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Autore: _sonder    26/10/2015    2 recensioni
Itachi e Kisame dividono la stanza in un luogo sperduto, qualche giorno prima del confronto finale con Sasuke. E la pioggia, che lava e deforma i paesaggi, porta a galla colpe e boia.
Nulla è gratuito in questo basso mondo. Tutto si sconta, il bene come il male presto o tardi si paga. Ed il bene è necessariamente molto più caro.” - Louis-Ferdinand Céline, Semmelweis
| Storia partecipante al ‘The Uchiha Tarots’ contest indetto da bridgetvonblanche sul forum di EFP. |
[KisaIta] [Dedicato a Michan per il suo compleanno]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Itachi, Kisame Hoshigaki, Mikoto Uchiha, Sasuke Uchiha
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Naruto Shippuuden
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Nickname autore (su efp e sul forum): _sonder - _Sonder
Titolo: Vinti dalla pioggia
Rating: Arancione
Uchiha protagonista: Itachi Uchiha
Tarocco/pacchetto scelto: L'Eremita
Citazione scelta: Frase 1, “Nulla è gratuito in questo basso mondo. Tutto si sconta, il bene come il male presto o tardi si paga. Ed il bene è necessariamente molto più caro.” (Louis-Ferdinand Céline, Semmelweis)
Introduzione: Itachi e Kisame dividono la stanza in un luogo sperduto, qualche giorno prima del confronto finale con Sasuke. E la pioggia, che lava e deforma i paesaggi, porta a galla colpe e boia.
Nulla è gratuito in questo basso mondo. Tutto si sconta, il bene come il male presto o tardi si paga. Ed il bene è necessariamente molto più caro.” (Louis-Ferdinand Céline, Semmelweis)
Storia partecipante al ‘The Uchiha Tarots’ contest indetto da bridgetvonblanche sul forum di EFP .
Eventuali avvertimenti: Missing Moments, Tematiche delicate
Eventuali note: Formattazione dei dialoghi Einaudi; termini stranieri, riferiti a oggetti e non presenti nei dizionari italiani, sono in corsivo per favorire il passaggio dalla nostra lingua a quella madre delle parole.
La frase-citazione è stata reinterpretata e non inserita così com’era nel testo.
Kisame chiede a Itachi implicitamente se sia sicuro della sua scelta (riguardante il confronto con Sasuke).
KisaIta appena accennato /established relationship, relazione implicita/; rapporti: Mikoto-Itachi e Itachi-baby!Sasuke.
Il racconto si sviluppa su due piani narrativi: passato e presente a incastro.
Il tematiche delicate è riferito alla pratica delle kunoichi, donne molto spesso madri e mogli, addestrate nella realtà a usare persino i propri cari come scudo o esca. Nonostante gran parte dell'azione sia off-screen, ho preferito lasciare l'avvertimento, perché una madre che utilizza la propria carne - almeno, da come intuisce Itachi, quelli sono madre/figlio, visto che a noi non è dato saperlo - non è esattamente un modello da seguire.

Questa oneshot è nata come regalo per il compleanno della sore, Michan, che cade proprio oggi. Visto che è un'estimatrice del pairing, come me, le dedico questo sgorbietto e le faccio tanti auguri di buon e felice compleanno. ♥ Con la speranza di ruolare presto questi due. *w*




Vinti dalla pioggia
Il bene è necessariamente più caro.

Pioggia che scorre sui pannelli di carta; pioggia che batte sulle tegole e sugli alberi: la vita le implora pietà, mentre il cielo rovescia da una bocca gonfia di nembi. Risponde il rombo di un tuono e lo scroscio fitto di tanti rigagnoli; la terra muta i suoi tratti e sui pochi viandanti scorrono nuovi capelli.

Gocce d'acqua saltellano e agitano le pozze limacciose, cambiando il volto dei sentieri: ricordano tua madre e la sua voce d'argento, così semplice e preziosa, la sola in grado di smuovere il viso di pietra di Fugaku. L'uomo arido ha al suo fianco una compagna viva come un torrente, dice un proverbio degli anziani; non puoi negare che lei sia rimasta al fianco del marito sino all'ultimo. Immagini i tuoi genitori ancora l'uno sull'altra: il sangue si fa melma, la putrescenza chiama un nugolo di mosche e tu, ritto fra loro, riponi la lama e il peso delle colpe.

Ti sollevi e apri gli occhi: dalla garza ruvida non raccapezzi l'ambiente e la mano tasta il buio, a tentoni. Senti il bendaggio che gratta la pelle e un odore di ferro a ogni respiro.

Vorresti appoggiarti all'udito e svelare forme e presenze nella stanza: dalle ombre impareresti come sopravvivere, ma è il cedimento del fisico a travolgerti. Malato e indifeso come tanti che hai visto tremare: deglutisci la verità in unico boccone amaro.

— Sei sveglio?

Una voce fende l'aria: lontana, sembra risalire la corrente e raggiungerti; t'invita a risponderle e si ritrae nel silenzio, come un'onda pronta a risucchiarti nel suo abbraccio.

— Non capisco, Itachi-san. Sei sicuro della tua scelta?

Kisame si muove a passi cadenzati: tonfo dopo tonfo, ti è accanto e si curva verso il tuo viso; un gesto ruvido scansa le ciocche più lunghe dei capelli corvini. Dirigi il naso verso quel tono familiare, che tradisce irrequietezza e fiuta i tuoi malanni. Accenni a un sì con il capo e presti attenzione al rovescio, allo stormire violento delle foglie. Pensi alla vita che è barbarie e rinuncia; il sorriso di tua madre affiora così alla memoria, carico di affetto e d'ingenua aspettativa: sei il suo primogenito, sei la sua vita che scorre libera dal vincolo della carne.





— Itachi, vieni.

La curva sinuosa dei capelli abbraccia il corpo di Mikoto: la rende morbida e dolce nell'aspetto, nel colorito un po' più acceso, ora che è diventata mamma per la seconda volta. Le sue dita si piegano verso il basso e ti chiedono di avvicinarti alla culla sospesa, su cui si allarga un leggero tendaggio: un ventaglio che protegge il neonato.

— Perché non saluti tuo fratello?

Obbedisci in silenzio e gli occhi, dal viso pieno e sereno di tua madre, si posano sul fagotto fasciato di bende e coperte. Le dita tradiscono il timore di fargli del male, di contaminarlo con la corruzione che hai conosciuto: nel tuo mondo, nel mondo che dividi con i famigliari, serpeggia il male; e come tutti i concetti, di cui si riempiono la bocca gli adulti, esso ha le sembianze di un uomo.

— Sasuke, — dici, con estrema lentezza, pronunciando il nome in un sussurro carico di affetto. Non riesci a gestire quest'improvvisa sensazione di appartenenza, capace di appannare il giudizio e il bisogno di tornare agli allenamenti, di acquisire maggiore forza. Nella rigidità che ti è stata insegnata, c'è spazio per una crepa: ti sgretola, sa ridurti il cuore in misera polvere. L'emozione resta a traboccare dalle iridi appena addolcite, un po' socchiuse, a causa del naso arricciato. Annusi l'aria e avverti l'odore pregno del latte, il tepore del corpicino cosparso di talco. Chini il volto su di lui ed è solo Mikoto a notare i solchi sulla tua pelle distendersi e accogliere la vita con la spensieratezza che dovrebbe spettare alla tua età. Ride: è così strano sentirla tanto vivace, quando in casa vostra dominano silenzio e disciplina; la lealtà vi soffoca e distorce il vostro piccolo ghetto. Guardi Mikoto sorpreso, il tempo che basta a Sasuke di catturare un ciuffo di capelli nella sua manina paffuta.





La pioggia porta in dono fantasmi di donna, epoche che appaiono così distanti da essere rievocate come se a viverle fossero stati altri da se stessi. Il respiro si accorcia e il sudore imita quest'acqua sporca, pronta a seppellire il mondo e i suoi vizi. Nel fango si agitano i corpi annegati dei cari, riversi a terra con le labbra spalancate e gli occhi rovesciati: hanno conosciuto il sacrificio e la morte, la lama nel tuo pugno. Hanno pagato la loro vanità, nel bene e nel male e sono periti sotto i colpi del mostro che hanno creato.

— Bevi.

La voce di Kisame s'incastra fra i suoi denti aguzzi e le parole escono parche, fatte di carne maciullata e di quella foga predatrice che lo possiede. Sbuffa e il suo fiato t'investe: impastato di riso e di pesce grigliato; non ti sorprende che divori i suoi simili... dopotutto, tu hai sterminato un intero clan. Non ti soffermi a riflettere nemmeno sulle ragioni che vi dividono: nell'oscurità, non siete che ombre più lorde delle altre.

Percepisci la mano di Kisame allungarsi verso il tuo corpo, ingorda e pronta ad afferrarti: la blocchi, scorrendo le dita sul palmo calloso e freddo. La sua pelle di squalo ti punge le dita e dona un brivido, capace di rizzare qualche pelo sparuto; le tue labbra sanno nascondere lo stupore nella loro linea sottile, dietro un'apparente calma.

— Smettila, — sibili a denti stretti. Una risata sguaiata ti dà l'impressione che Kisame abbia scoperto le gengive: supponi che la sua bocca, tesa come una mezzaluna, stia rilucendo nella notte, pronta a mordere. Ha un sorriso su cui imperversa la tagliola dei denti e i tuoi occhi, tanto offuscati dalla malattia, ne soppesano la ferocia. Kisame ti osserva, le iridi piccole e illuminate dal desiderio. Cede all'istinto e si avvicina al profilo del tuo orecchio.

— A che pensi?

Assapora la tua debolezza sulla punta della lingua; ne è quasi divertito. Per lui è un passatempo fanciullesco, che morirà alla prossima alba, come ogni cosa che maneggia e, inevitabilmente, distrugge. Strattoni il braccio e la tazza di tè bollente si rovescia e annacqua il futon. Resti in silenzio, il cuore che pulsa: un nervo scoperto t'impone di aggrottare la fronte. Le unghie, smaltate di nero, s'insinuano nella carne d'animale di Kisame.

— Puzzi di sangue, — gli concedi.

Ti ha solleticato per ore: quell'odore che aveva già imbrattato le tue membra in passato, le scie danzanti attorno alle lame durante la fanciullezza...
Kisame emette un verso d'approvazione: è eccitato dal tuo acume, perché sai leggerlo senza l'ausilio della vista.
Ti scivola addosso il peso di un altro cadavere: oramai sono numeri privi di volto, tutti gettati nella stessa fossa. Sconti la pena vivendo: attendi il momento in cui la piccola mano, che tratteneva una tua ciocca di capelli, si allunghi per attentare alla vita e sottrartela.
Stavolta, sei tu a sorridere e Kisame si tira indietro; inspira e cerca risposte dal suo olfatto, bramoso di cogliere i tuoi pensieri.

— Chi hai ucciso?

Non c'è reale interesse nella tua domanda; cogli il vagito di un neonato all'esterno: trafigge lo spazio e nel floscio grondare d'acqua ti penetra nelle orecchie.

— Spazzatura.

Kisame taglia corto e il tono piomba a terra, annoiato dalla piega della conversazione.

— Desiderava intascare una taglia. Forse era veramente suo, quel marmocchio.

Ascolti il corpo che fruscia sul tatami e si sistema accanto a te.

— Diluvia, — conclude, con una certa rassegnazione sulle labbra.





— Chissà dove sono mamma e papà a quest'ora...

Culli Sasuke fra le braccia: è tondo come le polpette di riso che tua madre è tanto in gamba a preparare. Ha i capelli folti della vostra famiglia e, per fortuna, un viso più gentile del tuo e di Fugaku. Quando sorride beato per le smorfie più sciocche, vedi in lui i lineamenti di vostra madre e quella gentilezza goffa che a volte tenta di mostrarsi meno permissiva.





Tossisci sangue e i ricordi si schiacciano sulla carne, la bagnano come acqua piovana. Kisame resta in silenzio, lo senti respirare e il suono roco sembra raschiarti la gola; il petto sfugge al tuo controllo e cede allo spasmo di un nuovo colpo di tosse.

Il vagito del neonato ti formicola sulla pelle e non si scrolla di dosso: come il ricordo di tua madre, di Sasuke, si avvinghia al collo e scava rughe nel tuo volto. La vita è crudele e spesso ne hai tenuto le redini: hai reciso i fili che legavano qualche ostacolo a questo mondo e ti sei immerso nella sua bassezza. A peso morto, sei crollato nella tua stessa farsa e l'hai calzata. Dell'amore di tua madre, resta solo la raccomandazione di badare al fratello che hai ingannato, l'orgoglio di averti partorito e cresciuto...

La notte è fredda e la terra si accartoccia, si gonfia d'acqua: è il ventre di una donna incinta. Giureresti che la luna stia nascondendo la faccia di Sasuke e tutto il suo odio che cambia e lo trasforma quanto quello spicchio d'argento nel cielo.





— Proteggi Sasuke.

La richiesta giunge in un pomeriggio di allenamenti e sudore attaccato alla maglia con il simbolo del clan. Sei pacato quando ti volti e incroci gli occhi di Mikoto. Non rispondi, ma le arrivi accanto e prendi la cesta del bucato e con uno sguardo interrogativo le domandi dove posarla. Mikoto incrocia le braccia al petto e s'imbroncia. Ti lascia un buffetto sulla fronte e indica un angolo del giardino, oltre l'engawa.





È mattino quando Kisame sfila le tue bende e il suo tocco ti lascia addosso la fragranza salmastra del mare. Senti le guance bagnate dalla freschezza di un'onda; eppure, addosso, hai ancora l'odore del sangue, che la pioggia non lava via.

Tracanni la medicina e il sapore che ti riempie la bocca è l'essenza stessa della condizione umana: un aborto continuo dei sentimenti, la disfatta dei legami e i peccati commessi in nome di un'unica illusione, l'amore.

Barcolli alla vista della luce. Kisame carezza Samehada, mummificata dalle sue garze. Hanno entrambi fame e i tuoi sensi colgono la loro indole, mai sazia di carne e chakra. Avanzi, sotto la pioggia battente, consapevole di subire le percosse dell'acqua e lo scotto di un mondo che ti giudica, pur di avere salva la faccia.

Kisame calpesta il corpo della kunoichi che ha ucciso.

— Era qui.

Dalle sue parole percepisci l'inconsistenza dell'affermazione: è una frase che si disperde nel vento, fine a se stessa. Con gli occhi, Kisame sta già esaminando la fossa in cui gettarla. Lo vedi tendere la gamba, pronto a calciare il grembo squartato, ma è di nuovo il pianto del neonato a fermarti: fra le braccia della morta, il bambino piange la madre perduta.





— Ve ne occuperete voi.

Kisame curva le spalle e aguzza la vista sulla coppia di sposi: la lingua punta un dente e schiocca, mentre misura la debolezza del maschio che stringe la femmina; stabilisce che non è di suo interesse e alza lo sguardo al cielo. La pioggia è un conato continuo e indigesto.

Lo sharingan s'insinua nelle menti dei coniugi e le piega all'obbedienza; il neonato smette di piangere.

Ti accorgi che il sangue ti riga il volto: che tu agisca in nome del bene, che tu agisca in nome del male, nulla è gratuito in questo mondo; stai pagando per un crimine, stai pagando per quelle dita tozze che cercavano di trattenerti.

Due figure se ne vanno nella pioggia e chiunque sia il boia, chiunque sia la vittima, l'acqua continua a cadere e annega quelli che non sanno rialzarsi. E presto, ti sussurra il battito nel petto, potrai riposare e crollare nel fango: senza rimpianto alcuno, abbandonato a queste gocce che ti porteranno lontano.

  
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