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Autore: germangirl    02/11/2015    6 recensioni
“Deve lasciarlo. Ma semplicemente non ci riesce”
Un finale alternativo a 8X02.
Traduzione di “Of course not” di FanficwriterGHC
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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E’ lì ferma, in piedi nel corridoio. Una mano stringe la borsa mentre le lacrime le scorrono sulle guance. Deve andare via. Deve porre fine a questa storia così che possano essere al sicuro. Deve farlo affinché possano andare avanti senza ombre. Deve ottenere giustizia per gli amici che ha fatto uccidere per colpa della sua ossessione.

Deve lasciarlo.

Ma semplicemente non ci riesce.

Non riesce a imporsi di compiere quel passo. Non riesce a convincersi a camminare fino all’ascensore e premere il bottone. Lo ama. Ha lavorato così tanto per ottenere ciò che hanno e pare non riuscire a obbligarsi ad andarsene, anche se ogni secondo che rimane lì aumenta il pericolo che incombe anche su di lui.

Rimane lì ferma per un intero minuto, come se avesse messo radici, prima di scivolare piano piano sul pavimento, mentre la borsa si affloscia tristemente accanto a lei. Se ne andrà fra un minuto. Le serve… solo un minuto.

Asciuga velocemente le lacrime e percepisce la totale mancanza di rumori provenire dall’appartamento, dal loft … casa sua.

Non può farlo, vero? Può davvero andarsene e lasciarlo lì?

Beh, in realtà lo ha fatto, o almeno pare. Ma quanto conta se non è nemmeno riuscita ad arrivare in fondo al corridoio?

Raccoglie le gambe al petto e fissa il muro, soffermandosi su quella striscia che non hanno ancora fatto ridipingere dopo che hanno portato dentro il suo quadro. Rick ha fatto sistemare la cornice ma non si sono mai preoccupati della parete.

Quella piccola macchia appartiene a loro. E lei la ama.

Dio, ama lui.

E pensa, è convinta di amarlo abbastanza da lasciarlo.

Ma forse no. Forse non può. Forse non lo ama abbastanza da abbandonarlo. Come potrebbe? Ovvero, come potrebbe questo gesto rappresentare l’amore che ha per lui? Non se gli ha trasformato il volto in una maschera di dolore, il totale strazio negli occhi.

Come può andarsene quando questa decisione le sta letteralmente frantumando il cuore in mille pezzi?

Forse lo ama così tanto da non poterlo lasciare. Forse lo ama così tanto da non riuscire a fargli questo.

Sobbalza quando lui scivola lungo il muro sedendosi accanto a lei. Allunga le gambe davanti a sé e se ne sta seduto vicino a lei che tira su con il naso.

“Hai bisogno di aiuto con la borsa?”

Lo dice con un tono leggero, scherzando, ma lei percepisce una punta acida.

Non gliene può fare una colpa. Ha appena provato a lasciarlo.

“Non riesco a impormi di alzarmi” ammette.

“Beh, io non sono riuscito a impormi di chiudere la porta.”

Lo osserva, notando le spalle curve e la posa di abbandono che ha assunto. “Io… io dovrei …” mormora. “Dovrei andare. Dovrei andare via e tu dovresti… una parte di me spera che tu mi aspetterai… ma dovresti lasciarmi andare.”

“L’ho fatto, no? Non te ne sei andata.”

“No” concorda. “Non posso” aggiunge. “Castle, non posso. Una voce nel mio cervello mi grida di alzarmi e lasciarti qui e io semplicemente non ci riesco.”

“Stai aspettando che mi metta a discutere con te? Perché è una pretesa stupida, Beckett”

Soffoca una risatina. “No, no, riuscire ad andarmene è una cosa mia. Non voglio che tu mi mandi via” dice con un sussurro.

“Allora perché te ne vai?”

Scuote la testa. “Io…. Io non ci riesco.”

“Non riesci ad andartene o non riesci a dirmelo?” la incita, avvicinandosi. “Puoi dirmi tutto, Kate. Tutto.”

“Lo so” annuisce, strofinandosi il volto alla meglio. “So di poterlo fare. Ma non dovrei.”

“Perché?”

“Perché non è giusto nei tuoi confronti, e non è sicuro per te e se sto per gettarmi in un burrone non è necessario che ti trascini con me.”

La schernisce. “Quale parte del matrimonio non capisci? Ci sono dentro anch’io. Tu vai giù, io vado giù.”

“Ma non è necessario che tu lo faccia” esclama, voltandosi per guardarlo. “Non devi metterti in pericolo. Io… io non voglio che tu lo faccia. Non voglio che tu rimanga ferito, Castle. Non lo vorrei mai. E se ti trascino con me, potresti morire. Non voglio che tu muoia.”

Aggrotta le sopracciglia e la guarda dritta negli occhi prima di allungare una mano per afferrarle la nuca e avvicinare la sua fronte alla propria.

“Nemmeno io voglio che tu muoia. Quindi lascia che ti aiuti, Kate. Qualsiasi cosa sia, possiamo occuparcene insieme. Lo sai. Lo hai appena visto.”

Scuote la testa, mentre le loro fronti si sfiorano. “Ma…”

“Ma niente. Pensi che andandotene tutto questo si fermerà? Se qualcuno ti sta cercando non pensi che verranno a cercare anche me? Lasciarmi non cancella la nostra relazione. Se vuoi un taglio netto, chiedi il divorzio.”

“Vuoi divorziare?” gli chiede, udendo l’orrore della sua stessa voce.

“Certo che no” dice aspramente. “Tu vuoi divorziare?”

“Certo che no” ripete.

“Allora perché cavolo stiamo gridando nel corridoio?”

Si morde le labbra e si appoggia a lui, lasciandosi abbracciare – meravigliata che lui voglia ancora farlo.

“Perché ti amo e voglio proteggerti e mi pare di non riuscirci.”

Rick soffoca una risata e lentamente la tira su, dando un calcio alla sua borsa – c’è roba importante lì dentro – per spingerla dentro casa e trascinando la donna con sé. Si libera dall’abbraccio solo per chiudere la porta. A chiave.

“Vuoi proteggermi? Spiegami, Kate. Spiegami qual è il problema e ce ne occuperemo. Insieme.”

“Io…” inizia, fissando la porta dietro di lui. “Io devo fermarlo” mormora.

“Fermare cosa?”

“Locksat”

La fissa. “Devi?”

“Qualcuno deve. Loro… Castle, ho fatto una ricerca su Bracken e il risultato è che sei persone sono state uccise. Devo fermarlo, qualunque cosa sia. Devo.”

Rick sospira e chiude gli occhi per un momento. “Pensavo che fossimo al sicuro.”

“Per ora” concorda. “Ma un giorno, succederà qualcosa e tutto tornerà a galla. E’ successo con Bracken. E poi… Dio, se non avrò fatto qualcosa, altre persone moriranno. Io potrei morire. Non… non posso aspettare in eterno. Non posso andare avanti con la nostra vita senza porre fine a questa storia. E se avessimo dei figli e un giorno, quando hanno 19 anni, io finissi per morire in un vicolo, Rick? Non posso vivere con questo pensiero.”

Castle espira profondamente e fa un cenno con la testa. “OK, OK. Allora, cosa facciamo?”

“Noi” inizia, facendo un passo verso di lui. I punti grossolani sulla ferita al fianco tirano e la fanno sussultare.

Le corre incontro e, passandole un braccio intorno alla vita, la accompagna velocemente verso la camera e poi verso il loro bagno. E lei glielo lascia fare.

Non se ne sta andando.

Si sta facendo aiutare da lui.

E’ stupido. E da incoscienti. E sbagliato. Ma è… lui ha ragione. Insieme ce la faranno.

Lasciarlo non lo proteggerebbe, non nel modo in cui vorrebbe lei. Ha ragione, Castle rimarrebbe comunque un obiettivo. Non è un’attrice tanto brava da far finta di odiarlo, da far finta che la sua vita e la vita che si sono costruiti insieme non valga nulla.

E proprio come adesso le sta togliendo la maglietta e sta cominciando ad accarezzare i punti grossolani che si è data, troverebbe comunque un modo per infilare le mani nelle sue indagini, esattamente come ha fatto oggi. E per quanto ne sa, finirebbe per trovarsi altri ragni sulla testa.

Castle odia i ragni.

“Come stai?” mormora. Solleva lo sguardo verso di lei, confuso. “I ragni. Non te l’ho chiesto. Ho visto e… tu li odi”

Scuote la testa con leggerezza. “Davvero?”

“Andiamo, quando hai visto quel ragno negli Hamptons ti sei quasi rotto una gamba per saltare sul letto. Stai bene?”

“Sto controllando i tuoi punti – quelli che ti sei messa da sola, e tu vuoi sapere se io sto bene dopo la storia dei ragni?”

“Sì.”

“E volevi andartene e stare per conto tuo. Datti delle priorità, Beckett.”

“Lo sto facendo” insiste, accarezzandogli una guancia. “Stai bene?”

Perché le importa. Le importa tantissimo.

“Se non scappi nel cuore della notte, lasciandomi solo, starò bene. Puoi placare i miei incubi, ok?”

Dio, quella frase arriva nel profondo del suo cuore. Ma può farlo. Può svegliarlo se ha gli incubi. Annuisce. “OK”

“Ok. Ora posso giocare al dottore? O portarti da un dottore vero? Lo hai fatto da sola?”

“Sì” dice dando un’occhiata alla piega sgraziata e frastagliata della sua pelle. Almeno è riuscita a togliere la maggior parte del sangue.

“Sei una tipa tosta” la rimprovera con un sorriso, spingendola verso il mobiletto mentre cerca delle bende e un antisettico. “Ricordami perché non siamo andati all’ospedale per farti sistemare?”

“Non c’è stato tempo.”

“Stronzate.”

“Non l’ho ritenuto prioritario” si corregge.

“Dovremo fare un discorsino sulle priorità” dichiara serio. “Ma prima ti medico, poi mangiamo e poi ci facciamo una bella dormita.”

“OK” dice, concentrandosi sulla tenerezza con cui lui si sta prendendo cura di lei, assicurandosi che la ferita sia pulita e ben protetta. Le impone di prendere un antisettico e poi la avvolge fra le sue braccia, posandole un bacio sulla testa.

“Sono un po’ arrabbiato” le confessa in un orecchio.

Gli sorride tristemente. “Lo so, mi dispiace.”

Le sussurra. “Hai provato a lasciarmi.”

“Lo so” ripete, con voce più dolce.

“Non posso credere che tu abbia provato a lasciarmi.”

“Pensavo” inizia, prima di accarezzargli la nuca. “In realtà non ci ho pensato abbastanza” decide. “Volevo proteggerti e questo mi ha accecato e mi dispiace davvero tanto, Rick. Davvero” si allontana da lui per guardarlo negli occhi. “So che non basta ma ti amo e mi dispiace.”

“Promettimi che non lo farai mai più” le dice, incatenando lo sguardo al suo e tenendola stretta a sé.

Non è riuscita ad allontanarsi più di cinque passi dall’appartamento. In nessun modo riuscirà a stare un giorno, una settimana, un anno – o persino di più – senza di lui.

“Te lo prometto” dice, sollevandosi sulla punta dei piedi per stampargli un bacio sulle labbra, appoggiandosi a lui. “Te lo prometto.”

“Ok” le dice, liberandola dall’abbraccio per afferrarle una mano e guidarla verso la cucina. “Riavvolgiamo il nastro. Sto facendo le omelette con i marshmellow e la cioccolata, ne vuoi una?”

No. No, non ha certo voglia di marshmellow e cioccolata in un’omelette. A chi potrebbe mai venire un’idea simile?

Ma può leggere la speranza negli occhi dell’uomo, può vedere che mangiare questo miscuglio disgustoso rappresenterebbe il primo passo per ricostruire quella fiducia che lei ha mandato in frantumi meno di trenta minuti fa.

“Ok, Castle, fammi un’omelette con marshmellow e cioccolata, per favore.”

Le regala un largo sorriso e lei si mette a guardarlo, accomodandosi su uno degli sgabelli, come se niente fosse successo. Con la coda dell’occhio vede la sua borsa, ma decide che per il momento può vivere senza la roba che ci ha messo dentro. La infilerà nel guardaroba più tardi e chiuderà il capitolo della sua idea di separarsi e di trasformarsi in un giustiziere solitario.

Partner.

Riesce persino a non vomitare quell’intruglio mentre lui la prende in giro perché ha difficoltà a deglutire.

E’ davvero schifosa.

Ma l’ha fatta lui e lui è suo.

Niente più martirio. Ci sono dentro insieme, schifezze al cioccolato comprese.

 

Nota della traduttrice

Il modo con cui gli autori stanno sviluppando questa ottava serie mi lascia alquanto perplessa, così  quando ho letto questa ff su fanfiction.net mi si è allargato il cuore. Citando il mio angelo custode, avrei tanto voluto vedere questa scena…

Grazie a Emma per avermi concesso l’onore di tradurre la sua storia in italiano (l’originale è disponibile qui: https://www.fanfiction.net/s/11566765/1/Of-Course-Not), al mio angelo custode per la sua pazienza e a tutti voi per il tempo che mi avete regalato arrivando fino qui.

Un abbraccio,

Deb

 

  
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