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Autore: Colli58    29/10/2015    4 recensioni
Quel viaggio verso l’oceano in burrasca serviva a riguadagnare un po’ di intimità. C’erano state poche occasioni per loro stessi da quando avevano deciso di avere un figlio e in fondo tornare nella casa al mare per un po’ di coccole, proprio dove tutto aveva avuto inizio, era così romantico a pensarsi.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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Castle si svegliò lentamente. Il corpo non gli rispondeva del tutto. Si rigirò alla ricerca di Kate che non era nel loro giaciglio. Si passò la mano sul viso e poi guardò l’orologio. Erano passate le otto. Si era addormentato dopo che loro… beh… che lei… wow! Era stata proprio di parola: aveva preso le redini del gioco e l’aveva trascinato in un momento a luci rosse stratosferico. Chissà dove riusciva a trovare tutte quelle energie nel suo stato. Il suo desiderio di fare così tanto sesso era sorprendente, insomma era incinta e particolarmente calda, entusiasmante. Si diede una sonora pacca sulla fronte dandosi del perfetto idiota! Che ci faceva ancora lì a speculare sulle sue fortune di maschio invece di alzarsi e cercare Kate? Poteva stare poco bene e non averlo voluto disturbare. Tipico di lei in fondo.
Con poca grazia rotolò fuori dalle coperte calde cercando i suoi boxer tra la confusione delle lenzuola. Ancora intorpidito saltellò incespicando mentre tentava di infilarseli. Si raddrizzò e si passò una mano tra i capelli, cercando di sistemare il suo ciuffo che aveva preso una piega strana a causa della posizione in cui aveva dormito.
Kate aveva mangiato della frutta e spazzolato completamente il cioccolato, probabilmente aveva avuto fame dopo la loro ultima performance.  Mugugnò compiaciuto con un’espressione vacua. “Ancora oggi non ne ho idea…” Si disse cercando qualcosa di lei in quel caos. Il piccolo reggiseno con le coppe a forma di naso suino era ancora appoggiato sul bordo del divano. Le stavano veramente bene e lo istigavano a morsicare senza ritegno le sue rotondità.  
Si diresse verso il bagno. La chiamò a voce alta e lei rispose dalla parte opposta. Era in cucina. Castle tornò sui propri passi massaggiandosi le braccia intirizzite. Kate rise vedendolo spuntare dalla porta quasi nudo e arruffato.
“Non hai freddo?” Gli chiese scuotendo il capo. Lei aveva indossato i suoi leggins ed era fasciata in un cardigan di lana. Pensò di aver dormito troppo visto che Kate si era sistemata e aveva avuto la fantastica idea di preparare la cena. Aveva fame.
“Ti stavo cercando… Che cosa cucini?” Avvicinandosi si chinò a baciarla con un nuovo desiderio di contatto fisico.
“Stai Bene?” Valutò soffermandosi ad assaporarle le labbra che sapevano di menta.
“Tutto Ok. Potrei essere incinta giusto un po’ di più!” Mimò con le dita e gli fece l’occhiolino. Lui strabuzzò gli occhi annuendo calorosamente.
“Sì, dalla tua foga potremmo aver generato dei gemelli.” Sentenziò sotto lo sguardo attento di Kate.
“Castle - Ego… Bentornato.” Castle sbuffò in tutta risposta volgendo gli occhi al soffitto.
“Ho preparato un insalata mista e ora del sugo per la pasta. Hai fame?” Aggiunse evitando di dargli corda sull’argomento. “Sì, da morire.”
Lei lo sospinse verso l’uscita. “Vestiti prima di raffreddarti, poi rischi di contagiare me e…”
“Non sono così gracile.” Lei lo fulminò con lo sguardo.
Lui alzò le mani in segno di resa. “Ok, ok! Faccio una doccia e torno agghindato a dovere!”
Kate rise e con una sferzata del canovaccio lo sculacciò allegramente.
“Non riesci a togliermi gli occhi di dosso.” Ridacchiò abbandonando la stanza con un andatura ciondolante e sciocca. “E per la cronaca, difficile che con te io mi raffreddi…” La sola voce udibile in lontananza.
Kate espirò compiaciuta: fare leva sul suo senso paterno era più facile del previsto, se ne sarebbe ricordata. Tornarono con prepotenza i pensieri di qualche ora prima, mentre lo aveva guardato dormire.

Aveva appena chiuso gli occhi cullata dal suo respiro. Stava bene al contrario di Castle che era esausto.
La musica si era fermata, solo il temporale che si allontanava era il sottofondo imperante. C’era qualcosa di molto rilassante. Aveva ascoltato con attenzione i suoni nella stanza, assimilandone la sensazione di pace. Riaprendo gli occhi aveva scrutato il viso di suo marito, rigirandosi pigramente verso di lui.
Dormiva sereno, lunghi placidi respiri. Vederlo rilassato era un piacere per la sua anima. Non era sempre così.
Delle cose che dovevano accadere a breve, quella della sua partenza era un pensiero che le procurava ansia. Anche se per pochi giorni, avrebbe sentito la sua lontananza. Inoltre detestava pensarlo dormire in un letto senza di lei e sentiva anche una leggera fitta di ingiustificata gelosia nell’immaginarlo attorniato da giovani donne sbavanti. Una situazione così assurda eppure così reale. Il timore era latente, come diceva lui. Un fuoco sopito sotto le ceneri, ma pronto a divampare. Assurdo l’esserne perfettamente consapevole ma non riuscire ad usare la razionalità di cui si era sempre fatta scudo per scacciare i timori, perché? Che cosa poteva accadere ancora?
C’erano stati avvenimenti che non promettevano nulla di buono per il distretto, lei ne era coinvolta e Castle li viveva direttamente con tutti loro, buttandosi sempre a capofitto nelle sue avventure.
Qualcuno stava cercando di sabotare l’immagine del distretto mediante Denver. Voleva capire se lei stessa era stata presa di mira con l’intento di usarla e usare la gelosia di Castle come destabilizzante, oppure se l’interesse di quel coglione fosse solo un caso. Non le andava giù l’idea di essere stata manipolata.
Al rientro a New York avrebbe cercato di scoprirlo, doveva trovare il modo di estorcere maggiori informazioni.
Uno dei problemi principali era ovviamente l’essere sotto esame, non le permetteva di agire con la libertà necessaria. L’agente Brady non le avrebbe permesso di strapazzarlo a dovere, ma forse la Gates…
Altra piccola difficoltà era, se così poteva definirla, il comportamento di Rick: non avrebbe certo gradito che lei si avvicinasse a quello schifoso anche solo per un interrogatorio. Se avesse interferito in qualche modo Brady avrebbe preso provvedimenti, come giustificarlo? Era stato chiaro che la condizione perché accettassero il suo avanzamento di grado fosse che Rick dovesse essere tagliato fuori.
Tutte stronzate ovviamente, ma lei non poteva opporsi... La disciplinare non era nemmeno al corrente che Castle si era già adeguato per permetterle di fare carriera. Quante persone lo sottovalutavano. E comunque stava divagando, doveva concentrarsi sul da farsi.
Il viaggio di Rick cascava a fagiolo ma d’altro canto non voleva nemmeno nascondergli qualcosa, si sarebbe alterato nello scoprire il suo piano in seguito, il che era sicuramente una situazione ben più grave. La cosa migliore era di accennargli le sue intenzioni, ma come affrontare il discorso? Con la necessaria giustificazione avrebbe anche accettato il suo tentativo, imponendogli la condizione di essere presente ad un eventuale interrogatorio e non era sicura di avere abbastanza tempo.
Castle era testardo e non avrebbe mollato facilmente. Testardo e adorabile ragazzone, aveva pensato mentre studiava le sue espressioni nel sonno. Rimproverava Castle per quanto inquietante fosse ma aveva carpito il significato di quell’attitudine: contemplare di qualcosa di prezioso, proteggere. Davvero piacevole in verità.
Un involontario viaggio a ritroso nei ricordi le aveva riportato alla mente grandiosi battibecchi e piccole fisiche rivincite sulla sua loquacità impertinente, momenti di tensione e di trasporto, imbarazzo e dolcezza. La sua attenzione continua, il suo modo di sdrammatizzare. Quante cose erano rimaste felicemente tali anche dopo le nozze.
Allora non avrebbe avuto scrupoli sul da farsi. Ma adesso c’era lui, insieme avevano affrontato molte difficoltà e tornare ai vecchi metodi non era più contemplabile.
Invidiava a Castle la capacità di lasciarsi le cose alle spalle più velocemente di quanto lo facesse lei. Quantomeno riusciva ad archiviarle e andare avanti al contrario di lei che ci tornava in continuazione, col rischio di incrinare il proprio equilibrio. Doveva lei stessa imparare a farlo per vivere meglio, ma non era facile.
Aveva anche tutte le migliori intenzioni di renderlo un padre felice e un marito orgoglioso nonostante le innumerevoli preoccupazioni, il lavoro non sarebbe stata una passeggiata anche con un avanzamento di carriera. Castle sperava in qualcosa di meno rischioso ma era ancora un’incognita. C’era anche il loro futuro a portata di mano: reale, sicuramente non facile. Ma era fiduciosa. Lo aveva detto lei? Ok, non poteva permettersi momenti di negatività!
Sperava di riuscire a trovare in fretta quel “modo magico” per far funzionare le cose con l’aiuto di suo marito, contava molto su di lui. E aveva ancora una fottuta paura!
Con tutti quei pensieri in testa si era rannicchiata più vicino a Castle che si era mosso nel sonno. Un paio d’ore di pace erano una piacevole prospettiva se non teneva conto delle nausee.
Si era dovuta alzare in fretta e si era recata in bagno. Che dire, le nausee non erano sempre mattutine dopotutto.
Altra assurdità che non aveva ancora metabolizzato era quell’andamento altalenante: un minuto prima vomitava l’anima e due minuti dopo aveva fame da lupi. Le contraddizioni del corpo ma anche quelle dell’umore, sentirsi forte e poi vulnerabile per il malessere. E soprattutto sentirsi completamente coinvolta con Rick come se… Non osava nemmeno pronunciare quella frase che la faceva somigliare ad una ragazzina alla prima cotta!
Tolse il sugo dal fuoco e ci mise una padella d’acqua. Valutò il tempo che richiedeva solitamente a Rick per sistemarsi. Il tempo per buttare la pasta. E sì. Lui, l’uomo che le sembrava di amare in modo nuovo. Come se si fosse innamorata ancora di lui.
Oh, dio. Dirlo la faceva sentire così ridicola: una clamorosa nuova cotta per l’uomo che già amava senza riserve. Lo voleva come il primo giorno senza i dubbi che normalmente l’avrebbero colpita in quella situazione, ovvero la tentazione di darsela a gambe. Già, otto anni prima si sarebbe fatta di nebbia.
Accadeva in un momento dove le era richiesta massima concentrazione. Doveva dimostrare il suo valore, seguire un caso importante, focalizzarsi sul progetto di avanzamento che si era prefissa. E sul mettere al mondo una creatura.
Si sentiva egoista a pensare di volere tutto insieme, soprattutto perché sapeva fin troppo bene chi ne avrebbe portato il peso. Facile. Indubbiamente.
Non si accorse, così presa dai propri pensieri, che Castle era fermo sulla porta e la stava osservando in silenzio.
Quando si voltò e lo vide, si sentì in colpa. Stava pensando a se stessa ed al lavoro e lui sembrava averlo intuito. Lo sguardo dolce, seminascosto dal ciuffò dei capelli umidi che ricadevano sul suo viso e la mascella ancora incorniciata dalla barba. Fin troppo sexy a vedersi.
“Non sono riuscito a farti staccare dal lavoro per molto, una mia piccola sconfitta.” Mormorò inclinando il capo.
“Niente patemi Castle, sai che la situazione è seria…” Disse con un velo di ironia e lui socchiuse gli occhi senza perdere quel sorriso di comprensione nei suoi confronti.
Si mosse verso di lei. “Durante il viaggio di nozze ti ho fatto staccare per quanto… tre giorni? Un vero record! Mai replicato.” Disse con un tono così pacato tanto che Kate pensò di averci sentito un velo di tristezza.
Si scambiarono uno sguardo intenso ed entrambi conclusero con risata complice.
Kate alzò le mani. “Lo so, volevi una giornata tutta coccole.”
“E tu eri d’accordo.” Replicò Castle. La raggiunse per poi annegare il suo dito indice nella salsa e assaggiarla con interesse. “Mmmm buono!” Disse leccandosi le labbra. Si appoggiò al bancone e avvicinò la testa alla fronte della moglie. “Facciamo che proviamo a distrarci ancora per un po’?” Suggerì addolcendo lo sguardo. Lei allungò la mano e la fece scivolare sulla gota ispida di Rick.
“Non avevo voglia di tagliarla. Per te va bene?” Si giustificò l’uomo di fronte alla suo silenzio.
Lei finse di pensarci ma continuò ad accarezzarlo. “Mmm. Sì.”  Gli occhi di Castle si illuminarono.
“Solo fino alla tua partenza. La farai ricrescere al tuo ritorno.” Era determinata.
Castle rivolse lo sguardo verso il vetro di un armadietto che gli fece da specchio. “Niente male!” Scherzò. Tornò a voltarsi verso di lei che intanto aveva fissato gli occhi al soffitto.
La tirò a sé. Lei affondò le mani sul suo torace e ci appoggiò la testa. “Solo per te di ritorno da Montreal. Ma intanto starai attenta?” Kate giocherellò con la sua felpa. L’odore di lui era inebriante. Un’ondata di sensazioni la investì e sentì uno sfarfallio nello stomaco. Cos’è che non voleva ammettere poco prima?
“Rick… non volevi… eh?” Ironizzò cercando di concentrarsi su quello che stava facendo.
“Sei la mia causa persa, ma ti amo comunque. Se vuoi parlarne facciamolo. Io sono preoccupato quanto te.”
Cosa stavo dicendo? Ecco, dopo quella frase desiderò ritrascinarlo a letto. O magari approfittarne lì, proprio sul bancone della cucina.
Kate ispirò e sollevò la testa dandosi una calmata. Si girò e buttò la pasta. “Prepari la tavola che ci sediamo a cena? Qualche minuto e ci siamo.” Disse in tono neutro, strinse le labbra compiaciuta tornando alla cucina.
Castle se ne accorse, fece una smorfia obbedendo semplicemente agli ordini. Era anche una donna pratica. Il necessario quando serviva! 
Preparò una bella tavola per due, tovaglia rossa e bicchieri di cristallo. Una candela. Piatti di ceramica bianca.
Poi tornò da lei, l’aiutò a scolare la pasta e a condirla. In silenzio aspettò che lei fosse libera dagli impegni culinari e poi la baciò all’improvviso sospingendola con dolcezza verso il bancone con le sue grandi mani ad incorniciare il suo viso ed il corpo appoggiato a quello di lei. Era una necessità che stava procrastinando da troppi minuti.
“Se è per la cena, prego.” Mormorò Kate quando le labbra si separarono.
“Non è solo per la cena…” replicò. Un altro bacio e poi una risata sommessa.
“Posso dartene un altro per il vino?”
Kate scosse il capo. “Di questo passo la pasta si fredda.”
“Ok, rimandiamo a dopo.” Accettò.
Castle percepiva la sua preoccupazione. La voleva distrarre per una manciata di ore quindi Kate si impegnò nel cercare di concedergli la pace che cercava per quella sera. Era più che giusto. Si mossero lentamente verso la tavola. Castle raccolse la pirofila contenente la pasta e lei prese insalata e pane.
Sedettero e Kate allungò le gambe sotto il tavolo, stiracchiandosi.
“Mi sembri in forma tesoro, tutto ok quindi…” mormorò Castle.
“Ho avuto un momento di crisi dopo che noi… ma è passato velocemente. Mi lascia un po’ indebolita e la sensazione di vertigine è fastidiosa.” Chiarì Kate.
“Scusa se ogni tanto sono ripetitivo. Perché lo sono vero?”
Lei annuì ed enunciò cantilenando: “devo mangiare il necessario e devo… beh… farti partecipe se sto male. Ma vedi non è nulla di grave.” Minimizzò infine.
“Non mi hai svegliato prima.”
“Non è niente e tu dovevi dormire.” Castle rimase a bocca aperta.
“Wonder woman non cede mai.” Disse ridendo. “Dovevi essere tu a...” Allungò una mano cercando la sua. “Hai bisogno di riprendere le forze.”
“Già.”
“Dai..” Abbozzò Castle.
“Stai diventando troppo melenso.” Rise prendendolo in giro.
Castle annuì. “Ora mi scolo una bottiglia ed impreco.” Si meritò una linguaccia.
Kate si concentrò sul proprio piatto. “Anche io penso a come saremo quando ci sarà un bambino, non credere.”
“Fa in modo di tornare a casa presto, metti al sicuro la pistola e vieni a farti coccolare.” Arricciò il naso.
“Non sarai più infantile del piccolo?” Gli fece l’occhiolino.
Castle rise, sorvolando sulla suscettibilità del proprio ego. “Magari mamma ed Alexis potrebbero occuparsi del piccolo e noi… fare le prove per fabbricarne un altro!”
“Sono di due mesi, lasciami il tempo di mettere al mondo il primo e imparare a gestirlo prima di speculare sul secondo.” Quanto era impaziente!
“Tre, il numero perfetto.”
“Proporrei… che so, in anni diversi?”
“Il round di prima ha lasciato -me- molto ispirato.”  Sottolineò Castle divertito.
Kate assottigliò lo sguardo. “Ho letto un po’ di quel manuale mentre dormivi…”
“Sui nomi?”
“No, sul sesso in gravidanza.”
Castle si umettò le labbra. La sua partecipazione lo divertiva. “Una sorta di variante del Kamasutra. Stuzzicante comunque.” 
“Diciamo che sono felice di avere molte opportunità se ne avrò voglia.”
“Mi sembra non ti manchi.” Kate rise con gli occhi furbi e lui si morse un pugno.
“Non voglio smettere di avere i nostri… pisolini periodici, ma volevo che Abel fosse al sicuro. Che non rischiasse...”
“Abel Castle. Non è un grandioso? Pensi che lo prenderai in seria considerazione?”
Kate annuì assorta.
“Quando rientriamo a casa ti metto i dvd della serie sulla scrivania dell’ufficio. Se avrai tempo…” Ammise assaporando la cena. Aveva così fame e nemmeno se n’era accorto preso com’era da lei.
“Te l’ho promesso.” Replicò Kate. “Tu però… tagli la barba.”
Lui piantò gli occhi nei suoi, un po’ sorpreso. “Ti intriga?” Sibilò espirando.
“Troppo.” Puntualizzò lei. Lo disse cercando di dissimulare il suo interesse guardando oltre il vetro della finestra.
La tempesta si era placata colorando il cielo scuro di luci rossastre nei riflessi lontani delle nuvole. Il sole era tramontato alle loro spalle da molto, ma ad alta quota le nuvole si tingevano di una innaturale sfumatura.
“Per mercoledì sarò liscio come il fondoschiena di un pupetto!” Replicò Castle soddisfatto ma non contento si poggiò con il gomito sul tavolo e si sporse verso di lei.
“Ti piace anche se punge? Soprattutto quando io…” Inclinò la testa e la indicò con fare cospiratorio. Castle era contradditorio in certe cose: a letto era privo di tabù, descriveva perfettamente la sessualità sulla carta, ma non era esplicito verbalmente con lei fino a che non finivano tra le lenzuola. Allora non aveva più i filtri del bon ton, fisicamente e verbalmente. Kate sorrise sorniona.
“Lascia giudicare a me...” Ripose puntando il dito indice sul mento di lui e lo accarezzò in modo sensuale. Castle deglutì ma continuò a parlare. Anche lei ci sapeva fare nel provocarlo. Era un bel gioco.
Non doveva pensare alla voglia di tornare ad avvolgerla nelle lenzuola.
“Ti piaccio anche con gli occhiali...” Aggiunse. Kate scosse il capo sconfitta dalla sua vanità.
“Avevo paura che invecchiando avrei perso il mio fascino mentre a quanto pare semplicemente si sta trasformando. Non che io sia vecchio ovviamente, sono ancora nel fiore...” Partì con un soliloquio che Kate preferì non seguire.
Lo stava perdendo: era volato via col suo ego.
Lei sbocconcellò del pane mentre Castle gustava avidamente il suo piatto. Volse ancora gli occhi alla finestra, distraendosi da lui che continuò ad osservarla ammutolendosi.
Quando avvertì il suo sguardo addosso, lo lasciò fare per alcuni minuti fino a che sbottò.
“Sputa il rospo marito…”
“Sono tutti piuttosto preoccupati, l’altra sera hai parlato a lungo in ufficio con la Gates.” Valutò con calma osservando il suo piatto semivuoto.
“Pensi davvero che ci sia una cospirazione dietro a quanto accaduto con Denver e il dodicesimo?”
Lei lo squadrò sorpresa. Perché aveva voluto tornare sul discorso lavoro?
Castle alzò le spalle, stringendole. “Ci stavi pensando prima e ci stai tornando ora.” L’anticipò.
“Kate sto per essere escluso dal tuo lavoro, ma non per questo intendo rimanere all’oscuro.” Spiegò con una serietà tale da farla deglutire per la tensione.
Castle prese un altro boccone della sua pasta. Poi posò la forchetta e si pulì la bocca con il tovagliolo.
Beckett sorrise. “Lo so.”
“Allora non farlo. Voglio essere partecipe comunque.”
“In questo momento non so a cosa pensare. Devo trovare il modo di estorcere informazioni da Denver e…” fermò una qualsiasi reazione di Castle afferrandogli la mano. “E spero che la Gates agisca. Ma non posso permettermi che tu…”
“Che io crei qualche casino?” Finì lui mentre lei sbuffava, era arrivato al punto prima del previsto.
Non le piaceva quello che doveva fare, Denver le faceva rivoltare lo stomaco ma doveva conoscere la verità.
“Hai dei sospetti? Voglio dire il nuovo procuratore è un mezzo idiota e se non c’è qualcosa in ballo… Perché il dodicesimo? Perché noi…” Castle strinse la sua mano.
Le luci soffuse segnavano gli occhi lievemente cerchiati di Kate. “Non ne ho idea. A meno che…” Alzò lo sguardo su suo marito, mordendosi le labbra.
Castle negò con la testa. “Se Bracken provasse ad alzare la testa lo sapremmo.”
“E come potremmo saperlo? Il carcere di massima sicurezza non gli dà molte chances ma non possiamo sapere se ha complici…”
“No, no…” Rispose Rick convinto. “Non è lui.”
“Sembri così sicuro, come fai ad esserlo?” Lei si sporse avanti, leggermente tesa.
Castle si grattò la nuca. “Il tentativo non è nel suo stile. E poi diciamo che qualcuno me lo direbbe.” Lo sguardò interrogativo della donna lo congelò. Adesso doveva dirgli quella cosina, quel regalo di nozze un po’ insolito ma a lui molto gradito. Solo che Kate non ne era proprio a conoscenza.
“Che cosa intendi?” I toni erano quelli di un interrogatorio e a lui non piaceva l’idea di essere dall’altra parte del tavolo.
Castle fece una smorfia. “Ti ricordi di Dino?”  Gli occhi di Kate si fecero scuri. “Il mafioso?” Ebbe in risposta solo un sorrisetto teso. “Quel Dino del caso di babbo natale di tre anni fa?” Incalzò.
Castle annuì. Sgomenta, Kate si tirò indietro con la sedia, allontanandosi dal tavolo. Guardò suo marito senza profferire parola ma con un lieve istinto omicida. Certe volte riusciva perfino a capire alcune delle ragioni che motivavano i colpevoli nei suoi casi. Come poteva aver fatto un patto con un dannato mafioso?
“Senti, non è nulla di che. Dino ha uno dei suoi rinchiuso nello stesso carcere federale, sconta un ergastolo.” Spiegò un po’ agitato. “Per il nostro matrimonio mi ha fatto una sorta di regalo…” Castle sentiva dolore fisico ogni volta che lo sguardo di Beckett si intensificava. Stava per infuriarsi. Scosse le mani.
“Il suo uomo avrebbe controllato Bracken per noi e ci avrebbe fatto sapere qualcosa in caso lui cercasse di muoversi.” La sedia scottava come un vulcano in eruzione. Kate poteva diventare un vulcano in eruzione.
“Non è un vero e proprio patto… Solo una cortesia?” Si sbilanciò ma Kate sembrava dovesse esplodere da un momento all’altro. Lo stava trapassando con lo sguardo, si masticava il labbro cercando di calmarsi e Castle arrivò ad uno stato di prostrazione tale da sembrare davvero dolorante.
“Perché non me lo hai detto?” Mormorò scandendo le parole.
“Perché ti stavo per sposare e perché dopo è successo quello che è successo… E me ne sono dimenticato.”
Lo sapeva che non era la giustificazione migliore e in effetti faceva proprio schifo. Ma era la verità. E poi la considerava una situazione favorevole. Un’opportunità da non sottovalutare.
Lo sguardo di biasimo di Kate non si mitigò di fronte al suo, sinceramente dispiaciuto.
“Non gliel’ho chiesto io, me lo ha detto lui…”
“L’hai anche incontrato?” Incalzò Kate. Gli andò per traverso una foglia di insalata. Tossicchiò e Castle si mosse nella sua direzione ma il suo slancio venne freddato da un’atmosfera gelida che all’improvviso era calata nell’ambiente.
“Mi ha fatto una telefonata e… basta. Una sola, di pochi secondi. Mi ha detto solo il necessario, mi ha fatto gli auguri e fine.” Spiegò gesticolando così vistosamente da mettere a nudo tutto il suo nervosismo.
Kate rimase in silenzio mentre Castle cercava di rimediare alla sua stupida uscita. Se n’era dimenticato e l’occasione gliel’aveva riportata alla mente, ma non era una cosa così negativa.
“Kate, non volevo nascondertelo. L’avevo scordato. Però pensaci. Se tornasse agli affari noi lo sapremmo in tempo. So che non è nelle tue corde, che la mia conoscenza di questo individuo ti potrebbe mettere in cattiva luce, ma non è intenzionale.” Guardò Kate con serietà. Sembrava delusa e doveva spiegarle il suo punto di vista, il suo pensiero, perché non si sarebbe sentito in colpa per aver accettato un aiuto nel preservare la loro tranquillità.
“Bracken vorrà vendicarsi di noi, di te…” Lei ebbe un guizzo con gli occhi.
“Castle, questa storia ora potrebbe rovinarmi la carriera e non dovevi nascondermelo.”
“Se provasse a vendicarsi, è la tua vita ad essere in pericolo!” Replicò lui. “E non solo la tua.” Aggiunse.
Kate sapeva fin troppo bene di cosa stesse parlando e che aveva ragione.
“Chi vuoi che lo venga a sapere? E poi Bracken è pericoloso anche in prigione. Con tutti i soldi che ha accumulato negli anni potrebbe trovare il modo di riorganizzarsi. Insomma…” Castle si alzò e prese dal bancone una bottiglia di vino già aperta. Se ne versò un sorso e lo bevve. Poi tornò a guardare Kate che aveva l’espressione di quando era perfettamente calata nel suo ruolo di poliziotto, quindi preoccupante.
La vide alzare gli occhi su di lui, con la lentezza di una fiera in caccia. Oh, sì, l’alcol era necessario per poter trovare uno slancio di positività e intravedere qualche schiarita.
“Quali sono i termini? E’ tutto qui? Castle lo devo sapere…” Aggiunse seria.
Tornò a sedere di fronte a lei. “Non ci sono termini. Mi ha detto solo che il suo uomo avrebbe riferito di cambiamenti e movimenti strani. Non so altro. Dino è un tipo vecchio stile, mantiene le promesse perché è una questione d’onore.”
“Ti fidi?”
“Non è che io voglia assicurarmene, ma penso di potermi fidare.”
Certi argomenti restavano maledettamente tabù per entrambi e nonostante i due anni, quelle ombre facevano ancora leva su di loro. Castle si calmò. La vide rilassarsi lentamente però lui si sentiva una vera bestia ad aver rovinato la loro serata. Sperava di avere ancora qualche opzione per renderla più leggera.
“Beh… Preferisco avere una chance di trovarmi pronta nel caso che quel figlio di puttana faccia una mossa piuttosto che ignorarlo. Non voglio tornare ad essere un bersaglio, nessuno di noi.” Commentò Kate, cercando di stemperare il suo malumore.
“Mi dispiace.” Si scusò Castle. Kate si passò la mano tra i capelli e li sollevò dalla fronte. “Voglio che tu sia sincero con me. Se dovesse accadere…”
“Te lo direi subito.” Finì Castle.  “Ho bisogno di saperti al sicuro, ma non farei mai nulla per metterti nei guai.”
Lo sguardo di Kate si addolcì.
“Beh, di solito mi metto nei guai da solo…”
“Parole tue…” Sottolineò Kate additandolo.
“Ma tu lo faresti? Dirmi la verità se ci fossero altre piste?”
Kate fece un sorriso timido. “Certo…”
Castle abbassò gli occhi lievemente dispiaciuto. C’era un qualcosa di non completamente onesto nella sua risposta. Un tentennamento che sapeva essere tipico di lei nell’affrontare certi argomenti come l’omicidio di sua madre. Era il suo più grande tabù, il suo lato oscuro.
Se quell’ombra si fosse allungata nuovamente su di loro, forse lei avrebbe agito come allora. Sperava solo di riuscire a essere coinvolto. Ma non ne era così certo.
“Certo” ribadì quindi per cercare di convincersi, lei colse il suo dubbio. Non seppe che dire di primo acchito.
Era fin troppo facile immaginare che Castle si sarebbe fatto in quattro per la loro famiglia, lo conosceva. Lei stessa dubitava delle proprie certezze di fronte a certi argomenti. Uno di questi era Bracken ed il suo entourage.
“Sincerità per sincerità Kate, niente azioni avventate.” Mormorò Castle fissandola.
“Castle…” Rispose lamentosa. Lui le scoccò uno sguardo di rimprovero così da farla sentire a disagio.
Era tutto l’insieme, non solo perché un mafioso aveva fatto loro un regalo di nozze e la sola idea era imbarazzante, non era tipo la figlia di Sinatra! Quel discorso era spigoloso, controverso tra loro e Castle era tornato silenzioso seduto davanti a lei con la mascella serrata. Brutto segno perché il suo cervello stava correndo troppo.
Era anche sulle spine volendo cercare di risolvere quello scontro tra loro il più velocemente possibile.
“C’è un lato piuttosto utile di questa cosa…” Castle fece un sorriso sghembo, poi si alzò per riportare il suo piatto al piano della cucina.
“Ehi…” Lo richiamò preoccupata. “Ci devo pensare su...”
Castle si girò gesticolando. “Dino è come un qualsiasi informatore, vedila in questo modo.”
“Non è proprio la stessa cosa!” Sbottò.
“Solo perché non lo pago? Se può farti star meglio gli mando dei soldi…” Castle sorrise e lei lo fulminò. Alcune volte fare il pagliaccio con lei pagava, ma si vedeva che era combattuta dalla sua stessa natura.
Nella sua vita di poliziotto gli informatori erano spesso stati d’aiuto. Avere un piccolo vantaggio aveva la sua indubbia utilità. Non le piaceva il modo però come biasimarlo? Con tutto quello che avevano passato, i rischi ed il dolore, le ferite e la paura. Quel maledetto avrebbe ridotto la sua vita ad un vero incubo se permetteva al tarlo del dubbio di farsi strada nella sua mente. Castle era anche fin troppo consapevole della sua debolezza su questo argomento.
“Maledizione…” Sibilò. In quel momento avrebbe voluto dar calci ad un bel sacco.
“Non voglio vederti trascinare indietro…” Rick usò un tono più pacato. “Guardarsi le spalle, fuggire come ladri… Essere un bersaglio.” Ecco, aveva avuto lo stesso pensiero. Kate si alzò e lo raggiunse. Annuì di fronte a lui stringendosi addosso il cardigan.
“Dovrei sempre fidarmi del mio partner… ma soprattutto di mio marito.” Mormorò.
Come avrebbe potuto vivere senza la sua presenza a farla sentire viva? La faceva esasperare e nonostante tutto era l’unico in grado di smuoverla da certe sue fissazioni.
“Dovresti.” Rispose lui abbracciandola.
Lei si lasciò stringere e accarezzò dolcemente la sua schiena.
“Se è come dici tu non si tratta di lui, quindi il punto è un altro.” Replicò Kate.
“Il punto è che non permetterò a nessuno di riportarci a quel periodo e userò tutte le mie carte migliori per questo scopo.” Tornarono a sedersi silenziosi. Stavolta l’uno accanto all’altra e non di fronte.
“Facciamo un gioco, vuoi?” Propose Rick facendo brillare gli occhi.
Kate disse di sì e attese con curiosità che enunciasse la sua idea. Giocherellò con la forchetta e Castle accanto a lei si mantenenne guardingo.
“Ci diciamo tutto quello che vorremmo fare ed essere. Ma che riguarda noi… io e te.” Spiegò.
“Tipo?”
“Beh… Vorrei essere libero di portarti fuori quando voglio. A cena, al cinema, a teatro. Non soltanto quando non ci sono assassini da inseguire.” Spiegò con candore. “Mi piacciono le indagini per omicidio, l’eccitazione della caccia... Ma se non posso stare con te?” Alzò le spalle e sgranò gli occhi.
Kate sorrise e gli fece una smorfia. Le indagini senza la sua logorroica presenza potevano perdere il loro fascino.
“Tocca a te!”
Kate strinse le labbra. “Avere il modo di fare più ferie, noi soli.” Lui la guardò con curiosità.
“Andiamo Beckett, so che puoi fare di meglio.”
“Anche tu sei partito largo però.” Replicò Kate.
“Ah, beh se la metti così… Voglio poterti baciare in pubblico quando voglio, anche se a te non piace. E non è che me lo permetti spesso…”
“Ho un’immagine da mantenere.” Lo punzecchiò divertita. La tensione si stava stemperando.
“Lo dici a me Beckett? Tu qui negli Hempton’s? Tu che hai guadagnato il nomignolo di Achab?”
Kate sbuffò. “Ci stava provando con te e le avrei spalmato quel nasino rifatto sugli zigomi.”
“Violenta con le possibili rivali. Sì.” La sua voce provocante, roca a stuzzicarla di nuovo. Kate lo fissò.
“Non ci saranno rivali.” La sua risposta era decisa e ferina.
Castle sentì la sua autostima decollare. Dio, quella donna gli faceva ribollire il sangue.
“Per inciso ho adorato quella sera. Ogni minuto di quella serata dopo che hai dato il ben servito a quei due viscidi. E’ proprio di questo che parlo!” Disse con entusiasmo.
“Castle…” Lo richiamò Kate, cercando di mitigare la propria ilarità.
“E poi essere mia moglie ti fa acquistare solo punti. La mia immagine non la consideri?”
“No, tu sei notoriamente un folle. La tua immagine non è in discussione, è quasi una certezza nella follia.”
“Ma mi hai sposato!” Sottolineò con enfasi.  “La tua immagine è legata la mia. E anche al mio lavoro. Sei la mia musa!” Si difese con un acuto.
Kate allargò le mani. “Quest’ultima cosa non l’ho scelta io.”
“Ti piace…” Castle fece scivolare la punta del suo naso sul viso di lei. “Ti piace… e anche molto. Non rigirare la frittata.” Sibilò sulla sua guancia.
Kate rise rumorosamente. “Ok babe, quindi che cosa vuoi fare?” Le diede una piccola spinta con la spalla.
Castle prese un grissino dalla tavola e se lo mise in bocca come un sigaro. “Tocca a te.”
Lei sorrise. Inspirò e gli stropicciò il viso irsuto. “Io vorrei che tu fossi meno preoccupato per me.”
Lo sguardo di Castle tornò a farsi serio. “Questo non te lo posso promettere.”
“Continuare la tradizione serata schifezze in centro? Gravidanza permettendo ovviamente.”
“Ovviamente” Rimarcò Castle. “Anche se diventerai un pezzo grosso e berrai solo chardonnay?”
“Tequila, nachos e jalapenos non vanno mai fuori moda.”
“Burritos. Cosa darei ora per averne uno. Comunque sono d’accordo.”
“Ma perché io e te finiamo sempre col parlare di cibo?”
Castle negò. “Parliamo anche di omicidi. Molto più spesso in effetti.”
“Ma a parte gli omicidi finiamo la giornata con il cibo.” Valutò Kate.
“E con il sesso.” Puntualizzò Castle gongolando. “Ovviamente quando non sei distrutta dalla fatica. Mi sembra il minimo necessario alla sopravvivenza quotidiana.”
Kate sorrise. Il minimo per sopravvivere era una magra consolazione. La fatica di certi giorni aveva senso solo alla risoluzione del caso, ma prima ancora se la giornata si chiudeva con un pasto decente e le braccia di Rick. Il loro letto. Il suo rifugio dal mondo. Lui che le procurava piacere anche quando non sarebbe riuscita a reggersi in piedi.
“Poi tu mi vizi…” Aggiunse con una voce tra l’infantile e il giocoso e lui sospirò. “Dovrò pure farti scaricare tutta la tensione che hai in corpo altrimenti rischio di essere aggredito nel sonno.”
“Castle non soffro di sonnambulismo.” Valutò stupita.
“C’è sempre una prima volta. E poi parliamo di tutto e niente… Come fanno le persone normali.” Lo facevano davvero, ma quante volte erano finiti a parlare di futuro in quegli ultimi giorni?
“Sai…” Prese a dire Kate a bassa voce. “In questi giorni ho la nitida percezione che la mia vita sia ad una svolta.”
Castle annuì. “Credo sia così per entrambi dopotutto.” Aggiunse ascoltandola con attenzione.
“Ricordo ogni volta che mi sono sentita così dopo la morte di mia madre.” L’ansia pervase la sua voce, rompendole il respiro. Ecco cosa aveva da quando era tornato in cucina.
“I cambiamenti sono arrivati senza nemmeno accorgermene.” Mormorò. “Anche se li ho voluti…”
Castle deglutì.  “Abbiamo fatto presto. Per il bambino intendo…”
“Ah, ah… Non riattaccare con la faccenda dei girini.” Castle alzò le mani negando.
Si mosse sulla sedia, guardando il viso di lei con un interesse quasi morboso. Le scrutò i piccoli segni sulla fronte e intorno alle labbra. Allungò una mano e fece scorrere il polpastrello sugli zigomi di Kate. “Ci sono stati momenti di cambiamento anche piuttosto importanti in questi anni.”
Kate inspirò annuendo con il capo. “Il giorno in cui sei entrato nella mia vita.”
“Sarà stata una giornata favolosa!” Scherzò sorridendole. Era riuscito un po’ nel suo intento, ovvero farla parlare di sé più di quanto facesse solitamente.
“Contraddittoria in verità. Come il giorno che sei tornato dopo essere stato via per mesi. Sentimenti così opposti, però intuivo che qualcosa stava cambiando.” Alzò gli occhi su di lui e la donna forte di sempre lasciò spazio a una creatura più timorosa. Non era proprio elegante da pensare in un suo momento di fragilità, ma Castle pensò che fosse meravigliosa. “Hai ancora paura.”
“Mai quanto sapere della tua scomparsa nel giorno delle nozze.” Si umettò le labbra. “Sì. So che da domani cambieranno troppe cose.”
“Non sai se ti senti pronta per tutto.” Finì Castle con la sua consueta semplicità. Spesso le sembrava che Castle portasse avanti la loro vita insieme mentre lei si affannava con il lavoro. Lui la curava, la nutriva, si occupava della casa, dei loro interessi, organizzava le serate, la riempiva di attenzioni che lei godeva pienamente ma che, in un modo o nell’altro, non riusciva mai a ricambiare. Perché non aveva tempo, c’erano sempre casi da risolvere e cose importanti da seguire.
Kate prese la sua mano giocherellando con la fede che lui portava al dito. “In questi anni non ti è pesato? Questo modo di vivere… Occuparti di noi?”
Castle spalancò gli occhi sorpreso.  Lo stava chiedendo davvero? “Nemmeno un giorno. Ho giocato molto a Sims... Prima ancora con il tamagotchi. Sono allenato.” Scherzò di nuovo. “Lo so che non conosci a quanto ammonta il saldo del conto in banca e non ti interessa, ma ci sono cose più importanti.”
“Tipo?” Lo invitò a continuare. Era davvero curiosa.
“Starmi vicino, ispirarmi e soprattutto essere la mia parte mancante. Mi diverto, la vita è sempre un’avventura e… beh, sei uno schianto di donna. Posso guardarti nuda ogni giorno. Eh?”
“Stupido.” Rise espirando divertita.
“Sto cercando di farti capire che so di doverti dare spazio. Se mortificassi quello che sei riducendoti ad una casalinga annoiata non saremmo qui. Quindi vada per la ballata del tamagotchi.”
“Che?”
“Posso occuparmi di te, di noi, seguire il nostro benessere quando sei presa. Ma quando sei libera…” Ondeggiò il capo sorridendo. Kate si mosse verso di lui cercando maggior contatto col suo corpo. Lo abbracciò. Il discorso non faceva una piega ma lei così si sentiva anche più in colpa e desiderò con tutta sé stessa essere una moglie migliore. Ce l’avrebbe messa tutta. Percepiva la serietà di Castle sebbene avesse cercato di tenere brioso e leggero il tono della conversazione, la sua voce era morbida e confortante, proiettando su di lei tutta la sua attenzione.
“Questo timore è normale? Tu che ci sei passato…”
“Io sono ancora terrorizzato da quando ho avuto Alexis.” Kate scosse il capo. Avrebbe fatto di tutto per farla stare bene.
“Ce la caveremo.” Castle puntò il dito indice sulla fronte di Kate, muovendolo in senso circolare. “Scordati che tu possa mai stancarmi. Dopo la fatica che ho fatto per metterti un anello al dito?”
Kate attese che lui arrivasse al dunque, al vero fulcro del discorso, quello serio.
“Adoro occuparmi di te. Sei una donna irrequieta, ti conosco, ma hai preso la decisione di essere madre e l’ho amata dal primo istante, quindi conto che tu ci sarai. L’unica cosa che voglio…” Ripeté con fermezza.
“Oh, dio me lo avrai detto decine di volte.” Alzò la testa e sfregò la fronte sul suo viso. “Voglio fare del mio meglio ma ogni tanto mi sento affogare...”
 “Capisco. Ci sono state volte che ho pensato di impazzire sperando che prima o poi avrei imboccato la strada giusta.”
“Con Alexis?”
“Anche con te.”
“Hai fatto qualche casino… parecchi, ma non hai sbagliato del tutto.”
“Ma non lo sapevo. Brancolavo nel buio, non c’erano certezze in entrambi i casi.” Spiegò con calma. Castle sorrise e lei lo colpì bonariamente sul braccio.
“Tutto questo per dirmi che è normale avere crisi di panico? Anche dopo tutti questi anni?” Si sentiva sciocca e vulnerabile e lui si atteggiava, ma soffriva della stessa vulnerabilità.
“E’ così. Poco fa eri arrabbiata con me. Quando sei così non sempre so che fare. Improvviso il più delle volte. Grazie a dio funziona. In ogni caso non voglio mai smettere di condividere le cose. So che avrai dei segreti sul lavoro, ma con me potrai sempre parlare.”
“Partner, sempre. Comprese le follie?” Concluse Kate.
Castle posò la mano sul suo ventre, le baciò, la testa con un gesto tenero. “Senza follie che gusto ci sarebbe!”
“E’ un modo per chiedermi di tenerti informato sugli avvenimento della settimana?”
Lui annuì spavaldo. “Non ti si può nascondere nulla!” Esclamò simulando stupore.
Non ci era cascato, ma a Kate doveva sempre lasciare il tempo necessario per metabolizzare l’esternazione dei suoi sentimenti. Lo faceva con una tenerezza tale da generare un fragore assordante in lei. Il sangue che pulsava e lo stomaco in completo subbuglio nonostante le sue battutacce.
Comunque le nuvole se n’erano andate sia dentro la cucina, in cui stavano ora in silenzio assaporando il momento, sia fuori, sopra l’oceano. Era rimasta la comprensione e lo humor con cui Rick riusciva a renderla tranquilla. Kate si aggrappò alla spalla di lui, inspirando il suo profumo.
Fu lei e rompere il silenzio.
“Lo so che è puerile, però vorrei che mia madre fosse qui… a darmi consigli, ad aiutami nelle piccole cose…” Mormorò.
Le accarezzò la schiena e la tenne stretta. “Sono sicuro che lei veglia su di te.”
Tornò a cercare il suo sguardo. Loro erano così, in sintonia ma opposti.
“Vorrei tanto riuscire a renderti più serena a riguardo…” continuò a dire Castle con dolcezza. Kate prese il suo viso tra le mani. Baciò la sua fronte, il suo naso e poi le sue labbra. Come dirgli a parole che lui era tutto ciò di cui aveva bisogno? “Mi dai molto più di quanto immagini.” Lo baciò di nuovo.
Si scambiarono uno sguardo di intesa.
“Facciamo ordine e poi ci rimettiamo davanti al camino? Tv?” Chiese Castle.
“Ordine, poi coccole… La TV la lasciamo per un altro giorno.” Si alzò dalla sedia con un buonumore crescente.
Merito di Castle.
Rick la seguì occupandosi delle stoviglie sporche mentre Kate si dedicava ai fornelli e alle padelle.
“Domani mattina partiamo verso le sei?” Chiese quindi Kate e il viso di Castle si animò di una smorfia.
“Eh…?”
“Tranquillo, ti sveglio io…”

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Ciao a tutti! Sopravvivo e mi scuso per tante cose: il capitolo molto lungo, il ritardo mostruoso, l'assenza da tutto e non aver nemmeno commentato tante storie molto interessanti.
Un capitolo conclusivo in positivo. La stagione otto mi sta facendo rotolare gingilli che non ho sul pavimento, confido in uno sbocco con più storia e più humor, nonchè cervello.
Eh si. Un abbraccio a tutti colori che sono arrivati fin qui!
Tamagotchi Castle!
Anna

  
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