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Autore: Nanek    28/10/2015    9 recensioni
E da sciocco credo sia anche una buona idea prendere un pezzo di carta, una penna e fingermi come la mamma, piccoli miei, fingermi scrittore e non compositore, fingermi autore di questa storia che chissà se mai vi verrà voglia di conoscere, di leggere.
Io la scrivo lo stesso, forse perché mi sento troppo ispirato, forse perché ora capisco cosa prova la mamma quando dice di dover sfogare su carta quello che le frulla in testa.
E pensare che tutti non ci avrebbero scommesso un dollaro su di noi.
E pensare che doveva finire nell’arco di qualche mese.
E pensare che era considerato tutto impossibile.
Perché, dai, chi crede che un cantante famoso possa innamorarsi perdutamente di una fan?

Una tra mille, milioni, una che non la distingui neanche dalla folla, una che è lì e ti sembra uguale a quella accanto.
Solo una fan in mezzo ad un mare di volti che cantano le tue canzoni, volti sempre diversi.
Dai, chi ci crede che questo possa funzionare davvero?
Beh, io e la vostra mamma lo abbiamo fatto.
~
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=kLzoGYhAfeE
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lune's Love'
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13. Small bump

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Voglio entrarti dentro l'anima,
e che sia con questa musica,
per lasciarti l'impronta di un segno che non va più via,
e sapere,
di restare,
indelebile come nessuno ha mai fatto con te.
 
 

«Luke. Luke? Che stai facendo?» la voce di lei entra nella sua mente, rimbomba sempre più chiara, fino a quando lui non apre gli occhi, mettendo a fuoco l’immagine di lei lì davanti: lei con gli occhiali indossati, lei che è china su di lui, così vicina da riuscire a notare i suoi occhi stanchi, come se si fosse appena svegliata.
Lui la guarda, sorridendole appena, sentendosi il corpo pesante, tanto che sente il bisogno di stiracchiarsi, ricordandosi solo in questo momento l’intera situazione: lui stava scrivendo, lui stava scrivendo la lunga lettera destinata ai suoi figli, lui stava scrivendo del loro matrimonio.
Ma non si è reso conto del tempo che passava, scorreva veloce ad ogni parola, ad ogni fatto: l’orologio, infatti, segna le tre del mattino.
«Mi sono addormentato» si giustifica, sempre sorridendole, quasi divertito da quell’affermazione, mentre allunga il braccio sulla mano di lei, trascinandola più vicina a lui, lasciando che quella piccola sporgenza sul suo ventre gli vada a due centimetri dal naso: perché non sono solo loro due ad essere svegli in quel momento.
«La piccola di casa fa i capricci?» domanda, accarezzandole la pancia, aspettando un qualcosa che non tarda a farsi sentire, facendolo sorridere ancora, pieno di stupore «Ciao anche a te, piccolina mia» saluta quella creatura che ancora non ha mai visto davvero, se non tramite uno schermo, la saluta appoggiando le labbra, lasciando un bacio leggero che, però, fa intrecciare le braccia sul petto a lei, lei che lo sta guardando.
«Sono qui anche io, tesoro» mette quasi un broncio, mentre lui alza gli occhi su di lei.
«Non è carino essere gelosa di tua figlia» la rimprovera, quella frase che le ripete sempre e che la fa sbuffare, che la fa rispondere con «Io sono gelosa di tutte quante, lo sai» riferendosi ad episodi ormai fin troppo lontani, ricordi che lui ha appena scritto su quei fogli volanti.
Fogli che catturano l’attenzione di lei.
«Che stavi facendo? Una tesi di laurea?» lo prende in giro, rubando un foglio, dove è riuscita a scorgere il suo nome tra quelle numerose parole.
Legge quasi velocemente, per timore che lui possa strapparglielo dalle mani, ma Luke non sembra affatto spaventato, tanto che la incita a sedersi sulle sue gambe, mentre lei continua a leggere, mentre lui ne approfitta per baciarle il collo, mentre con le mani le accarezza il ventre.
«Che cosa significa tutto questo?» chiede incredula, leggendo un po’ ad alta voce dei passaggi, cercando altri fogli, cercando un nesso in tutto quel casino, dato che Luke non ha ancora perso il vizio di essere un disorganizzato cronico.
Legge di lei. Legge di loro. Legge del loro primo bacio. Della loro prima volta. Del concerto degli Sleeping with Sirens. Dei paparazzi. Di quando si sono lasciati. Di Andrea. Di quando si sono trasferiti. Legge e non le sfugge quel “bambini” fin troppo frequente. Legge e solo su un foglio il tutto è indirizzato a lei, lei e basta.
«Ho… beh, mi sono improvvisato scrittore» balbetta lui, baciandole la spalla «Ho letteralmente scritto la nostra storia, per i nostri figli, per un futuro, quando saranno tutti e tre in grado di leggere e di capire… certe cose»
«Direi che prima dei trent’anni non leggeranno mai tutto questo. Guarda quante parolacce…»
«Danno enfasi, amore!»
«Sì, hai ragione» lei ha lo sguardo perso, lei cerca di mettere un po’ in ordine, seguendo una linea temporale, intuendo, però, che qualcosa manca.
«Mancano… loro» aggiunge subito Luke «Mancano gli episodi di… beh, quando hai scoperto della loro esistenza» e lei si spaventa subito.
«Non vorrai mica ricordare alla nostra bambina che-»
«Che ti sei messa a piangere, disperata, perché eri incinta? Beh, sì, però avrei tralasciato qualche dettaglio»
«Così ha un motivo in più per odiarmi»
«Nostra figlia non ti odia. Ha appena tre anni!»
«Ha lo stesso sguardo che avevi tu, quella notte, a Capodanno, quando c’era Andrea» e lui ride.
«Ce l’ha con tutti»
«Mai con te»
«Sono il super papà, è logico amarmi. Ma, in compenso, nostro figlio mi odia»
«Nostro figlio è troppo buono per odiare qualcuno, assomiglia a te per questo»
«Eppure ha due occhi blu che mi fulminano quando faccio il verso del pinguino!» e lei alza gli occhi al cielo.
«Il verso del pinguino… poi ti chiedi perché Calum ti ha nominato in rubrica come “Persona strana”» ride anche lei, mentre lui si vendica, mordendole un po’ la pelle.
La mano di lei, poi, prende la penna e un nuovo foglio, bianco.
Ci scrive dei nomi, nomi che lui riconosce fin troppo bene.
Lei lo sta incitando a finire quella lunga lettera, lo sta incitando a finirla insieme a lei.
*
Filippo Hemmings.
Sai, bambino mio, la mamma ed io abbiamo saputo del tuo arrivo, niente meno che in luna di miele, nella magica Santorini.
Siamo partiti piuttosto tardi, dato che, solitamente, si parte subito dopo il matrimonio; noi, invece, soliti diversi, abbiamo dovuto tardare di quasi un mese, a causa di scioperi, voli cancellati e vari problemi che ci facevano sempre tardare il tutto.
Siamo partiti, quindi, a luglio, il mese più caldo che potesse esserci, il mese perfetto per goderci al meglio quell’isola.
Non staremo qui ad annoiarti con i ricordi di tutti gli episodi più assurdi, che magari conosci già: tipo io che mi sentivo a disagio sopra ad un asino perché ho le gambe troppo lunghe, tipo la mamma che ha scambiato la camera e si è trovata davanti agli occhi un omone in perizoma che l’ha fulminata perché aveva interrotto un momento particolare. Non staremo ad annoiarti con le cose da femmine che piacciono solo alla mamma e alle tue sorelle, tipo le lunghe passeggiate in riva al mare in quelle serate che avrei passato a dormire di sasso; o tipo le mille foto che mamma ha scattato pure ai pavimenti, perché fin troppo entusiasta; o tutte le volte che mamma mi ha messo la protezione perché il sole picchiava più del dovuto e diventavo un omino bianco.
Tralasciamo tutto questo, parliamo invece della gioia provata quel giorno, l’ultimo giorno di vacanza, giorno in cui la mamma si è rinchiusa in bagno per un’ora, senza farmi sapere niente, dicendomi che aveva solo una leggera nausea. Nausea che, però, mi ha spaventato, dato che è rimasta in quel bagno per troppo tempo.
Poi, però, quando è uscita, quando ha aperto la porta, mi sono alzato dal letto velocemente, di scatto, per trovarmi davanti agli occhi la mamma con in mano qualcosa che non avevo notato.
Un test, insomma.
Anzi, tre test, ad essere sinceri.
Tre test di gravidanza, tutti e tre positivi.
Lo so che quello che sto per dire farà di me una femminuccia, ma sono crollato sul letto, le gambe hanno ceduto, mi sono seduto e mi sono sentito impallidire.
Mamma, chiaramente, si è super preoccupata, tanto che mi ha fatto mangiare tre bustine di zucchero, facendomi stendere, mentre io cercavo di dire qualcosa, cercavo di esprimere la mia gioia che mi stava un po’ destabilizzando.
Poi, però, mi sono ripreso, non sono mica così floscio! Mi sono ripreso e l’ho riempita di baci, cominciando già ad accarezzarle la pancia ancora per niente visibile, cominciando a dare di matto dall’emozione del momento.
Abbiamo pure consultato un medico, che ha confermato il tuo arrivo, ma abbiamo voluto aspettare di tornare a casa, essere nuovamente certi, prima di informare mezzo mondo di tale avvenimento.
Ho informato pure le mie fan, ancora una volta, volevo renderle partecipi di questo avvenimento così bello, così unico, così incredibile: sarei diventato papà.
Non potevi, poi, essere già più perfetto di così: la mamma ti voleva, voleva un maschio, a tutti i costi, non oso immaginare che sarebbe successo se una delle tue sorelle fosse nata per prima! Ma tu eri già buono, eri già pronto a renderla felice.
Un maschio, lo abbiamo visto tutti in quello schermo, lo abbiamo visto tutti pure in quelle ecografie che hanno fatto il giro del mondo: un bambino, nessun dubbio.
Crescevi sotto lo sguardo vigile della mamma, crescevi e lei ti parlava in tutte le lingue che conosceva: ti parlava sempre e costantemente, tanto che all’inizio credevo si riferisse a me quando diceva «Amore», «Tesoro», invece quei nomignoli erano riservati solo a te.
Geloso? Beh, insomma, diciamo che mi stavi rubando un po’ l’attenzione della mia donna. Ma quando ti sentivo scalciare al mio tocco, quando ti muovevi al sentire la mia voce, pure quella leggera gelosia spariva, inghiottita nel buio, perché non vedevo l’ora di averti tra le mie braccia, non vedevo l’ora di essere il tuo papà.
La scelta del tuo nome è stata una cosa molto semplice: la mamma sceglieva, per il suo bambino avrebbe dato un nome italiano, uno soltanto, il nome di colui che lei chiama ancora oggi “idolo”, che no, non sono io, ma quel cantante italiano dal nome strano, quel Nek che è riuscito pure ad entrare nella nostra famiglia: ti saresti chiamato Filippo, semplicemente, Filippo come quel tipo, Filippo come numerosi Re, principi, Filippo e nessun soprannome ammesso o la mamma avrebbe sbranato qualcuno. Filippo Hemmings, nella tua semplicità ed unicità.
Quando sei nato, poi, ho visto nei tuoi occhi un po’ spaventati, lo stesso sguardo della mamma.
Ti ho preso tra le braccia per la prima volta in quell’ospedale, ti ho tenuto stretto per paura di vederti scivolare. Ti ho parlato, chiamandoti, semplicemente. Tu hai volto lo sguardo verso di me e io vedevo la mamma.
Crescendo, poi, ho solo avuto la conferma: un bambino biondo, le labbra carnose, le fossette, un bambino buono e calmo, non come i piccoli Clifford, insomma.
La prima volta che hai chiamato «Mamma», sei riuscito a farla piangere più di chiunque altro dall’emozione: più di Ghost, di Titanic, di un concerto di Nek, più di una canzone che le ho dedicato, sei riuscito a farla piangere così tanto che ha singhiozzato per un bel po’.
Quando, invece, hai chiamato «Papà» sono stato più stabile, dato che ero davanti agli zii Michael e Calum, mi sono trattenuto dal piangere o dallo svenire, ho semplicemente sentito il cuore il gola, mentre il sangue circolava a stento e le mani mi diventavano gelide.
Mi hai chiamato mentre ti tenevo in braccio, mi hai chiamato e avevi l’indice puntato contro qualcosa: contro una televisione di un negozio, una televisione accesa, in vetrina, dove io e gli zii stavamo cantando uno dei nostri tanti singoli: ci hai riconosciuto subito, mi hai chiamato per dirmelo, e pure gli zii si sono emozionati un po’ al ricordo di quei tempi ormai fin troppo lontani.
Fisicamente, comunque, sei uguale a me, o quasi. Caratterialmente, nonna Liz è orgogliosa di annunciare che sei un Hemmings allo stato puro, dato che sei timido, gentile, e hai già cominciato a fissare le mie chitarre, preoccupando la mamma che non ti vorrebbe mai vedere famoso e in giro per il mondo tra un tour e l’altro. Ma chissà cosa ti riserva il futuro, bambino mio.
Però… hai solo una cosa che mi stupisce ogni volta che i nostri sguardi si incrociano: due occhi blu, grandi. Due occhi blu che mi ricordano sempre quelli della persona che ho incontrato per caso, in una via di Milano. Gli stessi occhi che ho visto piangere, sorridere, emozionarsi, arrabbiarsi. Gli stessi occhi che non smetterei mai di guardare, riuscendo sempre a stupirmi ogni giorno, non appena li vedo, non appena si incrociano con il mio sguardo. Quegli occhi che diventano più chiari con il sole, che diventano più scuri con la notte, con la pioggia, quel colore che neanche i pastelli riuscirebbero ad imitare, che neanche mille paragoni riuscirebbero a rendere davvero.
Gli stessi occhi di quella persona che ho amato e che amo, ancora oggi, come il primo giorno.
 
Gaia Charlie Iris Hemmings.
Devi sapere, bambina mia –nostra-, che quando abbiamo scoperto del tuo arrivo, eravamo a casa degli zii Mary ed Ashton, in compagnia anche della famiglia Clifford e dello zio Calum.
Una cena normalissima dopo tanto tempo senza vederci: tuo fratello Filippo giocava con Andrew e Nathan, mentre la piccola Daenerys, in compagnia del piccolo Noah, ultimo arrivato in casa Clifford, se ne stavano in disparte a fissare la piccola nuova arrivata in famiglia: Evelyn Blue Iris Irwin, per gioia di papà Ashton che tanto voleva una principessa da coccolare.
La fissavano così tanto da scatenare discorsi particolari a cena, tra una birra e l’altra. Ma quella sera, qualcosa di nuovo stava per arrivare, stavi per essere nominata tu e… beh, non eravamo i soli ad avere diverse novità.
Quella sera, letteralmente, comparivano bambini ovunque.
La zia Giada, ormai al sesto mese inoltrato, in dolce attesa di Nash, ha preso parola per prima, mentre guardava con invidia chi poteva bere qualcosa di alcolico per sballarsi un po’: ha sfoggiato il sorriso più bello, prima di battere con il coltello sul bicchiere, come a voler l’attenzione di tutti quanti.
«Ho un annuncio!» ha esclamato con gli occhi carichi di gioia, mentre tutti noi alzavamo lo sguardo verso di lei e Michael, alzatosi in piedi pure lui, intento a stringerle la mano, sempre fin troppo emozionato.
«Come ben sapete, famiglia Clifford è sempre molto… numerosa» ha cominciato così, indicando i tre bambini presenti e indicando poi il suo ventre, per poi lanciare uno sguardo fulmineo a Michael «Chissà perché è così numerosa» ha commentato, facendoci ridere: tutta colpa di Michael, chiaro!
«Tuttavia, io e Michael… abbiamo pensato di… allargarla ulteriormente. Lo so, siamo due pazzi ma… insomma, è una cosa che abbiamo sempre desiderato entrambi e… ora è… successo!» e li abbiamo guardati tutti con occhi curiosi.
«Beh, siamo i nuovi Brangelina!» ha scherzato lo zio Michael «Però noi siamo… Made, molto più facile»
«Mi state… confondendo» ha ammesso la zia Mary, inarcando il sopracciglio, per poi sobbalzare d’un colpo: la zia Giada si è lasciata scappare un urlo fin troppo entusiasta.
«Abbiamo adottato un bambino! Arriverà da noi tra tre settimane! Si chiamerà Jalil Michael Junior Clifford e… Dio, potrei saltare di gioia!» ma lo zio non ha permesso nessun salto, già preoccupato per il piccolo Nash.
«Oddio, Giada!» ha esultato Mary, poi anche la tua mamma, solo… con meno entusiasmo.
L’hanno abbracciata, le hanno baciato le guance, mentre Calum ridacchiava per i numerosi nomi affibbiati a quel bambino.
Critiche che, però, non hanno smosso di una virgola lo zio Michael, troppo intento a controllare le lacrime: emozionato come pochi, felice come pochi, lo zio non l’avevamo mai visto così.
Per lui crearsi una famiglia –numerosa- era la cosa più importante al mondo, perché, come ripeteva sempre «Sono figlio unico, è normale volere una famiglia bella grande.»
Frase che, però, una persona in quella stanza non condivideva a pieno.
La mamma, in effetti, anche lei figlia unica, non era troppo dispiaciuta del suo unico figlio.
Il suo sguardo perso non è passato inosservato, infatti.
«Vane ma… hai visto un fantasma?»
«Ti vedo un po’ pallida in effetti»
«Ma stai male?» e quelle domande non hanno che peggiorato quella leggera tranquillità.
Quella sera io e la mamma avevamo litigato di brutto, una cosa più che normale, solo che non capivo il motivo della sua ira contro di me: aveva cominciato ad insultarmi senza motivo, aveva cominciato ad urlare e a sbattere le porte, se facevo domande rischiavo di vedermi volare addosso oggetti di ogni tipo.
Non capivo che avessi sbagliato, non lo capivo e la questione mi aveva un po’ infastidito, perché una cosa che odio è il non sapere perché qualcuno ce l’abbia a morte con me.
Avevamo fatto buon viso entrambi, per non rovinare la serata a nessuno, solo che, dopo quell’annuncio, qualcosa in lei deve essere scoppiato del tutto: si è ammutolita d’un tratto, la vedevamo un po’ troppo pallida, si mordeva il labbro con nervosismo, è cambiata da un minuto all’altro.
Quando però le ho sfiorato la gamba, è partita in quarta.
«Lasciami stare!» ha urlato, alzandosi dalla sedia e precipitandosi in bagno, chiudendosi dentro senza dare spiegazioni a nessuno.
Io, seduto a tavola con l’animo in pace, ho fatto spallucce alle numerose domande da parte dei presenti.
«Non so che cos’ha. È così da quando sono tornato a casa questo pomeriggio» e non l’avessi detto.
«E ti sembra il momento adatto per disinteressarti?!»
«Hemmings, ti interessi anche quando va al bagno, non ti sembra questo il momento più opportuno?!»
«Sei un testa di cazzo, chissà che le hai fatto!»
«Non l’ho mai vista così» e giù di insulti e colpe che non avevo.
Le zie sono andate subito in suo soccorso, lasciandomi solo con i mariti perfetti –tranne Calum, completamente perso con la bottiglia di birra.
«Come mai questo… tutto questo?»
«Ti ho detto che non lo so, Ashton»
«Non è… normale, però»
«Avrà il ciclo» ho ipotizzato.
«E diventa così? Non credevo…»
«Che ne so, saranno ormoni diversi» ho continuato a fare il menefreghista, anche se dentro stavo morendo dal senso di colpa: cosa poteva averla scossa a tal punto? La mamma non mi aveva mai trattato così, voleva sempre chiarire, mettere in chiaro le cose… cos’era successo per portarla a tanto?
«Forza, andiamo a vedere come sta» mi ha suggerito Michael, alzandosi e facendomi strada.
A qualche passo dalla porta, ci siamo semplicemente messi ad origliare, come i ragazzini.
Ma l’unica cosa che siamo riusciti a sentire, è stata la confessione finale.
«Sono incinta. Aspetto un altro bambino» confessione che mi ha fatto andare il cuore in gola.
«Ma… è meraviglioso, Vane!»
«Appunto! Vane, è una bellissima notizia!»
«No! Cazzo!» la voce della mamma più acuta del solito «Non è una bella notizia. Voi lo sapete, lo sapete che non voglio altri figli! Voi lo sapete che… che non sono in grado!» e questa parte di lei non la conoscevo: certo, mi ero sempre chiesto come mai la mamma non volesse altri figli, ne avevamo parlato spesso, ne avevamo pure discusso, ma lei non aveva mai detto apertamente il perché.
«Se poi non do ad entrambi lo stesso affetto? Se poi uno dei due si sentisse più trascurato e fa pazzie? Se poi avessi la preferenza per quello più debole e l’altro si sentisse sempre di meno? Non voglio che qualcuno soffra, non voglio correre questo rischio. Ma sono incinta, cazzo! Sono incinta e ho paura di non essere una brava mamma, ho paura che Luke noti qualcosa di sbagliato in me, ho paura di sbagliare, ho paura… di tutto quello che potrebbe succedere» e la zia Giada stava già cominciando a dirle che era una sciocca a pensare certe cose e che, allora, cosa doveva dire lei? Lei che i figli non li voleva nemmeno?
Ma non l’ho lasciata finire il suo discorso, perché ho preferito farmi vedere, puntando i miei occhi su quegli occhi blu, arrossati, gonfi, pieni di lacrime che non sembravano voler fermarsi.
Ho abbracciato la mamma e le ho lasciato tanti di quei baci che credo se li ricordi pure adesso. Le ho baciato ogni singola lacrima, ricordandole quanto fosse importante per me, quanto fosse una persona meravigliosa, quanto fosse una mamma meravigliosa.
L’ho abbracciata, cercando di allontanarla dalle sue paure, dicendole che ci sarei stato in ogni momento, rassicurandola che i nostri figli non avrebbero mai sofferto, in alcuno modo, non lo avrei mai permesso. La mia famiglia era la mia prima preoccupazione, e lei ne faceva parte.
«Ma se poi-»
«Ma niente, Vane, ma non ci devi pensare nemmeno a queste cose. Dio, io… io… un altro bambino, potrei avere un altro calo di zuccheri» ho ironizzato, vedendola sorridere un po’.
Ci siamo stretti per minuti interminabili, prima che lei recuperasse il fiato, prima che lei trovasse il coraggio di tornare dagli altri, stringendomi la mano.
L’annuncio, però, l’ho fatto io «Diventerò papà pure io! E speriamo sia femmina!» tuo fratello Filippo non ha minimamente ascoltato questo annuncio, troppo preso dalle macchinine, ma posso assicurarti, bambina mia, che tutti gli zii erano più che felici del tuo arrivo. Gli zii, e anche noi.
A concludere quel giro di confessioni, però, mancava ancora qualcuno.
Lo zio Calum ha preso parola per ultimo, finendo la birra come a voler dimenticare quello che stava per confessare, poi ha riso, di gusto, facendo passare l’attenzione su di lui.
«Ve la ricordate quella figa pazzesca che ho conosciuto diversi mesi fa al night club? Quella che “Hey sono una spogliarellista mica una puttana!”» e lo zio Ashton a momenti gli lanciava un calzino in bocca perché «Le parolacce, Calum» rimprovero che gli ha fatto alzare gli occhi al cielo, prima di guardarci tutti, come a cercare intesa nei nostri occhi.
«Sì, come dimenticare, sei finito su diversi giornali» ha commentato lo zio Michael, incitandolo ad andare avanti.
Lo zio Calum, bambina mia, è… letteralmente scoppiato a piangere e a ridere nello stesso istante: una scena strana e incredibile, lo zio che piange, lacrime a fiumi, mentre dalla sua bocca uscivano risate piuttosto rumorose e spaventose.
I bambini lì presenti si sono pure spaventati, tanto che li abbiamo mandati a giocare in camera, mentre Ashton portava Evelyn a dormire in camera sua.
Eravamo tutti parecchio sconvolti, perché non capivamo il motivo di tale reazione. Ma, poi, la bomba l’ha sganciata di getto, sconvolgendoci ancora di più.
«Quella puttana mi ha lasciato due bambini fuori da casa mia! Due bambini e un foglietto con scritto “Qualcosa non ha funzionato”. Qualcosa non ha funzionato! Ma porca troia! Ha lasciato due bambini fuori da casa mia così, neanche nel Medioevo, cazzo!» e la situazione è poi peggiorata del tutto «E sono miei, sono miei tutti e due! Lo dice il test, lo dice il cento per cento di compatibilità, sono i miei figli.»
La bomba dello zio Calum è esplosa, devastandoci del tutto.
Lui disperato, senza la minima idea sul da farsi, le lacrime che lo prendevano come un vortice, la voglia di bere per dimenticare la realtà: non l’avevamo mai visto così disperato.
«Come faccio a prendermi cura di loro? Come faccio a crescerli? Come faccio ad essere un buon padre? Adesso sono con mia madre ma lei non può essere sempre presente per me!» e la mamma gli è andata accanto, come se lo capisse perfettamente, passandogli fazzoletti e cercando di rassicurarlo in tutti i modi possibili.
La zia Giada ha cercato di distrarlo, ha cercato di fargli parlare di altro, tipo calcio, o discoteche, o cose che allo zio piacciono sempre, ma ogni cosa sembrava inutile, era completamente fuori di sé.
Dopo più di un’ora a disperarsi, dopo un breve silenzio tra tutti noi, lo zio Ashton se n’è uscito con una delle sue.
«Come li vuoi chiamare i tuoi bambini?» domanda che gli ha fatto ricevere una gomitata dalla zia, domanda che, in realtà, si è rivelata un buon discorso.
«Devo trovare dei nomi» si è come illuminato, come se quell’idea gli piacesse, come se, in fin dei conti, i suoi figli fossero già la cosa più importante della sua vita.
Alla fine, per quei poveri piccoli, i nomi più assurdi sono stati scelti: Chris William Hood, in onore di Chris Brown, ovviamente, e Megan Katy Rihanna Beyoncé Jennifer Hood, in onore di Megan Fox, Katy Perry, Rihanna, Beyoncé e Jennifer Lopez, in onore di tutte le donne che hanno sempre riempito il cellulare dello zio Calum.
Il tuo nome, invece, per quanto impossibile da credere, lo ha scelto sempre la mamma: Gaia Charlie Iris. Gaia perché è il nome della sorella che ha sempre desiderato, Gaia perché già ti immaginava allegra, solare, una bambina che avrebbe sempre messo il sorriso, pure nei momenti più tristi; Charlie in onore del gatto che lei non cambierebbe con nessuno al mondo, e non prendertela, bambina mia, non vederla come un insulto: Charlie, la mamma, come ben sai, ce l’ha tatuato, e non l’ha fatto tanto per, quella palla di pelo è stata la sua felicità più vera, è stato il regalo più bello che potessero farle; ti chiami come lui perché, anche se può non sembrare, hai dato anche tu, alla mamma, quella felicità immensa che le serviva; e Iris, infine, come la canzone che ci ha fatti nuovamente tornare insieme, come la canzone che mi ha permesso di arrivare dove sono ora, quella canzone che ci ha uniti più di prima, in un momento così difficile e quasi irrecuperabile. Iris, perché anche quando ho scoperto del tuo arrivo, la mamma si stava già allontanando con le sue paure, con le sue paranoie infondate: Iris, perché anche quella sera, a casa degli zii, tu ci hai unito ancora di più.
 
Antea Daphne Lune Hemmings.
Tu, invece, piccola mia, devi ancora mostrarti agli occhi del mondo.
Ti sento, ti sentiamo, anche adesso, che scalci un po’ e sembri fare le capriole nella pancia della mamma. Sei sveglia, ed è notte fonda, piccola furbetta.
Lo zio Calum ha già deciso che mi farai dannare, perché se tua sorella Gaia Charlie Iris mi somiglia fisicamente ma caratterialmente è la mamma, tu devi essere, per forza di cose, fisicamente uguale alla mamma ma con la personalità del papà.
Lo zio Calum ha voluto sottolineare il fatto che sarai una festaiola, che ti vedrò correre tra una discoteca e l’altra, accompagnata da quel piccolo teppistello di Nash Clifford e i due gemelli Hood, due terremoti, a bere birra con la piccola di casa Clifford, nata appena un mese fa: Roxanne Hell Kawaii Clifford, già il nome è un programma, non oso immaginare quando avrete l’età per andare in tutti i locali possibili, non oso immaginare che combinerai…
Spero vivamente che tu prenda il carattere pacifico e pigro della mamma –che in questo momento mi ha appena tirato un pizzicotto.
Ma per fortuna lo zio Ashton sa sempre come rassicurarmi: la zia Mary, infatti, è pure lei in dolce attesa, la più piccola di tutta la famiglia: Apple Coralie Irwin, un’altra principessa per la felicità dello zio, un’altra crisi di nervi da parte della zia che “Irwin, te lo taglio”, ma anche lei ha già gli occhi lucidi ad immaginare il suo arrivo.
Sarete il trio delle più piccoline: tu, Apple e Roxanne, sarete il trio che ricorderà il trio Mary, Giada e Vanessa, è un pensiero che abbiamo avuto tutti, sarà forse un segno?
 Lo vedremo quando sarete tutte e tre insieme, tra qualche mese.
A differenza di tua sorella, scoprire del tuo arrivo è stato più tranquillo, diciamo.
Semplicemente, sta volta, sono stato io coraggioso: sarà che mi piace troppo sentirmi chiamare “papà”, sarà che Gaia Charlie aveva già reclamato una sorellina, ma ho chiesto, apertamente, alla mamma, un’altra principessa.
Purtroppo, la sua prima risposta è stato un “no” secco e gelido, un no che mi ha un po’ rattristato, dato che io stavo già lavorando ai nomi da scegliere.
Una sera, seduti sul letto, prima di dormire, ho riprovato, ho giocato il mio jolly.
«Io però la voglio lo stesso, un’altra bambina»
«Luke, non è detto che nasca una bambina. Magari nasce un maschietto, ci hai pensato?» la mamma sapeva come smontare i miei sogni.
«Nah, il destino sa che a te basta Filippo»
«Quanto sei idiota, Hemmo»
«Lasciati convincere, per favore»
«Luke, non so se hai già scordato il pianto di cinque minuti fa di tua figlia perché voleva dormire con noi»
«Ha paura, è normale»
«Buonanotte, Hemmings» mi ha liquidato così, mettendosi di lato e fingendo di dormire ma, in realtà, stava solo aspettando il mio discorsetto.
«Antea Daphne Lune» ho detto, cominciando così il tutto.
«Antea, lo ammetto: l’ho sentito in giro. Ma ho letto che significa fiore! Mi piace come suona, mi piace dirlo, poi è particolare, quasi strano: è adatto ad una Hemmings» e la mamma non si è mossa, per niente convinta.
Ho sospirato.
«Daphne, perché ho scoperto che la mitologia è davvero bella. Mi piace da morire la storia di Daphne e Apollo» e a quel punto l’ho sentita brontolare.
«Non so se hai ben capito la situazione di quei due, Hemmo: Daphne non lo ama, si fa trasformare in alloro e Apollo raggiunge un livello di friendzone che neanche Piton in Harry Potter! È una storia triste, è tragica, è il lato più brutto dell’amore» e qua stavo perdendo punti a non finire.
«Lo so…» ho ammesso «Però non credi che sia bello avere una storia celata nel proprio nome? Tu ti vanti tantissimo su questo» perché la mamma, lo scoprirai presto bambina mia, tende a ripetere fino all’esaurimento la presunta storia riguardo al suo nome: “Vanessa” è stato creato da Jonathan Swift. Questo tipo aveva una relazione con una certa Esther Vanhomrigh e, per darle un soprannome, aveva preso dal cognome “Van” e aggiunto “Es” dal nome Esther, creando poi il nome della mamma: questa storia me l’ha raccontata tantissime volte.
«E poi, per mettere i puntini sulle “i”: questa Vanessa era l’amante di un uomo sposato. Lui l’ha pure lasciata, è morta giovane, ha sofferto, ti sembra una bella storia la tua?» l’ho ripresa, sentendola sbuffare e replicare.
«Vabbè, ma quella si chiamava Esther, non Vanessa! Vanessa era un nome in codice»
«Il nome in codice di un’amante» e da lì non ha più replicato, stavo recuperando punti.
Il colpo di grazia, poi, gliel’ho dato con l’ultimo nome scelto.
«Luke unito a June, dà Lune» ho detto «Ma anche Luke unito a Vane, dà Lune» la mamma si è mossa nervosamente: perché questi nomi, June, Lune, sono nomi che lei conosce molto bene, sono nomi di personaggi che lei ha usato quando scriveva di me.
«Quindi, darei a nostra figlia un nome che ha un po’ di me e un po’ di te, insieme. Esattamente come hai scritto tu molti anni fa» ed ero sicuro che la voglia di uccidermi stava crescendo: uno dei tanti divieti in assoluto era che non leggessi mai le sue storie, mai e poi mai. Che, poi, erano tutte in italiano, non ci avrei mai perso tempo… ma quando la curiosità chiama, papà chiama pure un interprete.
«Però questa Lune non finisce con Calum. Neanche per sogno» e mi sono fermato o avrei rischiato la morte certa: stavo apertamente parlando delle storie che ha creato prima di conoscermi, storie che mi ha sempre tenuto nascosto, forse per vergogna, forse per imbarazzo, e io stavo andando un po’ oltre il limite.
Sono rimasto in silenzio, distendendomi vicino a lei, cercando di farla girare dalla mia parte, per poterle accarezzare il viso.
«Vorrei, poi, che questa bambina avesse gli occhi come Filippo: grandi e blu, che mi ricordano sempre qualcuno» ho sorriso, tracciandone i contorni con l’indice «Poi basta nasini alla Hemmings, voglio un naso come il tuo, con questa leggera gobbetta che tu tendi sempre a descrivere come una montagna. Ma, in realtà, non si nota nemmeno» un bacio sulla punta di quel naso «Poi i capelli… basta biondi: voglio il tuo colore, il tuo castano chiaro, i tuoi capelli mossi, che sono belli anche senza tinte, anche se a te non piacciono» le mie dita a giocare tra quei ciuffi, spostandone dietro il suo orecchio «E voglio queste labbra, questo sorriso, questo viso. Voglio tutto questo su un’altra creatura, voglio una copia quasi perfetta della donna che ho scelto» e la mamma ha abbassato lo sguardo: stavo vincendo, avevo fatto strike.
«Però, possibilmente, con un caratterino più… equilibrato. Gaia Charlie fa già abbastanza in fatto di testardaggine e occhi fulminei» ho scherzato, augurandoti di avere una personalità gentile, dolce, più fragile di tua sorella, più insicura, più... più come me: facile da convincere, di poche certezze, di poca grinta, un carattere più aperto verso gli altri e meno a se stesso, l’esatto contrario di tua sorella.
In modo tale che lei possa sempre essere la tua ancora, il tuo punto di riferimento, insieme a tuo fratello.
«Antea Daphne Lune Hemmings, quindi»
«Sì»
«E se Gaia è gelosa? Se Filippo è geloso?»
«Non avranno da preoccuparsi: ho un cuore grande, vorrò bene a tutti loro allo stesso modo, sempre. Te lo giuro» e la mamma stava solo prendendo tempo, perché anche lei aveva già deciso di accoglierti nella nostra famiglia.
Hai rischiato di chiamarti con una sfilza di nomi maschili italiani, bambina mia, tutti scelti dalla mamma: nomi che aumentavano ogni giorno di più, in vista dell’ecografia, nomi che non mi ricordo neanche più, nomi che ho cancellato nello stesso istante in cui abbiamo scoperto che saresti stata tu, saresti stata una bambina, saresti stata Antea Daphne Lune Hemmings.
E, da parte di tutti noi, non vediamo l’ora di vederti per la prima volta.

 
 




Note di Nanek
PENULTIMO CAPITOLO.
Anzi, ULTIMO, perché il prossimo è l’EPILOGO.
Ma siamo alla fine insomma, manca un niente ed è finito tutto.
Questo capitolo… quanto mi ha fatto dannare, tutti sti nomi, sti significati, queste scelte ben dettagliate.
E pure i pargoli Hemmings hanno un nome.
Ri-elenchiamoli dai ahah:
  1. Filippo Hemmings
  2. Gaia Charlie Iris Hemmings
  3. Antea Daphne Lune Hemmings.
Ma come avete notato… pure le altre coppie si danno da fare!
Famiglia Irwin (Tutti questi nomi li ha scelti la Mary, ciao Maryleeen <3):
  1. Andrew Seven Irwin
  2. Evelyn Blue Iris Irwin
  3. Apple Coralie Irwin.
Ma parliamo dei nuovi Brangelina HAAHAHAH
Famiglia Clifford (Tutti questi nomi sono stati scelti dalla Giada, ciao Jade <3):
  1. Nathan Andrea Clifford
  2. Daenerys Ridley Arya Clifford
  3. Noah Alexander Clifford
  4. Nash Logan Kian Clifford
  5. Jalil Michael Junior Clifford
  6. Roxanne Hell Kawaii Clifford
MA PURE CALUM HA DEI BAMBINI! Il nostro piccolo kiwi ha trovato due gemelli fuori dalla porta… sarà un padre single adorabile, già me lo vedo :3 cucciolino!
Famiglia Hood:
  1. Chris William Hood
  2. Megan Katy Rihanna Beyoncé Jennifer Hood (povera bambina HAHAAH)
Bene, insomma. Una bella ciurma di marmocchi qua, eh!
Tutti felici nelle loro case, tutti pieni di pannolini e ciucci sparsi in giro, tutti felici e contenti, insomma.
Però… non è ancora finita qui!
L’epilogo è pronto, basta postarlo.
È un epilogo…. Beh, che spero vi piaccia perché… beh, è qualcosa di particolare, o almeno spero, è qualcosa che racchiude tutto il senso di questa storia.
Un grazie di cuore a chi è riuscito ad arrivare fino a qui, data la lunghezza di questo capitolo, è eterno!
Grazie di cuore se siete ancora qui a leggere questa storia <3
Io torno presto, con il gran finale!
Nel mentre, se volete, ho pubblicato una mini long con AU!Punk Luke: Vapor
Ci sentiamo presto <3
Nanek

 
 
  
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