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Autore: lapoetastra    25/10/2015    0 recensioni
Le fronde vicino a lui si smossero rapidamente, lasciando intravedere la figura imperiosa del nuovo venuto.
Yutaka trattenne il respiro, sconvolto.
Alto, slanciato, dal viso angelico ma freddo come la notte ed i lunghi capelli neri pettinati accuratamente all’indietro, non poteva essere altri che
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il ragazzo guarda il fratellino adagiato nel letto, e sente il cuore stringersi, a quella vista.
Gli si avvicina con passo malfermo, e si siede accanto a lui, prendendogli piano la piccola mano tra le proprie.
La sua pelle pallida è bollente.
Il bimbo trema, nonostante stia sudando a causa della febbre altissima, ed ha gli occhi chiusi, ma è sveglio.
< Ken… >, invoca il maggiore, pronunciando il suo nome con dolcezza, piano, come se stesse davvero dormendo.
Il malato spalanca di colpo gli occhioni dolcissimi ed altrettanto lucidi.
< Sei qui >, mormora in risposta, sorridendo appena.
Il più grande ricambia, faticando a non piangere.
< Certo, Ken, ovvio che sono qui. Non ti lascio, fratellino, non preoccuparti. >
Il minore sembra felice, adesso.
Dura solo un attimo.
Poi il suo respiro si fa ansante, e roco, e tremendamente doloroso.
Il maggiore gli stringe forte la mano tremante, senza più preoccuparsi di nascondere le lacrime che ormai gli rigano copiosamente il volto affilato.
< Ken, ti prego, ti prego, resta qui >, lo supplica con disperazione, come se potesse in tal modo impedirgli di andare in un luogo dove non può raggiungerlo.
Ma Ken è sordo alle sue implorazioni.
Ken muore.
Non è riuscito a salvarlo.
 
 
Camminare.
Questo era l’unico pensiero di Yutaka Seto, maschio numero 12.
Camminare per sopravvivere.
Sembrava quasi il titolo di un film, no?
Ma questa non era finzione, e se morivi… se morivi morivi davvero, non c’era altro da fare.
Il ragazzino stringeva forte davanti a sé la pistola che aveva trovato nella propria sacca nera, ma ora il suo peso stava diventando  un fardello insopportabile.
Voleva solo andare a casa, tornare dai suoi genitori che troppo spesso aveva trattato ingiustamente male, per abbracciarli, stringerli forte, e chiedere loro scusa per tutte le volte in cui aveva alzato la voce solo perché magari aveva avuto una brutta giornata a scuola.
Ora desiderava unicamente essere nella sua stanzetta accogliente, al caldo, a leggere uno dei suoi romanzi preferiti.
Al sicuro.
Invece no, era lì, in mezzo al nulla assoluto per partecipare a quell’assurdo gioco che aveva in palio molto più di una stupida e banale medaglia.
Yutaka camminava, cercando di non sentire la stanchezza che gli divorava le esili gambe, e di non lasciarsi sopraffare dalla paura, che già aveva iniziato ad opprimergli il cuore.
Doveva trovare qualcuno, qualcuno di fidato, qualcuno di amico, per unirsi a lui ed avere in tal modo maggiori probabilità di sopravvivenza.
Shinji era l’ideale, con la sua straordinaria intelligenza che tante volte, a scuola, lo aveva fatto sentire uno stupido, ed oltretutto era anche il suo migliore amico.
Un rumore di rami spezzati lo fece sussultare, distogliendolo dalle riflessioni che stavano prendendo piede nella sua mente.
Con mani tremanti e malferme, strinse più forte la pistola di fronte al proprio minuscolo petto.
Terrorizzato come non mai, si ripeteva di stare calmo: non tutti i suoi compagni di classe partecipavano a quello stramaledetto gioco.
Magari colui che stava arrivando era bravo e si sarebbe unito a lui, forse si trattava dello stesso Shinji, non si poteva dire.
Le fronde vicino a lui si smossero rapidamente, lasciando intravedere la figura imperiosa del nuovo venuto.
Yutaka trattenne il respiro, sconvolto.
Alto, slanciato, dal viso angelico ma freddo come la notte ed i lunghi capelli neri pettinati accuratamente all’indietro, non poteva essere altri che Kazuo Kiriyama, maschio numero 6, il ragazzo più cattivo ed insensibile della scuola media che entrambi frequentavano.
Ed ora egli aveva un mitra in mano, che faceva sfigurare la sua piccola ed inutile pistola da quattro soldi.
Sicuramente, non c’era neanche da chiederselo, Kazuo partecipava al gioco, e probabilmente aveva già ucciso più di una persona, a giudicare dagli scoppiettii veloci ed in rapida successione che avevano sferzato l’aria immobile dell’isola solo poche ore prima.
Yutaka era convinto che sarebbe morto anche lui, come gli altri, ed il tremore dettato dalla paura cocente aveva ormai raggiunto un livello d’intensità tale che la pistola gli cadde dalle mani, lasciandolo completamente esposto al nemico.
Kazuo sorrise.
Era la prima volta che Yutaka vedeva le sue labbra sottili curvarsi all’insù in quel modo, e per un attimo non poter evitare di rimanerne abbagliato.
Kiriyama, intanto, continuava a ghignare.
Seto chiuse gli occhi, preparandosi ad udire il colpo dello sparo ed a sentire il freddo metallo della pallottola lacerargli la carne.
Quel colpo non arrivò mai.
Kazuo aveva abbassato il mitra, e nonostante non sorridesse più lo fissava con un’espressione strana: dolce, rassicurante. Non da lui.
Yutaka, a quello sguardo, percepì la cortina di terrore che gli dominava il cuore sciogliersi d’improvviso, e per la prima volta dall’inizio del gioco, si sentì al sicuro.
Al sicuro con il bullo numero uno della sua scuola. Se lo avesse saputo solo un’ora prima non ci avrebbe assolutamente creduto.
< Avevo un fratello >, mormorò d’improvviso Kazuo, piano, quasi parlando a se stesso.
Seto sussultò.
< Ah.. ah sì? >, balbettò, incerto per quella rivelazione.
Kiriyama abbassò gli occhi, di nuovo con quel sorriso delicato sulle labbra sottili, perso tra i propri pensieri.
< Sì. E tu me lo ricordi molto, sai? Sembri proprio lui. >
Il cuore di Yutaka fu invaso dalla tenerezza, e non poté evitare di sorridere a sua volta.
< Non lo sapevo, Kazuo >, rispose dolcemente.
L’altro lo fissò con intensità.
< Ti va se facciamo squadra, io e te? >, gli propose dunque. < Io… io ti proteggerò come non sono riuscito a fare con… con lui, e ti salverò la vita. Te lo giuro. >
Yutaka non credeva alle proprie orecchie, eppure la gioia e l’emozione che provava erano indescrivibili.
< D’accordo, per me va benissimo! >, esclamò, al culmine della felicità.
Kazuo annuì piano, illuminandosi.
< Perfetto. Ed ora non so tu, ma io ho proprio bisogno di dormire un po’ >, sussurrò poi.
< Sì, anche io sono davvero stanco >, rispose Yutaka, sistemando il pesante borsone nero sul terreno erboso. < Non ti preoccupare, farò io il primo turno di guardia. >
< Va bene, ti ringrazio. Svegliami tra un’ora che ti do il cambio.  >
Così dicendo, Kazuo si accoccolò su se stesso e chiuse gli occhi.
< Buonanotte, Ken >, mormorò, prima di lasciarsi avvolgere dalle spire del sonno.
Yutaka sorrise, a sentirsi chiamare così.
E ringraziò mentalmente il fratello di Kazuo che, anche se inconsapevolmente, gli aveva appena salvato la vita.
 
   
 
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