Fronte e mani poggiate
lungo il confine bianco tra il nostro non essere
e l'esistere in diverse unità.
Dita che sfiorano semplice cemento,
nascondente il più scuro dei Vuoti
e il più vasto universo.
Cercami,
tra milioni di anni e pianeti,
seguendo ciò che abbiamo costruito.
Non le vedi?
Scie di costellazioni in frantumi,
di un blu più scuro di quello degli abissi.
Rincorrimi fino a riprendermi,
e per mano condurmi tra la folla
in un posto che non ci appartiene,
così lontani da tutti e da casa.
Allons-y.
E si ripartirebbe da dove non avevamo ancora cominciato,
a rincorrere supernove sconosciute e ad appartenere a qualsiasi e a nessuno posto.
Ascoltala.
L'azzurra melodia dell'universo.
Seguila, seguimi e salvami.
Riaprimi il cuore, gli occhi, la mente e ripescami dal caos antimateriale che sono diventata,
un cacciavite basterà
e con esso il tuo sorriso gentile.
Fammi riscoprire che niente è come sembra
che l'universo è irrefrenabile e il tempo mai perduto,
che tra milioni di mondi il mio posto l'ho trovato
dietro una porta blu,
dove irrimediabilmente ti troverò sempre.
A condurci saranno i moti di ogni sistema solare esistente,
di questo e di quell'altro mondo.
Non avrò paura dell'immenso
se sarai il mio Dottore.