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Autore: kristyblue    25/10/2015    2 recensioni
[Labyrinth/The Santa Clause crossover + altri]
Comincia tutto con una sfida, una scommessa fatta quasi per scherzo. Ma quando la figlia del Re dei Goblin e della Campionessa del Labirinto affronta Jack Brina, istrionico signore dei ghiacci, per decidere a chi spetti il trono di Jareth, la situazione degenera rapidamente in uno scontro che rischia di travolgere l'esistenza stessa del Labirinto e delle Creature Fantastiche di tutto il mondo. Ancora una volta Sarah e Jareth dovranno affrontare imprevisti e pericoli alla luce del sentimento di giocosa rivalità che li unisce, e contemporaneamente destreggiarsi nel non facile ruolo di genitori di una figlia ormai cresciuta, che ha ereditato la testardaggine di Sarah, l'astuzia di Jareth e la refrattarietà di entrambi a farsi comandare a bacchetta... Un crossover fra Labyrinth e la saga di Santa Clause con Tim Allen (sopratutto il terzo film, "Santa Clause è nei guai", anche se lo precede cronologicamente - è ambientata poco dopo che Scott Calvin è diventato Babbo Natale, quindi subito dopo il primo film), "contaminato" però anche con altri film come "Polar Express", "SOS Befana" e i romanzi della serie di Artemis Fowl.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jareth, Nuovo personaggio, Sarah, Toby
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo partecipa alla challenge "La sfida dei duecento prompt" di kamy.
Prompt 143 - Gelosia


NOTA: Ritorno ad aggiornare dopo un periodo difficilissimo (compreso un lutto) che non mi ha lasciato molto tempo da dedicare alla scrittura, purtroppo. Per fortuna adesso mi sto sfogando tantissimo con questa storia e spero di riuscire ad aggiornarla più spesso!
In questo capitolo vengono citati personaggi di altri fandom con cui ho fatto dei crossover minori.
Seth Applegate (interpretato da Douglas Seale) e Joe Carruthers (interpretato da Oliver Clark) sono i Babbo Natale del film “Ernesto salva il Natale” del 1998, mentre il Kris Kringle della mia storia è sia il Babbo Natale interpretato da Richard Rehlie nel film “Zampa e la magia del Natale” (2010), sia quello interpretato da Richard Attenborough in “Miracolo nella trentaquattresima strada” (1994), sia quello che muore cadendo dal tetto di Scott Calvin nel primo “The Santa Clause”.
La faccenda della Santa Clausola di Matrimonio, che impone a Babbo Natale di sposarsi entro otto anni dalla sua entrata in servizio, altrimenti la sua magia si esaurirà, proviene dal secondo film della serie di Santa Clause; “Che fine ha fatto Santa Clause?”, dove è Scott che deve trovare una consorte prima che sia troppo tardi. Diciamo che l’espediente della Clausola di Matrimonio funzionava bene sia nel caso di Applegate (che all’inizio di “Ernesto Salva il Natale” sta perdendo i suoi poteri magici e deve trovare un successore) che nel caso di Kringle; in pratica, è caduto dal tetto perché comunque non era più in forma come una volta, la sua magia si stava affievolendo (come già quella di Applegate prima di lui) e forse non ne aveva neanche più voglia. In “Zampa Natale” la magia è convogliata da un ghiacciolo che porta al collo e possiamo immaginare che nella caduta gli sia volato via, rendendolo mortale (com’era capitato nel film dove viene investito da un’auto e perde la memoria; il ghiacciolo gli viene rubato mentre è privo di sensi, e lui ritorna appunto a essere un mortale vecchio e stanco).
La cosa del cane di Babbo Natale viene appunto da “Zampa e la magia del Natale”, così come il personaggio del capo elfo Eli (si pronuncia Elai, all’inglese), interpretato da Danny Woodburn. Invece Bernard, interpretato da David Krumholtz, compare in “Santa Clause” e “Che fine ha fatto Santa Clause?” (sarà rimpiazzato dall’elfo Curtis solo nel terzo film). Arendelle non penso che serva spiegare che viene da “Frozen” e la dimora estiva di Jack Brina a Gstaad è citata per quanto ne so solo nella traduzione italiana del terzo Santa Clause.
Il personaggio di Phoebe è a sua volta un richiamo a un altro film (Santa’s Baby 2), mentre Beniamina è Beniamina Volò (interpretata dalla Pivetti in “SOS Befana” e “Miacarabefana.it”) ovvero la Befana, che ho immaginato essere una dipendente “specialistica” di Santa Clause ^_^
E ora passiamo a vedere che combineranno Jack e Trisha...

*** Nell’Aboveground ***
 
Il ghiacciolo sfrecciò attraverso la stanza e si conficcò dritto in mezzo agli occhi ammiccanti di Babbo Natale, al secolo Scott Calvin.

Pazzesco. Quel tizio era Santa Clause da poco più di un anno, e già la sua faccia aveva rimpiazzato quella di Kringle nei poster e sulle cartoline natalizie. Evidentemente quelli del reparto merchandising dovevano essere tutti drogati di lavoro, oppure Calvin gli pagava degli straordinari da urlo per farsi un po’ di pubblicità extra.

Jack Brina si avvicinò al poster (il più piccolo che fosse riuscito a procurarsi) e osservò compiaciuto i ghiaccioli che sporgevano da tutte le parti, come gli aculei di un riccio.  Ormai non rimanevano che pochi frammenti visibili della faccia di Calvin. Un pezzetto di barba e la punta del cappello.

“Hai finito di ridere, caro il mio mister ‘Ehi tu, fuori dal mio Polo Nord’?”, lo schernì Brina.

D’accordo, forse giocare alle freccette con la foto del suo nuovo boss non era un passatempo intelligente, e sì, se lo avessero beccato c’era la possibilità concreta di farsi sbattere per l’eternità al reparto dolcetti e caramelle, a soffiare cristalli di zucchero ghiacciato sui dolcetti natalizi. Ma l’insofferenza di Brina nei confronti dell’establishment (e in particolare nei confronti di tutti i buffoni che avevano indossato il costume rosso di Santa Clause) era tale che non gli importava più di correre dei rischi.

Anche stavolta avevano scelto un patetico mortale. E non solo; fra tutti i sette miliardi di babbei che vivevano nell’Aboveground, la Santa Clausola veniva sempre fatta sottoscrivere a dei brocchi senza un briciolo di personalità o carisma. Possibile che il Consiglio delle Creature Leggendarie non riuscisse a selezionare qualcuno di decente? Okay, lo standard del mortale medio era decisamente basso, ma a tutto c’era un limite! Anche quella nuova che dirigeva il reparto dolcetti e caramelle veniva dall’Aboveground, ma lei almeno sapeva farsi una risata, ogni tanto. E invece, i Santa Clause erano di una piattezza deprimente. Con gli ultimi, poi, avevano praticamente raschiato il fondo del barile.

Prima c’era stato Applegate, un vecchietto squinternato che era letteralmente andato a pezzi dopo il divorzio dalla moglie (i reumatismi della signora Applegate erano stati il colpo di grazia al loro matrimonio). Aveva tirato avanti finché non erano scaduti gli otto anni della Santa Clausola di Matrimonio, e si era ritirato di buon grado quando la sua magia aveva cominciato a esaurirsi.

Poi era stato il turno di Carruthers, che però aveva mollato dopo soli tre anni e centodue giorni, schiacciato dalle responsabilità e dallo stress. Carruthers era il Santa Clause con il mandato più breve in assoluto.

Il Consiglio delle Creature Leggendarie avrebbe potuto sprecarsi a scegliere un candidato più meritevole, tanto per cambiare. Invece avevano preso Kringle che, da quanto aveva capito Jack, doveva essere stato qualcosa di simile a un contabile, e dirigeva il Polo Nord con la stessa pignoleria. A un certo punto aveva avuto la bella idea di restarci quasi secco, perdendo buona parte della sua magia in un incidente. C’era di che ben sperare, si era detto Brina, preparandosi il suo bel discorsetto di condoglianze per l’inconsolabile vedova; se si fosse mostrato comprensivo, forse la donna avrebbe messo una buona parola per lui con i colleghi del Consiglio. E invece, neanche a parlarne! All’ultimo minuto, lo stupido cane di Kringle gli aveva ceduto la sua essenza magica, e quel vecchio ipocrita ciccione era tornato al lavoro come se niente fosse. Ancora una volta, Jack aveva dovuto ingoiare il rospo e tornare al suo noioso, inutile incarico di rappresentanza.

Poi, però, era stata la moglie di Kringle a lasciarci la pelle, quando era caduta in un crepaccio durante una bufera di neve. E la cosa più ridicola era che qualche elfo linguacciuto aveva perfino avuto la faccia tosta di accusare lui! Che colpa ne aveva, se la signora era così fuori di testa da andarsene a passeggiare nel bel mezzo di una tormenta? Kringle, però, non aveva mai dato credito alle calunnie sul suo conto… non aveva mai sospettato… ed era per quello che a Jack in fondo un po’ dispiaceva che non fosse più lui, il boss. Quel tizio era di un’ingenuità disarmante.

Del resto, senza una moglie, la magia di Kringle aveva cominciato ad affievolirsi con lo scadere della Santa Clausola di Matrimonio. Aveva perfino rischiato di finire in manicomio, da qualche parte negli Stati Uniti. E alla fine c’era rimasto secco per davvero, cascando giù dal tetto di quel Calvin. Jack era in prima fila al suo funerale. Era stata dura fingersi compunto e affranto, ma ce l’aveva fatta senza troppi problemi. Solo l’elfo numero uno, Eli, e il numero due, Bernard, l’avevano squadrato con disprezzo per tutto il tempo, anche se lui aveva finto di non accorgersene.

In tutti questi avvicendamenti di personale, mai che al Consiglio delle Creature Leggendarie fosse venuto in mente di dargli uno straccio di possibilità. Nessuno aveva detto “Ehi, perché non facciamo provare Jack?”, o anche “Brina, tu te la sentiresti?”. Niente di niente. Per loro era come se non esistesse nemmeno.

Be’, la vedremo, pensò furente, passandosi una mano fra i capelli di ghiaccio. La vedremo…

Geloso del barbuto, lui? Niente affatto. Gelosia non era una parola abbastanza forte per descrivere quel che provava. Non si avvicinava neppure lontanamente alla portata del suo odio davanti alla faccia rubizza del Santa Clause in carica. Jack Brina era stufo di fare da spalla a una manica di idioti, stufo di vivere nell’ombra, trattato come una nullità. Voleva o sputare addosso a Babbo Natale, ferirlo, farlo scomparire dalla faccia della terra… e qualcosa gli diceva che la figlia del Re dei Goblin era proprio la persona che faceva al caso suo. Se non fosse stato per lei, si sarebbe risparmiato la seccatura di partecipare a quel terribile ricevimento di corte.

La ragazza era scaltra. Dopo aver sondato il terreno con tutte quelle domande sul Consiglio e il lavoro di Jack al Polo Nord, aveva fatto la sua mossa, lasciandosi sfuggire – certamente di proposito – quell’accenno al risentimento del padre per Santa Clause. Bella e pericolosa. Chissà cosa le frullava in quella testolina tanto sexy? A Jack importava di lei solo per i suoi poteri, altrimenti l’avrebbe quasi trovata adorabile. Come un tenero animaletto da compagnia pronto a ucciderti nel sonno.

“Desidero che la figlia del Re dei Goblin venga da me, all’istante!”, proclamò a gran voce, senza rivolgersi a nessuno in particolare.

Per qualche minuto, le sue parole rimasero sospese nella caverna di ghiaccio. Poi, dall’imboccatura di uno dei tunnel che si diramavano in tutte le direzioni, salì un lieve tintinnio. Qualcuno aveva fatto scattare i ghiaccioli che fungevano da campanello d’ingresso.  Jack sorrise malizioso e si avviò da quella parte, dopo aver scoccato un’ultima occhiata di trionfo a quel che restava del manifesto di Santa Clause.

Era fatta. A giudicare dalla velocità con cui si era precipitata alla caverna di ghiaccio, anche la figlia di Jareth doveva essere ansiosa di riprendere il loro discorsetto. Del resto, lui ci sapeva fare con le donne… mortali o Fae che fossero. Perfino qualche elfa gli moriva dietro.

Ma quando arrivò all’ingresso della caverna, non trovò nessuna traccia di Trisha. Ad aspettarlo c’era solo Bernard, il folletto numero due.

“E tu che ci fai qui?”, chiese Jack, senza riuscire a nascondere la sorpresa.

Bernard fece una smorfia.

“Chi ti aspettavi? Il Consiglio al gran completo?”

Piccolo insolente… Jack provò l’impulso feroce di spalancare un crepaccio sotto i suoi piedi e scaraventarcelo dentro. Invece si limitò ad alzare le spalle, con un sorrisetto sarcastico.

“No, pensavo piuttosto alla responsabile biondina del reparto corrispondenza… sai, l’ho invitata a Gstaad, a vedere la mia collezione di ghiaccioli. Com’è che si chiama? Phoebe, no?”

Bernard arrossì e lo fulminò con gli occhi. Aveva un debole per la bella folletta postina… come molti altri, del resto.

“Lasciamo Phoebe fuori da questa storia, se non ti dispiace!”, ringhiò.

“Come vuoi, Bernie. Dì un po’, non sarai mica geloso?”, lo stuzzicò Jack, sogghignando. “E’ così, vero? Oooh, che cosa dolce! Se l’avessi saputo prima, mi sarei fatto da parte…”

“Brina, sono qui per questioni di lavoro. Sempre ammesso che ti ricordi cosa significa, la parola lavoro!”

“Forse me lo ricorderei meglio, se avessi un incarico più impegnativo!”, sbottò Jack.

“Perfetto, allora ti accontento subito”, replicò secco Bernard. “C’è da sistemare il Grande Ghiacciolo, l’ultima slavina ha aperto una crepa mostruosa sul soffitto… e come al solito sappiamo chi ringraziare per questo contrattempo”, aggiunse, sbuffando.

“Ce l’hai con me? Guarda che io non mi sono nemmeno avvicinato alla caverna del Grande Ghiacciolo! Ero fuori per…” Si trattenne a stento dal gettargli in faccia la verità; mentre loro sgobbavano agli ordini di Calvin, lui si intratteneva con l’aristocrazia. Ma Bernard sarebbe andato subito a spifferare tutto a Eli, il folletto numero uno. Ed Eli avrebbe informato Calvin, che invece doveva restare all’oscuro delle sue macchinazioni. Almeno per il momento. “… per certi miei affari personali. E comunque, siamo al Polo Nord. Posso ricordarti che da queste parti le slavine sono all’ordine del giorno?”

“Be’, in ogni caso, il soffitto della caverna va riparato”, tagliò corto Bernard. “Hai quarantotto ore, Brina.”

“Una crepa sul soffitto? Ma per chi mi avete preso, per un muratore?”, sibilò Jack.

“Ritieniti fortunato che il Consiglio ti affidi un incarico del genere, con tutte le infrazioni che hai commesso!” lo rimbeccò aspramente Bernard, incrociando le braccia sul petto magro. “Se fosse dipeso da me…”

“Lo so, lo so. Tu avresti preferito che mi esiliassero”, sogghignò Brina. “Dev’essere frustrante non avere voce in capitolo, vero, Bernie? Non è prevista una sanzione per i sottoposti che criticano un membro del Consiglio? Be’, dovrebbe esserci.”

Sembrava che Bernard stesse per esplodere.

“Sta’ a sentire, Brina, se credi di minacciarmi…”

“Minacciarti? Io?” Jack si finse scandalizzato alla sola idea. “Ma come ti saltano in testa certe idee, Bernie?”

“E non chiamarmi Bernie!”

“Come ti pare”, sbuffò Jack, alzando gli occhi al cielo. “Senti, ora ho delle faccende da sbrigare. Mi faccio vivo io con il Consiglio, appena ho cinque minuti per risolvere quella faccenda della crepa sul soffitto.”

Bernard spostò il peso del corpo da un piede all’altro.

“Niente scherzi, Brina, intesi? Sai quant’è importante per noi il Grande Ghiacciolo.”

“Lo so, lo so…!”

“Tanto ci saranno anche Madre Natura e Padre Tempo, a controllare che vada tutto bene.”

Be’… quello era veramente offensivo. Cosa credevano, i suoi cari colleghi del Consiglio? Che avesse ancora bisogno di baby-sitter?

“Posso sistemare una crepa sul soffitto anche da solo”, sibilò, stringendo i pugni. “Non mi serve l’aiuto di…”

“Forse non hai capito”, lo interruppe freddamente Bernard. “Il Consiglio non si fida di te, Brina. Mandano qualcuno per sorvegliarti, non per aiutarti.”

Gli occhi di Jack scintillarono minacciosi. La collera e la gelosia che aveva faticosamente represso lo investirono con la furia di una tormenta di neve. Lentamente, raddrizzò le spalle e si avvicinò al folletto. Bernard faceva parte di quelli che aveva soprannominato “manovali troppo cresciuti”; Jack era poco più alto di lui, ma poterlo guardare con aria di superiorità anche solo per cinque centimetri scarsi era comunque una bella soddisfazione.

“Non si fidano?”, ripeté, in un sussurro gelido come l’inverno stesso. “E il Grande Capo, cosa pensa di tutta questa storia? Non mi sembra che abbia mai avuto da ridire sul mio conto, no?”

“Santa Clause non ti conosce ancora”, rispose Bernard, in tono di sfida.

“Oh, perché tu invece sì?”

“Sappiamo a che gioco stai giocando, Brina. L’incidente della signora Kringle. Lo strato di ghiaccio sul tetto della casa di Scott Calvin…”

“Cosa vorresti insinuare? Che sono stato io a far cadere Kringle da quel tetto?” Jack scoppiò a ridere.  “E allora spiegami perché l’avrei fatto, quando so benissimo come funziona la Santa Clausola! Non ti sei mai soffermato a pensare che, se davvero fossi stato io, come minimo mi sarei portato via il costume prima che quel mortale potesse metterci le mani sopra?”

Prima che Bernard potesse rispondere, una piccola ombra scura si insinuò nella caverna, attorcigliandosi attorno alle sue caviglie. Era un gatto nero, dal mantello liscio e lucido.

“Dannazione! Brina, tienimelo lontano!”, guaì il folletto, balzando indietro. “Sono allergico ai gatti!”

“E io cosa posso farci?”, replicò Jack. “Non so da dove sia sbucato, questo gatto. Non l’ho mai visto prima d’ora.”

Il gatto lasciò vagare i suoi occhi verdi da Jack a Bernard, e annuì con il muso. Poi, in un baleno, abbandonò le fattezze feline e si tramutò in Trisha.

Era accaduto tutto così in fretta che perfino Brina rimase spiazzato dalla sua improvvisa comparsa. Quanto a Bernard, sembrava sul punto di svenire.

“Hai la memoria corta, signore dei ghiacci”, disse Trisha, ammiccando all’indirizzo di Jack. Quindi si voltò verso Bernard, sorrise e gli spostò un ciuffo ribelle dal viso. Ma nei suoi occhi non c’era ombra di dolcezza. Lo fissava con un’intensità quasi famelica, come se fosse stata ancora un gatto e lui un canarino in trappola. “Davvero sei allergico? E’ un vero peccato.”

“Sua Altezza!” Il povero Bernard scattò maldestramente sull’attenti, rosso in viso. “Sono mortificato! Non sapevo che avesse in programma di visitare il Polo Nord, altrimenti avrei organizzato un comitato di benvenuto per…”

Lei lo zittì con un gesto imperioso, e Jack si sorprese a guardarla con un nuovo, ammirato rispetto. Ci voleva classe per far abbassare la cresta a un folletto saccente come il vecchio Bernie. Forse l’aveva giudicata troppo in fretta, dopotutto.

“Lascia stare, Brian, non sono qui in veste ufficiale”, disse Trisha. Poi esitò, aggrottando la fronte. “Oppure il tuo nome è Brent?”

“Ehm, no. Veramente mi chiamo Bernard”, rispose lui, e incenerì con lo sguardo Jack, che rideva silenziosamente sotto i baffi.

Trisha sogghignò.

“Sì, sì, come ti pare. Comunque dovresti fare qualcosa per quell’allergia, sai? E sarebbe anche il caso che ti facessi vedere più spesso a corte.” A giudicare dal tono, sembrava più un ordine che una richiesta. Bernard fece un passo indietro, visibilmente atterrito. Era difficile capire se lo spaventasse di più l’idea di contrariarla o di obbedirle.

“Ma sua Altezza, io non… il mio incarico non prevede…”

“Bernard è il folletto numero due di Santa Clause”, spiegò Jack, sfoderando un sorriso odioso. “Il braccio destro del braccio destro. La riserva, in altre parole…”

“Per tua informazione, faccia di brina, sono stato promosso a folletto numero uno già da un anno!”, sibilò Bernard.

“Tu?” Jack lo guardò come se stesse scherzando. “Non ne sapevo niente. Eli che fine ha fatto?”

“Se n’è andato dopo che Kringle… lo sai”, rispose Bernard, con una smorfia amara.

Ovvio; di tutti i Santa Clause, Kringle era quello con cui il vecchio Eli aveva legato di più.

Jack faticò a nascondere la sua irritazione. Era davvero troppo. Adesso perfino i folletti facevano carriera, mentre lui – lui, una Creatura Leggendaria! – non aveva nemmeno diritto a una singola, insignificante festività in suo onore!

Si accorse che Trisha lo stava fissando. Per un attimo, ebbe l’impressione di scorgere un sorriso segreto nei suoi occhi cangianti.

“Santa vi permette di disertare?”, intervenne la Fae, alzando un sopracciglio. “Piuttosto... inusitata, come pratica. Ma immagino che un mortale non capisca mai davvero come funzionano le cose nell’Underground. Anche per mia madre non è facile.”

Bernard fece per ribattere, ma poi ci ripensò. Evidentemente non moriva dalla voglia di attirare su di sé l’attenzione di Trisha. Lei però se ne rese conto, perché afferrò la mano di Brina e la strinse spasmodicamente, come per trattenersi dal ridere.

Ahia, pensò l’araldo invernale, guardandola di traverso.

“Ora sparisci, Brandon“, tagliò corto lei. “Che so, vai a costruire doni per i piccoli mortali. Prepara dei dolci. Qualunque stupida cosa facciate in quel luogo. Ah, e non disturbarti a portare i miei saluti a Santa. Lo incontrerò personalmente, prima o poi.” Sorrise di nuovo, con quella sfumatura beffarda che faceva pensare a un predatore. “E gli dirò che ti voglio nella Città di Goblin, una volta o l’altra.”

Bernard strabuzzò gli occhi, inorridito.

“M-m-ma S-S-Sua Altezza… i-i-io n-n-non… n-non…”, balbettò con voce strozzata.

“Be’? Non l’hai sentita? Marsh!”, gli ordinò seccamente Brina, battendo le mani.

Il folletto barcollò all’indietro, evitando per un pelo di perdere l’equilibrio e sfracellarsi giù da un crepaccio insidioso che si apriva accanto alla caverna. Jack capì che non aveva il coraggio di voltare le spalle alla figlia del Re dei Goblin. Continuò ad arretrare finché uno dei suoi piedi non sfiorò la superficie scivolosa del ponte di ghiaccio; a quel punto ruotò su sé stesso e schizzò via come una lepre delle nevi. Una lepre delle nevi inseguita da mille lupi inferociti.

Incapace di trattenersi oltre, Trisha scoppiò a ridere di cuore.

“Ottimo lavoro, Principessa!”, si congratulò Jack. “Davvero, quell’entrata in scena è stata qualcosa di spettacolare. E il modo come lo hai umiliato…”

“Hai visto la faccia che ha fatto?”, farfugliò lei, tenendosi un fianco dal gran ridere. “Alla fine si è perfino messo a chiocciare come na gallina! Per tutti i goblin, è ancora talmente un ragazzino… “

“Non riesco a credere che ora sia lui, l’elfo numero uno Voglio dire… basta guardarlo per capire che non è tagliato per quel ruolo.”

“Certo, lui non è come te.” Trisha sorrise e sbatté le ciglia con aria civettuola. “Non mi fai entrare in casa, signore dei ghiacci?”

“Ma certo… prego, da questa parte”, esclamò Jack, facendole strada lungo un tunnel scavato nella roccia.
 
La caverna assomigliava un po’ a un labirinto di cunicoli che si diramavano in tutte le direzioni. I passi dei due Fae riecheggiavano sordi attorno a loro, rimbalzando contro le pareti di ghiaccio.

“Sbaglio o il pavimento sta salendo?”, chiese Trisha a un tratto.

“Sì, diciamo che ho fatto alcune modifiche alla struttura originale”, ammise Jack. “Mi piace permettermi qualche comodità.”

“Alla faccia delle comodità!”, replicò lei, ridendo. “Ma quanto è grande, esattamente, questo posto?”

“Be’, più o meno copre due terzi del ghiacciaio. Ho dovuto allargare un po’ il parcheggio e il canile – sai, i lupi hanno avuto una cucciolata l’inverno scorso e adesso quelli di un anno incominciano a litigare con gli altri. Eccoci, questo è il salotto per gli ospiti”, disse Jack, e la precedette in un’enorme stanza scavata nel ghiaccio. Al centro c’era un imponente pianoforte a coda, e due eleganti poltrone dorate circondavano un tavolino pure di ghiaccio. “Ti posso offrire qualcosa? Un ghiacciolo, una granita?”

“No, grazie”, rispose Trisha, lasciando vagare lo sguardo sulle pareti scintillanti. “Allora è qui che vivi…”

Jack le rivolse un sorriso smagliante.

“Generalmente sì, anche se è solo una delle mie proprietà. Una volta qui ci abitava mia madre, è stata lei a lasciarmi la caverna. Ma ho anche dei possedimenti in altri ghiacciai. Perito Moreno, il Kilimangiaro…”

“Anche Arendelle, nell’Underground?”

“No. Lì ci abitano alcuni miei cugini. Ma hanno un po’ allentato i rapporti con mia madre, quindi non ci sentiamo molto”, rispose Jack, con una smorfia. “E poi ho un ghiacciaio per le vacanze a Gstaad, in Svizzera…”

“Svizzera”, ripeté Trisha, che si era avvicinata al pianoforte per studiarlo meglio. “Non è lontana dall’Italia, no? Allora è lì che hai conosciuto la ragazzetta dell’Aboveground? Beniamina?”

“E questa cosa sarebbe, principessa? Gelosia?”, sogghignò Jack.

“Gelosia? Di una mortale? Ma figurati!” Trisha rise, scuotendo i capelli scuri. Poi si voltò di scatto e puntò un lungo dito sottile contro il poster di Santa Clause, infilzato di ghiaccioli. Trionfante, lanciò un sorriso di scherno a Jack. “No, vedi… direi piuttosto che questa è gelosia, Brina.”
  
  
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