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Autore: Lamy_    02/11/2015    0 recensioni
Amira e Robert si sono dichiarati ma c'è un piccolo problema: lei ha trascorso un mese davvero impegnativo ma quando ha avuto la possibilità di fermarsi si é domandata: ma Robert che fine ha fatto?
Un viaggio misterioso, un film da girare, un figlio da salvare e un amore che ha bisogno di una spinta per nascere. Ce la faranno Amira e Robert?
A new start for us, la storia.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO : Ci vediamo sul set.
Un mese. Era passato un mese da quando Robert era partito. Si erano scritti qualche messaggio, ma più che altro per lavoro e non per motivi personali. Erano rimasti il signor Downey e la signorina Taylor, il capo e la segreteria. Amira si rotolò tra le lenzuola, sbuffando e imprecando, e poi decise che era meglio alzarsi. Si mise seduta suo letto, totalmente avvolta tra le coperte, e lanciò uno sguardo alla sveglia, erano le 7,05. Afferrò il telefono e vide che la spia delle notifiche lampeggiava, c'erano due messaggi: uno era di Lola, la sua migliore amica nonché seconda coinquilina, che le ricordava a che ora sarebbe passato a prenderla l'autista e le augurava buon viaggio, l'altro era di Robert.
'Ci vediamo direttamente sul set.'
-Tutto qui? Ci vediamo sul set? Oh ma dai, ditemi che é uno scherzo!-
Non si vedevano da un mese e lui la trattava così, come se nulla fosse successo, come se non avessero mai passato quella notte assieme. Si lasciò nuovamente cadere sul cuscino e prese a sbattere piedi e mani sul materasso come in preda alle convulsioni.
"Che diavolo stai facendo?" Strillò Jeremy, l'altro coinquilino, entrando in camera sua e rimanendo allibito nel vederla agitarsi. Amira gli indicò il cellulare sul comodino. Jeremy lo prese per leggere il messaggio, aggrottò le sopracciglia e storse le labbra.
"Questo é un brutto segno, amica mia!" sentenziò l'amico, scuotendo il capo. Amira si alzò e fece un respiro profondo per poi sorridere.
"Non devo lasciare che le mie emozioni intralcino il mio lavoro. Sono pur sempre la sua assistente, e sono anche abbastanza in ritardo!"
La ragazza si infilò in bagno per una doccia che durò venti minuti e poi uscì con lo spazzolino in bocca per scegliere i vestiti.
"Fefemy!"
Jeremy non rispondeva e lei aveva un disperato bisogno di aiuto per scegliere cosa indossare e per stendere lo smalto sulle unghia. Sbuffò e scese al piano di sotto, trovando il suo amico che preparava la colazione e leggeva Vogue.
"Ferfé fof risponfi?" trillò Amira per poi raggiungere Jeremy, il quale la fissava con le sopracciglia sollevate.
"Togli lo spazzolino dalla bocca e magari capisco quello che dici!"
Amira tornò di corsa in bagno, finì di sciacquarsi i denti e ritornò in cucina con dei vestiti tra le braccia.
"Devi darmi una mano: uno, non so cosa indossare e due, devi aiutarmi a mettere lo smalto."
Jeremy scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, quella ragazza era un disastro. Respirò a fondo e poi esaminò gli abiti proposti dalla sua amica, infine scelse l'outfit migliore.
"Allora, puoi indossare i pantaloni neri a sigaretta con quella camicetta beige e ci abbini scarpe col tacco beige e borsa nera. Robert cadrà sicuramente ai tuoi piedi!" esclamò Jeremy sorridente, facendole l'occhiolino. Amira gli lanciò un'occhiata torva e gli fece la linguaccia.
-Mica voglio che Robert mi cada ai piedi, voglio solo che mi sposi e mi porti a vivere a casa sua! No, ok, devo smetterla di pensare a queste cose.-
"Vieni qui che ti metto lo smalto. Che colore preferisci? Anzi, scelgo io: rosso."
Amira si sedette e lasciò che il suo amico le curasse le unghia.
 
 
Quaranta minuti dopo Amira era vestita e truccata, pronta a raggiungere il set di 'The Judge'. L'autista si fermò davanti a casa sua e attese che lei scendesse.
"Allora, è arrivato il momento." esordì Jeremy mentre aiutava Amira a portare giù le valige che poi vennero caricate in macchina.
"Sarà solo per due settimane, credo, e poi tutto dipende da come procedono le riprese. Ma tutte le sere faremo video chiamate, ovviamente!" rispose la ragazza, ridendo, anche se già sentiva la mancanza dei suoi migliori amici.
"Fate i bravi!"
Amira controllò l'orologio, era giunta l'ora di partire. Abbracciò Jeremy e qualche lacrima scese lungo le sue guance ma le asciugò in fretta per non far vedere al suo amico che stava per piangere. Jeremy le diede un bacio sulla fronte e la guardò compiaciuto.
"Io e Lola siamo fieri di te, piccola Ami, ora falli secchi!" le disse il ragazzo con voce allegra e poi le fece l'occhiolino. Amira inforcò gli occhiali da sole e, dopo aver dato l'ultimo sguardo al suo amico e alla sua casa, salì in auto diretta in aeroporto.
E adesso a noi due, signor Downey.
Il viaggio fu davvero un disastro: Amira era seduta tra un'anziana giapponese che parlava ininterrottamente dei suoi dodici gatti e un bambino che si divertiva a lanciarle palline di carta. Le ore che dividevano New York dal set furono drammatiche e solo la voce metallica che avvisava i passeggeri che il volo era giunto a destinazione fece tirare un sospiro di sollievo ad Amira. Non appena ebbe recapitato i suoi bagagli percorse l'aeroporto per raggiungere l'uscita e chiamare un taxi, ma notò che un uomo in completo scuro reggeva un biglietto con su scritto: 'Amira Taylor, sono il tuo uomo'.
-Questa è sicuramente un'idea di Robert.-
La ragazza si avvicinò al tipo a passo svelto, dato che era in ritardo, e per poco non gli cadde addosso.
"Mi perdoni, sono molto maldestra. Comunque, lei mi porterà sul set?"
L'uomo non ripose, annuì solamente, prese le valige e si avviò. Amira rimase immobile con un'espressione interrogativa sul volto e poi, come se un pizzicotto l'avesse svegliata, si mise a correre per raggiungere l'auto di servizio. Durante il tragitto si specchiò più volte nella telecamera del cellulare per controllare che il trucco non fosse sbavato e che i capelli fossero ancora ben legati in una treccia. L'uomo svoltò in una piccola traversa e un enorme edificio si stagliò contro il cielo azzurro. Amira dovette ammettere di essere agitata ogni volta che accompagnava Robert su un set perché era sempre una grande emozione: registi, fotografi, parrucchieri, truccatori, costumisti e persino gli stagisti lavoravano in armonia. L'auto si fermò e la ragazza, indossata una giacca per apparire più professionale e afferrata l'agenda di pelle rossa, scese e si fermò qualche istante ad ammirare il luogo dove avrebbe lavorato per due settimane o poco più.
"Il suo albergo è in centro, signorina, vuole che io attenda qui la fine del suo turno o preferisce che io porti le sue valige in hotel?" le domandò cortesemente Jeff, ossia il tipo che le faceva da autista lì.
"Porti le mie cose in albergo. Grazie."
Jeff annuì e poi ingranò la marcia, sparendo dalla sua visuale. Amira prese un respiro profondo e poi si avviò. Non appena mise piede all'interno dell'edificio venne accolta da Harold, colui che si occupava della sicurezza di Robert.
"Oh Amira, meno male che sei qui! Robert desidera un caffè ma sai che non sopporta che siano altri a portarglielo, devi essere per forza tu." la supplicò Harold, uomo sulla quarantina, alto, biondino, con la faccia simpatica.
"Che il lavoro abbia inizio."
Amira lasciò la sua borsa nelle mani di Harold, che in cambio le porse un bicchiere di Starbucks, e poi si diresse nella sezione 'riprese'. Mentre percorreva il lungo corridoi che l'avrebbe condotta da Robert, sentiva il cuore battere a mille e aveva un nodo a gola al solo pensiero che lo avrebbe rivisto dopo trentadue giorni esatti. Con un riecheggiare di tacchi giunse in un ampio stanzone, dove gli attori studiavano i copioni o si preparano a girare aiutati da parrucchieri e compagnia bella, e si guardò a destra e a sinistra in cerca di lui. E poi eccolo lì: maglietta nera a maniche corte, jeans, occhiali da vista e copione tra le mani. Amira fu tentata a tornare indietro, mollare il caffè ad Harold, scappare in Alaska e mettersi a costruire blocchi di ghiaccio con gli orsi polari...ma non poteva. Perciò scrollò le spalle, si aggiustò un ciuffo di capelli ribelle e si incamminò verso di lui con passo deciso e testa alta. Il rumore delle sue scarpe prodotto dal contatto col pavimento fece saettare gli occhi di Robert su di lei, il quale inclinò il capo per osservarla meglio. Quando furono abbastanza vicini Amira abbassò lo sguardo e le sue mani cominciarono a tremare.
-Cazzo, è ancora più bello di prima.-
"Buongiorno, signor Downey. Ecco a lei il suo caffè nero!"
Amira porse il bicchiere a Robert e nel farlo le loro dita si sfiorarono, la ragazza cercò di nascondere il rossore volgendosi ad ammirare il set: i registi stavano parlottando tra di loro, i costumisti correvano di qua e di là con abiti e scarpe in mano, getti di lacca impregnavano l'aria, e l'adrenalina pre-inizio era palpabile.
"Com'è messa qui la situazione?" chiese la ragazza al suo capo, concentrato sulle parole che avrebbe dovuto imparare a memoria, mentre leggeva gli impegni della giornata.
"Hanno assegnato le parti un paio di ore fa, però cominciamo a girare domani." rispose lui con la sua solita voce tranquilla, tornando poi a studiare le sue battute. Amira lo guardò di sottecchi: gli occhi scuri, quelle labbra che lei aveva avuto il piacere di baciare, quelle mani che l'avevano accarezzata, quei capelli che lei aveva toccato. Eppure, ora e in quella situazione, sembrava che le cose non fossero cambiate, sembrava che Robert non le avesse mai confessato di amarla, sembrava tutto un lontano sogno, o forse un incubo.
"Signorina, le ho chiesto come sono andate le cose durante la mia assenza."
Amira scosse la testa e si ridestò, accorgendosi di essersi persa nei suoi pensieri, quando Robert le sventolò una mano davanti agli occhi. Si schiarì la gola e provò a parlare.
"Mi sono trasferita dai miei migliori amici, Lola e Jeremy, ma questo a lei ovviamente non importa. Comunque, ho organizzato tutti i suoi impegni per questo mese e ho anche risposto a tutte le chiamate che lei rifiutava. Ah e le ricordo che tra due giorni le cambieranno il frigo della cucina e che le tende nuova sono già state appese."
"Ottimo lavoro."
-Cosa? Ottimo lavoro? Ma sei serio, Robert? Tu ora mi baci e mi stringi a te, altrimenti ti denuncio per mancata cura di animali domestici. No, aspetta, ma io non sono un animale domestico. Sono quei dannati occhi che mi stanno dando di matto.-
"Grazie, signore."
"Robert, vecchia ciabatta!"
Robert ed Amira guardarono verso la porta d'ingresso e spalancarono gli occhi, Robert Duvall stava percorrendo l'enorme stanza accompagnato da una bella bionda, tutta fisico e niente cervello.
"Oh Duvall, non perdi mai un colpo!"
I due uomini si strinsero la mano calorosamente. Robert Duvall, stando al copione, avrebbe dovuto fare la parte di Joseph Palmer, il padre di Hanc, ossia Robert nel film.
"E questa bella donna chi è? La tua ragazza?"
"Piacere, sono Amira Taylor. Sono l'assistente del Signor Downey."
Duvall baciò la mano di Amira e poi la squadrò sotto lo sguardo attento di Robert.
"E tu lasci che questa meraviglia ti scaldi il caffè e non il letto? Ragazzo mio, non hai capito niente della vita!"
Robert, in evidente imbarazzo, non sapeva che dire e cercava in tutti i modi di trovare le parole giuste, poi fu il regista a salvarlo da quella situazione.
"Duvall e Downey, venite qui!"
"Amira, può andare nel mio camerino a prendermi una penna? Per favore." le disse Robert con quello sguardo penetrante e quella voce dannatamente profonda. Amira annuì e si diresse al suo camerino.
-A cosa diamine gli serve una penna?-
Mentre attraversava il lungo corridoio che portava al camerino di Robert, Amira non faceva altro che pensare a quella assurda situazione: lui la trattava come aveva sempre fatto in tre anni, anzi sembrava più freddo e distaccato, e lei gli portava il caffè ed esaudiva ogni suo desiderio. Poco dopo vide in lontananza una porta grigia con un foglio azzurro attaccato sopra e la scritta a caratteri cubitali: 'R. Downey Jr'. La ragazza entrò con la chiave che le era stata affidata dal suo capo, dato che quello in parte era anche il suo camerino, e si mise a cercare un penna sulla scrivania. C'era di tutto, fazzoletti, carica batterie, i-pod, pc, agenda, chiavi, occhiali da sole, ma non c'era ombra di penne. Amira alzò lo sguardo sullo specchio e vide riflesso in esso un mazzo di rose arancioni poste su un tavolino. Si voltò con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati, poi si avvicinò e lesse il biglietto attaccato alla carta che avvolgeva i fiori: 'Queste dovrebbero essere le tue rose preferite, se non erro. Bentornata a lavoro, Amira. -R'. Amira rimase a fissare il mazzo imbambolata, con le mani tremanti e le gambe che avrebbero potuto cedere da un momento all'altro se non si fosse seduta sullo sgabello accanto alla scrivania.
-Oddio, devo dirlo a Lola e Jeremy! AH MI HA REGALATO DEI FIORI E SI E' RICORDATO CHE AMO LE ROSE ARANCIONI. OH ROBERT, MA IO TI FACCIO UNA STATUA.-
Tirò fuori dalla tasca il suo cellulare, fece una foto ai fiori e al messaggio e poi la spedì ai suoi amici. Forse Robert stava fingendo che tra loro nulla fosse successo per dare l'idea che fossero legati da un rapporto lavorativo...ma, un attimo, avevano un altro tipo di rapporto oltre quello?
 
 
"Stop! Un'ora di pausa, ragazzi." esordì il regista nel bel mezzo delle riprese, sembrava stanco ma molto soddisfatto. Robert afferrò una bottiglietta d'acqua dal frigo del set e si recò nel suo camerino, dove trovò Amira concentrata a parlare al telefono e a prendere appunti sulla sua agenda rossa.
"Sì, gli dirò che ha chiamato. Buona giornata!"
Amira chiuse la chiamata con uno sbuffo e si lasciò cadere sulla sedia. Robert le si sedette di fronte, sul divano, e la fissava intensamente. Ricordava ogni momento, ogni bacio, ogni carezza, ogni parola sussurrata quella sera. Sorrise al pensiero di lei che tremava sotto di lui.
"Allora, hanno chiamato suo padre e la balia di Exton. Suo padre desidera invitarla a cena non appena le riprese saranno terminate, mentre Gemma mi ha detto che Exton ha bisogno che qualcuno paghi le sue rette dell'asilo. Apro un conto a favore del piccolo in modo che la scuola possa pren...."
"Mi sei mancata." disse lui all'improvviso, ancora perso nei ricordi della notte passata assieme. Amira si interruppe un attimo e fece un respiro profondo, poi ricominciò a parlare.
"Come le dicevo, se apriamo un conto intes...cos'è che tanto la fa ridere, signore?"
Robert si sollevò e, sorridendo, si avvicinò a lei e le mise le mani sui fianchi. La ragazza sentì i battiti del cuore aumentare e sentiva un formicolio lungo il corpo.
"Come stai?" le chiese lui, la voce bassa, il suo inconfondibile dopo barba, quei tatuaggi che si intravedevano sotto le maniche della maglia.
-Adesso non sto per niente bene. Qualcuno chiami il 118, non è una esercitazione. Ripeto, allarme rosso.-
"Lei intende come sto dopo che mi ha abbandonata qui per un mese, partendo per chissà dove, o la intende come una domanda di cortesia?"
Robert si allontanò, abbassando gli occhi, e tornò a sedersi sul divano. Amira scosse la testa, infastidita e delusa, per poi tornare a scrivere sulla sua agenda.
"Amira, ci sono delle cose che...che tu non conosci."
"Credimi, questo lo so. L'ho capito che il tuo viaggio nasconde qualcosa e sinceramente mi dispiace che tu ti sia tenuto tutto per te, credevo che ormai fossimo una squadra. Ma la vita è tua e così anche le scelte, non devi spiegarmi nulla. E non te lo dico perché abbiamo passato quella notte insieme, ma te lo dico da assistente."
Detto questo, Amira uscì dal camerino come un fulmine. Aveva bisogno di allontanarsi da lì. Credeva davvero di poter lavorare con lui come aveva sempre fatto ma di fatto era impossibile. Non si può lavorare con l'uomo di cui sei innamorata persa ma che, in fondo, sai di non poter avere. Una lacrime scivolò lungo la sua guancia e l'asciugò prima che altre tante facessero capolino, doveva dare l'impressione che tutto andasse bene. Alla fine anche lei aveva imparato a recitare la sua parte. Poco dopo anche Robert uscì in un quel vicolo deserto per raggiungerla. Amira lo vide correre verso di lei e alzò la mano.
"Lasciami stare! Voglio restare da sola."
"Tu non vuoi restare da sola, io lo so."
"Tu non sai quello che voglio, Robert."
"Allora dimmelo. Dimmi quello che vuoi, ma non mi allontanare per l'amore del cielo!" sussurrò Robert a pochi centimetri dalle labbra di lei, guardandola dritto negli occhi.
-Te, razza di imbecille. Voglio te.-
"Io...voglio solamente che tu renda tutto questo meno...come dire...ecco, complicato. Io non ce la faccio se continui così, perciò vorrei che tu mi trattassi come la tua segretaria almeno sul set." la voce di Amira era un sussurro, le sue dita erano intrecciate a quelle di lui, gli occhi fissi a terra a causa dell'imbarazzo. Robert rimase zitto e immobile per circa un minuti, poi scosse la testa e poggiò la fronte sulla spalla di lei. Amira non poté reprimere l'impulso e, liberatasi i polsi, lo abbracciò. Era passato un mese ma i suoi sentimenti per lui erano soltanto aumentati, erano diventati di dimensioni così esorbitanti che presto il suo cuore avrebbe ceduto. Ne era sicura.
"Stammi vicino, Amira."
Quella era una supplica, una chiara esigenza di aiuto, e lei gli sarebbe rimasta accanto nonostante tutto. Gli posò un bacio sul capo e lo strinse di più a sé.
"Sono qui."
 
 
"Questa è la mia stanza!" esclamò Robert non appena misero piede nella suite del loro hotel. La stanza era enorme, una sorta di appartamento, assortita di vasca idromassaggio, stanzino per fare sport, stanzino per i massaggi, TV satellitare e un enorme letto a baldacchino al centro. Robert lasciò le valige e si buttò sul letto, morbido e rassicurante. Amira rise, poi aprì la zip delle valige e prese a mettere in ordine i vestiti di lui nell'armadio.
"Che stai facendo, Amira?"
"Beh sto sistemando i tuoi vestiti nell'armadio, mi sembra ovvio!"
"Lascia perdere e vieni qui!"
Amira lasciò ricadere una camicia nella valigia, si voltò verso di lui e scosse la testa. Robert si mise seduto sul bordo del letto e con un gesto fulmineo l'attirò a sé e la fece sedere sulle proprie gambe, notando il lieve rossore sulle guance della sua assistente.
"Resti qui stanotte?" le chiese Robert mentre la stringeva a sé, dandole qualche bacio sul collo e sorridendo nel vedere che le provocava la pelle d'oca. Amira stava letteralmente morendo sotto il suo tocco ma cercò in tutti i modi di mascherarlo e sorrise a quella richiesta.
"Non posso. Non dovrebbero vederci insieme. Dovrai dormire da solo, signorino!" scherzò lei, facendolo ridere.
-La sua risata, la colonna sonora della mia vita. Oh no, sto dando i primi segni di schizofrenia.-
Amira si liberò dalla presa di Robert e, alzatasi, afferrò la borsa per avviarsi verso la porta.
"La tua camera è quella in fondo al corridoio? Sai, potrei avere problemi a prendere sonno!"
La ragazza rise di gusto e continuò ad avanzare, prima usciva meglio era. Strinse le dita sulla maniglia e si voltò un'ultima volta.
"Non hai mai avuto difficoltà nel prendere sonno, Robert."
La porta si chiuse con un tonfo, ora Robert era solo. Si abbandonò di nuovo sul letto e cominciò a fissare il soffitto. Avrebbe voluto baciare Amira ma l'unica cosa che era stato capace di fare era stato chiederle aiuto. La vita di Robert era cambiata in peggio in quel mese passato chissà dove, e adesso non sapeva come uscirne. Lo avevano incastrato. Susan lo aveva in pugno e lui non aveva alcuna via di uscita, poteva e doveva solo recitare la parte del marito felice. Ma come avrebbe fatto con Amira? Lui era innamorato di quella ragazza, ma la sua più grande disgrazia lo stava perseguitando. Poche ore e Susan lo avrebbe raggiunto sul set.
 
 
"Ti ha regalato delle rose arancioni? Davvero? Ma che dolce!" trillò la voce di Jeremy dall'altra parte dello schermo del pc. Amira, dopo essersi fatta una bella doccia fredda ed essersi sistemata a letto, aveva chiamato su Skype i suoi amici.
"Ti regala dei fiori e tu non ci vai a letto? Ami, stiamo parlando di Robert sono un dono di madre natura Downey Jr!"
"Oh Lola, non si tratta solo di contatto fisico. Voglio vedere fin dove si spinge. Voglio dire, stamattina a stento mi ha guardata e solo dopo si è addolcito."
Mentre attendeva una risposta acida di Lola qualcuno bussò alla porta, Amira posò il portatile sul letto e andò ad aprire. Harold.
"E' successo qualcosa, Harold?"
"Poso entrare?"
La ragazza si spostò di lato per mettere al suo collega di entrare e richiuse la porta. Harold, in evidente agitazione e confusione, si sedette sul letto con le mani premute sul volto. Amira chiuse la chiamata con i suoi amici, i quali avevano inteso la situazione, e si sedette su una poltrona di fronte ad Harold.
"Che succede? Stai bene? Robert sta bene?"
Harold la guardò negli occhi e una terribile sensazione le attanagliò lo stomaco, qualcosa nell'aria le suggeriva che le cose stavano precipitando.
"Tu hai idea cosa abbia fatto e dove sia stato Robert il mese scorso?"
Quella domanda allarmò Amira ancora di più, ora non era solo lei a chiedersi cosa fosse successo durante il viaggio di Robert ma anche Harold, la cui politica lavorativa consisteva nello svolgere gli ordini del signor Downey senza farsi troppe domande, si chiedeva cosa fosse successo.
"C-che intendi dire?"
"Amira, quell'uomo ci sta nascondendo qualcosa! E se sono qui a dirtelo vuol dire che la cosa è seria. Dove è stato? Che ha fatto? Con chi? Perché è sparito senza dire nulla? Che diamine è successo?"
La voce di Harold era nervosa, ansiosa e trapelava un forte senso di paura e preoccupazione. Amira strinse i braccioli della poltrona e sentì le nocche delle mani bruciare per la pressione che stava esercitando, poi si alzò di scatto non potendo reggere oltre. Tante volte si era chiesta cosa stesse combinando Robert ma adesso tutto le sembrava più misterioso e confuso.
"Harold, la vita è sua. Noi non siamo tenuti a sapere tutto."
Sto mentendo a me stessa, fanculo.
"Anche se lavoriamo con lui da tre anni e lo abbiamo seguito e aiutato in ogni situazione?"
Le faceva male la testa, quelle domande e quella tensione stava solo peggiorando le cose, non avrebbe retto un altro colpo. Respirò a fondo e cercò di essere convincente.
"Si tratta di una donna. Prima di partire il signor Downey mi ha fatto promettere di non farne parola con nessuno. Credo sia una donna di spettacolo, ecco perché si è nascosto."
Il viso di Harold sembrò rilassarsi a quelle parole, emise un fischio e rise. Amira fece un mezzo sorriso.
"Ma certo! Dovevo aspettarmelo che si trattasse di una donna!"
"Già, conosciamo Robert."
Harold si alzò e si avviò verso la porta, voltandosi ancora una volta e sorridendo alla sua amica, poi uscì. Amira chiuse la porta, si poggiò con la schiena sulla base di legno e si lasciò scivolare a terra fino a trovarsi seduta. Sospirò.
-Ci sono cose che non conosci.-
 

 
 
 
Salve! :)
Questo é il primo capitolo della storia che riprende la os 'A new start for us' (che in pratica é il prologo). Spero che vi piaccia.
Fatemi sapere che ve ne pare.
Alla prossima.
Baci x
  
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