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Autore: lollyyyy    06/11/2015    0 recensioni
Il governo, per creare bambini più forti e sani, ognuno dotato di un proprio potere, un giorno separa tutti i bambini appena nati dalla proprie famiglie per mettere in atto il progetto nuovi bambini( Project New Children). Vennero cresciuti fino ai cinque anni, finché, un giorno, un gruppo di sconosciuti entra e lascia evadere tutti i bambini. Ma, insieme ai bambini rubano anche un siero, un siero della memoria utilizzata per cancellarla ai bambini i ricordi di quei cinque anni , e un microchip in grado di bloccare i poteri.
Una ragazza come le altre, una normalissima sedicenne. Una che preferisce stare sulle sue che essere circondata da gente. Non si sarebbe mai aspettata, un giorno, di diventare chissà chi. Ma poi, uno sparo, un incontro forse predestinato, tutto cambierà in quel giorno.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Sono in questa dannata macchina da un ora, e non riesco ancora a muovermi! Era ormai passato molto tempo da quando mi avevano fatto entrare in una macchina, ma alquanto pare non riuscivo ancora a muovermi o vedere dove mi stessero portando. Non era, però che mi avessero disattivato tutti i miei sensi. Sembrava che non potevo soltanto muovermi o vedere, gli altri sensi erano in perfetta funzione. Quindi, per tutto il tempo che mi trovavo la dentro, avevo cercato di concentrarmi sull’udito e sul tatto. Da quel che sentivo eravamo in quattro in macchina. E non era un mistero chi fossero quelli che mi stavano portando via. Lo dedussi dal fatto che stavano parlando liberamente dall’inizio del viaggio e quelle voci non mi erano sconosciute. Si trattava di Alex, Francesco e di Marco( Un vecchio amico di mia nonna che molte volte si ritrovava a mangiare con noi nella domenica). Conoscendoli fisicamente, m immaginai, udendo la direzione delle voci, Alex e Marco davanti a me seduti a discutere. Immaginavo Alex( Avendo capito le posizioni delle voci) che guidando guardava verso la strada e allo stesso tempo parlava con Marco, che lo ascoltava e gli rispondeva. Al contrario di mia nonna, a Marco si vedeva l’età. Tutto il suo viso era marchiato dalla vecchiaia e dai una grossa cicatrice che andava dalla sua sopracciglia sinistra fino a quasi il mento, trapassando l’occhio sinistro. Però non si era affatto accorciato, anzi era abbastanza alto e robusto. Spesso si vestiva con dei abiti militari, quindi me lo immaginai con questi. Non avevo mai capito perché lui e mia nonna fossero amici, dato che lui era un ex militare e mia nonna una ex infermiera, ma ora le cose erano molto più chiare. Invece Francesco non aveva smesso per tutto il viaggio a cercare di parlarmi provando a farmi parlare, ma io, innervosita di quello che mi avevano fatto, avevo deciso di ignorarlo e anche quei altri due. “Non hai capito che non ha intenzione di aprire bocca?” Disse Alex scocciato dopo un po’. Sentì Francesco sospirare alla mia destra, per poi sentirlo rispondere: “L’ho capito. Ma questo non mi costringe a non parlarle.” Non mi sta piacendo la cosa… la situazione sta diventando tesa…. “Ragazzi smettetela! State mettendo me e Lisa in difficoltà. Tra l’altro, ho capito il vostro tentativo di farle parlare, ma se fate così rendete la cosa ancor più difficile!” Disse la voce dura e severa di Marco. In quel momento era grata a lui, ma allo stesso tempo un po’ innervosita e arrabbiata. Pensavano che così sarebbero stati perdonati per quello che mi avevano fatto?! O che mi avrebbero calmata?! Se è così sono degli sciocchi, stanno avendo l’effetto contrario! “Ha ragione Marco. E, alquanto pare, stiamo avendo l’effetto contrario. Lo capisci anche tu, vero Alex?” Disse Francesco con un tono calmo. “Guarda che se continuiamo a parlare così, dopo ci spezza l’osso del collo sul serio.” Disse Alex trattenendo le risate. Ho voglia di ucciderli. Mi stanno facendo infuriare, anche se Francesco non lo fa apposta, sono sicura che Alex invece si! “Sei molto intuitiva, soltanto molto lenta. Comunque non dare la colpa solo a me, ti sei già dimenticata che non sono l’unico in questa macchina a avere dei poteri? Guarda che il colpevole di tutto è Francesco. Come credi se no che in questo momento non riesci a muoverti o a vedere?” Quindi è colpa sua…. Ma come fa? Comunque questo non è il momento per chiederglielo. All’improvviso sentì la macchina andare sul freno, facendo fare alle gomme della macchina un orribile suono. Sentivo qualcuno mettere le sua mani calde e grandi sulle mie orecchie per aiutarmi e glie ne fui molto grata. Dopo che ci eravamo fermati completamente, Francesco, dato che era l’unico a essermi accanto, tolse le sua mani dalle mie orecchie e iniziò a lamentarsi della fermata a Alex. Alquanto pare ci siamo finalmente fermati…. Ma quando hanno intenzione di ridarmi il completo funzionamento del mio corpo?! “Okay, okay. La prossima volta starò più attento.. Comunque per quanto tempo ancore hai intenzione di lasciarla in quello stato?” Replico Francesco ai rimproveri di Alex e chiedendogli quello che volevo chiedergli io da un po’ di tempo. “Tranquillo, avevo l’intenzione di farlo proprio ora, ma qualcuno mi ha distratto con il suo pessimo stile di giuda.” Lo sentì girarsi verso di me per poi sentire qualcosa di caldo e morbido sulla guancia destra. Lentamente riapri gli occhi e vidi Francesco pochi millimetri lontano dalla mia faccia. D’istinto mi allontanai di scatto capendo quello che mi aveva fatto. Alex, vedendo la mia reazione, scoppiò a ridere. Arrabbiata e imbarazzata, mi si tinsero di rosso le guance. “Aspetta ti aiuto io…” Disse Francesco riavvicinandosi. Prima ancora che potessi domandare cosa intendesse, mi prese il braccio e mi aiuto a uscire dalla macchina. Appena mi toccò mi senti calma e tranquilla. “Ora va meglio, vero?” Mi disse sorridendomi. Anche se prima lo stavo odiando per quello che mi aveva fatto, ora non so il perché ma mi sento al mio agio e serena. “Francesco così non vale! Metterla dalla tua parte senza che lei lo voglia.” Disse Alex mettendo sottobraccio Francesco che era ancora un po’ dolorante dalla ferita. Preso e trascinato via da Alex, Francesco mollo la presa dal mio braccio e, subito dopo che lo fece, tutti i miei sentimenti di prima, rabbia, imbarazzo e tristezza, ritornarono tutti. Riguardai nella direzione di Francesco e finalmente capì. Capì quale fosse il suo potere. Capendo finalmente tutto vi avviai verso i due che stavano ancora chiacchierando (bisticciando?) e mi fermai proprio davanti a loro. Mi guardarono incuriositi per quello che stavo facendo e io gli ricambiai sorridendogli. Prima ancora che potessero reagire, alzai entrambe le mani e li schiaffeggiai. Soddisfatta di vederli sconvolti, girai su me stessa e andai da Marco. “Andiamo? Dovete farmi da accompagnatori turistici, no? Sono stanca del viaggio facciamo le cose in modo veloce.” Dissi per poi rimettermi a camminare. Quando li sentì iniziare a camminare, guardai un attimo indietro per vedere se mi avrebbero risposto. Manco trascorso mezz’ora che sentì qualcuno urlare Sabrina e venirmi addosso. Guardai chi mi fosse venuto addosso e trovai una bambina di dieci anni intenta a stringermi fortemente. “Non sai quanto mi sei mancata! Appena ho saputo che saresti tornata da noi a stento non riuscivo a trattenere le lacrime! Non sai quanto sono felice….” Stava piangendo…. A ogni sua parola, come se per realizzare che fossi davvero io, mi stringeva sempre di più. Chi è? Finalmente realizzato che non sapevo chi fosse, mi ritrovai circondata da ancora più gente. Quasi tutti ripetevano le stesse frasi: Ben tornata, ci sei mancata, quanto sei cresciuta ecc.. Non capendo la situazione, mi ritrovai a guardare nella direzione di Alex, Francesco( con ancora il viso un po’ rosso a causa del mio schiaffo) e di Marco. Alex si stava guardando in torno un po’ annoiato, mentre gli ultimi due guardavano nella mia direzione sorridendo. Sembrava che quei due fossero felici, anzi sembrava che se lo stavano aspettando una cosa del genere. Vedendo che non avevano la minima intenzione di aiutarmi, mi rimisi a guardare dubbiosa la ragazza che mi stringeva così forte. Più tempo passava, più stringeva più forte, fino che a un certo punto iniziava a fare male. Ma prima che potessi protestare del dolore, senti qualcuno che mi separò con uno scatto dalla ragazzina. “Rina finiscila, non vedi che le stai facendo male?” Disse un voce calma dietro le mie spalle. Mi girai per vedere in faccia il mio salvatore e mi ritrovai davanti a un uomo che aveva all’incirca vent’anni, alto almeno due metri con dei occhiali tondi che coprivano metà del suo viso. La bocca, invece, era ricoperta da una specie di fazzoletto con due fili che li andavano dietro le orecchie ( come quelli giapponesi che indossano quando stanno male.) Poi con i capelli che gli ricoprivano l’unica parte visibile della fronte. Infatti, oltre ai occhi, non riuscivo a vedere nulla della sua faccia. “Bene. Ehi tutti! Tornate a fare quello che stavate facendo prima! Io e Sabrina abbiamo delle cose da sistemare e da compilare quindi non toglieteci più tempo.” Disse rivolgendosi verso tutta la massa che ci era intorno. Per un attimo ci fu un andata di lamenti però tutti alla fine fecero quello che gli era stato detto. “Finalmente se ne sono andati… Allora andiamo?” Chiese rivolgendosi a me e ai altri tre che erano rimasti a guardare tutta la scena. Vedendo che se ne stava andando senza dare spiegazioni, mi ritrovai, ormai d’istinto a seguirlo. Aspetta. Ma da quando mi viene così naturale seguire le persone?! Per lo più sconosciute?! Come il solito mi abituo troppo presto alle situazioni…. Pensai mentre camminavamo nel percorso tra quelle che sembravano dei campi di calcio, di basket e di tennis. Mentre camminavo, iniziai a guardare tra le verdi foglie degli alberi che ci circondavano. Era bellissimo l’armonia dei suoi colori con quella brillante del sole. Anche se il giorno prima aveva piovuto, ora si poteva rispirare aria fresca di mattina. Pensando al cielo e all’aria fresca, non mi accorsi che il signore di prima si era fermato e finì per sbattere la testa sulla sua schiena. Ahia! Anche se è magro e altro, rimane lo stesso duro da sbatterci contro. Confusa sul perché si fosse fermato, guardai oltre a lui e quello che stava facendo. Si era fermato davanti a una porta di ferro e stava piagando dei numeri su una specie di quadrato. E sembrava che non si fosse affatto accorto che gli ero andata addosso. Per non so quante volte pigiava diversi numeri e, verso la fine, salto fuori un altro aggeggio elettronico che, però questa volta, non aveva nessun pulsante o roba del genere. Ci mise sopra la mano e una linea verde andò in su e in giù. Fatto al massimo cinque volte l’operazione, una grande scritta in verde coprì l’apparecchio, con scritto: Bentornato Tommaso-sama. Vedendo la situazione, credo che Tommaso sia il nome di quello che mi è davanti, ma cos’è sama?? Finito manco di pensare e la porta si aprì. Dietro a essa si trovava una sale piene di mobili con, al centro, una scrivania. Dall’aspetto si direbbe una specie di ufficio, ma perché tenerlo così protetto? “Entrate pure e sedetevi dove volete. Volete che vi prepari qualcosa? Uno spuntino o del tè?” Chiese il signore di prima che si chiamava Tommaso. “No, grazie. È meglio per tutti fare le cose velocemente e quindi arriviamo al sodo...” Replicò Marco con un tono un po’ duro. “Peccato… E io che avevo preparato i biscotti preferiti di Sabri.” Contradisse Tommaso mettendosi, all’improvviso ad abbracciarmi. “C-c-che stai facendo?!” Urlai imbarazzata e sorpresa. “Che ti prende? Ti sto abbracciando, non è ovvio? Ah! Ho capito! Ora che sei cresciuta ti imbarazzi facilmente se ti abbracciano! Ma non dovresti esserlo con me, dopotutto ti abbracciavo spesso quando eri piccola!” Disse allegramente. Ecco, ci riusciamo! Perché devono esserci così tante persone che mi conoscono fin da piccola ma di cui io non mi ricordo per nulla?! Non sapendo cosa rispondergli, rimasi per un po’ a guardarlo, ma per via delle varie cose che aveva in faccia, anche a questa distanza, non riuscivo a vedere chiaramente come fosse il suo viso. Vedendomi che non rispondevo, si silenziò e mi iniziò a fissare. “Ehi, Che c’è?” Mi chiese con un tono un po’ preoccupato. “Al dire il vero è di questo di cui le volevamo parlare signore. Ma prima, come ha detto lei è meglio sederci.” Rispose Marco attirando l’attenzione di Tommaso. “Va, bene, sediamoci tutti.” Replico Tommaso serio mettendosi a sedere dietro alla scrivania. Marco, Francesco e Alex si sedettero sui divani davanti alla scrivania, mentre io, che non avevo nulla da fare nel discorso che avrebbero incominciato, mi misi su una sedia nell’angolo accanto alla porta. Prima di sedersi, Alex vedendomi nell’angolo, si rimise in piede e venne accanto a me, dove però non cerano altre sedie e dove fu costretto a rimanere in piedi. Volendo chiederli perché fosse venuto vicino a me, ma sapendo che non era il momento, decisi di concentrarmi sul discorso che tra un momento all’altro sarebbe iniziato. “Arriverò subito al punto. Il motivo del perché siamo arrivati prima del previsto è che i poteri di Sabrina si stanno risvegliando ma i suoi ricordi no. Tra l’altro sembra che i suoi poteri si riattivano in qualsiasi momento, senza che lei lo voglia.” Disse tutt’un fiato Marco senza fare manco una pausa. Non potendo vederlo in viso, non riuscivo a vedere la reazione di Tommaso che era rimasto tutto il tempo in silenzio. “Ho capito la situazione. Evelyn vi ha mandato da me perché non sapeva cosa fare, vero? E, oltre a quello, ha pensato che mandarla qui una settimana prima l’avrebbe protetta e resa sicura ancor di più e non ha tutti i torti. Infondo qui abbiamo l’attrezzatura per allenare i suoi poteri e a trovare il problema che ha causato tutto. Il problema che mi preoccupa di più ora è che la maggior parte degli studenti che è in questa scuola ha un passato con lei e non saprei cosa farebbero se lo venissero a sapere. Quindi non ne faremo parola a nessuno oltre a noi cinque e gli altri all’esterno.” Capendo l’intera situazione, mi alzai dalla sedia e inizia ad avviarmi verso la porta. Vedendomi muovere all’improvviso, Alex si girò di scatto verso di me, prendendomi dal polso e disse: “Dove vai?!” Scocciata girai poco la testa per guardarlo. “Mi potresti lasciare andare? Sai mi stai facendo un po’ male..” Dissi acidamente. Dopo aver sentito la mia contesa, lasciò subito il mio polso e mi guardò interrogativo, anche se non era l’unico a farlo. Guardando nella direzione degli altri, anche loro, nel frattempo, si erano alzati. E, sembravano confusi quanto Alex. “Non fate quelle facce…. Sembrate degli scemi…Sto andando a guardare in giro, okay?! Dato che abiterò qui per un po’ ho pensato di andare a vedere un po’ come è questo posticino, mica dovete reagire così però..” Replicai vedendo le loro facce. Per un attimo ci fu un minuto di silenzio. Poi vidi il signor Tommaso fare un salto e venirmi addosso. Presa alla sprovvista e dal suo speso, caddi a terra. “Questo si che è moe!!!! Ecco quello che mi aspettavo da te Sabrina! Questo è il vero moe!” Disse Tommaso strusciando la sua guancia contro la mia. Moe? “Scusa, ti dobbiamo tane spiegazioni vero? Partiamo dal fatto che quel imbecille lì è il preside di questa scuola ed è un otaku. Vedendo la tua reazione, sicuramente non sai cosa significhi… per metterlo in parole povere si tratta di persone che guardano cartoni per bambini in stile adulta e anche fumetti del genere.” Mi spiegò Marco avendo uno sguardo compassionevole. “Non chiamarli cartoni o fumetti! Si chiamano anime e manga! E sono l’inera vita di noi otaku!” Contradisse Tommaso arrabbiato, ma non lasciandomi ancora andare. “Abbiamo capito, ma ora lascia andare Sabrina!” Si intromise Francesco tra il battibecco di Marco e Tommaso. Sentendo il rimprovero di Francesco, entrambi smisero di parlare e Tommaso si staccò da me. “Tornando alle cose serie, per capire tutto il regolamento scolastico di questa scuola dovrai leggere in tutto trenta documenti, ma di cui esiste un documento che riassume tutto e quindi ti verrà dato quello.” Continuò Tommaso. “E quanto riguarda dove dormirò?” Chiesi. “In realtà la scuola è disposta per l’occupazione di più di duecento persone, ma sono in pochi quelli che si riattivano i poteri, all’incirca una ventina, e quindi questi si ritrovano in stanze enormi da soli e questo fa proprio comodo nel nostro caso. Così riusciremo a tenere meglio il segreto. Comunque, dato che tanti di questa scuola ti conoscono, ti verrà restituito il tuo diario, cioè il diario che tenevi quando avevi all’incirca sei anni. Con esso ti verranno anche restituiti altre cose della tua infanzia che si trovano in questo scatolone.” Disse Marco prendendo uno scatolone tenuto in ottima forma da sotto la scrivania di Tommaso. Incuriosita mi avvicinai verso la scrivania. Fina da quando ho memoria, mi era sempre stato detto che tutte le mie cose della mia infanzia o si erano perdute o che le avevano buttate, quindi, in quel momento, la scatola suscitava in me una specie di attrazione. Appena arrivai vicino alla scrivania, allungai la mano come per realizzare che ci fosse davvero, ma prima che potessi persino sfiorarlo, una mano fredda mi blocco. “Non credi che sarebbe meglio portarla e aprirla nella tua nuova stanza?” Mi chiese gentilmente Francesco. Riflettendoci, ritirai la mano e guardai nella direzione del preside. “Mi potresti indicare dove sarebbe la mia stanza, per favore?” “Mi piacerebbe tanto l’idea di portartici io, ma devo fare cose da preside, quindi sono costretto a farti accompagnare dai tuoi compagni di viaggio” Mi rispose facendo segno ai altri tre. Capendo quello che dovevano fare, Marco riprese lo scatolone e inizio ad avviarsi insieme ai altri due e io li segui. Quando mi rigirai per rivedere un attimo indietro vidi il presidente salutarmi, ma decisi di far finta di nulla e mi riavviai.
  
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