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Autore: eleCorti    29/10/2015    0 recensioni
Sequel della mia storia "Viaggio nel tempo". Sono passati dieci anni da quando Bardack è approdato nel futuro ed ha incontrato suo figlio, ma gli manca qualcosa: il suo popolo. Venuto a conoscenza dell'esistenza delle sfere del drago, chiederà a Shenron di resuscitare i sayan, ma avrà fatto bene? Che cosa accadrà a Bardack? E Goku e gli altri come la prenderanno? Che cosa succederà alla Terra?
Genere: Avventura, Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bardack, Goku, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati dieci anni da quando Bardack era approdato nel futuro, e ormai si era abituato alla vita terrestre. Aveva sviluppato un bel rapporto con suo figlio Kakaroth, o meglio Goku, come veniva chiamato da tutti, aveva visto crescere i suoi nipoti Gohan e Goten, con i quali si era dimostrato sempre gentile, ed era anche diventato bisnonno (Gohan, sposato con Videl, aveva avuto una bellissima bambina di nome Pan di quattro anni).
Aveva anche imparato le abitudini terrestri, ma ovviamente non volle mai rinunciare alla sua coda, che gli ricordava la sua razza; proprio per questo non usciva mai quando in cielo splendeva la luna piena, per evitare di trasformarsi in oozaru.
Qualche volta indossava anche gli abiti terrestri, che a suo parere erano assai strani, ma molto spesso preferiva mettere la sua adorata battle suite, perché stava molto comodo.
Insomma Bardack era la persona più felice del mondo: aveva avuto la possibilità di conoscere suo figlio e di avere con lui un rapporto splendido; aveva ricominciato una nuova vita con la sua nuova famiglia, che lo aveva accolto a braccia aperte.
Ma dentro di sé provava una sensazione di vuoto: gli mancava sua moglie Seripa, la sua squadra, che aveva visto morire quel, ormai, lontano giorno per mano di Dodoria, suo figlio Radish, al quale non aveva potuto dire nemmeno addio; insomma gli mancava il suo popolo, i sayan.
Quanto avrebbe voluto rivederli almeno una volta, ma sapeva che ciò non era per niente possibile, pensava male, ovviamente.
Sentì bussare la porta, e fu riportato alla realtà: nella sua stanza buia, sdraiato sul suo letto a osservare lo scuro soffitto, costernato dalle ombre dei mobili.
“Avanti!” esclamò, volgendo lo sguardo verso la porta chiusa.
“Nonno scendi, è pronta la cena” disse il sedicenne Goten, facendo capolino dalla porta.
“Arrivo!” replicò il sayan, alzandosi dal letto e raggiungendo il nipote.
Sedutosi a tavola, il moro iniziò a divorare tutto ciò che era contenuto nel suo piatto: un gustoso pesce, pescato personalmente da Goku, grigliato al barbecue.  
Bardack mangiava con più ingordigia rispetto al solito, poiché voleva ritornare nella sua stanza a riflettere; aveva persino deciso di saltare l’allenamento serale con il figlio.
“Ho finito!” esclamò, alzandosi in piedi.
“Aspetta papà, non vieni ad allenarti con me?” domandò Goku.
“No, non me la sento stasera” rifiutò il padre.
Il moro sgranò gli occhi sorpreso: non era da suo padre rifiutare di allenarsi. Lui era un sayan puro ed era perciò nella sua natura il desidero di combattere.
“Qualcosa non va?” chiese, difatti, preoccupato.
“No” rispose il padre, dando le spalle al figlio.
Salì le scale che lo separavano dalla sua stanza, ansioso di ritornare nel suo letto, ma suo figlio lo aveva seguito; non era un tipo brillante e sveglio, ma capiva se c’era qualcosa che non andava, e secondo lui suo padre aveva un problema.
“Aspetta!” esclamò, afferrando la sua spalla e facendolo voltare per la sorpresa.
“Dimmi Kakaroth” disse, voltandosi totalmente verso il figlio.
“Dimmi cosa c’è che non va” lo esortò a confessare.
Il sayan sbuffò: non poteva più tacere, forse sfogarsi con suo figlio gli avrebbe fatto bene.
“Mi manca tua madre e la mia squadra. Mi mancano i miei amici” disse, con un tono triste, ma cercando di mantenere un’espressione indecifrabile.
Il sayan sorrise, allora era questo ciò che ossessionava suo padre. Ebbe compassione per lui, ma voleva anche conoscere sua madre.
Ne aveva sentito parlare dal genitore tempo addietro e aveva capito che era come lui: dolce e ingenua ed era proprio per questo che il padre se ne era innamorato.
“Beh un modo per farli tornare c’è” ammise Goku.
Sul volto di Bardack si dipinse un sorriso per la troppa gioia.
“E qual è?” domandò, impaziente di sapere la risposta.
“Esistono le sfere del drago che possono esaudire qualsiasi desiderio” rispose il figlio.
“Anche resuscitare i morti?” chiese speranzoso il moro.
Goku annuì.
“E dove sono?” domandò ormai avido di sapere.
“Sparse per il mondo. Ma le possiamo trovare facilmente, grazie al dragon radar che ha Bulma” spiegò il figlio.
“Perfetto, allora andiamo subito a cercarle, così riporteremo in vita il popolo sayan!” esclamò il moro entusiasta.
Goku sussultò: non era questo il motivo per il quale aveva deciso di aiutare il padre, e non poteva permettere di far risorgere i sayan, perché altrimenti le conseguenze sarebbero state troppo pericolose per la Terra.
“No!” esclamò, con tono deciso e che non ammetteva repliche.
“Cosa?” urlò, adirato, Bardack.
“No, non posso aiutarti, perché sarebbe troppo pericoloso per la terra!” replicò il figlio.
“Kakaroth ascolta, se sono cambiato io, possono farlo anche gli altri” cercò di fargli cambiare idea il sayan.
“No, non poso rischiare” restò fermo sulla sua decisione Goku.
Bardack si arrabbiò; dopo tutto questo tempo suo figlio non si fidava di lui? Non era ammissibile ciò.
Ma era sempre intenzionato a conseguire il suo obbiettivo, poiché gli mancava troppo la sua gente, per questo, colpì il figlio, che aveva abbassato la guardia, allo stomaco, facendolo piegare in due per il dolore, per poi alzarsi in volo e sfondare il tetto.
Goku si teneva l’addome dolorante, mentre dalla sua bocca uscì un rivolo di sangue che si riversò sul pavimento.
Era preoccupato per il padre e sperava che non commettesse sciocchezze per il bene della Terra.
Nel frattempo Bardack decise di andare nella città dell’ovest a prendere questo dragon radar, così avrebbe finalmente potuto cercare le sfere del drago.
Giunse davanti al grande edificio della Capsule Corporation in cui abitava il suo principe e vi atterrò.
Percorse il lungo giardino fino ad arrivare davanti all’ingresso, facendo aprire le porte scorrevoli, e vi entrò.
Non c’era traccia di Vegeta e di suo figlio, né tantomeno di Bulma e lui non sapeva dove andare a cercare quello strano oggetto.
“Bardack!” esclamò una voce a lui famigliare.
“Principe Trunks” disse, inginocchiandosi al suo cospetto.
“Dai ti prego alzati, sai che non lo sopporto” disse il ragazzo, imbarazzato.
E il sayan eseguì “l’ordine” del suo amato principino.
“Sto cercando il dragon radar” confessò, capendo che non aveva alcuna speranza di trovarlo da sé.
“Mmm.. non dovrei dartelo senza saperne il motivo, ma visto che ormai ti conosco da una vita, so che userai le sfere per scopi nobili. È nel laboratorio, vieni con me” disse il ragazzo dai capelli viola.
Poi scese le scale che conducevano al laboratorio di sua madre seguito da Bardack. Una volta giunti lì e dopo le innumerevoli ricerche di Trunks, finalmente il sayan stringeva tra le sue mani il famoso dragon radar.
E dopo essere ritornato all’ingresso, salutò il suo principe.
“Grazie principe” disse grato.
“Prego, ma chiamami Trunks” lo rimproverò il giovane.
Poi Bardack si librò in cielo, partendo alla ricerca delle sfere del drago. Quel misterioso oggetto funzionava davvero; lo condusse, infatti, da tutte le sfere.
Certo aveva percorso tutto il globo terrestre, foreste, ghiacciai, vulcani, persino il fondale marino, ma alla fine ce l’aveva fatta.
E aveva impiegato tutta la notte per prendere quelle magiche sfere, riposte in luoghi improponibili, come l’interno di un vulcano.
Riunì le sette sfere vicino a un lago, l’ultimo luogo che aveva ispezionato per trovare l’ultima sfera mancante.
Le sfere, messe una accanto all’altra, iniziarono ad illuminarsi, e Bardak, pensando che bastasse solo esprimere il desidero, iniziò a parlare.
“Ti prego esaudisci il mio desiderio: resuscita i sayan” disse, inchinandosi davanti ai magici oggetti.
Ma non successe niente, si sentì solo il soffiare del vento.
“Non funziona così!” esclamò una voce, il cui proprietario avanzava da dietro i cespugli.
Il sayan si alzò in piedi, dirigendosi verso il misterioso piccolo uomo che si stava avvicinando a lui.
“E tu chi sei?” domandò, scettico.
“Sono Pilaf” rispose il piccolo uomo.
“E tu sai come si usano queste sfere?” chiese Bardack.
“Sì” rispose.
Poi si avvicinò alle sfere ed alzò le braccia in alto, pronto per recitare la formula, che ormai sapeva a memoria.
“Appari drago Shenron!” gridò.
E le sfere s'illuminarono, il cielo si fece improvvisamente buio, come se fosse notte e davanti agli occhi dei due, appari un enorme drago verde e dagli occhi rossi.
“Sono qui per esaudire i vostri desideri” disse il drago, con una possente voce.
“Ti prego fa risorgere i sayan!” chiese Bardack.
“Sarà fatto” disse Shenron.
Poi i suoi occhi s’illuminarono e subito dopo, davanti a loro apparsero i sayan, tutti, nessuno escluso.
Il desiderio di Bardack era stato esaudito, ma aveva fatto bene a riportare in vita, uno dei popoli più spietati della galassia?
 
 
   
 
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