Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: ferao15    26/10/2015    3 recensioni
"In molti mi hanno consigliato di scrivere un diario per sfogarmi, per poter esprimere emozioni che non siano rabbia e per scrivere parole che non contengano insulti ogni volta che mi si rivolge una domanda personale. [...]
[...] Eppure il solo pensare di poter aprirmi con qualcuno mi fa star male, perché mi costringerebbe a trovare le parole adatte, mi si costringerebbe a pensare a lui.
Per questo ho deciso di scrivere questo diario, almeno così eviterò di spaccare la faccia a Jeager, a Conny o a Sasha a causa della loro dannata, e fottutamente grande, boccaccia."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Letter to a hero ( almost ) forgotten

In molti mi hanno consigliato di scrivere un diario per sfogarmi, per poter esprimere emozioni che non siano rabbia e per scrivere parole che non contengano insulti ogni volta che mi si rivolge una domanda personale.
Anche un semplice “Come stai?” è ormai diventato come una dichiarazione di guerra.
Come dovrei stare secondo voi?
So che dovrei parlarne con qualcuno, so che dovrei confidarmi con qualcuno della mia squadra, addirittura qualcuno mi ha consigliato di parlare con Jaeger, tanto nessuno gli avrebbe creduto se solo avesse osato pensare di spifferare qualcosa in merito ad una possibile nostra chiacchierata.
Eppure il solo pensare di poter aprirmi con qualcuno mi fa star male, perché mi costringerebbe a trovare le parole adatte, mi si costringerebbe a pensare a lui.
Per questo ho deciso di scrivere questo diario, almeno così eviterò di spaccare la faccia a Jeagar, a Conny o a Sasha a causa della loro dannata, e fottutamente grande, boccaccia.
Quei piccoli bastardi fanno anche domande scomode, sembrano addirittura delle persone attente ai dettagli.
“Perché prima di ogni battaglia sfiori con le labbra l’impugnatura delle spade della manovra 3D?”
“Perché eviti sempre di andare a recuperare i cadaveri dei compagni caduti?”
“Perché quando fa freddo non vai a dormire ma stringi le spalle e guardi il cielo?”
Perché, luridissimi bastardi ed impiccioni, voglio cercare di sentire il suo calore.
Perché ho paura di scorgere di nuovo il suo volto tra i cadaveri.
Perché quelle sono le impugnature che lui toccò prima di morire.
Sappiate che vi osservo, so che mi guardate con compassione quando sono sovrappensiero.
So cosa pensate.
So che avete capito perché dopo ogni spedizione sono sempre più irascibile del solito.
So anche perché alcuni di voi mi guardano preoccupati ogni volta che mi vedono da solo o che mi allontano.
Dovreste smetterla di guardarmi e pensare alle vostre vite, non alla mia, anche perché io a quella oramai ci ho già rinunciato dato che non ho più alcun obiettivo da raggiungere, nessuna aspirazione, nessuna speranza.
Da quando te ne sei andato è tutto così vuoto.
E io non so che fare.
Eppure tu mi avevi detto di ammirarmi perché, a detta tua, so sempre cosa fare nelle situazioni pericolose e difficili che mi si parano davanti.
Guardami ora, Marco, guardami! Se fossi ancora qui, cosa vedresti?
Non sono un leader, non voglio che nessuno affidi la propria vita a me, eppure ogni volta ho sempre qualche vita a cui rendere conto se le cose vanno male.
Lo so, cazzo, lo so che entrare in questa squadra significa lottare con le unghie e con i denti per sopravvivere, lo so che noi difendiamo il diritto alla vita di ogni essere umano.
LO SO.
Noi siamo i primi a tutelare il sacrosanto diritto di ogni essere umano di essere libero, offriamo liberamente e volontariamente la nostra vita affinché questo si compia.
Ma ormai non penso più a difendere la mia vita o quella degli altri, Marco.
Queste idee sono svanite dalla mia mente.
Ma ogni volta torno sempre illeso o quasi dalle spedizioni, e la mia squadra è la stessa da un bel po’ di tempo.
Te ne rendi conto, Marco?
Non mi importa più di niente eppure continuo a non morire, a non far morire nessuno anche se sono diventato insofferente a tutto quello che mi circonda.
Se esistesse un Dio saprebbe quante volte mi è balenata in mente l’idea di mollare tutto, di farla finita, di fare del mio meglio per raggiungerti, eppure non ci riesco mai.
Perché penso a ciò che tu vorresti per me, e so che se ti raggiungessi tu mi prenderesti a calci in culo per aver fatto una cosa così dannatamente stupida.

Da quando non ci sei più ho dovuto vivere una marea di prime volte.

Per esempio ho scoperto, per la prima volta, che a me importa degli altri.
Ho imparato, per la prima volta, che bisogna fidarsi agli altri, non importa se quella persona abbia giurato di uccidere ogni fottuto gigante sulla terra o voglia solo difendere la persona a cui tiene.
Mi sono chiesto, per la prima volta, se esiste un paradiso o un inferno.
Perché, cazzo, non voglio credere che una meravigliosa persona come te sia morta così giovane senza che nessuno la osservasse combattere, difendersi e morire; non voglio credere che nemmeno lassù ti abbiano visto.
Me lo sono chiesto perché non voglio credere che l’ultima immagine che avrò del tuo volto sia quella di un volto dilaniato ma sereno, pronto a combattere e morire eppure senza il dispositivo di manovra tridimensionale.
Me lo sono chiesto perché spero di raggiungerti un giorno per prendere il tuo culo lentigginoso a calci.
Ma chi cazzo ti ha detto di rinunciare al tuo dispositivo?
Che cazzo hai dimostrato a fare di essere un eroe?
Lo sai che quelli come te non vivono mai a lungo, quindi, perché l’hai fatto?
So che non sei morto solo tu quel giorno, Dio, se lo so.
C’erano centinai di cadaveri, un tempo vivi, morti senza che nessuno sapesse delle loro gesta, alcuni non sono nemmeno stati riconosciuti. Nessuno sa chi siano e cosa abbiano fatto un istante prima di essere mangiati.

Ecco perché, forse, mi sto impegnando così tanto con Eren e gli altri affinché ci siano meno morti possibili; nessuno più deve morire senza essere ricordato.
Eppure…
Eppure…
Eppure sono così stanco, Marco.
Mi sento così solo anche se sono circondato da degli imbecilli irritanti.
Non riesco più a guardarmi o ad essere guardato negli occhi, so che c’è qualcosa che è ben lungi dall’essere migliore di un titano: c’è questo qualcosa, questo demone se vogliamo, che silenziosamente si è insidiato in me.
E cazzo se so che questo demone sei tu.
Mi spingi sempre a fare del mio meglio, a cooperare –Ci credi? Io a cooperare?- e a lasciar correre tutti coloro che, al nostro ritorno, storcono il naso pensando che tutto quello che facciamo non ha né senso né valore.
Non ha senso?
“Quante persone sono morte anche per te, gran pezzo di merda?” vorrei tanto dirgli.
Ma non ci riesco, perché anche il solo pensare a tutti gli eroi che hanno dato la vita affinché l’umanità potesse avanzare anche solo di un millimetro mi fa venire in mente la tua faccia. La tua fottuta faccia che sogno ogni notte, che ogni notte affolla i miei incubi.
Avrei voluto proteggerti, davvero, avrei dovuto ma, per colpa del mio egoismo e della mia codardia sei morto. Sono morte tante persone.

Mentre alzo gli occhi al cielo posso quasi vederti tra le stelle che mi guardi, che mi chiami, che mi sproni a restare qui.
Ma non so se potrò mai farcela…
Noi vinceremo questa fottuta guerra contro i giganti, ne sono convinto, ed io parteciperò ad ogni fottuta battaglia che faremo ma non parteciperò mai allo scontro finale perché lo guarderò con te da lassù, magari scommettendo su quanti giganti faranno il culo a Jaeger prima che lui sfondi il loro.
Aiuterò nello scontro finché posso, finché devo, finché tu me lo permetti ma non parteciperò alla battaglia finale perché non me lo merito e perché penso che tu dovresti mostrarti un po’ più egoista. Non merito di vivere una lunga vita se non sono con te, non voglio vivere una vita longeva se tu non sei al mio fianco.

Hai fatto l’eroe ma, ti prego, ora sii egoista.

 


Jean non poteva saperlo perché non aveva avuto modo di conoscerlo a fondo, ma anche Marco era egoista.
Così egoista che lo aveva spinto al suo limite per fare in modo che si redimesse da quel peso, quella colpa, che si era volontariamente messo sule spalle: la sua morte, come quella della sua prima ex squadra, non era stata una sua colpa; erano tutti così giovani, così inesperti, come avrebbe potuto salvarli?
Marco aveva sempre saputo che Jean era un leader nato, ora che poteva guardarlo lottare e proteggere chi amava non poteva essere più felice e fiero di lui.
Eppure ogni sera lo vedeva tornare distrutto alle sue stanze o non lo vedeva tornare affatto dato che spesso si limitava a guardare il cielo.

Allora Marco capì che, forse, poteva essere un po’ egoista.

 

 

C’era un sole splendente quel giorno, nemmeno un’ombra tentava di oscurare quel sole così luminoso.
Tutti i membri, o meglio quel che rimaneva, del 104° Corpo di addestramento erano riuniti in uno spiazzo: sui loro volti aleggiava un sorriso sereno.
Anche i Caposquadra erano lì e le reclute cercavano invano di capire perché fossero tutti così felici quel giorno anche se un altro Caposquadra era morto.
Nessuno riusciva ancora a comprendere perché, come mai, durante quella piccola spedizione alla preparazione di una delle battaglie decisive solo un commilitone era morto.
Tutti i novizi si chiesero come mai solo Jean Kirschtein non avesse fatto ritorno e perché tutti sembravano così sollevati.
Nessuno dei più “anziani” spiegò loro il perché, non sarebbe servito, probabilmente non avrebbero capito.

Eren, Mikasa, Connie, Sasha e Armin erano davanti a due tombe identiche e le osservavano sorridenti, anche se nei loro occhi aleggiava quel velo di malinconia che rendeva i loro occhi lucidi e prossimi alle lacrime.
“E bravo il nostro Jean, alla fine ha raggiunto il suo obiettivo” proferì Connie tentando di sdrammatizzare.
“Già, quella faccia da cavallo ottiene sempre quello che vuole” disse Eren in risposta, più verso la lapide di Jean che in risposta a Connie.

Le reclute che si unirono alla Legione la sera stessa non seppero mai perché ci fossero quelle due lapidi in quello spiazzo circondato dal verde, né di chi fossero.

Non aveva importanza.

Non sono i nomi che rendono gli uomini degli eroi, non sono quelli che devono essere ricordati. Sono le loro azioni, i loro tentativi per far sì che tutti possano vivere la vita che loro hanno agognato e hanno tentato di raggiungere che devono essere degni di nota.
E tutti quegli eroi, quei caduti per il bene della patria non sono altro che le stesse persone che sono state dimenticate o il cui merito è stato sminuito.
L’eroe è la stessa persona che ti sta accanto ma tu probabilmente nemmeno ti accorgerai della sua presenza, nemmeno saprai il suo nome.
Ma non importa, quando morirà per salvare l’umanità tu diventerai eroe a tua volta per non rendere vani i suoi sacrifici.

E poi, tutti gli eroi sono egoisti, vero Marco?  

 

 

Non abbiamo la possibilità di cambiare molte cose che la vita ci mette davanti ma possiamo scegliere come affrontarle quanto farci influenzare da esse …e quanto lasciare che ci trasformino dentro.
- K. Kann


[The end]

Buonsalve! Questa è la prima ff angst che scrivo in tutta la mia vita e sono profondamente consapevole del fatto che faccia un po’ schifo. Ma, nonostante io odi le angst –soprattutto le JeanMarco angst-, non ho potuto fare a meno di mettere due parole su “carta” per loro perché meritano tanto.
That’s it.
Spero di poter leggere qualche vostro commento.
Grazie per aver sprecato qualche minuto del vostro tempo per leggere questa ff.
Un bacio a tutti e per ciascuno!

   
 
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