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Autore: Stand by Me    05/11/2015    2 recensioni
«Ehi, sei davvero pallido» non era solito prestare molta attenzione alle voci, preferiva starsene per conto suo, nel suo mondo.
«Ehi, mi hai sentito? »

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GI project series - Semplicemente un frammento del rapporta tra Mello e Near
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mello, Near | Coppie: Mello/Near
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ὦχρος, [-α, -ον]: pallido

 

Note introduttive

Greetings mortals!

Sono Malik, e vi presento la mia storia. Per farvela breve (visto che Bakura è troppo pigra per reintrodurre il progetto): Stand by Me è un account gestito da due persone, la splendida magnifica medesima me e Bakura, che una sera in nome di non si sa bene (le indagini sono ancora incorso) decidemmo di estrarre una parola a caso dal grande, immenso, imponente GI, scrivendo della prima cosa che ci veniva in mente. Perciò qui, o prodi, vedrete una gran moltitudine di fandom differenti. Inoltre vi indirizzo, o arditi, verso la storia gemella di questa parola, sempre in questo account, sotto il titolo di "Pallido", anche se so che in realtà Bakura ha rimpolpato le fila di Naruto, mentre io gli ho preferito Death Note.

I commenti e le recensioni sono molto ben accette.

Enjoy!

Malik Ishtar


PALLIDO

 

Fece scivolare tra le sue dita candide un altro dei suoi dadi, girandolo, osservandolo da tutte le angolazioni possibili per scegliere la migliore, anche se, a dire il vero, non gli sembrava che ce ne potesse essere una davvero giusta o sbagliata. Era solo un dado del resto. Poco importava se intorno a sé giaceva fantasma un’intera città di suoi simili, ordinatamente impilati tra loro. Stavolta era toccato a Tokyo. Quella sera voleva sentirsi impegnato, per quanto un’attività del genere potesse, certo, ma la capitale nipponica aveva uno skyline abbastanza complesso da tenere la sua mente occupata almeno un po’, il tanto che bastava per non farlo sbadigliare.

Un dado è sempre solo un dado, ed è solo anche in un migliaio di dadi, perché è uguale a tutti gli altri, anche se sommerso da una moltitudine. Eppure quel dado, che lo sia davvero o meno, si crederà diverso, forse addirittura indispensabile senza esserlo. Tutti i dadi sono cubici, tutti hanno sei facce. Sei facce che si credono diverse e che lo sono davvero fra loro: in fondo due è diverso da tre, come anche il quattro lo è dal cinque. Facendo scivolare gli occhi scuri sulla superficie bianca e levigata, si apprestò a posizionarlo sull’ennesimo edificio di quella città antica quanto moderna, estesa quanto verticale.

Eppure un leggero tremore, un sussulto gli fece tremare la mano. Il dado, piccolo traditore, si appoggiò alla sua torre solo per un istante, per poi cadere vicino al piede nudo. Un uno colorato spiccava in quel capolavoro di bicromia che lo circondava. I suoi occhi si spalancarono, sorpresi, e le pupille si dilatarono appena di più mentre quelle sue dita affusolate lo afferravano, studiandolo come se non fosse lo stesso dado che aveva osservato, o meglio, guardato qualche minuto prima.

Tutti gli altri dadi avevano un uno colorato, di un qualche rosso che altro non gli sembrava che una mera tinta commerciale, tanto finta quanto delle tinte di rossetto sgargianti, colorate e industriali che spesso aveva visto negli spot americani. Sarà stato per la sua nazionalità forse, ma aveva sempre trovato il comportamento statunitense frivolamente eccessivo in ogni suo aspetto.

Ma quel colore, quell’unico puntino di colore che davvero riusciva a percepire in quella stanza nella penombra perché in grado di attirare il suo interesse, era di un colore che non riusciva a definire. Era rosso, di sicuro, ma di un rosso molto più naturale degli altri: era quasi cangiante, come se mandasse milioni di colori, anche se questo, lui lo sapeva bene, era del tutto impossibile. Sembrava quasi essere di un rosso scuro e ferroso, dello stesso colore del sangue rappreso, quasi marrone. Di nuovo quel caldo oggetto di plastica gli cadde fra le mani, come se si trattasse di un ferro rovente. Sì, caldo, sapeva che era sciocco, ma non sapeva come altro definirlo. Sul pavimento ora svettava un pallido e incolore sei, il suo opposto, in tutto e per tutto.

«Ehi, sei davvero pallido» non era solito prestare molta attenzione alle voci, preferiva starsene per conto suo, nel suo mondo.

«Ehi, mi hai sentito? »

Eppure per la prima volta aveva provato l’impulso feroce di staccare gli occhi dal suo puzzle pur di osservare la fonte di quella voce dalla lieve, quasi impercettibile, eppure caratteristica inflessione tedesca. Una mano con una carnagione chiara ma infinitamente più colorita della sua afferrò la tavola del puzzle, rovesciando tutte le tessere che fino a quel momento aveva ricomposto con infinita pazienza.

Due occhi azzurri e profondi come il mare lo fissavano rabbiosi e agitati come una tempesta, mentre dei capelli color grano gli incorniciavano il volto contratto in un’espressione rabbiosa. Avrebbe detto che il ragazzo stesse quasi ringhiando.

«Dovresti imparare a rispondere alle domande che ti fanno, marmocchio» concluse scocciato lanciando con frustrazione la tavola del puzzle per terra e lasciandolo solo.

Prima ancora che poté farci caso, quel piccolo grattacielo di dadi gli crollò addosso, determinando la distruzione della sua piccola Tokyo. Near sorrise amaro tra sé e sé.

«Sono solo albino, è una cosa abbastanza conosciuta, sai?» rispose nella penombra con molti, troppi anni di ritardo. E, per la prima volta, si chiese come sarebbe stata la sua vita se avesse risposta a quella stupida domanda, dimostrandosi in grado di stare vicino in qualche modo alle persone a cui voleva esserlo davvero e non ad una mera fotografia.


C'è un solo albino degno di questo nome nella tua vita, Malik, e ti assicuro che non è la vipera candeggiata di cui hai appena scritto. Grazie per le esaustive spiegazioni comunque, se con la conquista del mondo dovesse andar male potremmo sempre aprire un ufficio informazioni.

Vi invito caldamente a dare un'occhiata al box immediatamente sotto questa storia. Vedete cosa c'è scritto? Come, non sapete leggere? Pfff, siete su un sito di fanfiction! Inventatevene un'altra. Bene, visto che sapete leggere saprete anche scrivere, quindi muovete le chiapp- ahem, le dita e lasciate una recensione alla mia Malik prima che la rabbia di Ore Sama si abbatta su di voi.
Ah e già che ci siete, se avete voglia di storie andate a dare un'occhiata alla storia gemella di Pallido, la trovate qui nel fandom di Naruto.

Bakura

   
 
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