Ciao a
tutti,
vorrei premettere che questa fanfiction non tratta la veritiera storia
del
manga, ma una mia rivisitazione in quanto non mi è piaciuto
particolarmente
il finale scritto da Kishimoto. La storia resta uguale fino
all’inizio della
guerra, ma poi prosegue in modo diverso, sia per quanto riguarda
Orochimaru (di
cui ho trovato senza senso il cambiamento, Orochimaru buono ma dove?!)
sia per
il finale della storia in generale che ora non vi spoilero.
Inoltre,
il verbo "amare" può avere diverse interpretazioni, sia una
romantica, che semplicemente una in cui è un termine usato come
rafforzativo dell'amicizia tra i due personaggi, a voi la scelta.
In conclusione spero che la storia vi piaccia, grazie mille e buona
lettura!
Noi;
di quello che eravamo e di quello che è rimasto.
Diceva
di non capirti,
si sbagliava.
Diceva di odiarti, si sbagliava.
Diceva di volerti uccidere, si sbagliava.
Ma sentiva di amarti, e su questo non si sbagliava.
***
La
vita è preziosa,
ti hanno sempre detto.
La morte distrugge, ti hanno sempre ricordato.
Eppure mentre cammini per i sentieri irregolari dei boschi che
circondano il
villaggio, pensi che forse, alle volte, la morte sia meglio della vita.
Perché chi vive, chi sopravvive,
si
prende il fardello più pesante: la sofferenza, le colpe, e i
ricordi, i più
dolorosi; chi resta è costretto a convivere con la memoria e
ad andare avanti:
deve lottare, ancora e più di prima, combattere gli spettri
del passato e le vecchie
cicatrici.
Chi muore, invece, muore e basta. Tutto finisce e tutto si annulla in
un
indefinito universo dai colori tetri.
Sono
le prime ore del
mattino e le luci dell’alba si apprestano ad illuminare le
strade di Konoha, la
vecchia Konoha, indistruttibile al tocco del tempo; il vento sussurra
debole e
il suo fruscio è l’unico rumore nella quiete
nostalgica che circonda le porte.
Nulla è cambiato dal tuo ultimo arrivo e ti domandi se sia
giusto, se vada
bene: sono passati anni ormai, qualcosa dovrebbe mutare, e invece tutto
è
avvolto sempre nella stessa aria, come se le porte del villaggio
bloccassero
l’accesso ad ogni innovazione. L’accademia ninja
è ancora lì, di fianco a
quell’altalena così familiare, Ichiraku continua a
vendere Ramen, e i volti
degli Hokage ti guardano dall’alto, così possenti,
e così lontani allo stesso
tempo; tuo padre ti scruta con fierezza, sorridi, ma ci metti poco a
ricordare
che non è altro che un viso di roccia, fasullo, e che anche
lui, come tanti, se
ne è andato.
Avanzi qualche passo in quel villaggio che ti eri abituato a chiamare
casa ma che
oggi, per te, non è che un posto di ricordi, un posto a cui
fare ritorno, un
punto di stabilità tra i mille viaggi che sono diventati la
tua vita; non ti
ricordi come sia successo, come il tuo sogno di diventare Hokage sia
scomparso,
svanito, e ti rispondi che probabilmente è stata colpa della
guerra, del
dolore, e della morte, ancora.
Le ferite erano troppe, e così anche i rimpianti.
Oggi non sei quello che pensavi saresti diventato; ti credevi forte
allora, eri
sicuro che avreste vinto, che ce l’avreste fatta, che nessun
altro avrebbe
versato sangue invano; eri pronto a morire, tu,
da solo, per salvare tutti, ma forse sei stato un po’ troppo
presuntuoso e non
hai visto in tempo come il corso della storia mutava. Ed eccoli di
nuovo quei
maledetti cambiamenti a cui nessuno riesce ad adattarsi.
È difficile cambiare, ti dici.
Molti non ci riescono, eppure lui
ce
l’ha fatta. Lui ha rinunciato a tutto per te.
Lui che giurava vendetta e non vedeva che odio tra le strade di Konoha,
lui che
come te era solo al mondo e di quella sofferenza aveva fatto un potere;
lui che
sorride così poco, e che ora ti sta fissando sottecchi
appoggiato alla parete
di una delle ultime case, laggiù dove nessuno lo
può vedere.
Si muove nell’ombra, ancora, quando i colori
dell’alba chiudono tutti dentro le
loro piccole stanze.
“Naruto!” una voce ti chiama e ti desta
improvvisamente dai tuoi sogni; ti giri
e una chioma rosata ti saluta, correndoti incontro.
Volgi nuovamente lo sguardo verso di lui, che ti risponde con una buffa
espressione per poi scomparire dietro un angolo; ma non ti preoccupi,
lo sai
che ora non scappa più: ora ti aspetta.
Sakura ti abbraccia come se non vi vedeste da anni, e in effetti se non
sono
anni, sono molti mesi; le poggi una mano sulla testa e le accarezzi i
capelli
lisci, ricambiando l’abbraccio.
La vedi cresciuta, non è più la bambina che
costruiva coroncine di fiori e
litigava con Ino l’amore di Sasuke.
“Sasuke?” ti chiede dopo un po’, con aria
incerta, come avesse intercettato i
tuoi pensieri.
“L’ho appena visto” le rispondi con
tranquillità, prendendole la mano e
incamminandoti verso il centro del villaggio.
“Potevamo andarci insieme”
“Magari dopo” le dici solamente, abbozzando un
sorriso.
Quando
incontrasti
Jiraya per la prima volta, lo odiasti profondamente:
tu volevi Kakashi e invece questi ti aveva
rifilato un vecchio scrittore buono a nulla. Non era giusto. Eri sempre
diverso, tu.
Pensandoci ora, le labbra si piegano in su e lo sguardo si perde nel
cielo,
navigando tra le mille tonalità.
Jiraya è stato tutto per te: un maestro, un amico e il padre
che non hai mai
avuto; ti ha guidato, istruito, aiutato; è comparso quando
il tuo sogno
iniziava a prendere vita e che strano, guardarti adesso, seguire le sue
orme e
girare il mondo crescendo ninja.
E di nuovo, che ne è stato del tuo credo, delle tue
aspirazioni?
È stata la paura di sbagliare ancora, ti rispondi.
Una lunga chioma bionda si affaccia alle finestre del Palazzo, due
sfere verdi
ti ammirano sorprese, seguite subito da un’espressione
sollevata. Di saperti
vivo, immagini, e ti chiedi che motivo ci sia, ormai: la guerra
è finita.
Guardi Sakura al tuo fianco e ti convinci che siete uguali, voi: tu e
lei,
Jiraya e Tsunade. Poi però rifletti e ti dici che no, non
siete completamente
uguali, voi siete migliori, perché Sasuke alla fine
è tornato, mentre Orochimaru
no.
Orochimaru ha tradito.
Passa
poco tempo
prima che vi ritroviate nelle praterie dove eravate soliti allenarvi,
riesci
quasi a sentire il tintinnio dei campanellini, le cadute a terra, le
grida di
rassegnazione e quelle di coraggio, di chi non si arrendeva e sfidava i
propri
limiti.
È qui che incontrate Rock Lee, le braccia distese sui
fianchi, a peso morto, le
gambe incrociate e la mente concentrata nella meditazione; non appena
ti vede
accenna un sorriso, ma non dice niente. Ed è strano pensi,
parlava così tanto.
Adesso invece se ne sta lì, sulle sue, a fissare i boschi,
gli animali,
sperando che qualcuno rientri dalle sue fronde maledette; sono caduti
così
tanti, laggiù. E lo vedi che pensa al passato,
perché tu, ad ogni tuo ritorno,
ricordi i vecchi tempi; non te ne fa una colpa, no, lui lo sa che non
sei tu
quello da accusare, ma è inevitabile, ti dici, domandarti se
tu che ne avevi la
possibilità non potevi fare di più, solo un
po’, quel che bastava a salvarli
tutti.
E non si cambia mai, pensi ancora, perché lo sguardo con cui
ti parlano è lo
stesso di allora, di quando eri un mostro, forse un po’ meno
inquisitorio, meno
cattivo, ma è lo stesso.
Sakura ti accarezza il braccio e ti spinge a tornare a casa, vuole
vederti
felice, oggi, vuole colmare l’assenza di mesi in quei pochi
giorni che sosterai
al villaggio.
È mentre camminate, con il sole che inizia a sorgere, che
capisci che lei è
l’unica che non ti giudica, che non ti incolpa: lei lo sa che
hai dato tutto in
quella guerra e lo sa più di tutti che la sofferenza che ti
porti dentro non
riuscirà mai ad essere colmata.
Perché è anche la sua, in fondo, e cerca di
salvarti, lei, cerca di salvarvi
entrambi.
E non cambia, Konoha non cambia mai.
Quando
ritrovi Sasuke
è seduto sul pontile, i piedi che dondolano a pelo
dell’acqua e gli occhi scuri
che ti fissano; ti scruta per qualche secondo poi si alza e corre via,
invitandoti a seguirlo e così tu fai, sorridi e lo rincorri
come foste due
bambini.
Ti riporta con la memoria ai tempi prima della guerra, prima delle
sfide, prima
dell’accademia: i vostri sguardi sempre così
vicini, ma così lontani; il vostro
passato cosi simile e il vostro futuro così diverso.
Sasuke si nasconde tra le vie e gli edifici, saltando da un tetto
all’altro e
avviandosi verso le periferie del villaggio, i suoi posti preferiti,
perfetti
per un’anima solitaria come la sua.
Di legami, lui, non è mai stato in grado di instaurarne
molti, eppure lo sai
che da dietro quelle iridi profonde ti ha sempre voluto bene, lo sai
che a modo
suo ti amava anche.
Ed eccolo che rallenta e i colori del giorno riempiono Konoha, tingendo
di azzurro
il cielo e sfumando i colori caldi dell’alba; si ferma
davanti ad un luogo che
non vedevi da tempo e che avresti preferito evitare. Gli chiedi
perché siate
lì, di andarvene, che non ti piace quel posto, che
è doloroso come non mai, e
invece lui si siede su una lastra di marmo e ti guarda, aspettando,
perché ora
non scappa più, ora ti aspetta.
La sua anima galleggia su una scritta incisa nella roccia, te la
ricordi, l’hai
incisa tu, e dietro di lui ne vedi altre, mille altre; alcune si
sentono di
più, alcune meno, ma sono lì, insieme, e scorgi
Neji, Asuma e senti Hinata e Shikamaru
piangere di dolore, ma andare avanti; ti dice che sei il Cavaliere
d’Argento,
ti dice di combattere e lo vedi lottare di fianco a te, insieme a
tutti, ma poi
tutti ti lasciano e abbassi le palpebre e cerchi di non pensarci ma
loro, lui, sono anche
lì, dentro di te, e non
se ne andranno.
Sasuke fa per cogliere un fiore, forse è per Sakura, forse
per te, ma le sue
mani attraversano lo stelo e accarezzano il prato; e allora ti chiedi
perché,
perché sia andata così, perché sia
scoppiata la guerra e ti abbia abbandonato,
perché ti abbia protetto prendendosi quei kunai che erano
diretti a te, al tuo
cuore e non al suo. Perché è dovuto morire,
perché perché perché.
E non ti riesci a dare risposte, solo altre lacrime e spilli invisibili
che ti lacerano
la pelle, conficcandosi nel profondo dell’anima,
così in fondo che non potranno
mai essere rimosse.
Ricordi le sue parole, le ultime: grazie.
Ma quel grazie non vale niente, lui è scomparso ed
è colpa tua, lo sai, perché
se fossi stato un po’ più forte, un po’
più coraggioso, lui non avrebbe dovuto
sacrificarsi, non quando aveva finalmente trovato una ragione per cui
vivere.
Invece tu hai fallito e Obito aveva ragione: hai lasciato morire tutti.
Alzi lo sguardo e lui è ancora lì, e sorride, e tu faresti di
tutto per riportalo qui con te, per averlo accanto anche solo per altro
un
secondo.
Ma Sasuke ti osserva rilassato, come se rifarebbe
quell’azione sconsiderata
altre cento, mille volte, e ti ringrazia, ancora, perché
finalmente ha capito
il significato di quello che gli dicesti anni fa, al fiume, nella Valle
della
Fine tra le statue dei due grandi eroi.
Era questo il legame di cui parlavi e che lui allora non capiva,
accecato dalla
brama di potere.
Ma lui adesso lo sa ed è felice, e devi essere felice anche
tu.
Bisogna andare avanti: Hinata imparerà a non piangere
più, e così Shikamaru, e
tutti; siete ninja, dovete combattere.
Ed era destino, pensi.
Voi, eravate destino.