Amaranth Days.
Capitolo 1: Alleanze.
“Non Serpeverde, non Serpeverde”
“No? Ti troveresti bene, sai?”
“Ti prego, tutto ma non Serpeverde”
“Be’, se sei proprio sicuro, sarà meglio GRIFONDORO!”
Akashi, nel ripensare al proprio
smistamento, non può evitare di ammettere di essere stato più ingenuo di quanto
ritiene di potersi permettere.
La sua famiglia è Serpeverde da
generazioni e lui, che allora non aveva altro che i suoi undici anni e l’unica
certezza di non voler avere nulla in comune con suo padre, oltre al codice
genetico, era riuscito a compiere il passo più azzardato della sua intera
esistenza, farsi smistare a Grifondoro.
“Errore fatale” pensa adesso, al suo quinto anno di istruzione
magica.
Ormai da due anni ha ritrovato il
senno e non può che trovare nocivo essere circondato da individui la cui
massima ambizione è lavorare all’ufficio Auror e magari farsi uccidere in
missione.
Lui vuole il potere assoluto,
sente che è ciò per cui è nato ed è una certezza il fatto che non troverà mai
sottoposti affidabili tra i Grifondoro.
“Sarebbe tutto molto più semplice se fossi a Serpeverde” si dice,
per poi decidere di prendere la situazione come una sfida.
Una sfida che non può perdere.
[…]
«Non posso crederci» sbuffa
Hanamiya, abbandonandosi mollemente su una delle poltrone della Sala Comune di
Corvonero.
Kuroko, seduto poco distante da
lui, si acciglia appena; alza gli occhi dal libro che sta leggendo per spostare
lo sguardo sul compagno di casa. Accanto a loro non ci sono altre persone,
quindi, per quanto sia strano, si sta rivolgendo proprio a lui.
Non parlano spesso, più che altro
di Quidditch, durante gli allenamenti della squadra.
«A cosa non puoi credere, Hanamiya-senpai?»
«La prima partita del Campionato
la giochiamo contro i Tassofessi!»
Per l’appunto.
Kuroko inarca appena e
sopracciglia e mette con accuratezza il segnalibro tra le pagine del romanzo,
per poi poggiarlo sul tavolino tra le poltrone che loro due stanno occupando.
«Non comprendo il problema. I Tassorosso hanno una squadra di tutto rispetto;
sottovalutarli non è saggio, soprattutto ora che il loro capitano è
Kiyoshi-senpai».
«Vedremo se sarà ancora tanto
bravo dopo che gli avrò fratturato le braccia con un bolide» ghigna Makoto, prendendo
il libro di Kuroko come se fosse la sua mazza da battitore e mimando il gesto
di colpire una di quelle palle infernali, già pregustandosi il rumore delle
ossa di Kiyoshi Teppei che si spezzano. È il suo passatempo preferito, ogni
volta che Corvonero e Tassorosso giocano, il portiere di questi ultimi finisce
in infermeria.
Kuroko trattiene a stento una
smorfia infastidita e si affretta a strappargli dalle mani il proprio libro,
«Potresti» gli concede, controllando che il senpai non abbia rovinato la copertina
o le pagine, «Ma in quel caso, io potrei decidere di lasciar prendere il
boccino a Furihata-kun».
Makoto si blocca, sbatte un paio
di volte le palpebre e poi gli rivolge un sorrisetto ironico, «È un ricatto?»
«Forse» si limita a rispondere il
più piccolo, stringendosi nelle spalle.
«Guarda che così rischi di
cominciare a piacermi ~» motteggia.
«Sia mai» risponde Kuroko,
tornando alla sua lettura, senza riuscire ad impedirsi un sorriso sottile.
«Com’è che non sei finito a
Grifondoro, santerellino?» gli domanda Makoto, forse più per infastidirlo che
per altro.
Kuroko è costretto a poggiare
l’indice sula pagina, per non perdere il segno e si ostina a non alzare lo
sguardo verso l’altro, per fargli capire che non ha intenzione di continuare
ancora per molto la conversazione, «E come mai tu non sei a Serpeverde?»
«Mica crederai alla favoletta dei
Serpeverde tutti brutti e cattivi?» ridacchia Hanamiya, provando di nuovo a
sottrargli il libro; se non potrà divertirsi a mandare Teppei in infermeria,
tanto vale tormentare chi glielo impedisce.
Il ragazzo mette il libro fuori
dalla portata del più grande e gli schiaffeggia via le mani come farebbe con un
bambino dispettoso e petulante.
«Sono certo che non lo siano
tutti, ma statisticamente parlando non sono propriamente degli agnellini».
«”Non mi fido molto delle statistiche perché un uomo con la testa nel forno
acceso e i piedi nel congelatore, statisticamente ha una temperatura nella
media”»
«Charles Bukowski. Fai sul
serio?»
«Hey, sono un nato babbano tanto quanto
te~ e questo dovrebbe anche bastare a spiegare perché non sono Serpeverde».
Kuroko suo malgrado si ritrova ad
annuire, perché solo uno stupido potrebbe non rendersi conto che per quante
belle parole vengano spese, il razzismo magico non è mai stato davvero
debellato e, in ogni caso, nessun nato babbano è mai stato smistato a
Serpeverde.
«Immagino che da un lato ti
faccia comodo» non riesce a fare a meno di commentare Kuroko, pentendosene
subito, pensando di aver oltrepassato una linea sottile verso argomenti che
sarebbe meglio non affrontare.
«Dici?»
Hanamiya sorride divertito e il
suo tono sardonico è un invito più che valido a dire in libertà ciò che pensa,
senza preoccuparsi.
«Be’, il razzismo è una lama a
doppio taglio. Nessun nato babbano viene smistato a Serpeverde? Questo vuol
dire che tutti i Serpeverde, senza esclusioni di alcun genere, sono razzisti e
quindi cattive persone. Se tu
appartenessi a quella casa, probabilmente verresti tenuto molto di più sotto
controllo e non porteresti a termine metà delle tue malefatte».
Makoto applaude, ironico, «Molto
acuto. Comincio a spiegarmi come mai non sei a Grifondoro, loro non noterebbero
un Troll di montagna cha balla la samba sotto ai loro occhi».
«Giudizio immeritato» commenta
Tetsuya.
«Quel tuo amico, Kagami… lui
quando non regge un Hamburger non è neanche in grado di trovare le sue stesse
mani ~».
Kuroko apre bocca per ribattere
qualcosa a difesa dell’amico, ma si ritrova a doverla richiudere senza essere
in grado di sfiatare una sola parola. Non ha idea di cosa dire perché, per
quanto la descrizione di Hanamiya sia esagerata, senza dubbio si addice almeno
un po’ a Taiga; trovare qualcosa da contestare è molto più difficile se si è
d’accordo con il proprio interlocutore.
«Non sono tutti come Kagami-kun»
dice, allora. È una debole difesa e lo sa bene, ma l’idea di lasciare all’altro
l’ultima parola lo infastidisce più di quanto gli piaccia ammettere.
«No, infatti, ci sono anche
arroganti come Aomine, che crede di essere un dono di Dio dotato di bacchetta, o
emblemi della sanità mentale come Kawahara o, ancora, dolci crocerossine come
Ogiwara».
«Be’, a Corvonero abbiamo te, che
colmi tutte le nostre lacune in termini di decadenza» sbotta, per poi portarsi
le mani alla bocca, non riuscendo a credere di aver davvero pronunciato quelle
parole.
Dopo un attimo di attonito
smarrimento, Makoto scoppia a ridere, come se l’insulto non lo avesse neanche
sfiorato. «Interessante» si limita a dire dopo quello scatto di ilarità per
poi, finalmente, dirigersi al dormitorio.
[…]
Una cosa con cui Ogiwara ha
sempre dovuto fare i conti è senza dubbio il suo sonno leggerissimo, cosa che
lo ha penalizzato a casa, nel condividere la camera da letto con due fratellini
piccoli, convinti che il sonno sia sopravvalutato e che quindi l’orario di
gioco potesse estendersi fino alle prime luci dell’alba; ne è danneggiato anche
adesso durante gli anni ad Hogwarts, ormai abituato a svegliarsi per il russare
sporadico di Kagami e Aomine, quindi non si stupisce nel ritrovarsi ad aprire
gli occhi controvoglia, ormai strappato alle braccia di Morfeo.
Si massaggia le palpebre
indolenzite per il poco sonno accumulato, mentre con lentezza i suoi sensi si
rendono conto che qualcosa non va.
C’è silenzio.
Kagami e Aomine non stanno
russando, il loro respiro è pesante, ma non abbastanza da essere stato la causa
del suo risveglio. Allora cosa?
Qualcosa che cigola e poi
qualcosa che sbatte, seppur in modo ovattato.
Qualcuno che si alza dal letto e
che esce dal dormitorio.
Si guarda attorno, facendo fatica
a mettere a fuoco i contorni della stanza immersa nel buio rischiarato solo
dalla pallida luce lunare che filtra dalle finestre. Quando la sua vista si
abitua alla penombra, osserva gli altri letti.
Aomine, Kagami, Kise e Takao
dormono placidamente, il letto di Akashi è vuoto.
“Sarà andato in bagno” pensa, senza però riuscire ad impedirsi di
alzarsi in piedi per andare a controllare. Da metà del loro terzo anno,
qualcosa ha iniziato a cambiare in Akashi, qualcosa di inquietante che ne
infetta gli occhi, rendendoli freddi e spaventosi.
“Maledetto istinto Grifondoro” pensa una volta in Sala Comune
nell’intravedere dei ciuffi rossi sparire da dietro il ritratto della Signora
Grassa. “Maledettissimo. L’hanno chiamata
temerarietà perché amore per i guai suonava male”.
Il silenzio per i corridoi della
scuola è ancora più denso del buio e deve imitare l’andatura di Seijuurou per
impedire che il rumore dei propri passi possa smascherarlo. L’unica fonte di
luce è la punta della bacchetta di Akashi e se da una parte è un bene,
dall’altra al compagno di casa basterebbe voltarsi per scoprire di essere
inseguito e reagire di conseguenza.
Seijuurou sembra troppo concentrato
su una pergamena che stringe tra le dita per potersi rendere conto di lui, ma
Shigehiro non se la sente di sfidare eccessivamente la fortuna; Grifondoro, sì,
ma con un po’ di cervello. Si tasta le tasche, per poi sbiancare nel trovarle
completamente vuote.
“Niente bacchetta. Inseguo qualcuno che potrebbe schiantarmi senza
troppi complimenti e lascio la bacchetta in dormitorio. Non c’è che dire, sono
un genio” inveisce contro se stesso, obbligandosi ad avanzare ugualmente.
Si guarda attorno con attenzione,
per quanto i quadri che tappezzano ogni corridoio stiano sonnecchiando nelle
loro cornici, la loro presenza inquieta Ogiwara, gli dà l’impressione di essere
sempre osservato e a sua volta seguito.
Ama quel castello come
probabilmente tutti gli studenti che ne calcano il suolo ogni giorno, tuttavia
deve ammettere che in piena notte quei corridoi, quelle colonne, quelle volte,
assumono tratti sinistri oltre ogni immaginazione.
Akashi svolta in un corridoio
alla sua destra e l’improvvisa assenza di luce lo fa andare a sbattere contro
un vaso, costringendolo a fermarsi e a placcare l’oggetto con le mani per
impedirgli di cadere con un tonfo, smascherandolo all’istante.
Di nuovo, i sensi di Shigehiro
gli dicono che qualcosa non va e per la seconda volta il suo campanello
d’allarme è il silenzio. Akashi ha smesso di muoversi.
Con una rapidità che non sapeva
di avere, svolta anche lui nel corridoio dove ha visto sparire il compagno di
casa, solo per trovarlo deserto.
Con lui c’è solo l’arazzo di un
idiota che cercò di insegnare la danza classica ai troll.
“Questo potrebbe rappresentare un bel problema…”
[…]
In un castello pieno zeppo di
persone, tra studenti e insegnanti, sembra quasi assurdo essere in grado di
trovare degli attimi di privacy in cui poter parlare senza intromissioni
esterne e senza che qualcuno senta, tuttavia le enormi dimensioni del castello
non possono che aiutare.
L’ultima aula del corridoio est
del sesto piano, ad esempio, non è mai stata usata – almeno da quando loro
frequentano Hogwarts – e anche gli altri studenti trovano assurdo salire tutte
quelle scale per chiudersi in una vecchia stanza polverosa e in disuso.
Questo la rende il luogo
perfetto.
«Vi dico che Akashi ha in mente
qualcosa» brontola Ogiwara per l’ennesima volta, addentando uno zuccotto di
zucca, «Sennò, per quale motivo andarsene in giro per la scuola in piena
notte?»
«Sicuro di non aver mangiato
troppo pesante, ieri sera? Magari te lo sei solo sognato» commenta Kagami,
giocherellando con uno scheletro ingrigito dalla polvere e tenuto in posizione
eretta da uno scuro piedistallo.
«Ah ah,
divertente» borbotta Shigehiro, gonfiando le guance con aria offesa, «guarda
che sei tu l’unico capace di mangiare così tanto da causarti gli incubi».
«Lui e Nebuya-senpai, di
Serpeverde» precisa Kuroko, senza staccare gli occhi dal libro di Trasfigurazione.
Kagami alza gli occhi al cielo,
scocciato, «Il punto è che lui sostiene di aver seguito Akashi, in piena notte,
e che all’improvviso l’altro è sparito nel nulla».
«Il punto» gli fa il verso Kuroko,
finalmente alzando lo sguardo su di lui, «è che tu non hai mai letto “Storia di
Hogwarts”»
«E quindi?»
«E quindi Ogiwara-kun ha detto di
averlo visto sparire al settimo piano, davanti all’arazzo di Barnaba, ovvero
dove si rifugiò la resistenza di Hogwarts durante la seconda Guerra Magica.
Pare che sia una stanza che si materializza solo davanti a chi ha un disperato
bisogno di qualcosa, ma dopo la guerra non ha mai più funzionato. Akashi-kun
potrebbe aver trovato il modo di riaprirla».
Taiga sbuffa, iniziando a tirare delle
palline di pergamena tra le costole dello scheletro, «Bene, quindi Akashi ha
aperto una porta. Cosa aspettiamo? Andiamo ad avvertire gli Auror!» dice e
probabilmente riderebbe anche se non si ritrovasse dubito con una gomitata di
Kuroko ben assestata al suo fianco destro, «Tu sei un assassino» esala con il
poco fiato che riesce a tirare fuori.
«E tu diventi ottuso quando ti
impunti su qualcosa» commenta Tetsuya, atono.
Shigehiro annuisce con forza, «Kuroko
ha ragione. Non è il fatto in sé che abbia aperto una porta, ma che l’abbia
fatto in piena notte. Non vuole essere visto e non vuole che gli altri notino
la sua assenza, sta escogitando qualcosa. È dalla terza che diciamo che Akashi
ha qualcosa di strano, no?»
«Okay» si arrende, infine,
Kagami, «Cosa dovremmo fare, allora?»
Ogiwara accenna un sorrisetto e
sia Taiga che Tetsuya non riescono a non trovare stranamente inquietante, «Be’,
ci sarebbe una persona che sa tutto ciò che di “losco” succede qui a scuola».
«Hanamiya-senpai» annuisce
Kuroko, per poi rendersi conto di dove andrà a parare il discorso dell’amico,
«No, te lo scordi, non andrò da Hanamiya-senpai a chiedergli se sa cosa sta
facendo Akashi-kun!»
«Ma siete compagni di casa!»
protesta Ogiwara.
Kuroko apre bocca per ribattere
qualcosa, ma Taiga parla prima di lui, con un sorrisetto vendicativo sulle
labbra, «Sì, Kuroko, ci sono più probabilità che parli con te, che sei suo
compagno di casa~ dato che sei così convinto che Akashi abbia qualcosa in
mente, non puoi tirarti indietro~».
[…]
Trovarlo non è neanche stato
troppo complicato, ma nel momento in cui gli occhi di Kuroko scorgono la figura
di Hanamiya, seduto ad un tavolo della biblioteca e chino su una discreta pila
di libri, non riesce a provare quel senso di vittoria che dovrebbe sentire
nell’aver trovato qualcuno al primo tentativo in una scuola tanto immensa.
Si permette un sospiro e afferra
il primo libro che gli capita in mano dallo scaffale più vicino, per poi
avvicinarsi al compagno di casa e sedersi con discrezione davanti a lui.
Makoto non dà segno di essersi
accorto della sua presenza e Tetsuya apre il volume, scorrendone le pagine per
prendere tempo, prima di iniziare una conversazione di cui non ha la più
pallida idea di come portare avanti.
“Trasfigurazione corporea totale. Perfetto,
un libro di livello M.A.G.O, decisamente l’ideale per una copertura” pensa,
ironico, “Era una battuta? Ogiwara-kun
sarebbe fiero di me” si dice con una punta di amarezza nel ripensare a come
lui e quell’altro traditore di Kagami lo abbiano quasi costretto a doversi
confrontare con Hanamiya.
“Inutile, non posso davvero empatizzare con qualcuno che si diletta a spezzare arti e a
combinare ogni genere di misfatto”.
«Fantasmino~.
La tua tensione si percepisce così bene che non è più tanto difficile notarti, sai?~»
La voce
dell’altro lo coglie del tutto impreparato, tanto che un lieve tremito lo
attraversa per tutto corpo; nascondendo il principio di un sospiro, si
costringe ad alzare lo sguardo in direzione dello sgradito interlocutore.
«Hanamiya-senpai»
saluta, chinando in modo quasi impercettibile la testa in avanti.
«Non penso che
tu sia qui per il piacere della mia compagnia, quindi saltiamo i convenevoli.
Cosa ti serve, fantasmino?»
Kuroko non può
fare a meno di sentirsi almeno un po’ infastidito; per quanto la sua
“copertura” fosse scarsa, l’altro avrebbe comunque potuto fare finta di
assecondarlo, almeno per solidarietà tra compagni di casa. Scuote la testa in
un movimento appena percettibile, è ovvio che Hanamiya non farà mai qualcosa
per facilitare l’esistenza al prossimo e aspettarsi da lui qualcosa del genere
è di un’ingenuità che rasenta la stoltezza.
«Tu hai una
visione molto ampia di ciò che accade in questa scuola, vero?» domanda, quindi,
senza troppi giri di parole. La sera prima, Makoto sembrava aver apprezzato la
sua schiettezza, quindi Tetsuya confida nel fatto che andando dritto al punto sarà
più semplice ottenere delle risposte.
«Sono poche le
cose che mi sfuggono, sì» conviene l’altro, annuendo appena, con aria
compiaciuta, «Cosa ti serve, fantasmino? Le soluzioni di un compito in classe?
Espedienti per saltare le lezioni? Oppure…»
«Voglio sapere
cosa fa di notte Akashi-kun nella Stanza delle Necessità» lo interrompe,
guardandolo negli occhi con quel tanto di decisione che basta a mettere in
chiaro che non se ne andrà senza una risposta soddisfacente.
Makoto sembra
disorientato per qualche istante, poi gli sorride in un modo che a Kuroko
ricorda una iena che ha appena adocchiato una preda appetibile. «La Stanza
delle Necessità non esiste più da tempo. Riprovaci, fantasmino~».
«Akashi-kun è
riuscito ad aprirla e pare ci passi la notte, di tanto in tanto. E smettila di
chiamarmi fantasmino, per favore».
Hanamiya lo
soppesa con lo sguardo per diversi secondi e per Kuroko, abituato a passare
inosservato, è una sensazione strana, gli sembra quasi di essere diventato
all’improvviso l’unica persona degna di nota all’interno dell’immensa
biblioteca. Lo sguardo è così intenso che Tetsuya deve usare ogni grammo di
autocontrollo per non mostrarsi a disagio; in qualche modo, sa che l’esito
della conversazione dipenderà da questi secondi passati ad osservarsi e a
valutarsi a vicenda e lui non ha la minima intenzione di rovinare tutto
mostrandosi agitato.
«Non ho idea di
cosa tu stia parlando» dice infine Makoto, facendo crollare quasi tutte le
aspettative dell’altro. Kuroko sta per ribattere qualcosa, ma nel momento
stesso in cui Hanamiya lo vede aprir bocca, alza una mano davanti a sé per
zittirlo, «Ma mi interesserebbe molto scoprirlo. Voglio entrare nel “gruppo”».
«Gruppo?»
«Tu sei
curioso, ma non così impiccione. Ci devono essere altre persone dietro ed io
voglio entrare in questo club di
aspiranti Sherlock Holmes».
«Non credo sia
una buona idea…» esordisce Kuroko, ma ancora una volta il più grande lo
zittisce con un gesto.
«Allora andrò
a dire al nostro Golden Boy, Akashi, che qualcuno qui non sa farsi gli affari
propri. Chissà come reagirà, pare che ultimamente sia piuttosto intollerante~».
Kuroko si
guarda attorno, come se le pareti adorne di libri possano davvero fornirgli una
soluzione. È stato troppo ingenuo, di questo se ne rende conto da solo, e non
ci sono dubbi sul fatto che Hanamiya sarebbe davvero capace di andare a
spifferare tutto a Seijuurou; questo, oltre ad esporlo troppo, metterebbe il
Grifondoro allerta, compromettendo ogni loro possibilità di scoprire le sue
intenzioni.
“E poi sarebbe
più semplice indagare con il suo aiuto” si dice, un po’ per convinzione e un
po’ per giustificarsi con se stesso per ciò che sta per pronunciare.
«E va bene»
sospira, «Vieni, ti porto a Baker Street…»
Makoto ridacchia appena,
apprezzando la battuta, e ciò fa accennare un piccolo sorriso sulle labbra del
più piccolo, prima ancora che possa rendersene conto.
[…]
Kagami è ancora alle prese con il
vecchio scheletro nell’aula abbandonata, quando sente la porta aprirsi.
Quella situazione non lo
convince, un po’ perché non gliene può importare di meno di ciò che combina
Akashi – insomma, un conto è lamentarsi del fatto che sia diventato
inquietante, un conto è voler davvero sapere ciò che gira per quel cervello
folle – un po’
perché il suo sesto senso gli dice che quella situazione non porterà altro che
guai.
Il suo istinto di sopravvivenza
gli urla di lasciare perdere quella questione, ma non vuole fare la figura del
codardo, quindi non può che provare sollievo nel veder rientrare Kuroko così in
fretta: ci ha messo davvero troppo poco e ciò vuol dire soltanto che non ha
ottenuto mezza risposta alle loro domande e di conseguenza il “caso” si chiude
lì, senza che lui faccia la figura del fifone.
«Bene, ecco Kuroko, che di sicuro
non ha trovato nulla di interessante» borbotta, lanciandogli addosso una
pallina di pergamena che viene abilmente deviata da una mano.
Una mano pallida che, però, non è
quella di Kuroko.
“Ma che cazz-”
Poi Tetsuya si scansa di lato,
per scoprire la figura di Hanamiya Makoto.
«Allora, ficcanaso, da dove le iniziamo queste indagini?~»
Death Note: Hola ^^. Ultimamente
le Fandom!AU si stanno
impossessando (?) della mia testa e questo è il risultato. (Ho in programma delle
fandom!AU con Death Note, D.Gray-man… salvatemi).
Questa micro-mini-long conterà
solo tre capitoli e partecipa ai contest: “Spokon in
AU” di Nacchan e Shichan e “Di
AU!, OTP, Future!Fic e tante
belle cose” di Aturiel, entrambi indetti sul forum di
EFP.
Spero che possiate gradire questa
roba, nonostante il pair principale sia, come dire, insolito.