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Autore: slytherin ele    06/11/2015    0 recensioni
What if| Death!fic | Teen!Sirius
Che succede se anche l'elfo più devoto perde la pazienza?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kreacher, Sirius Black
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Altro contesto, Dai Fondatori alla I guerra
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Dipinto di un delitto

 

Il numero 12 di Grimmauld Place è silenzioso come di consueto, così si conviene a una dinastia di maghi purosangue da tempo immemore. Nonostante sia estate inoltrata dalle finestre non entra che un fil di luce, che rischiara a mala penna il salone, aiutato da qualche, sporadica candela. A uno sguardo estraneo l’ambiente apparirebbe tetro e inospitale, persino disabitato oserebbe dire qualche malalingua, probabilmente Babbana, se potesse aver l’onore di entrarvi.

I giovani Black sono a far compere in vista dell’imminente inizio dell’anno scolastico, per la gioia degli elfi domestici che mal sopportano il temperamento del maggiore, Sirius III, e gli inesaudibili ordini del piccolo di casa, Regulus Arcturus. Si può dire quasi che aleggi un’atmosfera festosa tra i servi minuti, i quali bisbigliano animatamente, mentre il padrone si chiude nel suo studio e la signora si veste del mantello per incontrare alcune sue amiche di pari rango a un branch.

L’unico a scompiacersi del poco lavoro è un elfo anziano, con le orecchie lunghe e lo sguardo arcigno. Il suo nome è Kreacher e si aggira sconsolato per la dimora alla ricerca di compiti da svolgere. Si sente sporco e inutile ad approfittare dell’inusuale pausa; il suo dovere, l’unico motivo per cui vive è servire i padroni, Orion e Walburga. Non ha fatto altro per tutta la sua esistenza.

 

Un singolo raggio di sole, che non sa stare al suo posto, entra dallo spiraglio tra due tende andando a colpire proprio in un occhio il quadro della padrona. Il dipinto si lamenta: “Sbarra quella maledetta finestra, elfo, e distruggi quei tendaggi inutili, ce ne occorrono di nuovi quanto prima!” impone la donna, raffigurata sulla tela. Kreacher s’inchina profondamente e un piccolo sorriso si forma sulle sue labbra; trova rassicurante quell’opera d’arte: è come se avesse sempre la padrona al suo fianco.

Non attende un minuto di più per iniziare il lavoro assegnatogli: serra le finestre una per una e tira giù tutte le tende, strappandole e bruciandole come desiderio del quadro. Per alcuni attimi la luce sembra aver spazio nel salone di casa Black ma dura poco, poiché l’elfo si affretta ad appendere i tendaggi di riserva tra le lamentele del dipinto che li trova desueti e inadatti all’ambiente. Mentre corre a ordinare ai suoi simili di sbrigarsi a cucire le tende a ricami verdi e argento richieste dai padroni nei giorni addietro, Kreacher si fa un promemoria mentale: dovrà stirasi le mani più volte per non aver compiaciuto la padrona.

 

Ci mette più del previsto a finire il suo dovere tant'é che i rampolli tornano alla dimora. Il più giovane si dirige a passi svelti verso lo studio del padre, bussa due volte, picchiettando con garbo. La porta si apre e il padroncino scompare alla vista dell’elfo.

Sirius rimane immobile, al centro del salone: una smorfia sul viso e le sopracciglia alzate che sottolineano il suo disappunto.

“Perché è così buio qui?” chiede, senza rivolgersi a nessun in particolare. “Perché le finestre sono sbarrate?” domanda ancora, non ricevendo risposta.

Sbuffa e si lascia cadere su una poltrona, posizionata sotto il dipinto della madre. Estrae un coltellino svizzero dalla tasca e comincia a giocarci distrattamente. Il servo gli lancia un’occhiata e pensa tra sé che ha proprio l’aria di un quattordicenne viziato che non ascolta i genitori e non sarà mai un gran purosangue, poiché non crede in nessun degli ideali della famiglia.

“Kreacher…” lo sente pronunciare stupito, quasi si fosse appena accorto della sua presenza. “Sei qui, immagino abbia fatto tu questo lavoro.” Ribadisce, indicando le tende. Il tono è tutt’altro che saccente o presuntuoso. Difficilmente Sirius Black ordina, solitamente domanda, non con eccessiva gentilezza, ma domanda soltanto.

“È stato un ordine di vostra madre.” Risponde l’elfo. “Del dipinto di vostra madre.” Aggiunge con un tono burbero: una nota stanca nella voce per il continuo dover trattare con il giovane.

Il ragazzo rivolge lo sguardo verso l’alto, poi scoppia a ridere, forte, buttando la testa all’indietro. “È solo un quadro, Kreacher.” Si alza e fronteggia la tela con aria di sufficienza, la donna risponde con un’occhiataccia. “Solo uno stupido, orribile dipinto, raffigurante una donna stupida e orribile nel medesimo modo, Non ti può imporre di far nulla.”

La mano che impugna il coltello scatta nello stesso istante in cui l’ultima parola lascia le sue labbra. S’infilza nella parte superiore dell’opera, all’altezza della nuca. Sirius abbassa l’arto in unico, lungo movimento e crea un profondo squarcio, rovinando la tela e tutto ciò che significa.

Il servo sbarra gli occhi, pietrificato e sente una lacrima rigargli la guancia sinistra. “Il dipinto della padrona …” mormora piano, ma il ragazzo lo sente. “Esatto!” esclama. “Nessun altro ordine da quella megera dipinta. A volte vorrei poter fare lo stesso…” La frase rimane in sospeso, mentre Sirius rivolge uno sguardo sognante a niente di preciso dinanzi a sé. Probabilmente vede una scena particolare, che solo la sua fantasia crea e coglie, una fantasia destinata a rimanere tale.

Kreacher resta immobile, come la statua del grande Merlino che si trova nell’ingresso, per alcuni minuti. Poi sente qualcosa rompersi all’interno del suo sterno, forse un pezzetto del suo cuore raggrinzito, che batte solo per l’antica dinastia.

Per un attimo non vede più nulla, tutto ciò che lo circonda è nero come la pece, ma il colore cambia in fretta e in un secondo davanti ai suoi occhi c’è il rosso vermiglio del sangue: l’unico dettaglio che riesce a cogliere chiaramente è il coltello a serramanico in mano al ragazzo.

È questione di battito di ciglia, qualcosa che l’elfo non può controllare, ma anche se potesse, non è certo che si fermerebbe. Uno schiocco di dita e il coltello compare tra le sue mani, lo sente pesante come una spada e leggero come una piuma al tempo stesso. Lo impugna e scompare per un istante con esso. Il giovane non ha neppure il tempo di realizzare l’accaduto: l’arma affonda nella sua carne, un colpo preciso e letale al collo, all’altezza delle corde vocali. Non può emettere alcun suono. Si porta le mani alla gola, prendendo lunghe boccate alla ricerca d’aria. Kreacher respira velocemente, inalando ed espirando in modo innaturale, estrae la lama, poi colpisce nuovamente: il bersaglio è la trachea. Sirius allunga una mano come se volesse afferrarlo ma si accascia il momento successivo, ormai senza vita. Il sangue zampilla purpureo, bagnando la camicia bianca, immacolata.

L’elfo singhiozza, tornato momentaneamente in sé, ma si accorge presto di non piangere per il delitto compiuto, ma al ricordo del dipinto rovinato. Stringe la mano destra di Sirius nelle sue e scompare: la destinazione è la cantina di casa Black, polverosa e inutilizzata. All’interno c’è una piccola stanza nascosta che ha scoperto per caso e di cui i padroni non si curano minimamente. Posiziona il corpo esamine su una sedia malandata, con le gambe marce e lo schienale scrostato. Si ferma a fissarlo per poco, poi schiocca nuovamente le dita e fugge.

Ricomparso nel salone si guarda attorno spaventato: la porta dello studio è ancora chiusa e nessun rumore proviene dal portone principale.

C’è ancora tempo: può mettere a posto tutto e far finta che non sia successo alcunché.

In cuor suo sente di aver protetto ciò cui teneva, di aver punito il futur traditore, nonostante ciò si punirà: ha pur sempre posto fine alla vita di un mago dalle pure origini, al primogenito di casa Black.

 

 

 

 

   
 
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