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Autore: Christi    02/11/2015    3 recensioni
Tre ragazze e cinque ragazzi nella soleggiata Los Angeles.
Un'estate appena iniziata, che aspetta solo di essere vissuta.
Genere: Comico, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carlos, James, Kendall, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L.A. Baby!
Chapter Fourteen
Just two years later.




Summer, 2 Years Later, Los Angeles, 01:00 PM


Joe pettinava i lunghi capelli biondi con calma, mentre ascoltava i rumori ovattati provenire da fuori. 
Il tepore della stanza la rilassava, mentre la luce del sole si intrufolava dalla finestra. Si fissava nello specchio e non poteva fare a meno di pensare che quei due anni erano passati troppo velocemente. 
La sua mente volò inevitabilmente al giorno in cui Kendall le aveva detto che sarebbe dovuto partire con sua sorella. 
Il biondo si era presentato a casa sua con un pacchetto di cioccolatini al cocco e Yuma. 
-Kendall che ci fai qua?- aveva domandato Joe, facendolo entrare. Kendall aveva sospirato ed aveva lasciato che Yuma giocasse con il suo maialino, mentre lui si era seduto di peso sul divano. -Kendall-
Joe si mise seduta davanti a lui ed inclinò la testa di lato cercando di capire i pensieri del ragazzo. 
Poteva vedere il cervello di Kendall lavorare, mentre aveva appoggiato i gomiti sui ginocchi e mordicchiava le labbra in un gesto quasi isterico. Joe e Kendall avevano un rapporto estremamente particolare. Si volevano bene, da morire, ma quando stavano in compagnia era un continuo battibeccare. Avevano due caratteri troppo uguali per riuscire ad andare d'accordo. Ma quando si trovavano da soli, riuscivano ad intraprendere conversazioni serie ed adulte, per quanto alla loro età fosse difficile. Ma nonostante si conoscessero ormai da molto tempo, Joe, a volte, trovava difficile capire i comportamenti del ragazzo. 
Ma poi Kendall aveva parlato. Così, schietto e preciso.
-Ci trasferiamo fra due giorni- 
Così.
-E' uno scherzo- le aveva risposto lei ridendo, ma lo sguardo del ragazzo davanti a lei non sembrava affatto divertito. 
-Dove?- aveva allora chiesto, qualche minuto dopo, seduta sul divano di casa sua, Kendall davanti a lei che le spiegava con una calma quasi surreale cosa stava accadendo. 
-Sarebbe voluta venire Chris, ma non riesce a spiccicare parola in questi giorni- 
Joe aveva annuito con aria grave ed aveva abbracciato il suo migliore amico. -Mi mancherete così tanto- era l'unica cosa che era riuscita a dire, prima di scoppiare a piangere. 



Alexandra sorrideva ancora, fissando la foto che Kendall le aveva regalato prima di partire. L'aveva messa sul comodino, ed ogni sera, prima di addormentarsi, la osservava, cercando di ricordare i bei momenti che avevano passato insieme. Era stato difficile non piangere in quei giorni, era stato difficile passare davanti a quella che era un tempo casa Schmidt e non poter suonare al campanello. Era stato difficile tentare di dimenticare le parole di Kendall, poco prima di partire.
-Aspettami piccola- le aveva detto, mentre la stringeva stretta a se -Sarai sempre l'unica nel mio cuore, ricordatelo, okay?- 
Ma lei voleva dimenticare. Sì, perche faceva tremendamente male sapere che la sua migliore amica ed il suo fidanzato erano dall'altra parte del mondo e che lei, lei non poteva fare nulla. 
Faceva male, sentire il profumo della maglietta che Kendall le aveva regalato sparire, esattamente come spariva la sensazione di averlo sempre accanto. 
Ma quella foto, lui che la teneva stretta a se, sulla spiaggia e la baciava, quella foto la faceva sorridere, nonostante ormai, sotto un certo aspetto fosse tutto finito. Le cose nella sua vita erano cambiate radicalmente da quando Chris e Kendall erano partiti due anni prima.
Aveva trovato lavoro, in un delizioso bar davanti alla spiaggia ed aveva provato a ricominciare. 
Ma si era arresa subito. Come poteva provare a iniziare una nuova vita, se ogni volta che vedeva una chioma bionda tra la folla sperava che fosse Kendall ed ogni volta, e ciò la distruggeva particolarmente, si ostinava ad ordinare otto pizze invece che sei.
-Alex le pizze sono di nuovo otto- 
E lei scoppiava a piangere, perché dannazione,  sperava veramente che a breve avrebbero suonato a quella dannata porta e si sarebbero messi al tavolo insieme a tutti quanti, ma sapeva che non sarebbe mai successo.
Si controllò un'ultima volta allo specchio, prima di sospirare. 
Forse quella giornata avrebbe segnato una svolta nella sua vita. 
Ne aveva assolutamente bisogno. 




James fissava l'oceano da almeno un'ora. Sapeva che a breve sarebbe dovuto tornare a casa e prepararsi per l'appuntamento, ma in quel momento, non poteva fare a meno di fissare l'oceano e pensare a lei. 
Non era stato facile. Quando Christina era letteralmente caduta fra le sue braccia piangendo, aveva capito che qualcosa di grave sarebbe successo, ma mai avrebbe pensato a quello.
-Che, che succede piccola?- aveva chiesto e nel momento esatto in cui aveva finito di pronunciare quella domanda se ne era pentito all'istante. 
-Parigi, James, Parigi!- aveva urlato lei come risposta, soffocando un singhiozzo. 
Ed era in quel momento che James aveva capito che tutto sarebbe andato in frantumi.
Ed anche ora, mentre fissava in silenzio la distesa di fronte a lui, riusciva a sentire quel grido, quella città. 
Parigi. 
E pensare che le era sempre piaciuta come città. Aveva sognato per anni di poterla visitare, ma ancora non ne aveva avuto possibilità.
Il suo obbiettivo era quello di visitare prima tutta l'America e poi, avrebbe visitato il resto del mondo. E l'idea che gli frullava da tempo in mente era quella di girare il mondo con Chris. Ma adesso, ogni progetto era sfumato e nemmeno in quei due anni, James era riuscito a dimenticare Chris, sapeva che non ci sarebbe mai riuscito.
Si alzò di scatto da terra, scuotendo violentemente la testa. 
L'appuntamento. 
Sì, quell'appuntamento avrebbe sicuramente stravolto la sua vita.



Logan camminava lentamente, mentre stringeva la mano della sua ragazza. Bekie le sorrise dolcemente, ma Logan dovette spostare lo sguardo, per non restituirle il sorriso.
Non ci riusciva. Sapeva quanto Bekie si stesse sforzando per fargli dimenticare della partenza di due dei suoi migliori amici, ma non durante quel giorno. 
Sentì la presa della ragazza più forte.
-Ehi-
-Scusa- 
Logan sussurrò quella parola lanciando uno sguardo a Rebecca, che le sorrise.
-Non devi chiedermi scusa. Insomma è normale, scusa se sono stata insistente-
-E' insopportabile la consapevolezza di non poter dimenticare quei due- 
Logan sbuffò, portando una mano nei capelli scuri. 
-Logie- 
Il ragazzo alzò lo sguardo e si bloccò sullo stradello, imitando la fidanzata. -Oggi cambia tutto- la ragazza di bloccò, portando una mano sul cuore -Cioè... Oggi tutto potrebbe cambiare. Dobbiamo solo arrivare a casa di Noah ed aspettare quella telefonata. Devi solo aspettare-
Le carezze che la ragazza le passava sul braccio erano riuscite inevitabilmente a tranquillizzarlo, ma aveva ancora quel maledetto peso sul cuore che niente, per lo meno prima di quella telefonata, avrebbe potuto eliminare quella noiosa sensazione. 
Devi solo aspettare, si ripeteva mentalmente mentre iniziava a camminare, devi solo aspettare.




Summer, 2 Years Later, Paris, 10:00 AM



-Dio, Rosie sposta quella dannata cartella dalla mia scrivania!- 
Christina socchiuse gli occhi non appena udì la voce del fratello parlare in americano, mentre varcava l'enorme porta di vetro. 
Tipico di quando si infuriava. Il suo francese non era mai stato un granché, effettivamente.
Afferrò il caffè che Melanie, la sua segretaria, le porgeva gentilmente, ringraziandola con un sorriso cordiale. 
Posò la sua borsa, rigorosamente firmata, sulla scrivania e sorrise a se stessa nello specchio. Ignorò la tremenda sensazione alla bocca dello stomaco, la stessa che aveva ogni volta che si vedeva così diversa allo specchio ed entrò senza bussare dalla porta di legno che divideva il suo studio da quello del fratello.
-Dovresti smettere di urlare ad ogni segretaria che fa cose gentili per te, sai?- domandò, lanciando uno sguardo alla povera Rosie, che usciva silenziosamente dalla stanza. 
-Quell'incompetente. Le ho chiesto due cose e non è riuscita a farne mezze-
-Ma per favore- Christina aprì le finestre dello studio, dando le spalle al fratello -Parli come tuo padre- 
-L'ultima cosa che mi serve in questo momento è perdere tempo- Kendall afferrò qualche foglio dalla scrivania, prima di fissare la sorella -E tu non fai altro che intralciarmi- 
-Avanti, dillo- Christina aveva poggiato le mani sui fianchi e fissava il fratello con aria autoritaria -Il tempo è denaro, non è vero, signorino Schmidt?- domandò con cattiveria. 
Christina detestava quella che ora era la sua vita. Si svegliava ogni mattina alle sei e si trascinava lentamente nel suo lussuoso appartamento parigino. Sceglieva che tailleur indossare, le varianti non erano molte, camicia bianca o panna, solo durante occasioni importanti indossava una camicia dal leggero color pesca, giacca nera e gonna stretta, lunga cinque centimetri sotto il ginocchio. 
Il viso sempre truccato con cura -Devi avere un aspetto affidabile- le aveva spiegato la madre, un ombretto dorato ed un filo di eyeliner marrone, mascara e rossetto color carne, con solo qualche sfumatura rosata. Ed il blush, mai troppo marcato. 
Infilava qualche cartella nella borsa griffata, controllava distrattamente le email sul cellulare ed usciva dall'appartamento che condivideva con suo fratello. 
E poi, Parigi. 
Le piaceva come città, non poteva negarlo, ma Dio, le persone sembravano così chiuse e poco interessate alla loro vita. Aveva riscontrato di essere l'unica abitante di Parigi che si concedeva uno sguardo alle bellezze dalla città. 
Tutti gli altri sembravano solamente tanti e cocciuti robot.
E lei aveva il terrore di diventare come loro. 
Di diventare come suo padre e sua madre. 
Solo il fatto di indossare scarpe con il tacco dalla mattina alla sera la mettevano a disagio. 
Quella non era la vita che faceva per lei, ma si era ritrovata incatenata in essa senza neanche avere il tempo di ribattere. 
-Mi dici che stai aspettando?- la voce innervosita del fratello la riportò alla realtà. Kendall la fissava, già sulla porta e con la ventiquattrore in mano. 
-Scusa, stavo solo pensando- si giustificò la sorella, raggiungendo il ragazzo. 
Uscirono dallo studio uno accanto all'altro. Gli sguardi di tutti erano puntati su di loro, i fratelli Schmidt, il cuore dell'agenzia immobiliare a Parigi. 
Camminarono a testa alta, mentre i lavoratori abbassavano lo sguardo e tornavano a lavorare. 
Uscirono dall'enorme edificio, ed entrarono, rigorosamente in sincronia, nella loro auto nera. 
-Hai studiato bene il cliente?- domandò Kendall qualche attimo dopo che l'auto si era messa in movimento per le strade trafficate. 
Christina annuì, controllando con scrupolo un fascicolo.
-Paul De Cauchet, sulla quarantina, sposato con Lucille Lounde. Padre di due adorabili bambine di dodici e tredici anni, ha un budget molto alto. Stanze luminose, vista mozzafiato e due belle camere per le principessine, sono i principali interessi-
Kendall annuì. 
-Dio mio- 
Christina alzò gli occhi e notò suo fratello stropicciare gli occhi verdi. -Sono così stanco- commentò il ragazzo, passando una mano nei capelli biondi. 
Kendall non era adatto a quella vita, pensò Chris con una punta di rammarico. Lo vedeva ogni giorno, imprigionato dentro quella figura da capo e uomo d'affari, imbottigliato in quei completi eleganti. Urlava, si arrabbiava, sbatteva porte ed ognuno pensava che fosse il capo perfetto, l'unico che sarebbe mai riuscito a gestire tutto quel lavoro, ma Christina sapeva da dove provenisse quella rabbia. 
Lo sapeva perché era l'unica a vederlo, la sera, quando si sdraiava sul divano e si ingozzava di pizza con lei. Ed era certa di riuscire a riconoscere il Kendall di una volta, mentre rideva divertito per qualcosa visto alla tv o la prendeva in giro per ogni minima cavolata. 
Sapeva quanto Kendall odiasse quella vita. 
Nel mondo di Parigi, i fratelli Schmidt erano diventati la coppia vincente e... felice. Sì, perché Chris e Kendall il sorriso non lo avevano mai perso, ma i motivi per sorridere si. Era solo un sorriso impostato, di scena. 
Ed entrambi volevano scappare da quella vita. 
Christina accarezzò il braccio del fratello, cercando di tranquillizzarlo. 
-Stasera preparerò una bella insalata e ci guarderemo molti film- disse dolcemente la ragazza. 
-Ho voglia di mangiare un hamburger, sono due anni che non ne mangio uno decente- 
Il ragazzo si bloccò.
-Oggi sono due anni- sussurrò. Tutta la frenesia di quell'incontro importante gli aveva fatto dimenticare che giorno tristemente importante fosse quello. 
Christina annuì con aria grave. 
-Hai ragione tu, Chris- 
Kendall guardava la città scivolare fuori dal finestrino. 
-Parlo come papà, sono diventato papà- 
-Non esageriamo, io non intendevo questo- si precipitò a dire la sorella. 
-No. E' così. Sono diventato ciò che mi ero ripromesso di non diventare- 
Restarono qualche minuto in silenzio, poi lo squillo del cellulare di Christina spezzò il silenzio. 
-Christina Schmidt, come posso aiutarla?- 
-Non fare la donna di mondo con me-
-Con chi parlo scusi?- 
-Ma come! Non riconosci la voce del tuo migliore amico?
Ci fu un secondo di silenzio, Kendall notò gli occhi di Christina inumidirsi. 
-Carlos?-
-In persona-
Christina lanciò un urlo, facendo sobbalzare Kendall, che le urlò un -Sei impazzita per caso?-
Christina lo zittì con un gesto della mano. Dall'altro capo del telefono, tutto il gruppo era riunito a casa di Noah e fissava divertito il telefono in vivavoce, posato sul tavolo.
-Quando tu e il tuo fratellino snob troppo impegnato a rispondere al cellulare tornerete a casa stasera, preparate le valige-
Carlos esitò un secondo, dall'altra parte del telefono, mentre Christina impostava il vivavoce per permettere a suo fratello di sentire.
-Fra due settimane mi sposo ed avrei bisogno del mio testimone e sua sorella. Ah, i biglietti per il volo sono nella cassetta della posta- 
Vi furono alcuni minuti di silenzio, uno sguardo fra i fratelli, una frenata improvvisa. 
L'autista guida l'auto nella direzione opposta, verso il loro appartamento. Poi Kendall parlò, finalmente un sorriso sincero a stravolgere i suoi lineamenti
-Al Diavolo tutto questo schifo. Partiamo subito Carlitos.-




 
Chris' Corner
Hiiiiiiiii
Eccomi tornata. Va bene, ammetto di non essere proprio soddisfatta di questo capitolo, ma eccolo qua. 
Siamo quasi agli sgoccioli e sì, lo so, siete tristi perché tutto sta per finire. Ci sono al massimo due o tre capitoli e la storia si conclude.
MA manteniamoci allegri. Che ve ne pare delle diverse situazioni dei personaggi? Ed il nostro Carlitos si sposa! 
Potrei osare e dire che il bello della ff arriva ora, ed effettivamente le idee che ho in mente per la parte finale mi soddisfano abbastanza. 
Non sapete quanto è stato difficile descrivere un Kendall parigino. Non ce lo vedo proprio in quelle vesti. MA EHI, OGGI QUEL BIONDINO STRAFOTTENTE (piccino mio) COMPIE GLI ANNI! 
Sta diventando un vecchiarello -Ammettetelo, l'immagine di Kendall che sorseggia una tisana rilassante, a volto in una vestaglia mentre legge un giornale, seduto su di una poltrona di velluto rosso è venuta in mente anche a voi. Oh beh, non scordiamoci gli occhiali e le pantofole-
Prima di passare hai ringraziamenti vorrei dare un'informazione di servizio (tutta sta serietà da dove esce) : prima di aggiornare Five Days. ho deciso di concludere questa fanfiction. Non riesco a tenere aggiornate troppe ff e concludendo questa, potrò dedicarmi completamente a l'altra. Scusate se vi farò aspettare, vi chiedo solo un po' di pazienza. 
Ma ora i ringraziamenti:
Ringrazio tutte le persone che leggono e seguono questa ff, grazie davvero. 
E gli angeli che hanno recensito lo scorso capitolo:
- tall_blonde_pretty
- happy_face
- Sempreverde03

Grazie mille splendori. 
Spero di trovare i vostri commenti anche a questo capitolo!
Un abbraccio
Chris

 
   
 
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