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Autore: ale93    25/10/2015    6 recensioni
Castiel incrocia le mani sotto il mento e fissa il tubetto che Sam ha lasciato davanti a lui. E’ una pomata per contusioni.
(Fic coda dell'episodio 11x03 | Destiel)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessuna stagione
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Miles to go

 

Saw you today after so much time, felt just like it used to be:
talking for hours 'bout a different life, surrounded us in memories.
We were close, never close enough… where are we now?
(James Bay, If you ever want to be in love)



 

Castiel si sistema meglio contro lo schienale della sedia e stringe con più forza la sua tazza di tè.

Del vapore a scaldargli i palmi ed il viso, mentre dall’altro capo del tavolo Sam solleva per un paio di secondi lo sguardo dallo schermo del suo laptop e sorride imbarazzato. “Non devi berlo per forza…”
Scuote piano la testa e torna a fissare il liquido scuro. “No, non devo, ma credo che lo berrò comunque.”

Un sorso titubante e i muscoli contratti e ancora dolenti della sua schiena e delle sue braccia si rilassano all’istante.

Bere qualcosa di caldo è ciò che faceva solo qualche tempo fa, quando al Gas n Sip il freddo si faceva troppo rigido da sopportare. Quel calore lo faceva sentire al sicuro per qualche momento, il tempo di due o tre sorsi, e tanto bastava a proteggersi da tutto il silenzio.

Un flebile “grazie” gli sfugge prima che possa rendersi conto d’aver parlato davvero.
“Non è niente, Cas.”

Il sorriso di Sam è affezionato e luminoso. E Castiel crede che quello sia il miglior tè che berrà mai nella sua bizzarra esistenza.

La camera è quieta, immersa nella luce fioca d’una lampada; il ronzio del laptop fa da rumore di fondo.
Di tanto in tanto Sam si aggira per la stanza, armeggia in qualche cassetto. Nessuno dei due avverte la necessità di riempire di parole la fine della giornata. Dean, in passato, lo avrebbe fatto.

Ma solo qualche minuto fa ha sbadigliato senza coprirsi la bocca, ha strofinato la mano sulla fronte, biascicando una “buonanotte”, e si è rintanato nella sua stanza. Castiel si chiede se non volesse solo evitare di discutere.

Si chiede se la parte più cupa di Dean prenda il sopravvento di notte, come lui stesso ha sperimentato negli anni, e crede che forse quel tè caldo fosse utile più a Dean che a lui.

Pensa al suo viso gonfio e livido e così pieno di senso di colpa. Pensa a quanto sia ingiusto il suo modo di punirsi ancora e ancora, senza mai darsi tregua.

Con le dita si ritrova a percorre il margine del quaderno pieno di appunti sulla ricerca di auto e persone e avvenimenti che Dean ha scritto per lui, mentre l’ultimo sorso caldo di tè gli scalda la gola.

Con la punta dell’indice ricalca la calligrafia minuta, scorre le brevi note a margine. (Nel mio computer come nella mia macchina: ascolta la musica in playlist e apprezzala come Sam non ha mai imparato a fare, e più in basso il web è pieno di strade oscure. E tu non prenderle. Non con il mio laptop.)

Questo, vorrebbe dirgli, questo è ciò che lo rende Dean Winchester: le costellazioni di piccole cose che nessun altro avrebbe mai pensato di fare per un angelo del Signore ammaccato, con le ali sgualcite e non molto potere nelle mani.

Questo è ciò che lo distingue dall’essere che lo ha picchiato nel Bunker. Questa è la persona che Castiel vorrebbe guarire.

E Dean, semplicemente, si rifiuterebbe di ascoltare.

Una mano sulla sua spalla lo scuote. Solleva lo sguardo per trovare Sam in piedi accanto alla sua sedia.
“Buonanotte, Cas,” sta dicendo, mentre posa qualcosa sul tavolo, “dovresti andare anche tu.”

Sam sparisce lungo il corridoio buio, mentre il computer si spegne con un bip.

Castiel incrocia le mani sotto il mento e fissa il tubetto che Sam ha lasciato davanti a lui. E’ una pomata per contusioni. Se la rigira tra le dita per qualche secondo, prima di alzarsi e lasciare la stanza. Il messaggio è arrivato forte e chiaro: parla con lui.

 

*

 

Bussare alla sua porta socchiusa è più difficile di quanto si aspettasse.

Sa che Dean taglierà corto su qualsiasi discorso che superi la barriera sicura del superficiale. Sa che non gli permetterà di dire ciò che Castiel vorrebbe. E in un attimo, con il pugno sollevato a mezz’aria, Castiel scopre di aver paura di quel rifiuto.

“Cas, sai che posso vederti, giusto?” Il sussurro divertito di Dean lo raggiunge a malapena. Castiel schiude la porta, la pomata nascosta tra il pugno e la manica del trench coat, e i piedi più pesanti di quanto non lo siano mai stati.

Dean è sdraiato sulle coperte del suo letto. Le gambe incrociate, le braccia dietro la testa e due auricolari nelle orecchie. E’ ancora vestito. E le sue palpebre sono così pesanti e così livide che lo stomaco di Castiel si torce.                                 

E’ sbagliato. Il suo viso gonfio e tumefatto è sbagliato. Il fatto che Dean si trovi in quello stato per colpa sua e voglia rimanerci è sbagliato.

Ma probabilmente non avere la possibilità di fare ammenda per i suoi errori è il prezzo da pagare per chi continua a peccare. Ferire la persona a cui non vorresti fare del male neppure per errore è la punizione per chi sceglie e continuerà a scegliere come e per chi cadere tutte le volte che sarà necessario.

Dean si mette a sedere e indica lo spazio vuoto accanto a lui sul materasso. “Qualcosa non va?”
Castiel copre con cinque passi la distanza che li separa, sedendosi più lontano di quanto vorrebbe, più vicino di quanto sia mai stato, e in un sospiro dice “sì”.
“Okay,” annuisce Dean, studiandolo lentamente. “che succede?”
“Lascia che ti aiuti” mormora. Quando solleva lo sguardo su di lui, i suoi occhi si stringono.
“No.” Dean solleva il mento e indurisce la mascella.
“Dean.” Castiel abbassa lo sguardo sulle sue mani e rigira il tubetto di plastica tra le dita, in modo che Dean possa vederlo. “Permettimi di fare questa cosa.”

Il suo sguardo vacilla, si perde, Castiel vede i suoi occhi abbassarsi, sente il suo respiro farsi più pesante.
“Non puoi semplicemente lasciar perdere?”

Castiel si volta verso di lui senza guardarlo, non vuole più vedere il rimorso che gli curva le spalle. Avvicina la fronte alla sua, ne sente il calore, mentre già prende tra le dita il medicamento. “No. Non posso.”

*

“Ti faccio male?” Sfiora le zone contuse -la tempia destra, lo zigomo, un punto appena sotto l’orecchio- cercando di non premere sui suoi lividi. Sotto il suo tocco Dean è quasi immobile. Castiel avverte il suo respiro contro il dorso della mano.

“Non importa,” esala Dean, stringendo la bocca in una linea sottile quando le dita di Castiel si muovono sulla pelle troppo sensibile.
“Importa a me.”
“Non dovrebbe.”

La verità è che vorrebbe impiegarci più tempo possibile. Vorrebbe prendersi tutta la notte, se possibile, per imparare con la memoria delle mani i lineamenti di Dean. Vorrebbe tentare d’infondergli con ogni tocco la convinzione che non è il mostro sotto il letto. Non è il mostro che crede di essere.
Vorrebbe spendere tutto il tempo necessario fingendo di poterlo curare in questo modo semplice, di poter sanare le sue ferite.

“Non sarai tu ad impedirmelo.” 

Quando con l’indice sfiora la pelle appena sopra il suo labbro superiore, la mano di Castiel trema. Non vuole riaprire il taglio. Dean si lascia sfuggire una risata breve e amara.

“Cosa?”
“Smettila di fare tante storie. Non mi rompo mica, Cas,” mormora, guardando un punto oltre la spalla di Castiel.

Ci mette qualche secondo in più per allontanare le dita dal viso di Dean. E quando lo fa sente la sua mano vuota e inutile. Avverte gli occhi di Dean su di sé, mentre risponde a denti stretti “lo fai. E ti sforzi di fingere che non sia necessario rimettere insieme i pezzi.”

Guarda le mani di Dean stringersi in due pugni, il colorito lasciare le sue nocche. “Cas-”

 

C’è tanto di sbagliato in quello che hanno vissuto, nella strada che hanno percorso inseguendo la cosa giusta da fare. C’è di sbagliato che hanno perso gran parte delle loro battaglie e quelle che hanno vinto li hanno lasciati distrutti. Ma se c’è una cosa giusta, è condividere il peso di tutto quell’orrore.
Allunga una mano su quella di Dean e la stringe appena.

“Lascia che ti aiuti a rimettere insieme quei pezzi.”

 

Guarda Dean deglutire con fatica tutte le parole che non è in grado di pronunciare, lo vede chiudere gli occhi, abbassare il mento sul suo petto. 
Le sue dita rispondono alla stretta di Castiel.

“Devi restare, per farlo. Se proprio ci tieni.”

Castiel sente la sua bocca tendersi in un sorriso appena accennato. “E’ quello che si fa in famiglia,” risponde, guardandolo a lungo negli occhi.
La dita di Dean si stringono più forte attorno alle sue in un gesto così veloce, che Castiel crede di averlo immaginato. 

“Sono felice di vederti di nuovo, Cas. Intendo, sai, senza-”
“Anche io, Dean. Anche io.”

   
 
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