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Autore: Shainareth    03/11/2015    5 recensioni
Ero consapevole che Ambra meritasse tutti quegli insulti, e forse anche qualcuno di più, visto il modo poco amabile in cui era solita comportarsi con gli altri – ed io per prima ne sapevo qualcosa. Tuttavia, non potevo non immedesimarmi in lei e non provare la sua sofferenza: anch’io ero innamorata, e se Kentin avesse avuto per me le stesse parole che ora stava pronunciando contro Ambra… beh, probabilmente mi sarei sentita morire.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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RIVALI - CAPITOLO DODICESIMO




Ambra scostò la mano dal viso, che rimase in ombra a causa dei capelli che le ricadevano scompostamente attorno al capo. Alla vista delle dita macchiate di sangue, trattenne il fiato. Fu Castiel il primo a muoversi, avventandosi su di lei per agguantarla per le braccia. Ambra si dimenò, cercando di sottrarsi alla sua presa, ma lui le bloccò il polso e le sollevò il capo di prepotenza, rivelando a tutti noi l’amara verità: dall’arcata sopraccigliare destra di lei, grondava un abbondante rivolo di sangue, che le accecava l’occhio e ricadeva sulla guancia come le lacrime di una bambola gotica, i cui riccioli d’oro erano bagnati di macabre stille color rubino.
   «Merda!» sibilò Castiel fra i denti. Sordo alle sue proteste, l’afferrò per le spalle, premette la propria mano sulla ferita, cercando di tamponarne il flusso, e iniziò a trascinarla via con sé. Dovendosi arrendere alla sua forza, Ambra smise di opporre resistenza e, piccola e fragile fra le sue braccia, si aggrappò al suo giubbino di pelle senza più emettere fiato.
   Lysandre fu subito dietro di loro, sfilandosi dal collo l’ampia cravatta e passandola a Castiel per aiutarlo a fermare momentaneamente l’emorragia. Quanto a noialtri, rimanemmo impietriti ai nostri posti. Infine, mentre fissavo le macchie di sangue rimaste in terra senza vederle realmente, scattai in una corsa verso la sala delegati.
   Entrai senza bussare, quasi di prepotenza, tanto che sia Melody che Nathaniel, chini sulle loro pratiche quotidiane, sobbalzarono per lo spavento. «Aishilinn, che diav…»
   Non lo lasciai finire di parlare. «Ambra è ferita», dissi soltanto, la voce strozzata.
   Nathaniel mi guardò inebetito per qualche attimo; quindi saltò in piedi, rovesciando la sedia alle proprie spalle e si precipitò fuori dalla stanza, dimenticandosi di tutto il resto. Lo seguii a passo di carica, spiegandogli a grandi linee ciò che era accaduto. «Quel bastardo!» fu la prima cosa che commentò con un ruggito.
   «È stato un incidente!» ripetei con enfasi, dal momento che non sembrava avermi udita la prima volta. «Ci sono altri testimoni», gli garantii, affinché non si mettesse in testa che volessi prendere le difese di Castiel pur di andare contro sua sorella.
   «Dove sono, ora?»
   «Castiel la stava portando in infermeria, credo.» Perlomeno, quella era la direzione in cui era scomparso insieme ad Ambra e Lysandre.
   Arrivammo a destinazione in un minuto o due, suppongo, ma a me sembrò che fosse passato molto più tempo. Davanti alla porta dell’infermeria c’erano Kentin, Armin e Lysandre, che sollevarono lo sguardo al nostro arrivo, ma non furono capaci di dirci molto. «Castiel è dentro con lei», fu tutto ciò che riuscimmo a sapere.
   Senza aspettare un secondo di più, Nathaniel aprì con decisione la porta, fermandosi sull’uscio alla vista dell’infermiera intenta a medicare il volto di sua sorella. Quanto a Castiel, se ne stava ritto e immobile in un angolo, gli occhi fissi su Ambra e la cravatta di Lysandre inzuppata di sangue in una mano. Non si accorse dell’arrivo di Nathaniel se non quando l’infermiera glielo fece notare. «Sei suo fratello, vero?»
   «Nath!» esclamò Ambra con voce tremolante, allungando un braccio nella sua direzione.
   Lui le andò vicino e le prese la mano fra le proprie, stringendogliela con forza. «Come sta?» volle sapere dall’infermiera, pur continuando a fissare sua sorella.
   «È meno grave di quanto sembri, non occorreranno neanche punti di sutura», li tranquillizzò la donna, continuando nel proprio operato. «Tutt’al più, potrebbe rimanerle una piccola cicatrice sul sopracciglio. Nulla di serio, in ogni caso.»
   «Meglio così», commentò Nathaniel in tono laconico, passando le dita fra i capelli di Ambra per scostarglieli ulteriormente dal viso. La tenerezza con cui la fissava, mi spiazzò il cuore, facendomi rendere conto una volta di più di quanto dovesse amarla.
   «Mi hanno detto che si è trattato di un incidente», disse ancora l’infermiera, lanciando uno sguardo a Castiel che s’irrigidì all’istante, senza però osare aprir bocca.
   «L’ho saputo», annuì Nathaniel, ostinandosi tuttavia a non volgere la propria attenzione in direzione del nostro compagno, reo di aver colpito accidentalmente Ambra. Ormai lo conoscevo abbastanza da intuire che, dal modo in cui aveva indurito i tratti del viso e le spalle, doveva essere a dir poco furioso. «Posso rimanere con lei?»
   «Certo», rispose l’altra. «Purché non ci sia troppa folla, intorno.»
   Il messaggio era chiaro. Castiel finalmente si mosse e, continuando a rimanere in silenzio, uscì dall’infermeria, richiudendo la porta alle proprie spalle. Nessuno fiatò. Poi, lui stesso sollevò la cravatta di Lysandre, mostrandola a quest’ultimo. «Te ne comprerò una nuova», gli fece sapere, atono.
   «Non occorre, è una sciocchezza», gli assicurò l’altro.
   «Te la comprerò comunque», insistette Castiel, accigliandosi, gli occhi grigi fissi sul sangue che macchiava la stoffa chiara. Strinse le labbra e contrasse le mascelle. «‘Fanculo», sibilò fra sé, serrando la presa attorno alla cravatta. L’appallottolò fra le mani e andò a gettarla con rabbia nel primo cestino dei rifiuti che trovò nelle vicinanze. Ormai a diversi passi di distanza da noi, l’osservammo rimanere fermo lì dov’era, cercando di capire cosa gli passasse per la testa. Infine, con uno scatto nervoso, iniziò a prendere a calci la pattumiera di metallo, ammaccandola da un lato. Lysandre lo raggiunse all’istante e provò a fermarlo, ma Castiel si divincolò in malo modo e si avviò da solo lungo il corridoio, sparendo in breve dalla nostra vista.
   Non potevo certo capire cosa provasse, però potevo almeno immaginarlo: per quanto Ambra fosse insopportabile, nessuno le avrebbe mai augurato di farsi male sul serio. Peggio ancora, Castiel doveva sentirsi profondamente in colpa per quanto aveva combinato, sia pure senza averne la minima intenzione. Per quanto si atteggiasse a grand’uomo, attirandosi involontariamente la nomea di bulletto della scuola, sapevo bene che quella testa calda non avrebbe mai davvero fatto male ad anima viva senza una valida ragione; figurarsi colpire impunemente una ragazza, anche se fastidiosa quanto solo Ambra sapeva esserlo. Probabilmente, se l’avesse soltanto spinta senza alcuna conseguenza, lui stesso si sarebbe fatto una sana risata; ma la vista del sangue doveva averlo spaventato non poco.
   Quanto a noialtri, comprendendo il suo bisogno di rimanere da solo, aspettammo fuori dall’infermeria fino a che la porta non venne riaperta ed apparvero i gemelli, ancora intenti a ringraziare per la medicazione appena portata a termine con successo. Ambra portava sul sopracciglio un vistoso cerotto, coperto in parte dalla frangia bionda, e quando ci vide sussultò, arrestando il passo. Infine, arrossendo considerevolmente, distolse lo sguardo e s’affrettò lungo il corridoio.
   Al contrario, Nathaniel si prese il disturbo di fermarsi a scambiare due parole con noi, rassicurandoci che andava tutto bene e che l’avrebbe accompagnata a casa lui stesso. Prima di seguirla, si soffermò a guardarmi e mi sorrise a mezza bocca. «Grazie per essere corsa a chiamarmi.»
   «Era il minimo», balbettai, stupita per quelle parole, visto che ero – e sono tuttora – fermamente convinta che fosse una cosa ovvia, avvisarlo della faccenda. Fece per avviarsi dietro sua sorella, ma lo richiamai indietro. «Sul serio, Castiel non lo ha fatto di proposito», ribadii ancora una volta, ond’evitare che l’attrito fra loro potesse acuirsi ancora.
   Lui non rispose, perciò anche gli altri si sentirono in diritto di difendere il nostro compagno. «Ambra è spuntata fuori all’improvviso, alle sue spalle, e lui non ha fatto in tempo a vederla», disse Armin, inducendolo ad annuire come se avesse immagazzinato quell’informazione, benché gliel’avessi già data precedentemente io. Forse adesso, a sangue freddo e una volta resosi conto che si trattava di una sciocchezza, Nathaniel riusciva a ragionare meglio.
   «E, se può consolarti», intervenne Lysandre, «credo che al momento Castiel si stia già colpevolizzando a sufficienza.»
   L’altro assottigliò la linea della bocca in un’espressione grave, lo sguardo fisso davanti a sé. Non disse nulla, però, e, alzando una mano in segno di saluto, raggiunse sua sorella, che nel frattempo si era fermata diversi metri più avanti, in attesa che lui finisse di parlare con noi.
   «Castiel è uno che affronta le situazioni di petto», pronunciò Lysandre, senza scomporsi troppo. Ci lanciò uno sguardo quasi ammiccante, come se volesse tranquillizzarci per ciò che sarebbe successo di lì a poco. «Dubito che sia tornato a casa senza aspettare di vedere con i propri occhi che Ambra sta bene.»
   Furono parole profetiche, poiché, quando tutti e quattro ci incamminammo verso l’uscita della scuola, in cortile scorgemmo da lontano Castiel che, appoggiato al muro di cinta del liceo, sembrava in attesa di qualcuno. Capimmo di chi quando, poco dopo, Nathaniel e Ambra ci passarono accanto e ci superarono per tornare a casa. Immaginai che nel frattempo avessero recuperato ciò che avevano lasciato in qualche aula o semplicemente nell’armadietto; inoltre, conoscendo Nathaniel, era assai improbabile che non fosse tornato a chiarire la situazione con Melody, chiedendole magari anche il favore di occuparsi delle proprie scartoffie, per quel giorno.
   Non appena furono abbastanza vicini, Castiel si scollò dal muro e andò loro incontro. Si fermarono tutti e tre e parlarono per alcuni istanti. Da quella distanza era impossibile udire ciò che si dicevano, e noi rallentammo di proposito il passo per non disturbarli; almeno fino a che non si avviarono insieme verso l’uscita e, varcato il cancello d’ingresso, presero direzioni differenti.
   «È incredibile», rifletté Armin a mezza voce, riprendendo a camminare normalmente per seguire il loro esempio e tornarsene finalmente a casa. «Credevo che Nathaniel lo avrebbe preso a pugni.»
   «A me sembra più incredibile che Ambra abbia tenuto la testa bassa per tutto il tempo», osservò invece Lysandre, affiancandosi a noi ancora una volta. «Onestamente non la facevo tipo da arrabbiarsi con Castiel per un incidente. Capisco lo spavento, ma…»
   Alla mente mi tornarono le parole che Ambra stessa mi aveva detto prima che accadesse tutto quel putiferio: aveva deciso di rinunciare a Castiel perché non era il ragazzo adatto a lei. Mi venne quasi da sorridere con sdegno: se si era innamora di lui perché le aveva aggiustato una bambola a cui teneva tanto, come avrebbe potuto rimanere impassibile ora che l’aveva stretta a sé e l’aveva soccorsa, infischiandosene di macchiarsi le mani e persino parte degli abiti con il suo sangue? Da qualunque parte lo si guardasse, Castiel non era affatto il cuore di pietra che poteva apparire a causa del suo atteggiamento scostante e menefreghista.
   Passarono i giorni, ma nessuno in classe, a parte Alexy, fu messo a conoscenza della verità che si celava dietro alla ferita di Ambra. Lei stessa, a quanto pareva, aveva raccontato alle sue amiche che si era fatta male da sola, scivolando e battendo la testa chissà dove. Neanche da parte della preside o dei docenti arrivò alcun provvedimento, a testimonianza che l’infermiera non aveva segnalato loro la faccenda – e, se lo aveva fatto, doveva aver dato la nostra versione dei fatti, ritenendo inutile indagare al riguardo, dal momento che la stessa Ambra aveva assicurato l’innocenza di Castiel.
   Quanto a Nathaniel, invece, non accennò mai una volta all’accaduto né si mostrò particolarmente socievole, in quei giorni. Amava sua sorella al punto da tenere il muso a tutti noi per aver preso le difese di chi l’aveva colpita senza alcuna cattiveria? Oppure era semplicemente l’intera situazione a preoccuparlo? Ambra non stava passando un bel periodo, dopotutto, e questa forse doveva essere stata la classica ciliegina sulla torta.
   Per il primo periodo Kentin non ricevette più alcun pacco di biscotti omaggio e ciò confermò una volta di più l’identità della sua ammiratrice segreta. Credemmo di poter tirare un sospiro di sollievo, se non che, dopo un po’ di tempo, i doni ricominciarono ad apparire magicamente sotto al suo banco. Ripresasi dallo spavento di quel pomeriggio, spavento che doveva averle confuso non poco le idee e i sentimenti, Ambra aveva dunque deciso di sfidarmi ancora, senza tuttavia osare farlo apertamente. La cosa, manco a dirlo, mi innervosì alquanto.
   Al punto che un giorno fui costretta a giocare sporco non appena mi se ne presentò l’occasione.
   «Di’, ce l’ha forse con me?» volle sapere Castiel, tendendomi un agguato non appena varcai il cortile della scuola, a inizio giornata.
   «Ehm… Buongiorno…» balbettai, fissandolo stranita. Qualcuno lo aveva buttato giù dal letto o era semplicemente in pensiero per qualcosa? Negli ultimi tempi, in effetti, anche lui mi era sembrato più taciturno e cupo del solito. E poiché già in situazioni normali non era facile averci a che fare, in quei giorni mi ero guardata bene dal rivolgergli la parola, se non per mera educazione e solo quando ne ero stata costretta.
   «Rispondi», tagliò corto, sorvolando i convenevoli.
   «Di chi parli?»
   «Di Ambra!» abbaiò con collera, come se avessi potuto leggergli nella mente.
   Non riuscii a trattenere una smorfia infastidita: perché dovevo sempre trovarmela tra i piedi anche quando se ne stava lontana da me? «Non che io sappia…» sbuffai, riprendendo a camminare verso l’ingresso dell’edificio scolastico centrale.
   Castiel mi fu subito appresso. «Non ti ha detto nulla?»
   Quasi mi venne da ridere. Istericamente. «Ti pare che io sia la sua confidente? Chiedilo a lei, piuttosto.» Lo sentii borbottare fra i denti. «Cosa?»
   Dapprima tacque, ma poi confessò: «È da un po’ che mi evita.»
   Di questo non me ne ero accorta, forse per il semplice fatto che ero più concentrata a guardarmi le spalle e a fare attenzione che quella maledetta non si avvicinasse troppo al mio ragazzo. «E la cosa ti turba?»
   «Sì, dannazione!» proruppe lui in un impeto di rabbia, arrestando di nuovo il passo in mezzo al cortile. «Mi sento in colpa per averle fatto male!»
   «Oh, per quello…» balbettai stupidamente, fermandomi a mia volta e scrutandolo da sotto in su con un sentimento che non sapevo ben decifrare. Dunque era questo che lo aveva reso di malumore in tutti quei giorni? Anche se la ferita di Ambra era ormai bella che guarita e lei non sfoggiava più alcun cerotto sulla fronte? Per la prima volta da che lo conoscevo, lo trovai tenero. «Non credo che c’entri», provai a tranquillizzarlo, senza nemmeno aver bisogno di mentire. «Beh, lei stessa ti ha difeso con Nathaniel, no?»
   «Anche con l’infermiera, sì, ma… allora perché ha smesso di guardarmi in faccia?» domandò ancora Castiel, non riuscendo a capacitarsi per quel comportamento fuori dalla norma.
   Mi strinsi nelle spalle, non sapendo se dirgli la verità o meno. «Non le parlo da poco prima dell’incidente, quindi non saprei…»
   «E in quell’occasione non ti ha detto nulla?»
   Esitai. «Beh…»
   «Cosa?» mi intimò lui con voce imperiosa.
   «Ha deciso di rinunciare a te.»
   «Ah», fu tutto ciò che commentò in un primo momento.
   Mi schiarii la gola, non riuscendo ad interpretare la sua reazione. «Pensa che uno come Kentin sia molto più affidabile», aggiunsi quasi con fare timido, benché sapessi che a lui non interessava affatto cosa facesse Ambra, soprattutto in ambito amoroso. Pur nascoste in parte dalla frangia rossa, vidi le sue sopracciglia scure corrucciarsi di colpo, manifestando apertamente il suo enorme disappunto. La cosa mi stizzì. «Perdonami, ma non le si può certo dare torto», non mi trattenni dal fargli sapere.
   «Preferisce davvero quel ragazzino a uno come me?» Il tono che usò mi indusse a fissarlo con stupore. «Non è possibile», concluse, intrecciando le braccia al petto e abbozzando un sorrisetto scettico.
   «Di che ti meravigli, scusa? Non l’hai forse sempre snobbata e insultata?»
   «Perché», ribatté prontamente, «il tuo amichetto cosa fa, di solito?»
   Mi parve che volesse rigirare il coltello nella piaga, perciò fui altrettanto scorretta. «A maggior ragione questo dovrebbe farti capire che, nonostante tutto, ormai sei passato in secondo piano, per lei.» Si chiuse in un silenzio teso e carico di significato, perciò ne dedussi che dovevo averlo colpito lì dove faceva più male: nell’orgoglio. «Dovresti sentirti sollevato, no?» infierii. Grugnì. Ci fu un lungo scambio di sguardi, quasi ci stessimo sfidando a continuare quella battaglia. Infine, faticai a trattenere un sorriso maligno. «Brucia molto?»
   «Vaffanculo.»
   Con questa poesia, mi lasciò lì, avviandosi con passo nervoso verso la scuola. Fu a quel punto che mi venne l’idea.
   «Castiel, aspetta!» lo chiamai, tallonandolo da vicino.
   «Che vuoi?» sbottò, ancora visibilmente stizzito per il nostro ultimo scambio di battute. Oltretutto non capitava spesso che fossi io a spuntarla, perciò doveva esserci rimasto male il doppio.
   «Ho bisogno di chiederti un favore.»
   Lo sentii ridere in modo lugubre, con un suono spettrale che gli raschiò la gola. «E per quale dannato motivo dovrei fartelo?»
   «Perché riguarda Ambra», fu l’ovvia risposta che seguì quella domanda. Rallentò di nuovo il passo, voltandosi a guardarmi perplesso in attesa che io continuassi a parlare. Perlomeno ero riuscita ad attirare la sua attenzione. «A dire il vero, questa situazione non piace neanche a me», gli feci sapere, dando prova di schierarmi dalla sua parte.
   «Per via del tuo fidanzatino?»
   Arrossii di riflesso, per tutta una serie di ragioni. Anzitutto, perché trovavo quella definizione assai infantile; poi, perché teoricamente ancora nessuno sapeva che io e Kentin avevamo deciso di fare il salto di qualità. «Non chiamarlo così…»
   «È quello che è, quindi arriva al sodo.»
   Possibile che fossimo così trasparenti? Pur seccata da questa consapevolezza, mi arresi a continuare. «A te non dà fastidio essere stato messo in secondo piano rispetto a qualcuno che non reputi alla tua altezza?»
   «Nessuno è alla mia altezza», precisò Castiel a labbra strette, come a voler puntualizzare una verità assoluta quale poteva essere quella che l’acqua è bagnata.
   «E chi vuole contraddirti?» lo assecondai, sgranando gli occhi con fare esagerato. Produsse un verso strano e stizzito, poiché sicuramente si era accorto che il mio era solo un disperato, quanto sfacciato, tentativo per arruffianarmelo. «Mi stavo chiedendo se a questo punto tu non fossi disposto a fare qualcosa per Ambra, riconquistando così tutta la sua attenzione.»
   Stavolta fu lui a fissarmi con gli occhi quasi fuori dalle orbite. «Sei pazza?!»
   «Non vuoi farti perdonare per quello che è successo?»
   «Lei stessa sa che si è trattato di un incidente!»
   «Eppure ti secca che non ti guardi più in faccia proprio perché temi che ce l’abbia con te per via di quella storia, no?»
   Castiel si fermò di nuovo, questa volta in mezzo al corridoio, e il nostro gioco di sguardi ricominciò. Quindi, dopo diversi, lunghi e snervanti istanti, proferì fra i denti: «Ti odio cordialmente.» Gli sorrisi a trentadue denti. «Ma non sperare che ti aiuti a liberarti di lei», disse poi, ricominciando a marciare verso il proprio armadietto. «Quello è un problema tuo.»
   «Se unissimo le forze, potremmo ottenere due piccioni con una fava!»
   «Scordatelo!»
   Visto il tono perentorio con cui mi negò quel piacere, dovetti rinunciare e rallentai il passo, lasciando che mi seminasse una volta per tutte.
   Il mio nervosismo perdurò e addirittura crebbe nei giorni immediatamente successivi, fino a che, dopo l’ennesimo pacco di biscotti trovato sotto al banco di Kentin, non persi del tutto la pazienza e iniziai a sbraitare e a borbottare come una scimmia idrofoba, tanto che quel povero sciagurato del mio innamorato non seppe davvero più come prendermi.
   «Più di restituirglieli tutte le volte, che cosa vuoi che faccia?» mi domandò a un certo punto, cercando di minimizzare la cosa mentre ci recavamo insieme verso la serra, dove di lì a poco avremmo iniziato le attività del club di giardinaggio.
   «Tu non glieli restituisci», precisai, perché certe cose non possono certo essere tralasciate. «Glieli lasci sul banco alla fine delle lezioni, quando lei non ti vede, e il giorno dopo la storia ricomincia. Dovresti gettarglieli appresso, farglieli ingoiare o infilarglieli su per il…»
   «Oh-oh!» mi censurò lui, ridendo. Avevo come la sensazione che lo divertisse vedermi divorata dalla gelosia e la cosa ovviamente mi infastidiva ancora di più. «Se vuoi che l’affronti di nuovo di petto, lo farò», disse poi, tornando serio. «Ma sarà un altro duro colpo per la sua autostima», aggiunse. «A me non frega nulla. Però, conoscendoti, poi comincerai a dispiacerti per lei e per il pessimo periodo che sta passando, per il fatto che ha solo bisogno di affetto e tutto il resto.» Arrossii e lui mi lanciò uno sguardo sarcastico. «Avrei dovuto scegliermi una ragazza meno complicata.»
   Non feci in tempo a sillabare il primo insulto che Kentin mi afferrò per un braccio e mi fece cenno di guardare alle mie spalle. Mi voltai, pur di malavoglia, e solo dopo, fra gli studenti intenti a lasciare la scuola perché liberi dalle attività dei loro club, scorsi tre figure non troppo distanti: Ambra, Li e Charlotte. Stavano parlando fra loro come al solito, anche se in quel momento mi sovvenne un particolare su cui non mi ero soffermata più di tanto: di recente avevo visto quelle tre passare insieme meno tempo del solito. Ora che ci riflettevo su, cercando di non farmi condizionare dai miei sentimenti di gelosia, adesso Ambra passava spesso la pausa pranzo da sola con suo fratello.
   Una volta avevo provato ad avvicinare lui nel vago tentativo di scuoterlo un po’, ma il risultato era stato pessimo. Dovendo recarmi in sala delegati per ordine della preside e avendoci trovato Nathaniel da solo, avevo colto la palla al balzo per fargli sapere: «Tua sorella è impazzita.»
   Lui non si era scomposto, rimanendo in piedi davanti ad uno degli archivi a sfogliare non so che dossier. «Dimmi qualcosa di nuovo», aveva commentato, atono.
   «Sta snobbando Castiel», avevo insistito, poiché mi era sembrato assurdo che lui mi ignorasse così tanto. Non lo aveva fatto neanche quando, dopo l’ultima volta che eravamo usciti insieme, mi aveva dato a intendere che avesse capito che il mio rapporto con Kentin aveva subito una bella evoluzione.
   Lo avevo visto inarcare le sopracciglia e sorridere a mezza bocca, gli occhi ambrati ancora intenti a scorrere le pagine del dossier. «E allora direi che piuttosto è rinsavita.»
   «Sii serio!» avevo sbuffato, pronta a battere un piede in terra con fare infantile, pur di attirare la sua attenzione.
   «Lo sono», mi aveva smentita lui, rimettendo il dossier nell’archivio.
   Avevo iniziato a perdere la pazienza e, con essa, anche la prudenza. «Si è messa a gironzolare intorno a Kentin. Non puoi dirle qualcosa?»
   A quel punto, Nathaniel aveva chiuso il cassetto con uno scatto secco e si era finalmente voltato a guardarmi con aria stizzita. «Me lo stai chiedendo davvero?» Mi ero morsa il labbro inferiore e avevo abbassato lo sguardo, sentendomi un verme per ciò che ero stata in grado di pretendere da lui. Nonostante ciò, si era dimostrato molto più maturo di me. «Non le ho mai detto nulla riguardo a Castiel, vuoi che lo faccia ora che ha deciso di mettere la testa a posto, preferendogli un bravo ragazzo?» Se avevo potuto sentirmi sollevata per qualcosa, in quel frangente, era stato soltanto sentirgli ammettere che Kentin era un tipo a posto. Evitai di stuzzicare ulteriormente i suoi nervi, sottolineando che anche Castiel, in realtà, era una brava persona. «In ogni caso», aveva ripreso poi, «sono affari loro, non capisco perché noi due dovremmo immischiarci.» E poiché avevo continuato a tacere nella mia vergogna, si era sentito in diritto di ritorcermi: «A meno che, si intende, tu non mi abbia nascosto qualcosa.» Il silenzio che era seguito era valso più di mille parole, per cui Nathaniel aveva sospirato pesantemente e si era portato una mano alla fronte, come volesse contenere inutilmente un’emicrania incipiente. «Abbi pazienza», aveva mormorato, «non puoi pretendere che io faccia finta di nulla.» Era stata la prima volta, quella, in cui aveva ammesso implicitamente i suoi sentimenti per me.
   Sempre più mortificata, avevo pigolato con voce quasi tremula: «Mi dispiace…»
   Aveva taciuto anche lui per una manciata di secondi; infine, mentre tornava a cercare qualcosa nell’archivio, aveva biascicato soltanto: «Suppongo che lui sappia sbrigarsela da solo. Servirà a tutti per maturare.»
   Immaginavo che Nathaniel avesse ragione e, forse, quella che si stava presentando adesso poteva davvero essere l’occasione adatta per mettere le cose in chiaro una volta per tutte. «Vuoi che vada a parlarle ora?» mi domandò Kentin, che si stava piegando alla mia volontà pur di non darmi ulteriori dispiaceri.
   Mi sentivo una colossale egoista, perché, obiettivamente parlando, non ero nessuno per poter impartire ordini a chicchessia. Inoltre, sapevo che Kentin non mi avrebbe mai voltato le spalle e che avrebbe senza dubbio fatto la cosa più giusta, almeno dal suo punto di vista, perciò mi limitai a rispondergli, sia pure a fatica: «Non ti imporrò nulla. Agisci pure come meglio credi.»
   Non se lo fece ripetere due volte e, passandomi sfacciatamente un braccio attorno alla nuca, mi attirò a sé per baciarmi in mezzo al cortile e dichiarare così finito il tempo dei giochi: non ci saremmo dunque più nascosti agli occhi di nessuno?
   «Torno subito», mi disse, lasciandomi con un sorriso incoraggiante e avviandosi verso il punto in cui si trovavano Ambra e le sue amiche. Rimasi ad osservarlo da lontano, ma quando Li e Charlotte, pur con riluttanza, si allontanarono verso l’uscita della scuola continuando a voltarsi indietro quasi avessero paura che lui potesse mangiare Ambra, fui divorata dalla curiosità di sapere cosa si sarebbero detti ora che erano rimasti da soli. Di Kentin mi fidavo, di Ambra no. Chi avrebbe mai potuto biasimarmi per quella prudenza?
   Purtroppo, nel tentativo di avvicinarmi senza dare troppo nell’occhio, persi l’inizio della loro conversazione, e anche dal punto in cui mi accucciai per spiarli – vale a dire dietro alla fila di siepi che costeggiava l’aiuola più vicina – non riuscii a vedere molto. Potevo scorgere soltanto la schiena di Kentin e le mani di Ambra, che reggevano il pacco di biscotti che anche quel giorno aveva lasciato in regalo al mio ragazzo e che lui doveva appena averle restituito.
   «Non dovresti mentire a te stessa», le stava dicendo.
   «Di che parli?» La voce di Ambra era tesa come la corda di un violino, segno che non si era aspettata un avvicinamento così repentino da parte di Kentin. O forse sì, ma non sapeva bene come comportarsi, vista la situazione anomala? Dopotutto, non troppo tempo prima lui le aveva rinfacciato tutto il male subito proprio a causa sua, dichiarando senza giri di parole che non l’avrebbe mai perdonata per ciò che gli aveva fatto.
   «Sei ancora innamorata di Castiel, vero?» Le mani di Ambra serrarono la presa attorno alla confezione di biscotti, ma lei non disse nulla. «Ci sono passato anch’io e so cosa vuol dire», continuò Kentin, cercando di essere diplomatico, nonostante sapessi bene quanto gli pesasse quel confronto. «Per quanto tu possa sforzarti di dimenticare, è impossibile. I tuoi pensieri vanno sempre alla stessa persona e non c’è verso di cambiare le cose.» Oh. Improvvisamente mi resi conto che quella conversazione stava prendendo una piega che non mi sarei mai aspettata e la mia attenzione si focalizzò soprattutto su questo, dimenticandomi presto di tutta la mia malsana gelosia. «Quando tornai dalla scuola militare mi dissi che dovevo voltare pagina, che non c’era ragione per cui io continuassi a perseverare sui miei errori passati, che avrei dovuto concedere ad Aishilinn il giusto spazio, il tempo di respirare, ma… anche se mi ero convinto di essere un uomo nuovo, mi sono lentamente reso conto che sotto certi aspetti non ero cambiato di una virgola. Nel giro di poco, ci sono cascato di nuovo con tutti e due i piedi, e…» Kentin si strinse nelle spalle ed io mi accorsi di essere sull’orlo di piangere a causa delle emozioni che avevano suscitato in me quelle parole. Come potevo rimanere indifferente davanti a tanta dedizione? Mi sentii un essere infimo e per nulla degno del suo amore: per quanto gli volessi bene, e nonostante conoscessi da lungo tempo i suoi sentimenti, in passato li avevo presi fin troppo sottogamba. Ero stata imperdonabile.
   Non fui la sola a commuovermi, comunque, poiché udii Ambra tirare su col naso e, dopo diversi attimi, chiedere con voce flebile: «Cosa dovrei fare, secondo te?»
   Kentin non si fece cogliere impreparato. «Essere onesta, anzitutto», dichiarò immediatamente. «E smetterla, una buona volta, di sfogare la tua rabbia repressa sugli altri. Finirai soltanto per ferire ulteriormente te stessa, attirandoti il disprezzo di tutti.»
   Di nuovo scese un breve attimo di silenzio. Quindi Ambra tornò a parlare. «Castiel… Lui non ricambierà mai i miei sentimenti, anche se dovessi diventare una santa come Aishilinn…»
   La risata di Kentin spezzò la tensione scesa fra loro. «Aishilinn è tutt’altro che una santa… Dovresti vederla quando s’arrabbia.»
   Straordinariamente, Ambra rise con lui, portandosi una mano al viso, che ora riuscivo a vedere in parte, per stropicciandosi un occhio nel vano tentativo di scacciare le lacrime. «Lo so, fidati. Quando le ho detto che volevo provare a conquistarti, mi ha minacciata seriamente.»
   Lui spostò il peso del corpo da un piede all’altro, come se fosse stato colto alla sprovvista da quella rivelazione. «Ah, sì?» balbettò, sorpreso.
   «Non puoi pretendere che io possa diventare davvero sua amica, dopo ciò che mi ha detto», mise in chiaro Ambra, tornando seria e fissando con aria accigliata il pacco di biscotti che aveva fra le mani.
   «Non puoi pretendere che lei possa diventare davvero tua amica, dopo ciò che le hai fatto», ribatté l’altro, mettendo definitivamente da parte ogni parvenza di scherzi. Ambra sbuffò, scrollando le spalle e voltando il capo dall’altra parte. Kentin non si lasciò scoraggiare. «Castiel si sente in colpa per quello che è successo», aggiunse infatti, benché non avessimo mai accennato, fra noi, alla questione.
   «È stato un incidente», ribadì ancora una volta lei.
   «Lo sappiamo tutti, ma non può fare a meno di prendersene la responsabilità.» La vidi mordersi il labbro, mentre gli occhi tornavano a luccicarle per le emozioni taciute. «Smettila di evitarlo, tanto non servirà a farti star meglio.» Anche stavolta Kentin stava parlando per esperienza? Aveva davvero provato ad evitarmi, in passato? «Era tutto quello che volevo dirti», dichiarò, facendo per avviarsi e tornare indietro. «Anzi, no», si ricordò poi. «C’è un’ultima cosa: se vuoi che gli altri ti apprezzino per ciò che sei realmente, impara a volerti bene sul serio. Senza finzioni di alcun tipo. Anche questo l’ho imparato sulla mia pelle e ti assicuro che funziona.»
   Non vi fu risposta a quell’ultimo consiglio. Infine, mentre Ambra si ostinava a tenere il viso rivolto altrove, Kentin s’incamminò per davvero verso il giardino. Rimasi ad osservare lei ancora per qualche istante, almeno fino a che non la vidi scoppiare in lacrime e affrettarsi verso il cancello della scuola.












Dovrei fare un copia/incolla di buona parte di ciò che scrissi in calce al capitolo precedente, ormai quasi due mesi fa... sigh. Vi chiedo perdono, sul serio, ma tra il lavoro, gli impegni personali e un blocco creativo riguardo al fandom dovuto alla delusione dell'ultimo episodio uscito... gne. Mi vergogno profondamente anche di non aver risposto alle ultimissime recensioni. Domani sera cercherò di rimettermi in pari con quelle.
Quanto al presente capitolo, credo che sia il migliore o comunque uno dei migliori dell'intera storia. Almeno di quelli scritti fino ad ora e, ovviamente, secondo il mio punto di vista. Perlomeno, è uno di quelli che mi ha soddisfatta appieno.
Non so quanto sia riuscita a caratterizzare bene i vari personaggi (mi sono concentrata molto soprattutto su Castiel, Ambra e Nathaniel, che ritengo un trio interessantissimo da esplorare), però credo/spero di essere riuscita a renderli vagamente credibili.
Detto ciò, mi dileguo e vi do appuntamento a non so esattamente quando. L'idiosincrasia per il fandom, comunque, sta passando (sperando che il prossimo episodio non mi tagli definitivamente le gambe, lol) e pertanto non è detto che io non riesca a riprendere in mano la storia (anche se non con lo stesso ritmo di prima).
Chiedendo ancora una volta scusa a tutti, ringrazio di cuore chiunque si sia preso il disturbo di tornare a leggere questa fanfiction.
Buona serata. ♥
Shainareth





  
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