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Autore: Tatuata Bella    29/10/2015    2 recensioni
Harry e Louis.
Un'amicizia che ha qualcosa di strano, proibito, indispensabile, e tutta la sofferenza di un amore non corrisposto.
Questa One Shot è una specie di "prequel" di I can only give you love that lasts forever, ma non è indispensable averla letta.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao.
Questa storia è una specie di "Ciò che è accaduto prima" della mia OS I can only give you love that lasts forever, che è stata scritta prima ma cronologicamente avviene dopo. Potete scegliere voi se leggere prima questa poi l'altra, o viceversa.









Pioveva, quel giorno. Harry se lo ricordava bene.
“Perché cavolo dobbiamo uscire con questo tempo, Lou?” aveva chiesto, scrutando preoccupato fuori dalla finestra, attraverso le scie che le gocce lasciavano sul vetro.
“Perché sotto l’ombrello e con l’impermeabile non ci riconoscerà nessuno per strada. Entriamo da qualche parte e prendiamo una cioccolata.”
“Non lo so.”
Louis aveva sospirato: “D’accordo, come vuoi. Chissà quando ci ricapita un’occasione così…”
Harry si era voltato a guardarlo ed era bastato incrociare il suo sguardo per una frazione di secondo per farlo cedere. Era così facile, con lui.
“D’accordo.”
Erano entrati in un bar piccolissimo, con lo spazio soltanto per un paio di coppie di tavolini e si erano seduti in quello più lontano dall’ingresso, l’uno di fronte all’altro.
Si sentivano così normali, come se fossero solo due ragazzi di diciassette e diciannove anni.
Poi, a un certo punto, Louis era scoppiato a ridere, per qualche battuta cretina che Harry aveva appena fatto.
E Harry non ce l’aveva fatta, l’aveva detto, se lo era lasciato scivolare via dalle labbra, come se niente fosse.
“Louis. Missà che mi sono innamorato di te.”
Si era sgretolato tutto in un secondo.
Louis aveva smesso di ridere, e fissava Harry con un’espressione spaesata negli occhi. Il suo silenzio durava da troppo tempo, Louis se ne stava lì, immobile, con la bocca semiaperta, terrorizzato.
“Non…non dici niente?” gli aveva chiesto Harry. Credeva di meritare almeno una parola.
“Harry, io non…non sapevo che a te piacessero i ragazzi, perché non me l’hai mai detto?”
Harry aveva alzato le spalle: “E’ la prima volta che mi succede.”
Gli occhi di Louis si erano fissati sul tavolo: “Allora magari è soltanto…una crisi momentanea, non so…qualcosa del genere.”
Harry aveva scosso la testa. Louis non lo stava capendo, non stava capendo il punto centrale della faccenda. Chi se ne importa se era gay o no, se non gliel’aveva detto e perché non gliel’aveva detto. Gli aveva appena detto di essersi innamorato di lui. Tutto questo era su di lui non su Harry.
Gli aveva risposto, comunque: “No, non credo.”
Un’altra pausa troppo lunga.
“Lou?”
“Harry, per me non è lo stesso.”
Harry aveva chiuso gli occhi e deglutito aria, accusando il colpo, mentre Louis proseguiva: “A me piacciono le ragazze. E’ così, e lo sapevi.”
“Pensavo che..abbiamo sempre detto che il nostro rapporto ha qualcosa di speciale. Credevo che forse, anche tu stessi pensando le stesse cose che pensavo io…”
Louis aveva scosso la testa, senza riprendere a guardarlo negli occhi: “Mi dispiace è colpa mia. Se lo avessi saputo probabilmente non avrei…”
E in quel momento Harry se ne era reso conto. Era così accecato da quell’istinto di dire tutto a Louis, di esternare finalmente quel sentimento che continuava a diventare ogni giorno più forte, che non aveva pensato alla conseguenza più ovvia: “Cambierà tutto adesso, vero?” il solo pensiero gli aveva fatto riempire gli occhi di lacrime. “Non saremo mai più come prima? Ho rovinato tutto, non vorrai più parlarmi…” Harry stava ormai piangendo completamente, a ruota libera.
“No, no, Harry, hai…hai fatto bene a dirmelo. Non cambierà niente. Mi dispiace solo che per colpa mia tu abbia frainteso la nostra situazione…non piangere.”
Harry aveva tirato su col naso, cercando di ricomporsi con scarsi risultati.
“Tu dici così adesso, ma da questo momento in poi ci sarà così tanto imbarazzo fra di noi che non vorrai più vedermi.”
Louis, istintivamente, aveva stretto la sua mano sopra il tavolo.
“No, te lo giuro, non devi sentirti in imbarazzo con me adesso. Non ci sarà niente di strano fra noi due. Siamo troppo amici per lasciare che questa cosa rovini il nostro rapporto. Tu sei…il mio migliore amico.”
Harry annuì. Non credeva che questo fosse possibile, le cose sarebbero inevitabilmente cambiate, ma voleva crederci disperatamente. Ne aveva bisogno, aveva bisogno di Louis.
Aveva deciso di crederci.
 


E Louis era stato di parola. Erano passati tre anni e non era cambiato niente, erano sempre appiccicati come prima, Louis gli raccontava ogni cosa e continuava a sfiorarlo e a toccarlo istintivamente, anche un po’ troppo, forse, come aveva sempre fatto.
Ma anche Harry aveva ragione. Louis diventava sempre più meraviglioso, ogni giorno che passava, e Harry, che lo osservava giorno dopo giorno con gli occhi perennemente puntati su di lui in ogni istante, in ogni momento della giornata, ogni tanto, arrivava ad un punto di rottura e non ce la faceva più. Voleva di più. Aveva sempre voluto di più e ogni tanto perdeva il controllo e si lasciava scivolare quelle parole di bocca, come quella volta quando erano poco più che due bambini, seduti al tavolino di un pub a bere cioccolata calda, mentre fuori pioveva.
Era successo quattro volte, Harry aveva dichiarato a Louis i suoi sentimenti per quattro volte, e aveva sempre ricevuto la stessa risposta, come la prima volta.
Apparentemente, sembrava non cambiasse mai nulla, sembrava che Harry e Louis fossero uguali a quel giorno al pub, che solo il loro aspetto fisico fosse cambiato, invece, ogni volta, continuava a cambiare, perché Harry si innamorava sempre di più, ed ogni rifiuto era sempre più doloroso, sempre più duro da sopportare. Aveva pensato mille volte di lasciarlo perdere, ma aveva bisogno di Louis così tanto che l’idea di allontanarsi da lui era semplicemente impensabile. Era diventato dipendente dalla luce che brillava in quegli occhi azzurri mentre guardavano verso di lui, mentre per un istante sembravano davvero perdersi, ma tornavano sempre immediatamente lucidi.
Era dipendente da quel ragazzo così pieno di emozioni e di entusiasmo per ogni cosa che faceva, come se fosse perennemente fermo a quel periodo dell’infanzia in cui ogni cosa sembra straordinaria, oppure orribile. Viveva per quegli attimi in cui apriva la porta di casa sua, o della sua stanza di albergo e si ritrovava Louis davanti, con un’espressione sovreccitata o al contrario, disperata, che si infilava nella stanza di Harry e si metteva nel suo letto per raccontargli che cosa lo avesse reso così triste o così felice.
In quei momenti, sembrava quasi che Louis non si ricordasse di quanto Harry fosse disperatamente ed inesorabilmente innamorato di lui. Sembrava che non se ne ricordasse mai, che lo dimenticasse subito dopo che Harry glielo diceva, che la sua memoria si resettasse e tornasse al punto di partenza, ogni volta.
Ed eccolo, dopo soli sei mesi dall’ultima volta, Harry era nel bel mezzo della quinta dichiarazione e come ogni volta era venuta fuori d’impeto, spontaneamente.
Ma era perfettamente comprensibile. Erano le tre di notte, Harry era sdraiato a fianco a Louis, nella sua stanza di albergo, ed erano troppo vicini. E fuori pioveva a dirotto, come la prima volta.
“E’ tardissimo.” Commentò Louis, sdraiato a pancia in su, con le mani sullo stomaco, fissando il soffitto. “Domani mattina non riuscirò ad alzarmi.” Si girò verso Harry: “E nemmeno tu.”
“E’ un modo gentile per dirmi di tornarmene nella mia stanza e lasciarti dormire?” chiese Harry, con un sorriso, senza lasciare andare lo sguardo di Louis dal suo.
“Ma non dire stronzate, puoi dormire qui.”
Harry gli sorrise: “Ok. Grazie.”
Louis stava per addormentarsi, gli occhi gli si stavano quasi chiudendo e il respiro stava rallentando. Non era la prima volta che Louis si addormentava a fianco ad Harry, nel bel mezzo di una conversazione, con il viso rivolto verso di lui, come se fosse ancora sul punto di rispondergli, ma questa volta, forse per colpa della pioggia fuori dalla finestra, o di quanto erano meravigliosi i capelli di Louis appena lavati, senza alcun tipo di prodotto che li modificasse, Harry non voleva che Louis si addormentasse, che la smettesse di parlargli.
“Non sarebbe bellissimo se avessimo un giorno libero domani?” disse la prima cosa che gli passava per la testa.
Non si aspettava che Louis fosse così pronto ad assecondare il suo bisogno di chiacchiere notturne.
“Ok facciamo così. Affidiamoci al destino.” disse aprendo completamente gli occhi. “Se domani continua a piovere cancelliamo il concerto.” disse con una risatina. “Se c’è il sole no.”
Harry gli sorrise: “Certo. Come no.” Era chiaro che stava scherzando, stava soltanto seguendo qualche viaggio della sua mente. Ed era troppo assonnato, troppo vicino, troppo profumato, troppo bello, troppo luminoso. Troppo per sopportarlo in silenzio.
“Davvero, stammi a sentire. Se piove cancelliamo il concerto. E le interviste, tutto quanto. Ci travestiamo da…boh. Ci mettiamo parrucche e baffi finti e ce ne andiamo in giro per la città a fare i turisti cretini. Compriamo souvenir idioti che non sapremo dove mettere e poi di sera torniamo in-”
“Ti amo.”
Louis si smise immediatamente di parlare, e si prese il labbro inferiore fra i denti, distogliendo lo sguardo dal viso di Harry. Era sensibilmente arrossito. Arrossiva ogni volta.
“Oddio, scusa, non volevo dirtelo di nuovo.”
Louis scosse la testa, continuando ad evitare lo sguardo di Harry.
“Scusami. Mi dispiace.” Continuò Harry.
“Non devi scusarti, è solo che…lo sai.” Disse Louis, alzandosi e mettendosi a sedere sul letto.
Harry annuì, ancora sdraiato, senza muovere un muscolo per paura di rompersi all’improvviso e scoppiare a piangere: “Lo so. Non posso farci niente.”
“Nemmeno io.” Louis fece una breve pausa. Riusciva a sentire il respiro di Harry farsi più affrettato e si sentiva peggio ogni secondo che passava per quanto stava facendo stare male Harry. Per quanto lo aveva sempre fatto stare male per tutti quegli anni. “Harry, devi provare a smettere di pensarci. Devi almeno provarci.”
“Ci provo continuamente. Non è così semplice, Lou. E’ come se combattessi continuamente una battaglia con me stesso, una specie di battaglia infinita, persa in partenza perché…perché in fondo non voglio vincerla.”
Louis sentì scomparire il respiro dal suo petto. Erano le esatte parole che avrebbe usato lui stesso per descrivere i suoi sentimenti in quel preciso momento. Credeva che Harry non si sentisse così, che fosse solo arrabbiato con lui perché non poteva amarlo. O arrabbiato col destino per averlo fatto innamorare di lui, ma non pensava che Harry stesse davvero lottando per reprimere o cambiare quello che sentiva per lui. E se era così era ancora peggio, perché riusciva a capirlo ancora meglio, riusciva a sentire distintamente il suo dolore sulla sua stessa pelle. Forse, nello stesso modo, lo stava provando anche lui.
“Questa…questa è ancora più patetica di tutte le altre volte, vero? Devo sembrarti veramente un…non lo so, un disperato.” Harry tirò su col naso e si premette le dita sugli occhi, come per ricacciare indietro le lacrime, ma non ci riusciva, era troppo tardi, ormai stava già piangendo, anche se continuava a lottare, anche in quel momento, per non farlo.
“No, Harry che cosa stai dicendo, non penserei mai queste cose di te.”
Harry si coprì la bocca con una mano, fissando il soffitto, concentrato al massimo nel tentativo di smettere di piangere.
Non riusciva a pensare a nient’altro.
Non devo piangere.
“Harry…”
Non devo piangere.
“Harry mi guardi, per favore?”
Non devo piangere.
Ad Harry venne quasi un colpo quando sentì una mano di Louis sfiorargli il viso, perché era così concentrato nel ricacciare inutilmente indietro le lacrime che non si era reso conto che si fosse avvicinato così.
Aprì lentamente la mano fino ad avvolgere completamente la guancia destra di Harry, muovendo lentamente il pollice sul suo zigomo, asciugandogli la pelle umida.
“Non piangere, ti prego, mi fai sentire una persona orribile.”
Ovviamente ottenne l’effetto contrario, Harry cominciò a piangere più forte, cercando di ripetergli “non sei orribile” in mezzo alle lacrime. Strizzava gli occhi per impedirsi di piangere, ma ancora, non ci riusciva.
“Harry…”
Louis continuava a ripetere il suo nome come se pensasse di riuscire a calmarlo soltanto così, e continuò ad accarezzargli il viso, senza pensarci, finchè non si rese conto che Harry si era aggrappato al suo polso. Era così preso dal tentativo di farlo smettere di piangere che non si era nemmeno reso conto di quanto forte le dita di Harry stessero stringendo il suo polso, trattenendo disperatamente la mano di Louis sul suo viso.
Louis cercò di sfilare il polso da quella presa, ma Harry usò anche l’altra mano per premersi le dita di Louis contro la guancia, mormorando qualche “no” mezzo soffocato dalle lacrime.
“Harry. Così ti fai solo del male.” Gli mormorò Louis, quasi sottovoce. Non voleva essere troppo duro, non voleva essere troppo freddo, ma non voleva neppure che Harry peggiorasse la sua situazione, non voleva che il momento in cui, sicuramente, Louis avrebbe dovuto andarsene e lasciarlo lì da solo, fosse ancora più doloroso.
Harry sembrò riacquistare lucidità per un secondo, rivolse uno sguardo disperato con i suoi enormi occhi verdi bagnati dalle lacrime dritto negli occhi azzurri di Louis, facendolo sentire male come non era mai stato in vita sua, e poi lasciò andare la sua mano.
Harry si voltò di scatto, dando le spalle a Louis e richiudendosi in una palla sopra le coperte, gli occhi serrati e il cervello occupato da una sola martellante voce, che continuava a ripetergli che non doveva piangere.
Louis continuava a stare in silenzio, ma Harry riusciva a sentire la sua presenza sul letto vicino a lui.
Per dirla tutta, Louis stava lottando per non allungare un braccio e seppellire le sue mani nei capelli di Harry, massaggiandogli la cute in mezzo a quella cascata di riccioli, e accarezzarlo e consolarlo fino a farlo addormentare, e farlo smettere di piangere. Aveva pianto troppo per lui, e non era giusto. Quella meraviglia non poteva piangere in quel modo, non lo meritava. Ed era sempre stata colpa sua. Ogni lacrima scesa dagli occhi di Harry da quando si erano conosciuti era stata causata da lui, dalla sua impossibilità di amarlo. Da lui, che era la persona che gli voleva più bene al mondo.
E invece se ne stava lì fermo, seduto sul letto, con Harry raggomitolato su se stesso che respirava a fatica, in preda a una crisi di pianto o di panico, Louis non sapeva bene.
Doveva starsene zitto e fermo. Si ricordava cosa era successo l’ultima volta che aveva provato a spiegargli quello che provava, durante una delle confessioni di Harry, e non era stato bello. Harry aveva pianto ancora di più, e aveva continuato a chiedergli “perché”, che era una domanda a cui Louis aveva rinunciato a rispondere da anni.
Doveva stare zitto, e lo sapeva, ma quella notte, forse era l’ora, forse era la pioggia, proprio non ci riusciva.
“Scusami. Mi dispiace che non posso amarti come mi ami tu. Non hai idea di quanto mi odio per questo. E’ solo che io…”
Non ce la faccio, Harry.
“Lo so, lo so, a te piacciono le ragazze. Dopo la quinta volta ormai l’ho imparato, è che…” Harry tirò su col naso. “Non riesco a evitarlo, non so cosa farci. Non riesco a impedirlo.”
“E’ colpa mia.”
“Non è colpa di nessuno.” Harry continuava a piangere voltato dall’altra parte, sempre più stretto in se stesso, con le ginocchia contro il petto.
Sì invece. E’ colpa mia. E’ solo colpa mia. E’ colpa mia che non sono abbastanza coraggioso da fermarmi, guardarmi allo specchio e domandarmi davvero cosa provo per te.
Louis aveva già la bocca aperta, gli mancava un istante per dirlo, per dire quella frase a voce alta, e da quel momento tutto sarebbe cambiato. Riusciva ad immaginarsi Harry voltarsi di scatto, mentre smetteva immediatamente di piangere e lo fissava incredulo con quegli occhioni spalancati. Non sarebbe mai più tornato indietro.
Si sentì mancare il respiro dai polmoni e una scarica di panico gli fece tremare le gambe incontrollatamente, e richiuse la bocca.
Non poteva dirglielo.
Non era abbastanza coraggioso da andare contro quella che era stata tutta la sua vita fino a quel momento.
Era per questo che era colpa sua. Ed Harry non poteva capirlo, non poteva capire nemmeno questo.
Si obbligò a guardare verso la finestra, i vetri rigati dalle gocce di pioggia che battevano insistenti.
“Anche la prima volta che me l’hai detto pioveva.” Buttò lì Louis, invece di continuare a stare in silenzio, e invece di dire quello che veramente avrebbe voluto dirgli.
Sentì Harry tirare su con il naso per l’ennesima volta, ma senza rispondergli.
“E piangevi così anche quel pomeriggio.” Continuò Louis. Non aspettava veramente una risposta, stava solo parlando a voce alta con se stesso.
“Io piango sempre. Non farci caso.” Borbottò Harry.
“Quella volta era diverso. Piangevi così tanto che la cameriera mi ha chiesto cosa ti avessi fatto per farti piangere così.”
Louis vide la testa di Harry muoversi mentre annuiva. “Me lo ricordo.” Disse semplicemente.
“Mi dispiace.” Aggiunse Louis ancora una volta.
“Louis” Harry si girò lentamente, e Louis era assolutamente impreparato a trovarsi di nuovo il viso del ragazzo di fronte, gli occhi gli erano già diventati gonfi ed irritati per il pianto, la punta del naso arrossata, e la tristezza, quella specie di rassegnazione al peggio che c’era nel suo sguardo uccise l’ultimo barlume di speranza che c’era dentro Louis.
“Lo so che adesso dovrei andarmene e lasciarti dormire da solo, ma…ti prego, posso restare qui? Non me la sento di stare in stanza da solo, sono troppo…non me la sento.”
Louis annuì freneticamente: “Certo. Non ti avrei mai fatto andare via, lo sai.”
Harry lo ringraziò con una vocetta flebile, e non aggiunse altro. Il silenzio che li circondava, che lasciava spazio solamente ai loro sguardi che erano ancora incatenati l’uno nell’altro, era diventato insopportabile per Louis.
“Hai sonno, vuoi metterti a dormire?” chiese Louis, di punto in bianco.
Harry annuì, e si infilò sotto le coperte, restando sull’angolo destro del letto, che ormai era diventato il suo lato, quando dormivano insieme.
Louis spense le luci e si sdraiò sulla sua parte di letto, sforzandosi di dare le spalle ad Harry, perché sarebbe stato più semplice per tutti.
Chiuse gli occhi, lasciando fuori dalla sua testa ogni pensiero.
Non gli aveva nemmeno detto buonanotte, ma non voleva svegliarlo nell’eventualità che si fosse già addormentato. Si sentiva male, si sentiva a disagio ad avere Harry addormentato a fianco senza avergli nemmeno augurato la buonanotte. Non voleva che pensasse che c’era qualcosa che non andava.
Lasciò andare un sospiro più forte, scacciando anche quegli ultimi pensieri e pregando di addormentarsi subito.
E poi ricominciò.
Una decina di minuti dopo, Harry ricominciò a piangere. Cercava di fare piano, probabilmente pensava che Louis dormisse, e non voleva svegliarlo; soffocava i singhiozzi nel cuscino, premendoci la faccia contro, Louis era riuscito a vederlo nella penombra, quando aveva girato la testa per un istante verso di lui, prima di ritornare subito a dargli le spalle.
Louis strizzò gli occhi, facendosi violenza per riuscire a non girarsi. Perché era meglio per Harry, era meglio così, era meglio se non si fosse girato.
Ma non riusciva a darsi pace. Quel suono, quel mugolio soffocato che faceva Harry mentre prendeva aria tra un singhiozzo e l’altro, era lievissimo, attutito dal cuscino, ma era il suono più doloroso che avesse mai sentito.
Si arrese dopo altri due minuti.
Si voltò, sotto le coperte, e cancellò la distanza che li separava, strisciando sul materasso fino alla schiena di Harry, di nuovo curva su se stessa.
Con gli occhi chiusi, per non rischiare di vedere le lacrime sul suo viso, gli circondò il busto con le braccia e se lo strinse più vicino, affondando il viso nei suoi riccioli, vicino al suo orecchio.
Non disse una parola, e nemmeno Harry, continuò a piangere, e Louis avrebbe pensato che non si fosse neppure accorto della sua stretta, se non si fosse di nuovo aggrappato alla sua mano appoggiata sul suo petto, mettendoci sopra la sua.
Louis non sapeva se lui ed Harry fossero mai stati così vicini. Così fisicamente stretti da permettergli di inalare completamente il profumo dello shampoo di Harry. E in quel momento se ne rese conto, mentre affondava il naso nel suo collo, che quell’odore non lo avrebbe mai più abbandonato, qualunque cosa sarebbe successa, se lo sarebbe ricordato per sempre.
Portò su le mani, fino a raggiungere il suo viso, alla cieca, e strofinando forte i polpastrelli sui suoi zigomi, per asciugarli dalle scie bagnate delle lacrime.
Fu in quel momento che Harry si girò, lentamente, tra le braccia di Louis, che era più minuto, ma in quel momento sembrava così tanto più forte di Harry da essere in grado di sconfiggere ogni cosa soltanto con un dito, come stava facendo con le lacrime sulle sue guance.
E gli occhi di Harry erano verdi, anche al buio, quasi brillavano, si vedevano distintamente, Louis poteva quasi vedere il suo stesso sguardo specchiato nelle sue iridi.
Harry era dannatamente vicino e aveva le labbra socchiuse, lievemente sporte in avanti e uno sguardo languido negli occhi, quasi spaventato da tutto quel contatto a cui neppure loro erano abituati. Louis continuava a spostare lo sguardo dagli occhi di Harry alla curva delle sue labbra, senza riuscire a smettere, senza riuscire ad allontanarsi nemmeno di un centimetro.
Chiuse gli occhi, per una frazione di secondo, e non aveva bisogno di riaprirli per rendersi conto che Harry si era avvicinato ancora, sentiva il suo respiro contro le sue labbra.
Era ora o mai più.
E a Louis venne quasi la nausea al pensiero di quello che stava per fare ad Harry.
Non avrebbe mai dovuto avvicinarsi.
Riaprì gli occhi, e gli appoggiò un dito sulle labbra, proprio mentre Harry si era spinto in avanti di quel millimetro che sarebbe stato necessario per cancellare del tutto la distanza.
Anche Harry riaprì gli occhi, di nuovo quello sguardo disperato, ferito.
“Forse è meglio per entrambi se vado a dormire nella tua stanza.” Disse, mettendosi a sedere sul letto e poi alzandosi subito, afferrando le chiavi della stanza di Harry dal comodino.
Anche Harry era scattato a sedere.
“No, Lou, aspetta, per favore non…” le parole gli morirono in gola.
Voleva dirgli ‘non lasciarmi solo’, ma si era bloccato, perché non poteva scaricargli addosso una frase del genere dopo tutte le cose che gli aveva vomitato addosso, ancora una volta, quella notte.
Non poteva semplicemente dirgli di restare con lui. Non poteva metterlo di fronte a una richiesta del genere. Richiuse gli occhi, lasciando andare il respiro che stava trattenendo da secoli e si mise di nuovo sdraiato, sotto le coperte. Doveva lasciarlo andare.
Louis si fermò un istante, a metà strada fra il letto e la porta.
Non poteva andarsene così, ancora una volta senza una parola. Non riusciva a dire quello che avrebbe voluto, ma non poteva comunque lasciarlo lì in lacrime senza aggiungere niente.
Non dopo una notte del genere.
Fece qualche passo verso Harry, finchè non gli fu perfettamente accanto. Si accucciò a fianco al letto e gli appoggiò delicatamente le labbra sulla fronte, restando fermo in questo lungo contatto, di cui aveva così disperatamente bisogno da fargli battere il cuore fuori controllo.
Pressò le labbra sulla pelle della fronte di Harry ancora più forte prima di rialzarsi, con un piccolissimo schiocco.
“Sei la persona a cui voglio più bene al mondo Harry.”
E uscì dalla stanza, senza guardarsi un’altra volta indietro.
 
 
 
 
La mattina dopo Harry si svegliò con un piccolo sorriso dipinto sulle labbra, si sentiva bene, con il cuore leggero per qualche motivo che non aveva ancora realizzato.
Aveva il naso completamente affondato nel cuscino e un profumo familiare gli invadeva le narici, era quel profumo la causa del benessere di Harry, così lo inalò profondamente, senza aprire gli occhi.
Sapeva di shampoo alla vaniglia, di acqua di colonia, e di…Louis.
Harry spalancò gli occhi, la leggerezza immediatamente svanita, sostituita da un senso fortissimo di disagio.
Si spostò i capelli dagli occhi, tirandosi su e guardandosi intorno. Era nel letto di Louis, si erano scambiati le stanze perché Harry piangeva troppo per riuscire a muoversi, e Louis non voleva rimanere nella stessa stanza con lui.
Si alzò dal letto, indeciso se scendere a colazione o buttarsi direttamente dalla finestra.
Non voleva vedere Louis, aveva paura di vedere la sua reazione a tutto quello che era successo la sera prima.
Al diavolo.
Quella era solo una delle tante dichiarazioni di Harry, sarebbe stata soltanto una in più, probabilmente nemmeno l’ultima. Non sarebbe cambiato niente.
Aprì la valigia di Louis, tirandola fuori da sotto il letto, e si infilò un paio di pantaloni della tuta, che gli andavano corti di almeno quattro dita sulle caviglie, e una maglietta pulita.
Trascinò i piedi giù dalle scale fino alla sala del buffet per la colazione.
Non prese nulla da mangiare e si avvicinò al tavolo dove già aveva localizzato gli altri e una buona parte del loro staff.
“Buongiorno Harry!” la voce squillante di Niall lo salutò per primo. Harry rispose con un cenno collettivo, non era sicuro che la sua voce fosse sufficientemente salda per parlare.
Si guardò attorno per un istante, per trovare la sedia più vicina, e in quel momento incrociò gli occhi di Louis, che gli sorrise, tranquillo, tamburellando con la mano sulla sedia vuota vicino a lui, invitandolo a sedersi.
Harry represse un sospiro.
Come se nulla fosse successo.
Come ogni volta.
In fondo, come sempre, era meglio così.
Harry ricambiò il sorriso e si sedette vicino a Louis.
“Ti ho tenuto il posto.” Gli disse il castano, con un tono fiero, come se avesse compiuto un gesto eroico per lui.
“Grazie.” Harry aveva ragione, la sua voce non era salda per niente e dovette schiarirsela un paio di volte.
“Allora.” Cominciò Louis, parlando a voce bassa, per cominciare una conversazione solo con lui, che non coinvolgesse nessun altro. “Ci tocca a fare il concerto, eh?”
“Come?” Harry era ancora un po’ confuso dal sonno, o dalla notte prima.
“C’è il sole.” Spiegò Louis “Avevamo detto che se fosse piovuto saremmo scappati insieme per fare i turisti.”
Scappati insieme. Certo. Harry si sentì girare la testa.
“Oh. Giusto.” Gli sorrise e fu in quel momento che Harry si rese conto che Louis indossava i suoi vestiti.
Ed era normale, Harry continuava a ripetersi. Si erano scambiati la stanza, e di conseguenza anche le valige, Louis si era messo i suoi vestiti nello stesso modo in cui Harry si era infilato i suoi. Ma vedere Louis scomparire dentro i suoi pantaloni troppo lunghi, e il pensiero che quella maglietta avrebbe avuto il suo odore, una volta restituita, faceva battere il cuore di Harry decisamente troppo forte.
Evidentemente anche Louis aveva notato i vestiti, oppure aveva indovinato la causa dello sguardo un po’ perso di Harry, e si chinò sul tavolo, per parlargli all’orecchio: “I miei pantaloni ti vanno corti.” Lo guardò meglio. “Ma ti stanno bene.”
Harry non riuscì ad evitare di sorridere al complimento. “Anche tu stai bene con i miei vestiti.”
Louis fece una risatina, offrendogli un morso di ciambella che Harry rifiutò educatamente. Aveva lo stomaco chiuso.
“Mi piace scambiarci le cose.” Aggiunse Louis a bassa voce, con lo sguardo che luccicava, come se gli stesse confessando un enorme segreto.
Erano completamente isolati dalla conversazione che si stava sviluppando al tavolo, attorno a loro, come se loro due fossero chiusi dentro la loro bolla personale, e Louis lo stava guardando in un modo così intenso che ogni suono estraneo a loro due sembrava affievolito, per Harry.
Era tutto come al solito. Louis stava ignorando la notte prima, come faceva ogni volta. Non sapeva perché ma Harry sentiva che quella volta non riusciva a sopportare nemmeno questo. Sapeva che Louis si comportava così per non fargli pesare quello che era successo, per impegnarsi a non cambiare niente fra loro due, ma questa volta era diverso.
La notte prima, lui e Louis si erano quasi baciati. E sarebbe potuto andare avanti per tutta la vita a negarlo, Harry non se ne sarebbe dimenticato mai. Lo aveva quasi baciato, e Louis ci aveva messo tanto, troppo tempo a tirarsi indietro, come se non fosse completamente sicuro di volersi tirare indietro.
Harry non riusciva a toglierselo dalla testa.
“Non ho fame. Torno in stanza.” Disse Harry, come seguendo un riflesso incondizionato. Non voleva veramente andarsene, voleva restare lì seduto vicino a Louis, ma il suo cervello urlava. Aveva bisogno di staccare, un istante.
Percorse il corridoio quasi di corsa, senza nemmeno riflettere sul fatto che sarebbe dovuto tornare in camera di Louis, perché non aveva la chiave della sua stanza.
“Harry.”
Il riccio sentì una familiare sensazione di caldo alla bocca dello stomaco, soltanto per quel modo di pronunciare il suo nome che aveva soltanto Louis quando lo chiamava ad alta voce. Quella specie di ‘Harreeeh’, con il suo forte accento del Nord.
Harry si fermò ma non si voltò.
Non trascorse neppure un secondo, che ogni molecola d’aria sparì dai polmoni di Harry, in un istante, appena sentì i passi di Louis correre per raggiungerlo lungo il corridoio, e subito dopo le sue mani allacciarglisi strette attorno alla vita.
Lo stava abbracciando stretto, da dietro, con la testa appoggiata al retro del suo collo, ed Harry riusciva a sentire il suo respiro sfiorargli il collo e mandargli una scarica di brividi lungo tutta la spina dorsale.
“Sei arrabbiato con me?” chiese, dopo qualche interminabile secondo, senza muoversi di un millimetro.
Harry sospirò, chiudendo le mani sopra quelle di Louis, intrecciate sopra il suo ombelico.
“No, non sono arrabbiato.” Mormorò, stando attento a non muovere la testa per non rompere quell’incredibile incantesimo.
“Avevo paura che fosse per…” Louis fece una piccola pausa. “Per ieri sera.”
Harry quasi sobbalzò. Era la prima volta che Louis menzionava una delle dichiarazioni di Harry il giorno dopo. Le ignorava sempre, e faceva finta di non capire quando Harry provava a parlarne.
“Non potrei mai essere arrabbiato con te.” Gli disse Harry, per tranquillizzarlo e per non farlo sentire in colpa, dato che era certo che era a questo che stava pensando in questo preciso momento.
Louis respirò più forte, e strinse ancora un po’ di più le braccia attorno ad Harry: “Mi dispiace veramente. Darei qualsiasi cosa per poterti fare felice.”
Harry incastrò le sue dita fra quelle di Louis, e le accarezzò piano, muovendo il pollice lentamente.
“Non è colpa tua.”
“Quindi non sei arrabbiato?”
Harry si sciolse in un sorriso. Adorabile. Louis era assolutamente adorabile. E lui non poteva farci niente, era inesorabilmente innamorato di lui, e lo sarebbe stato sempre.
“No. Smettila di chiedermelo, stai tranquillo.” Gli rispose, e solo in quel momento Louis si decise a sciogliere la stretta.
Gli sorrise, ed Harry non riuscì ad evitare di chiedersi se Louis si fosse accorto di avere ancora la sua mano sinistra intrecciata in quella di Harry.
Con la terribile sensazione di stare per rovinare tutto ancora una volta, Harry decise di approfittare di quel momento di tenerezza e di quella loro vicinanza per cercare di avere una risposta alla domanda più importante: “Louis…quello che è successo ieri sera, quando noi…”
Non riuscì nemmeno a finire la frase.
“Non è successo niente ieri sera.”
Louis lo interruppe, con un tono deciso e definitivo, ed a quel punto Harry ne era certo, non ne avrebbero parlato mai più.
L’espressione sul viso di Harry cambiò drasticamente in un secondo scarso, non riusciva a nascondere la rassegnazione che quelle parole di Louis gli avevano causato.
E anche Louis se ne accorse, se ne accorse immediatamente, e gli sorrise, un sorriso largo, luminoso, perché voleva vederlo sorridere a sua volta.
Harry lo fece.
Quando Harry sorrideva ogni cosa andava meglio. Finchè continuavano ad essere amici, a sorridersi, a scambiarsi i vestiti, e a scherzare insieme, per Louis era più facile evitare le domande. Tutte quelle domande che, lo sapeva, prima o poi un giorno avrebbe dovuto affrontare.
Non riusciva a spiegarsi il perché di tante cose. Perché aveva voglia di avere sempre Harry accanto in ogni piccola cosa che faceva? perché non riusciva a lasciare andare Harry anche se continuava a fargli del male? Che cosa c’era in lui che lo faceva sorridere non solo ogni volta che lo aveva accanto, ma anche ogni volta che qualcuno soltanto lo nominava?
E quella mattina, a quelle sue solite domande se ne era aggiunta un’altra.
Perché, la notte prima, quando erano abbracciati sotto le coperte, non si era allontanato subito quando Harry si è avvicinato per baciarlo? Perché ha aspettato l’ultimo secondo e perché, quando lo ha fermato, gli sembrava fosse la cosa sbagliata?
Aveva ancora la mano in quella di Harry. Abbassò lo sguardo, per osservare per un istante le loro dita intrecciate, prima di districare le sue e sciogliere quell’ultima stretta.
Dal corridoio si riuscivano ancora a sentire le voci provenienti dalla sala del buffet. Liam si stava domandando ad alta voce dove fossero finiti.
Louis lasciò andare un sospiro, senza smettere di sorridere verso Harry, perché sapeva che finchè lui avrebbe sorriso, anche Harry lo avrebbe fatto.
Senza dire niente, tornò verso la sala, facendo un cenno con la testa ad Harry, per invitarlo a tornare indietro e a seguirlo.
Ed Harry lo fece.
L’avrebbe seguito sempre.
E mentre lo guardava sedersi di nuovo al suo posto e scherzare a voce alta con Liam, lanciandogli pezzetti di ciambella, e girandosi di tanto in tanto verso Harry, per accertarsi che lui lo stesse guardando, il riccio capì che, nonostante tutto, quella era solo una giornata come le altre.
Louis scoppiò a ridere con Liam, ed Harry scosse la testa, sorridendo, senza togliergli per un secondo gli occhi di dosso.
Era felice e triste nello stesso momento.
Tranquillo e terrorizzato.
Non era cambiato niente.




Halo. 
Se volete un finale meno appeso di questo, come ho detto prima, andatevi a leggere I can only give you love that lasts forever :) 
Baci a tutti 
Ire.

P.s. Se avete del tempo da perdere fate un passo sulla mia nuova Long: Grainfield.

p.p.s. : AUGURI GIOOOOOOOOOOOOOO <3 LA MIA BABYCAKES HA 23 ANNI OGGI <3 E io per tutta risposta ti regalo sta roba triste piena di drama xD

 
  
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