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Autore: _IcePotter    25/10/2015    5 recensioni
Kendall Schmidt ha diciotto anni e nessuna intenzione di innamorarsi. Come ogni ragazzo della sua età che si rispetti però, anche lui ha bisogno di qualcuno che sia disposto ad andare a letto con lui ogni volta che ne ha voglia. Logan Henderson è tutto ciò che ha sempre cercato. È disponibile a qualsiasi giorno e a qualsiasi orario e si è rassegnato alla regola del Niente sentimenti. Carlos Pena si trova nel bel mezzo di uno strano triangolo amoroso: Kendall, il suo orgoglio e Logan. James Maslow vive una relazione complicata: la sua ragazza è la sorella di uno dei suoi migliori amici.
Da qualche tempo, Kendall sente qualcosa di stupido, lì, proprio dove sta il petto. È strano, ma sente la strana necessità di passare più tempo possibile con Logan, per conoscerlo un po’ meglio. Quando parla di queste cose a Carlos, l’amico gli propone una scommessa: avrà a disposizione una settimana per fare quello che vuole con Logan, senza però portarselo a letto. Kendall accetta senza nemmeno pensarci. Del resto, si dice, è impossibile che si stia innamorando.
***
Kogan|Long-fic|Accenni di CarlosxAlexa|JamesxSorpresa
Alle mie #Rushers. Vi voglio bene!
Per motivi personali, il terzo capitolo sarà online dopo il 23!
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Kendall, Logan, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Till the night ends

Like a Cannonball
Kendall si era passato una mano sugli occhi, sospirando stancamente. Era in palestra da almeno due ore, durante le quali non aveva fatto altro che prendere a pugni un sacco da boxe per cercare di sfogare la sua rabbia. Non aveva risolto poi tanto, dato che la sua rabbia era ancora tutta là, con l’aggiunta della patina di sudore che rivestiva la sa pelle aumentando la sua irritazione. La sua mente era offuscata e i suoi pensieri si rincorrevano senza sosta e senza seguire alcun filo logico.
-Fanculo- aveva detto, tirando l’ennesimo punto con la mano destra, coperta da uno spesso guantone nero. Nella sua testa si stava ripetendo per l’ennesima volta la litigata avuta con James e Ciara, seguita da un sacco di insulti coloriti rivolti a qualcuno di non ben definito.
-Bevi, ne hai bisogno- aveva detto una voce alle sue spalle. Si era voltato giusto in tempo per vedere Logan incespicare verso di lui, con le gambe strette in un paio di jeans chiari e una felpa con il cappuccio alzato che gli copriva gli occhi. Kendall lo aveva guardato per un attimo, mentre la sua testa pensava a quanto cavolo gli donassero quei pantaloni, prima di ricordarsi della scommessa con Carlos. Il pensiero di quella scommessa non faceva altro che andarsi a sommare a tutte le altre preoccupazioni che avevano fatto sì che passasse le ore precedenti alla palestra a rigirarsi nel letto, senza riuscire a trovare pace.
L’altro ragazzo lo aveva osservato per un lungo istante –occhi marroni contro occhi verdi e un milione di brividi nella pancia di Kendall che lo facevano sentire tremendamente a disagio- prima di lanciargli qualcosa di non ben definito che fino a quel momento aveva tenuto nelle tasche della felpa. Colto alla sprovvista, il biondo aveva cercato malamente di afferrare l’oggetto, che era scivolato lungo il pavimento per poi tornare ai piedi del moro.
Il più alto a quel punto si era passato stancamente un guanto sugli occhi, con fare sconsolato. Si era poi poggiato malamente contro il muro, senza preoccuparsi che qualcuno potesse vederlo in quelle condizioni. Era tardi e per di più la palestra era vuota, fatta eccezione per loro due. Normalmente la cosa non gli sarebbe dispiaciuta affatto, ma in quel momento avrebbe soltanto voluto restare da solo, in un posto dove né Logan né i suoi pensieri potessero raggiungerlo. Si era sfilato con poca grazia i guantoni, mentre l’altro prendeva posto vicino a lui. Kendall percepiva distintamente il sudore che si cristallizzava sulla sua pelle ed era certo di avere un aspetto orribile in quel momento. Senza contare che beh, il suo odore probabilmente sarebbe stato sufficiente a stendere una massa di orsi.
Logan lo aveva guardato e con il suo solito modo di fare –tranquillo, sempre così dannatamente rilassato e da Logan- che lui gli invidiava maledettamente, gli aveva passato di nuovo la bottiglietta. Il biondo l’aveva afferrata avidamente e con voracità ne aveva trangugiato metà del contenuto in pochi secondi. Quando aveva staccato le labbra dal collo della bottiglia, aveva il fiato corto.
-Come facevi a sapere che ero qui?- aveva chiesto poi al ragazzo al suo fianco.
-Non lo sapevo. O almeno, non con certezza. Semplicemente mi sono ricordato che una volta mi avevi detto che venivi qui già da piccolo, quando sentivi il bisogno di sfogarti. Hai il fisico troppo allenato per essere uno che passa le giornate sul divano come vuol farmi credere, quindi ho pensato che ti fossi limitato a mantenere le vecchie abitudini.
Il moro gli aveva rivolto un sorriso sghembo e un’occhiata furba. Davvero gli aveva raccontato di quella cosa? Doveva essere particolarmente stanco, perché non se ne ricordava. E di nuovo nell’arco di poco tempo lo aveva sfiorato il pensiero che lui e Logan fossero semplicemente troppo. Non era normale sapere così tante cose di una persona, non era normale cercarla alle undici di sera perché non la si è vista in giro per un solo giorno, non era normale ricordarsi un dettaglio così stupido tra dettagli e parole stupide che scorrono veloci le une sulle altre, cancellando ciò che è stato detto prima.
-Mh- gli aveva risposto, giusto per dire qualcosa. Si era poi spostato un po’, giusto per mettersi sdraiato sul pavimento. Improvvisamente la stanchezza lo aveva colpito e per un attimo era stato sfiorato dal pensiero di sdraiarsi su quel pavimento e di dormire per una settimana. Purtroppo la sua schiena non era della sua stessa opinione.
L’unico rumore che giungeva alle sue orecchie era quello del ticchettare dei tasti del computer di Lucy, la ragazza che stava al bancone e di una lampadina che probabilmente era sul punto di fulminarsi. Per un attimo, Kendall era stato sfiorato dal pensiero che Logan se ne fosse andato. Quindi era stato colto di sorpresa quando il ragazzo gli aveva sfiorato il braccio con la mano, alzandosi.
-Dai, ti accompagno a casa- gli aveva detto, facendogli un cenno con il capo anche se lui non poteva vederlo.
-Non ho bisogno della balia- aveva risposto con tono acido il biondo.
-Non ho mai detto questo. Ma hai bisogno di dormire, a giudicare dalle tue occhiaie. E hai anche bisogno di mangiare, quindi muovi il culo e alzati dal pavimento.
-Tu pensi che io sia una persona orribile? Che io sia come mio padre?- gli aveva chiesto, ignorando le precedenti parole del moro.
-Cosa? No, perché mai dovrei pensare una cosa del genere?- aveva domandato Logan con tono sconvolto. Dopo appena qualche secondo aveva sentito un tonfo leggero, segno che il ragazzo si era di nuovo accomodato al suo fianco.
-Beh, sai per la storia di James e Ciara- aveva sussurrato con tono vago, sollevando il capo quel tanto che bastava per fare un cenno con la testa verso il vuoto davanti a se. Logan gli aveva rivolto uno sguardo rapido, che però non era il tipo di sguardo che Kendall si sarebbe aspettato da lui in quella situazione. Non c’era pietà nel suo sguardo, né compassione per il povero ragazzo che si sente in colpa. C’era tranquillità e soprattutto tanto affetto –era affetto, solo affetto; e anche se fosse stato altro, i nomi servono soltanto a complicare le cose- e qualcos’altro che non riusciva bene ad identificare.
-Non sei come tuo padre Kendall. Non sei un mostro, se è questo ciò che pensi. So di essere di parte, ma posso dire con certezza che sei una persona stupenda. Magari non con tutti e magari non lo dimostri sempre, ma io so che lo sei. Vuoi bene a tua sorella e vuoi bene James. La tua reazione è stata dettata dalla sorpresa e dalla rabbia, nulla di più. Loro non ce l’hanno con te, né pensano che tu sia colpevole di qualcosa. Essere stati vittime di qualcosa di sbagliato non ci rende sbagliati. E tu non lo sei. Guardami- aveva detto, sollevandogli il viso con delicatezza fino a far incontrare i loro occhi- Non sei come tuo padre. Non commetteresti i suoi stessi errori, d’accordo?
Kendall lo aveva guardato e qualcosa all’interno della sua testa e del suo cuore era irrimediabilmente cambiato. In quel momento non vedeva più soltanto Logan, il ragazzo con cui faceva sesso e che con il tempo era diventato la cosa più simile ad un fidanzato che lui avesse mai avuto, no. Vedeva solo Logan e vedere solo Logan per lui era la cosa migliore al mondo. Improvvisamente aveva sentito i suoi occhi diventare lucidi e, prima che potesse far qualcosa, le prime lacrime avevano cominciato a rigargli le guance. Il moro lo aveva guardato con tenerezza, come si fa con un bambino, prima di chinarsi e baciargli via ciascuna lacrima.
-Va tutto bene- gli aveva sussurrato piano, accarezzandogli le guance- va tutto bene, Kendall. Va tutto bene.
E nonostante stesse cercando con tutto sé stesso di trattenersi, il biondo non era riuscito ad impedirsi di baciarlo piano, con dolcezza e con disperazione al tempo stesso. Si era poi lasciato andare contro il suo petto e Logan aveva semplicemente deciso di stargli accanto in silenzio. Ogni tanto continuava a sussurrargli qualche frase contro l’orecchio, con tono lento e dolce, ma per lo più si limitava ad accarezzargli la schiena con affetto, come a ricordargli che lui era lì e che sarebbe rimasto fino a quando sarebbe stato Kendall a volerlo.
Il biondo non aveva un bel rapporto con la notte. La trovava troppo buia e fredda, troppo in contrasto con la sua personalità allegra e frizzante. Non riusciva mai ad addormentarsi prima delle due, anche se magari il giorno dopo aveva una lezione o un esame importante. Stranamente però, le braccia di Logan sapevano di casa. Erano calde e lui avrebbe passato tutta la vita a farsi accarezzare in quel modo, senza mai avere bisogno di altro.
Aveva chiuso delicatamente le palpebre, permettendo al suo corpo di rilassarsi ancora di più contro quello dell’altro.
-Va tutto bene Kendall. Va tutto bene- aveva sentito sussurrare, prima di addormentarsi profondamente senza che strani incubi venissero a fargli visita per ricordargli del suo passato o degli errori che aveva commesso.
***

Logan aveva sorriso, mentre osservava Kendall che dormiva con espressione tranquilla. Alla fine, dopo che l’altro era praticamente crollato fra le sue braccia, se lo era caricato in spalla e lo aveva riportato nel suo appartamento, dove in quel momento stava dormendo. Aveva una strana espressione, a metà tra il sorridente e l’imbronciato, che secondo lui lo faceva sembrare buffissimo. Continuando a sorridere, si era chiuso la porta della camera da letto alle spalle, mentre con passo felpato si avviava verso la cucina.
Gli faceva male vederlo in quelle condizioni, nonostante tutto. Capiva perfettamente che per lui il padre era un’ombra presente nella sua vita in maniera costante, ma gli sarebbe piaciuto che riuscisse a vivere senza l’assillante pensiero di paragonarsi a lui di continuo. Logan non conosceva suo padre per conoscenza diretta, ma ne aveva sentito parlare e poteva affermare con certezza che lui e il figlio fossero persone completamente differenti. Nonostante spesso Kendall decideva di non dimostrarlo, lui era una persona sensibile. E che aveva decisamente sofferto troppo. Era premuroso, si preoccupava sempre dei suoi familiari e di tutti i suoi amici. Certo, non era esattamente un mago in campo sentimentale e più in generale nel controllare le emozioni, ma alla fine a quello ci si abituava. E in ogni caso, Logan sapeva che la sua era soltanto una difesa. Feriva per non essere ferito e non era poi così sbagliato come modo di pensare.
Era un mondo troppo crudele per persone come lui, si era detto, accendendo l’interruttore della luce e versandosi un bicchiere d’acqua.
Nonostante tutto, non riusciva a fare a meno di sentirsi un po’ ridicolo. Non importava come, quando o dove, ma ormai era chiaro a tutto il mondo che, se mai Kendall avesse avuto bisogno di lui, Logan sarebbe corso a cercarlo anche in capo al mondo. E non sapeva se a fargli male era l’idea che l’altro non avrebbe mai fatto lo stesso per lui o che magari l’avrebbe fatto continuando a negare i reali motivi che quel gesto avrebbe comportato.
Forse aveva ragione Carlos, quando i primi tempi della loro “relazione” –se così la si potrebbe chiamare- a dirgli che uno di loro due sarebbe rimasto irrimediabilmente scottato. Logan aveva spento la luce e a tentoni si era poggiato su una delle sedie posizionate attorno al tavolo che si trovava al centro della stanza. L’orologio digitale del forno si era illuminato, segnando la mezzanotte.
Kendall non lo avrebbe mai saputo, ma era stato esattamente un anno prima che la sua rovina aveva avuto inizio. Ricordava fin troppo bene quella notte. Non era riuscito a dormire per niente, fino a quando verso le tre aveva preso il telefono e aveva chiamato Carlos. Non appena l’amico aveva risposto –probabilmente pronto a lanciargli qualche insulto o maledizione in chissà quale lingua- Logan lo aveva bloccato con quelle parole che avrebbero condizionato il suo modo di agire per molto tempo.
-Carlos, mi sono innamorato- aveva detto al vuoto, proprio come aveva fatto un anno prima. Aveva lasciato che una singola lacrima gli scorresse lungo la guancia, prima di asciugarla con grinta e di dirigersi verso il divano.
“E tanti auguri a me” si era detto, prima di crollare in un sonno agitato.
***

Nemmeno Ciara quella notte era riuscita a dormire. Quando era tornata a casa aveva finto che andasse tutto bene, aveva cenato e poi si era chiusa in camera sua. Soltanto dopo essersi accertata che tutti dormissero, aveva scavalcato la finestra per andare nell’unico posto al mondo dove si sentisse davvero tranquilla: la casetta sull’albero che aveva costruito da bambina. Si era arrampicata con facilità lungo la scaletta di corda ormai semi-distrutta che portava alla costruzione e grazie alle sue gambe snelle dopo pochi minuti si era ritrovata seduta sulle assi di legno che avevano caratterizzato la sua infanzia.
Per essere soltanto una casetta di legno, Ciara ne andava terribilmente orgogliosa. Era piena di ricordi suoi e di suoi fratello, come loro foto da bambini o alcuni disegni ormai ingialliti che risalivano a molto tempo prima. La ragazza li aveva osservati alla luce della luna, con aria nostalgica. La casetta non era composta che da una stanza, con una porta e due finestre. Non era molto grande, né particolarmente alta, ma lei riusciva ancora a starci senza urtare nulla. Al centro della stanza c’era un piccolo tavolino con due sedie, sotto le quali vi era scritto il nome suo e quello del fratello con i pennarelli indelebili. Oltre a questo, c’era una vecchia borsa che Ciara teneva lì per tutte quelle volte in cui sentiva il bisogno di restare da sola e che conteneva semplicemente un paio di auricolari, qualche schifezza da mangiare e da bere e un album da disegno insieme ad alcune matite.
Il disegno era una delle sue tante passioni e da piccola diceva sempre che sarebbe diventata una grande artista e che avrebbe girato il mondo alla ricerca di ispirazione. Aveva sorriso malinconicamente, mentre apriva l’album e iniziava a sfogliarlo. C’erano in tutto una decina di disegni, fatti in occasioni diverse, ma collegati più meno ad una sola persona. Si era messa gli auricolari e aveva fatto partire la riproduzione casuale, mentre sfogliava i vari disegni. La prima canzone che le sue orecchie avevano sentito era stata “Give Your Heart a Break”. Aveva sorriso amaramente, mentre con la punta delle dita accarezzava il primo disegno dell’album. Rappresentava un cappuccino e una ciambella, con uno sfondo grigio come i tavoli della caffetteria della loro città. Sotto al disegno, a piè di pagina c’era un piccolo appunto: la sua firma e la data del disegno accompagnati da una J e da un piccolo cuoricino. Ricordava bene quando, pochi mesi addietro, era corsa con entusiasmo in quello stesso posto, mentre i momenti del suo primo appuntamento con James non facevano che ripetersi senza sosta nella sua testa. Aveva disegnato quasi senza rendersene conto, con la mano che si muoveva sul foglio rapida quanto il flusso dei suoi pensieri. Quando aveva finito aveva osservato il suo lavoro con un sorriso, dicendo che lo avrebbe conservato per sempre e che magari un giorno lo avrebbe mostrato ai suoi figli per fargli capire che tipo di adolescente era stata oppure le emozioni che aveva provato e che erano semplicemente troppo grandi per essere espresse per mezzo delle parole.
Era andata avanti, trattenendo a stento le lacrime. Il secondo disegno rappresentava due mani che si stringevano su un prato. Lo aveva fatto non appena tornata dal loro secondo appuntamento, dove lui le aveva preso la mano e le aveva detto che pensava fosse bellissima. Anche lì c’erano degli appunti oltre a nome, firma e data. Questa volta aveva disegnato una farfalla, perché fin da piccola aveva sentito parlare delle farfalle nello stomaco ed era certa che si trattasse della stessa sensazione che aveva provato lei durante quell’uscita.
Era andata avanti ancora per un po’, mentre la luna cominciava a scendere e la canzoni nelle sue orecchie cambiavano rapidamente. Arrivata all’ultimo disegno si era fermata. Aveva gettato uno sguardo all’orologio, che le diceva che erano già le quattro del mattino. Aveva sospirato stancamente, stranamente per nulla assonnata, lei che fin da piccola dormiva non appena se ne presentava l’occasione.
Aveva iniziato a fare quel disegno appena due giorni prima, quando si era ritrovata a non far nulla e a lasciare che i suoi pensieri vagassero liberi in tutte le direzioni possibili. Aveva preso l’album e in fretta e furia si era messa a lavorare. Dopo appena una mezz’ora però, la madre l’aveva richiamata dicendole che la cena era pronta e lei si era ritrovata a dover interrompere il suo lavoro. Il disegno avrebbe dovuto rappresentare due giovani che si scambiavano un bacio tenero, ma appassionato. Ciara aveva scosso la testa candidamente, mentre un singhiozzo le sfuggiva dalla gola e riecheggiava nella notte. Aveva poggiato la testa contro il muro, mentre lasciava che tutte le lacrime che non aveva pianto sulla strada di casa potessero uscire in quel momento. Quando si era sfogata abbastanza, si era asciugata i residui di lacrime con il dorso della mano e aveva preso in mano la matita che aveva usato per quel disegno. Nonostante il pianto aveva ancora la mano piuttosto ferma, quindi aveva preso a tracciare linee sempre più nitide che si univano e si snodavano in mille modi diversi. Soltanto dopo alcune ore, quando il sole stava timidamente iniziando a spuntare nel cielo, si era concessa di fermarsi. Alla fine, il disegno completo aveva tutta un’altra sfumatura. Lui era fatto con colori chiari e sembrava un candido angelo, mentre lei era disegnata di scuro, con un’unica, bianca lacrima che le scendeva lungo la guancia. Sopra aveva aggiunto la parola “Promise”, scritta però con mano incerta e tremolante. Quella parola stonava però con il disegno, come una nota in più in una tranquilla canzone di musica classica.
Ciara aveva lasciato andare la matita, mentre lasciava che il dolore e la stanchezza avessero la meglio su di lei e crollava in un sonno profondo e senza sogni.
***

Carlos invece, era l’unico che stava dormendo tranquillamente. Quella sera si era fermato a casa di Alexa e in quel momento entrambi stavano sonnecchiando sul letto della ragazza. Il latino non avrebbe saputo spiegare quanto fosse cambiata la sua vita da quando stava con lei, né in che modo. L’unica cosa che sapeva era che quella ragazza meravigliosa gli aveva sconvolto la vita e ancora oggi non faceva che chiedersi cosa avesse fatto per meritarsi una creatura così meravigliosa al suo fianco. Non solo Alexa riusciva a capirlo come nessuno altro al mondo, ma erano anche due anime affini, due sognatori che volevano cambiare il mondo con la forza dell’amore. Insieme era come se fossero invincibili, niente poteva abbatterli.
In quel momento, Carlos aveva la testa poggiata sullo stomaco di lei, perché mentre parlavano di qualcosa di stupido entrambi erano crollati senza neppure cambiarsi o mettersi in una posizione più comoda. Per la prima volta, il ragazzo aveva raccontato a qualcuno della situazione di Logan e Kendall e di quella di James e Ciara. Non solo Alexa non aveva fatto domande e non l’aveva preso per pazzo, mi si era offerta di dargli una mano a far aprire gli occhi a quei quattro, aggiungendo che non doveva aver paura di parlare con lei, perché sarebbe rimasta dalla sua parte sempre e comunque. Carlos aveva sorriso, chinandosi a baciarle le labbra.
-Comunque- aveva detto la biondina –secondo me James si è soltanto spaventato. Immagina il tuo migliore amico che ti salta al collo dicendoti un sacco di cose che magari non pensa, ma che sa che ti faranno sentire uno schifo. Secondo me avrà pensato di essere un mostro e di non meritarsi una persona come lei, che ai suoi occhi deve essere tremendamente bella e innocente. Ha avuto paura di aver obbligato Ciara a fare qualcosa, che lei si sia messa insieme a lui per paura o perché era convinta di dovergli qualcosa, mentre in realtà lei lo ama.
-Ti amo- aveva detto Carlos, all’improvviso. Lei si era girata, sorridendogli.
-Anche io- gli aveva risposto candidamente –Ma questo cosa c’entra con James e Ciara?- aveva chiesto con una risatina. Il latino aveva alzato le spalle, prima di attirarla in un abbraccio.
-Che ne pensi di Kendall e Logan, invece?- le aveva chiesto, posandole un leggero bacio sulla spalla prima di posizionarsi nuovamente sullo stomaco della ragazza.
-Trovo che anche Kendall sia –passami il termine- un idiota. Con tutto quello che ha passato è più che normale avere paura, ma non per questo può impedirsi di vivere la più bella esperienza della sua vita. Se non si da una svegliata lo rimpiangerà per sempre, secondo me. Alla fin fine Logan non resterà ad aspettarlo per tutta la vita. Si farà una ragione di tutta la storia e andrà avanti. E soltanto vedendolo felice con qualcun altro Kendall capirà ciò che ha perso per paura di tentare- aveva esalato con un sospiro, mentre Carlos chiudeva gli occhi per cercare di auto-convincersi che quella non fosse la verità.
***

James invece non aveva dormito affatto. Le occhiaie sulla sua faccia erano testimoni del fatto che non era riuscito a metabolizzare del tutto ciò che era successo.
L’aveva lasciata.
Lo aveva fatto per davvero.
Che cazzo aveva che non andava in quel momento?
Niente, si era detto con forza. Aveva soltanto fatto la cosa giusta per lei, che era ancora una ragazza giovane e che aveva tutta la vita davanti. E lui allora? Lei forse sarebbe andata avanti, trovandosi un altro ragazzo, magari della sua età e alla sua altezza, ma lui? Come avrebbe fatto ad andare avanti senza di lei? A chi avrebbe cantato canzoni stupide nel bel mezzo della notte, nonostante sapeva che il girono dopo si sarebbe beccato le occhiatacce dei vicini? Chi gli avrebbe sorriso non appena lo vedeva, come se fosse la cosa più bella del mondo? Faceva male pensarlo, ma Ciara era l’unica persona in grado di fare tutte quelle cose nel modo giusto. E sì, forse si sarebbe innamorato di nuovo, forse di qualcuno di più adatto, ma non di qualcuno di più giusto. Perché l’unica cosa giusta che c’era nella sua vita l’aveva persa e la colpa era soltanto sua.
Ciara sarebbe rimasta. Per lui. Sarebbe andata contro suo fratello, contro la sua famiglia, contro tutto il mondo. Solo per lui. Aveva trattenuto la voglia di prendere a testate il muro e si era limitato a prendere la sua chitarra e a suonare malinconicamente le note di “We’ve Got Tonight” mentre lasciava che le lacrime si impossessassero del suo corpo, cercando di far uscire quel senso di colpa dilaniante che non lasciava in pace da quando Ciara era uscita da quella casa, lasciandoselo alle spalle.
Si era fermato soltanto quando i singhiozzi si erano fatti troppo forti e le mani avevano iniziato a tremargli così tanto che non sarebbe mai riuscito ad azzeccare due note consecutive. Si era accasciato stancamente sul letto, lasciando che anche le ultime lacrime gli colassero sul collo e sparissero sotto la maglietta rovinata che si era messo soltanto perché aveva addosso l’odore dolce di Ciara.
Patetico, gli aveva detto una voce che somigliava tremendamente a quella di Kendall. Kendall, santo cielo. Non sarebbe mai più riuscito a guardarlo in faccia senza ricordarsi di tutta quella storia. Ma che cazzo aveva combinato? Per un attimo si era chiesto che cosa lo avesse spinto a comportarsi in quel modo. La risposta lo aveva colpito immediatamente. Non era una semplice cotta, probabilmente non lo era mai stato. Era amore, che cazzo.
James aveva tirato un pugno contro la parete, sentendo immediatamente un familiare dolore alle nocche. Aveva soffocato un urlo contro il cuscino, mentre il dolore diventava semplicemente troppo per essere affrontato. Un altro singhiozzo aveva scosso il suo corpo, ma era un pianto diverso da quelli degli ultimi mesi. Era un pianto triste. Un pianto solo. Un pianto fatto da solo. Come probabilmente sarebbe stato da quel momento in poi.
Aveva sentito qualcosa nel suo petto spezzarsi inesorabilmente. Poi, l’oscurità lo aveva avvolto, strappandolo con violenza da quella realtà fin troppo orrida per i suoi gusti.

 
 
N.d.A. (Non datele ascolto!)
Okay, non faccio delle Note Autrice dalla notte dei tempi, quindi penso sia arrivato il momento di aggiornarvi su un paio di cose.
Inizialmente la fanfiction doveva avere massimo sette/otto capitoli, ma mi sono resa conto che potrebbe anche averne qualcuno in più. Ora, chi ha letto lo scorso capitolo ha visto che aveva scritto nel titolo 'Parte 1', ma mentre scrivevo mi sono effettivamente resa conto che questo era un capitolo a sé, pieno quasi esclusivamente di riflessioni tra l'altro. Inoltre, nello scorso capitolo avrete notato che ho inserito alcuni nomi e alcuni eventi che non ho effettivamente scritto o spiegato, lo so. Ma praticamente il prossimo capitolo sarà costituito da vari flashback e riflessioni, quindi tutte queste cose verranno spiegate. Mi scuso per aver fatto sembrare di aver abbandonato la storia, ma davvero ho avuto dei problemi personali e l'ispirazione era totalmente sparita.
Che altro dire? Ringrazio le sei -SEI!- persone che hanno recensito lo scorso capitolo e che mi hanno aiutata ad andare avanti e a scrivere questo. Ringrazio Hoon, che si meriterebbe una medaglia o qualcosa del genere, perché mi supporta e mi sopporta ogni giorno. Infine ringrazio C, per essere l'amica migliore che si possa desiderare al mondo. Uh, per quanto riguarda il fatto che dovrei correggere alcuni errori e altri dettagli che non quadrano molto nella ff, vi giuro che sto iniziando a lavorarci, quindi se notate qualche incongruenza cercherò di aggiustarla il prima possibile.
Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui, siete meravigliosi.
Un bacio,
-Ice <3
PS: Passate a dare un'occhiata alla mia ultima OS sui Kogan? Mi farebbe davvero tanto piacere!
PPS: Qualcuna di voi andrà a vedere Kendall a Palermo? Ditemi che non sono l'unica, vi prego! 
   
 
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