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Autore: Supernavy97    01/11/2015    2 recensioni
Diceva di non capirti, si sbagliava.
Diceva di odiarti, si sbagliava.
Diceva di volerti uccidere, si sbagliava.
Ma sentiva di amarti, e su questo non si sbagliava.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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noi; di quello che eravamo e di quello che è rimasto

Ciao a tutti,
vorrei premettere che questa fanfiction non tratta la veritiera storia del manga, ma una mia rivisitazione in quanto non mi è piaciuto particolarmente il finale scritto da Kishimoto. La storia resta uguale fino all’inizio della guerra, ma poi prosegue in modo diverso, sia per quanto riguarda Orochimaru (di cui ho trovato senza senso il cambiamento, Orochimaru buono ma dove?!) sia per il finale della storia in generale che ora non vi spoilero.

Inoltre, il verbo "amare" può avere diverse interpretazioni, sia una romantica, che semplicemente una in cui è un termine usato come rafforzativo dell'amicizia tra i due personaggi, a voi la scelta.
In conclusione spero che la storia vi piaccia, grazie mille e buona lettura!






Noi;
di quello che eravamo e di quello che è rimasto.

 

Diceva di non capirti, si sbagliava.
Diceva di odiarti, si sbagliava.
Diceva di volerti uccidere, si sbagliava.
Ma sentiva di amarti, e su questo non si sbagliava.

 

***

 

La vita è preziosa, ti hanno sempre detto.
La morte distrugge, ti hanno sempre ricordato.
Eppure mentre cammini per i sentieri irregolari dei boschi che circondano il villaggio, pensi che forse, alle volte, la morte sia meglio della vita.
Perché chi vive, chi sopravvive, si prende il fardello più pesante: la sofferenza, le colpe, e i ricordi, i più dolorosi; chi resta è costretto a convivere con la memoria e ad andare avanti: deve lottare, ancora e più di prima, combattere gli spettri del passato e le vecchie cicatrici.
Chi muore, invece, muore e basta. Tutto finisce e tutto si annulla in un indefinito universo dai colori tetri.

Sono le prime ore del mattino e le luci dell’alba si apprestano ad illuminare le strade di Konoha, la vecchia Konoha, indistruttibile al tocco del tempo; il vento sussurra debole e il suo fruscio è l’unico rumore nella quiete nostalgica che circonda le porte.
Nulla è cambiato dal tuo ultimo arrivo e ti domandi se sia giusto, se vada bene: sono passati anni ormai, qualcosa dovrebbe mutare, e invece tutto è avvolto sempre nella stessa aria, come se le porte del villaggio bloccassero l’accesso ad ogni innovazione. L’accademia ninja è ancora lì, di fianco a quell’altalena così familiare, Ichiraku continua a vendere Ramen, e i volti degli Hokage ti guardano dall’alto, così possenti, e così lontani allo stesso tempo; tuo padre ti scruta con fierezza, sorridi, ma ci metti poco a ricordare che non è altro che un viso di roccia, fasullo, e che anche lui, come tanti, se ne è andato.
Avanzi qualche passo in quel villaggio che ti eri abituato a chiamare casa ma che oggi, per te, non è che un posto di ricordi, un posto a cui fare ritorno, un punto di stabilità tra i mille viaggi che sono diventati la tua vita; non ti ricordi come sia successo, come il tuo sogno di diventare Hokage sia scomparso, svanito, e ti rispondi che probabilmente è stata colpa della guerra, del dolore, e della morte, ancora.
Le ferite erano troppe, e così anche i rimpianti.
Oggi non sei quello che pensavi saresti diventato; ti credevi forte allora, eri sicuro che avreste vinto, che ce l’avreste fatta, che nessun altro avrebbe versato sangue invano; eri pronto a morire, tu, da solo, per salvare tutti, ma forse sei stato un po’ troppo presuntuoso e non hai visto in tempo come il corso della storia mutava. Ed eccoli di nuovo quei maledetti cambiamenti a cui nessuno riesce ad adattarsi.
È difficile cambiare, ti dici.
Molti non ci riescono, eppure lui ce l’ha fatta. Lui ha rinunciato a tutto per te.
Lui che giurava vendetta e non vedeva che odio tra le strade di Konoha, lui che come te era solo al mondo e di quella sofferenza aveva fatto un potere; lui che sorride così poco, e che ora ti sta fissando sottecchi appoggiato alla parete di una delle ultime case, laggiù dove nessuno lo può vedere.
Si muove nell’ombra, ancora, quando i colori dell’alba chiudono tutti dentro le loro piccole stanze.
“Naruto!” una voce ti chiama e ti desta improvvisamente dai tuoi sogni; ti giri e una chioma rosata ti saluta, correndoti incontro.
Volgi nuovamente lo sguardo verso di lui, che ti risponde con una buffa espressione per poi scomparire dietro un angolo; ma non ti preoccupi, lo sai che ora non scappa più: ora ti aspetta.
Sakura ti abbraccia come se non vi vedeste da anni, e in effetti se non sono anni, sono molti mesi; le poggi una mano sulla testa e le accarezzi i capelli lisci, ricambiando l’abbraccio.
La vedi cresciuta, non è più la bambina che costruiva coroncine di fiori e litigava con Ino l’amore di Sasuke.
“Sasuke?” ti chiede dopo un po’, con aria incerta, come avesse intercettato i tuoi pensieri.
“L’ho appena visto” le rispondi con tranquillità, prendendole la mano e incamminandoti verso il centro del villaggio.
“Potevamo andarci insieme”
“Magari dopo” le dici solamente, abbozzando un sorriso.

Quando incontrasti Jiraya per la prima volta, lo odiasti profondamente:  tu volevi Kakashi e invece questi ti aveva rifilato un vecchio scrittore buono a nulla. Non era giusto. Eri sempre diverso, tu.
Pensandoci ora, le labbra si piegano in su e lo sguardo si perde nel cielo, navigando tra le mille tonalità.
Jiraya è stato tutto per te: un maestro, un amico e il padre che non hai mai avuto; ti ha guidato, istruito, aiutato; è comparso quando il tuo sogno iniziava a prendere vita e che strano, guardarti adesso, seguire le sue orme e girare il mondo crescendo ninja.
E di nuovo, che ne è stato del tuo credo, delle tue aspirazioni?
È stata la paura di sbagliare ancora, ti rispondi.
Una lunga chioma bionda si affaccia alle finestre del Palazzo, due sfere verdi ti ammirano sorprese, seguite subito da un’espressione sollevata. Di saperti vivo, immagini, e ti chiedi che motivo ci sia, ormai: la guerra è finita.
Guardi Sakura al tuo fianco e ti convinci che siete uguali, voi: tu e lei, Jiraya e Tsunade. Poi però rifletti e ti dici che no, non siete completamente uguali, voi siete migliori, perché Sasuke alla fine è tornato, mentre Orochimaru no.
Orochimaru ha tradito
.

Passa poco tempo prima che vi ritroviate nelle praterie dove eravate soliti allenarvi, riesci quasi a sentire il tintinnio dei campanellini, le cadute a terra, le grida di rassegnazione e quelle di coraggio, di chi non si arrendeva e sfidava i propri limiti.
È qui che incontrate Rock Lee, le braccia distese sui fianchi, a peso morto, le gambe incrociate e la mente concentrata nella meditazione; non appena ti vede accenna un sorriso, ma non dice niente. Ed è strano pensi, parlava così tanto.
Adesso invece se ne sta lì, sulle sue, a fissare i boschi, gli animali, sperando che qualcuno rientri dalle sue fronde maledette; sono caduti così tanti, laggiù. E lo vedi che pensa al passato, perché tu, ad ogni tuo ritorno, ricordi i vecchi tempi; non te ne fa una colpa, no, lui lo sa che non sei tu quello da accusare, ma è inevitabile, ti dici, domandarti se tu che ne avevi la possibilità non potevi fare di più, solo un po’, quel che bastava a salvarli tutti.
E non si cambia mai, pensi ancora, perché lo sguardo con cui ti parlano è lo stesso di allora, di quando eri un mostro, forse un po’ meno inquisitorio, meno cattivo, ma è lo stesso.
Sakura ti accarezza il braccio e ti spinge a tornare a casa, vuole vederti felice, oggi, vuole colmare l’assenza di mesi in quei pochi giorni che sosterai al villaggio.
È mentre camminate, con il sole che inizia a sorgere, che capisci che lei è l’unica che non ti giudica, che non ti incolpa: lei lo sa che hai dato tutto in quella guerra e lo sa più di tutti che la sofferenza che ti porti dentro non riuscirà mai ad essere colmata.
Perché è anche la sua, in fondo, e cerca di salvarti, lei, cerca di salvarvi entrambi.
E non cambia, Konoha non cambia mai
.

Quando ritrovi Sasuke è seduto sul pontile, i piedi che dondolano a pelo dell’acqua e gli occhi scuri che ti fissano; ti scruta per qualche secondo poi si alza e corre via, invitandoti a seguirlo e così tu fai, sorridi e lo rincorri come foste due bambini.
Ti riporta con la memoria ai tempi prima della guerra, prima delle sfide, prima dell’accademia: i vostri sguardi sempre così vicini, ma così lontani; il vostro passato cosi simile e il vostro futuro così diverso.
Sasuke si nasconde tra le vie e gli edifici, saltando da un tetto all’altro e avviandosi verso le periferie del villaggio, i suoi posti preferiti, perfetti per un’anima solitaria come la sua.
Di legami, lui, non è mai stato in grado di instaurarne molti, eppure lo sai che da dietro quelle iridi profonde ti ha sempre voluto bene, lo sai che a modo suo ti amava anche.
Ed eccolo che rallenta e i colori del giorno riempiono Konoha, tingendo di azzurro il cielo e sfumando i colori caldi dell’alba; si ferma davanti ad un luogo che non vedevi da tempo e che avresti preferito evitare. Gli chiedi perché siate lì, di andarvene, che non ti piace quel posto, che è doloroso come non mai, e invece lui si siede su una lastra di marmo e ti guarda, aspettando, perché ora non scappa più, ora ti aspetta.
La sua anima galleggia su una scritta incisa nella roccia, te la ricordi, l’hai incisa tu, e dietro di lui ne vedi altre, mille altre; alcune si sentono di più, alcune meno, ma sono lì, insieme, e scorgi Neji, Asuma e senti Hinata e Shikamaru piangere di dolore, ma andare avanti; ti dice che sei il Cavaliere d’Argento, ti dice di combattere e lo vedi lottare di fianco a te, insieme a tutti, ma poi tutti ti lasciano e abbassi le palpebre e cerchi di non pensarci ma loro, lui, sono anche lì, dentro di te, e non se ne andranno.
Sasuke fa per cogliere un fiore, forse è per Sakura, forse per te, ma le sue mani attraversano lo stelo e accarezzano il prato; e allora ti chiedi perché, perché sia andata così, perché sia scoppiata la guerra e ti abbia abbandonato, perché ti abbia protetto prendendosi quei kunai che erano diretti a te, al tuo cuore e non al suo. Perché è dovuto morire, perché perché perché.
E non ti riesci a dare risposte, solo altre lacrime e spilli invisibili che ti lacerano la pelle, conficcandosi nel profondo dell’anima, così in fondo che non potranno mai essere rimosse.
Ricordi le sue parole, le ultime: grazie. Ma quel grazie non vale niente, lui è scomparso ed è colpa tua, lo sai, perché se fossi stato un po’ più forte, un po’ più coraggioso, lui non avrebbe dovuto sacrificarsi, non quando aveva finalmente trovato una ragione per cui vivere.
Invece tu hai fallito e Obito aveva ragione: hai lasciato morire tutti.
Alzi lo sguardo e lui è ancora lì, e sorride, e tu faresti di tutto per riportalo qui con te, per averlo accanto anche solo per altro un secondo.
Ma Sasuke ti osserva rilassato, come se rifarebbe quell’azione sconsiderata altre cento, mille volte, e ti ringrazia, ancora, perché finalmente ha capito il significato di quello che gli dicesti anni fa, al fiume, nella Valle della Fine tra le statue dei due grandi eroi. 
Era questo il legame di cui parlavi e che lui allora non capiva, accecato dalla brama di potere.
Ma lui adesso lo sa ed è felice, e devi essere felice anche tu.
Bisogna andare avanti: Hinata imparerà a non piangere più, e così Shikamaru, e tutti; siete ninja, dovete combattere.
Ed era destino, pensi.
Voi, eravate destino
.


  
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