale, le mani di John vanno a posarsi sul viso di Sherlock, rigato dalle lacrime che scendono senza sosta dagli occhi chiari. Il tocco è incredibilmente delicato, quasi inesistente.
Sherlock solleva appena la testa per riuscire a guardare un'ultima volta quegli occhi straordinariamente espressivi che per primi gli hanno fatto capire il significato di parole come gentilezza, amicizia, coraggio e lealtà. Ormai la luce entrata dalla porta ha avvolto tutto: il volto di John è l'unica cosa ancora visibile in mezzo a tutto quel bianco, e la sua espressione è talmente tanto piena di gioia e serenità che, solo per un momento, la cosa più ragionevole da fare per Sherlock, è credere negli angeli.

Per un ultimo secondo che sembra durare un'eternità, John si china leggermente e le sue labbra si posano leggere sulla fronte di Sherlock, ancora in ginocchio ai suoi piedi, fermando gli spasmi incontrollati del suo petto e riempiendo anche lui di una calma mai provata prima.
Mentre anche l'ultima immagine sparisce avvolta nel chiarore del mondo reale, la voce di John risuona in un sussurro, vibrando come una brezza fresca in tutto il Palazzo Mentale.

Vivi per me, Sherlock Holmes.

***

"Dì la verità, Sherlock. Fai tutto questo solo per infastidirmi. Cerchi solo un modo per farmi uscire di senno e.."
Improvvisamente, Mycroft Holmes si blocca, quando lo sguardo di suo fratello incrocia il suo. Il suo petto si riempie di sollievo vedendo finalmente un'emozione nei suoi occhi. Un misto di rassegnazione, dolore e paura, ma pur sempre un'emozione. In un istante sa che Sherlock è tornato.
Eppure qualcosa gli dice che quando lui parla, con la voce roca di chi quasi non ricorda come si fa, non è alle sue provocazioni che sta rispondendo.

"....L'ho sempre fatto."
 
 
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Author's corner: SCUSATE. Scusate. Lo so, è la situazione più deprimente a cui si possa mai pensare. Ma mi è venuto questo pensiero, come reagirebbe Sherlock alla morte di John? Continuavo a chiedermelo e non riuscivo a togliermi questa idea dalla testa.  
Scrivere questa OS è stato un parto, ci ho messo due mesi e ancora non mi sembra vero di averla finita. Però nel complesso sono abbastanza soddisfatta del risultato, e rileggendo il tutto mi sono commossa.
Spero che anche ad altri possa piacere, e che lo stile non risulti troppo noioso o pesante.
A questo proposito vorrei fare un paio di appunti:
-Dal momento che la scena si svolge nel palazzo mentale ho cercato di lasciare il tutto in un'atmosfera un poco "vaga", per questo le poche descrizioni e le lunghe parti solo dialogate.
-Per lo stesso motivo, i personaggi potrebbero sembrare a tratti un po' OOC.. Considerate il  fatto che Sherlock è nella sua mente, quindi parte dei blocchi che normalmente impone alle sue emozioni non ci sono. John invece è, come lui stesso spiega, una proiezione della mente di Sherlock. Per questo all'inizio è un poco "passivo", e per questo sbaglia il nome di Greg,
-Il titolo fa riferimento a una frase della canzone "The last Goodbye", cantata da Billy Boyd alla fine dell'ultimo film de Lo Hobbit. La considero una canzone stupenda, il testo è tristissimo ma bellissimo. Parla dell'ultimo addio a delle persone con cui si sono condivise gioie e dolori. Mi ha ispirata molto mentre scrivevo questa OS, quindi mi è sembrato giusto citarla nel titolo. Se non conoscete la canzone vi consiglio di ascoltarla, vi garantisco che vi segnerà. https://www.youtube.com/watch?v=lvB_nsKXew0
Se siete arrivati fino a qua vi prego, prego, PREGO di lasciare un commento. Ci tengo molto a questa storia e vorrei avere qualche parere per capire se è piaciuta e come migliorare in futuro. Ovviamente per qualsiasi dubbio, perplessità o curiosità sono a vostra completa disposizione :D
Grazie in anticipo!
-May
P.S: Se per caso qualcuno fosse interessato alla mia long "Of blood and ink".. Non temete! Ora che mi sono tolta il peso di questa OS ricomincerò ad aggiornare..Scusate l'attesa! ^^" 
  
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