EPILOGO
Marin Reigan aveva perduto la nozione del tempo.
Quanto ne era passato dall’ultima volta che aveva visto i suoi amici vivi? Quanto a lungo aveva vagato senza meta, muto e sconvolto, nella vana speranza di incontrare anima viva?
E ancora, dato ciò che era successo, aveva ancora senso andare avanti? Camminare, camminare, un piede davanti all’altro, fino a che le gambe non avessero ceduto e non fosse crollato a terra senza forze?
A un tratto si rese conto che i suoi passi barcollanti l’avevano condotto davanti alla porta della sala comune; da dietro l’uscio chiuso sentì un suono soffocato, come una risata trattenuta.
C’era qualcuno, allora?
Qualcuno era ancora vivo in quell’enorme cimitero di vetro e metallo?
Senza riflettere, col cuore in gola, spalancò la porta.
Dentro, l’oscurità era assoluta e soffiava un vento gelido e impetuoso.
“Then whoosh went the wind, | and out went the lights…” si sorprese a mormorare “And five little pumpkins rolled out of sight”.
Poi, d’un tratto, udì il rumore secco di un interruttore che scattava e una frazione di secondo più tardi una luce abbagliante lo accecò.
Sbatté le palpebre un paio di volte prima di riuscire a vedere di nuovo e quando la vista gli si schiarì spalancò la bocca e rimase muto, incapace di articolare parola.
Perché davanti a lui stavano - vivi, vegeti e terribilmente divertiti – Jamie, Oliver, Raita, Bannister e la Quinstein. Alle loro spalle scorse di sfuggita l’intero equipaggio della base… uomini e donne che a fatica cercavano di non scoppiare a ridere.
“HAPPY HALLOWEEEEEEEEEN!!!!!” urlarono tutti, in coro.
Prima che Marin riuscisse a dire qualcosa, Raita lo afferrò energicamente per un braccio e lo trascinò dentro. Jamie gli mise sotto il naso un bicchiere di punch e Oliver gli assestò una pacca sulla schiena che per poco non lo fece cadere a terra.
A quel punto, un tecnico di laboratorio col viso cosparso di lentiggini non ce la fece più a trattenersi e scoppiò a ridere.
Come quando una piccola crepa s’ingrandisce pian piano fino a far crollare l’argine di un fiume, così l’ilarità iniziò a serpeggiare tra i presenti: una dopo l’altra, quelle brave persone si sdraiarono sul pavimento reggendosi la pancia per il gran ridere.
Ne morirono due.
Uno dei superstiti osservò, riprendendo fiato: “Santo cielo, che faccia!”.
Oliver bevve un sorso di vino e sorrise.
“Allora, amico” domandò a Marin, guardandolo negli occhi “Cosa risponderai la prossima volta che qualcuno ti chiederà: dolcetto o scherzetto?”.
FINE
Note&credits: Lo so. Lo so. Sono pessima, questo povero ragazzo non lo lascio in pace manco nei giorni di festa…
Il racconto riprende l’idea di base dell’episodio “E non rimase più nessuno” di Lamù, che a sua volta citava “Dieci piccoli indiani”.
Vi lascio qui il testo della filastrocca delle zucche: Cinque piccole zucche stavano sedute su un cancello/ la prima disse: “Si sta facendo tardi”/ la seconda disse: “Ma non importa”/ la terza disse: “Ho visto delle streghe volanti”/ la quarta disse: “Scappiamo!”/ la quinta disse: “Siamo pronti per il divertimento”/ Poi soffiò forte il vento e si spensero le luci/ e le cinque piccole zucche rotolarono via”.
Spero vi abbia divertito questa storiella un po’ crudele (i protagonisti si sono certamente divertiti… tranne Marin), grazie a chi legge, ma soprattutto grazie a innominetuo, che continua a seguire queste folli fic.
E buon Halloween! Muahahahahah....