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Autore: Aky ivanov    12/11/2015    2 recensioni
Strappa e artiglia con forza, il gelo di quell'attacco è rivolto soltanto a lui. Cade scompostamente in terra vedendo il lupo ringhiargli contro per poi sparire. Il lupo non ha padroni comprendilo Ivanov.
(..)Corre con quanto fiato ha in corpo, non importa ciò che è accaduto, non può abbandonarlo così.
Il vento sferza feroce sul suo viso, giunto davanti l'insegna illuminata ciò che resta riflesso nella porta a vetri è soltanto un volto diafano malmesso, con i capelli scarlatti scomposti.

Il primo campionato mondiale si è concluso, i BladeBreakers hanno trionfato contro i russi. La vittoria è solo fittizia, la Borg non ha ancora cessato di esistere. Come sono giunti al terzo Campionato i blader russi finalmente liberi?
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Boris, Nuovo personaggio, Yuri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologo

 

 

 

Wolfborg giace a terra in terra impotente, mentre quello del drago azzurro continua il suo roteare, impavido come il suo bleader che è ancora incredulo della vittoria ottenuta.

“Trattano bene i loro bey, fanno amicizia con i compagni, e si aiutano a vicenda…Non conosco questo modo di combattere”

Intorno a lui lo stadio esplose in un strepito assordante di urla di gioia, esultanze, fischi; tutti si riversano attorno alla squadra vincitrice di questo primo Mondiale.

Strinse Wolfborg nel palmo della mano cercando un minimo di conforto, ma fu come trattenere dei pezzi gelidi di ghiaccio, che invece di emanare il solito calore rassicurante dopo ogni battaglia, rimane inerme al tatto. Come una qualsiasi banale ferraglia, senza piccoli bagliori o cenni di esistenza da parte dell’animale sacro che vi dimora. Distolglie lo sguardo dalla raffigurazione del lupo per porlo su Takao che dopo aver raccolto il suo beyblade da terra, si è fermato a poca distanza.

“È stata una sfida avvincente, spero di incontrarti ancora” esordisce con il suo tono allegro e con stampato sul viso un sorriso innocente pari a quello di un bambino, tendendo una mano verso il rosso.

In un istante, come il flash improvviso di una macchinetta fotografica annebbia la vista, lei è li. Sovrapposto al volto del nipponico prende forma quello di una bambina dagli occhi cerulei e i capelli cremisi che ridendo pronuncia le stesse identiche frasi. L’unico ricordo seppur breve, in grado di riscaldare quel muscolo involontario che aveva dimenticato persino potesse battere. Ed è del tutto inatteso il calore all’altezza del petto che da anni era diventato come gli iceberg, la voglia di riacquistare la propria libertà da anni negata, dire finalmente la verità alla piccola Kira. La luce che riesce finalmente a penetrare in quell’angusta prigione in cui aveva rinchiuso la parte più vera di se.

La line sottile e perfettamente orizzontale delle labbra acquista una leggera curvatura all’insù.

Un sorriso che non vuol essere di circostanza, né malefico o ironico come è abituato a fare. Un gesto che non gli si addice più da molto tempo, implacabile.

“Lo spero anch’io” risponde stringendogli la mano e desiderando davvero iniziare una nuova vita.

Così mentre il nuovo campione in carica siallontana, l’altro capitano si dirige verso la panchina della sua squadra, e anche se imperturbabile la nota di preoccupazione nel non vedere Vorkov pronto ad elencare le sue subdole minacce è presente; sugli spalti a malincuore anche il nonno di Kei è sparito dalla circolazione.

“Non sei invincibile come credi di essere. Hai perso anche tu a quanto pare, dov’è finita tutta la tua strafottenza?” sorride serafico Boris, che in questo momento di angelico ha soltanto il falso sorriso.

Non degnando di risposta colui che fino ad un giorno prima aveva considerato come la persona più cara, preferendo incenerirlo con lo sguardo, gli volta le spalle con l’intento di uscire dall’atmosfera idilliaca presente nello stadio.

“Non credo Vorkov ti abbia tagliato la lingua dato che proprio a causa tua, per poco Sergey ed Ivan non ci rimettevano la pelle, mentre il sottoscritto era a marcire nelle segrete del Monastero.”

Se le parole avessero avuto una loro forma materiale, sarebbero stati degli aghi acuminati pronti a centrare ogni singolo lembo di pelle diafana.

Il suo sproloquio intriso di rabbia viene bloccato dal biondo che scuotendo la testa gli poggia una mano sulla spalla. “Lascia perdere, non parlare con chi non ti può capire”

“Facile tradire e poi godersi la scena. Ammirare i corpi martoriati di chi ti è sempre stato vicino e trarne piacere. Sei diventato ciò che per anni non hai voluto essere” sibila Ivan velenoso mentre carica Wyborg nella sua direzione. Seppur come caricatore di lancio, un fucile è pur sempre tale, come proiettili sono le parole pronunciate dal proprietario.

“Io non ho mai provato piacere nel vedervi soffrire” una frase detta in modo così controllato è l’unica risposta ottenuta, senza nemmeno voltarsi nella loro direzione. Riflettendo di essere diventato il soldatino di quel monaco molti anni fa, non ora.

Un sibilo squarcia l’aria in una frazione di secondo, Yuri scatta verso sinistra evitando per un soffio il bey di Ivan che conclude la sua corsa contro il muro dello stadio. Osserva interdetto il cratere causato dall’impatto, mai avrebbe pensato che l’intenzione di vederlo in stato di sofferenza sarebbe giunto a tanto. Un attacco alle spalle che avrebbe reciso l’incavo tra il collo e la spalla in modo più prepotente e distruttivo, anziché limitarsi a quel piccolo taglietto bruciante sul quale si era formato un sottile rivolo di sangue.

Gli occhi di Ivan erano i bracieri di una rabbia assopita ormai da troppo tempo, con il respiro affannoso, ricorda una belva in gabbia. Proprio come una vipera aveva deciso di avvelenare la propria vittima alle spalle.

Dentro di se cercava di capire le ragioni che spingevano i suoi compagni ad odiarlo in quel modo, ma non trovava una risposta soddisfacente.

Senza degnarlo di ulteriori risposte imboccarono uno dei tanti corridoi, lasciando il loro capitano ancora semi seduto, con i pugni stretti talmente tanto da farsi male. Nessuno si era accorto del loro diverbio, troppo presi ad osannare il neo campione.

Cosa avrebbe fatto da oggi in poi non lo sapeva neanche lui, dopo i piani smascherati della Borg non aveva un posto dove andare. Certo, aveva odiato con tutto se stesso il Monastero, ma era da lì che doveva ripartire. E a quanto sembrava, avrebbe dovuto farlo da solo, del resto in quel posto non vi era mai stato spazio per emozioni di alcun genere, a patto che non fossero dolore, rabbia, sofferenza. A modo suo però aveva imparato ad apprezzarli, ad aiutarsi a vicenda per rimanere a galla in quello squallido posto. Lui aveva rovinato tutto, aveva perso di nuovo ciò che considerava come una famiglia. Chiunque fosse passato in quel momento ed avrebbe stentato a riconoscere quell’espressione malinconica sul volto del freddo Yuri Ivanov. Giunto all’ultima curva che l’avrebbe portato verso l’uscita sentì dei rumori sommessi provenire dal corridoio successivo. Decise di affrettare il passo, in procinto di girare avvertì un dolore lancinante espandersi sulla nuca. L’impatto è violento tanto da farlo cadere per terra urtando con la tempia il pavimento. Una crescente voglia di chiudere gli occhi si impossessa di lui che non riesce più a muovere un solo muscolo, né a sentire alcunché. L’immagine sfocata che gli si presenta davanti gli occhi prima di cadere nelle tenebre, è quella di Boris e gli altri privi di senso sul pavimento.

 

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“E anche questa è fatta!! Abbiamo vinto i mondiali!” esclamò Takao fra un boccone ed un altro continuando a ingozzarsi come se fosse il suo ultimo giorno di vita sulla Terra.

“Non cambierai mai” osservò divertito Rei osservando il suo capitano abbuffarsi e tenendo sotto controllo con la coda dell’occhio l’argenteo appoggiato allo stipite della finestra, assorto nell’osservare i fiocchi di neve cadere.

Dalla fine dell’incontro non aveva detto neanche una parola ed era caduto nel suo solito silenzio, non toccando nemmeno cibo. Cosa che seppur voleva fare notò Rei, era ormai troppo tardi, tutto era stato spazzolato da qualcun altro.

“Ragazzi vedo state festeggiando la vostra vittoria” I bleader si voltarono verso l’ingresso della camera in cui erano appena entrati il presidente Daitenji con il padre e il nonno di Takao.

“Presidente! Pensavamo fosse tornato in Giappone” disse Max dando voce al pensiero di tutti, riuscendo a distogliere l’attenzione del proprietario di Dranzer dal paesaggio innevato.

“Dovevo risolvere delle faccende prima di poter tornare in patria”

“Che fine ha fatto mio nonno?” chiese Kei puntando i suoi occhi in quelli del presidente. Diretto. Voleva sapere che fine avesse fatto quel pazzo e i suoi ideali, insieme al suo fedele alleato. Dopo tutto ciò che aveva ricordato non aveva intenzione di lasciar correre l’intera faccenda.

Daitenji cercò di sostenere lo sguardo gelido di quelle ametiste con scarsi risultati, “Tuo nonno è stato arrestato per i suoi folli progetti, questo non si può dire di Vorkof

Sopracciglia aggrottate e sguardo di fuoco. Impassibile all’esterno ma in subbuglio all’interno, non accettava una simile scelta, non per chi gli aveva rovinato la vita.

“Intende dire che quel monaco è ancora proprietario del monastero? “

“Purtroppo si, nei documenti di tuo nonno non compariva mai il suo nome. Evidentemente aveva calcolato tutto fin nei minimi dettagli. In caso lui fosse stato accusato Vorkof avrebbe potuto portare avanti i suoi progetti.”

“Tutto ciò è inaudito! Dopo l’evidente intenzione di farmi fuori di Boris, la polizia non ha nessuna prova dei suoi subdoli piani?”

“È una faccenda molto delicata, non possiamo fare molto” aggiunse Nonno J osservando i volti preoccupati di quei ragazzi. Il silenzio cadde nella stanza interrotto soltanto dal pendolo dal pendolo dell’orologio.

“Dove sono Yuri e gli altri?” Chiese Kei stringendo i pugni lungo i fianchi pensando al destino che aveva condiviso con quei ragazzi, solo che lui aveva avuto molta più fortuna.

Il presidente scosse la testa “Non lo sappiamo, credo abbiano deciso di abbandonare il Monastero dopo la notizia dei folli piani del proprietario”

Una risata fredda risuonò in quelle mura, in grado di far scorrere brividi lungo la schiena. Un suono gelido carico di ironia. “E lei crede che i Demolition Boy così come gli altri ragazzi non sapessero di questi progetti? Crede che volessero restare lì di propria iniziativa?”

Lo sguardo basito dei presenti era concentrato su di lui, le parole per rispondere a tali domande sembravano inesistenti.

“Secondo te, Vorkov li tiene ancora sotto tiro?” Si intromise il padre di Takao.

“Non è del tutto da escludere, mio nonno aveva le proprie ambizioni e per poterle raggiungere aveva sfruttato dei ragazzi. Non li lascerà andare molto facilmente.” Sapeva che era quasi impossibile che quei ragazzi potessero riacquistare la propria libertà, e malediceva ancora se stesso per essersi fatto ingannare e ritornare lì di sua spontanea volontà.

It’s terrible, what can we do? There must be something.”

“Non posso assicurarvi niente, ma come presidente dell’associazione del beyblade potrei chiedere una perquisizione del Monastero, con l’accusa di allenare in modo increscioso i propri blader. Ma secondo ciò che dice Kei, dubito che non sia preparato a tale evenienza.

L’argenteo soppressò quelle parole per poi riportare la propria attenzione al paesaggio di Mosca. No, non sarebbe stato affatto facile far cadere completamente la Borg, e questo lui lo sapeva fin troppo bene.

 

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Il dolore è ovunque, non vi è una fibra del suo corpo in grado di muoversi e la sensazione di gelo che lo invade non è delle migliori. Le fitte acute appena tento un minimo movimento si espandono e le palpebre sono pesantissime da poter aprire. Facendosi forza riesce a sollevarle quel minimo che basta per vedere la fioca luce delle candele illuminare un luogo conosciuto fin troppo bene. La guancia poggiata sul lurido pavimento in pietra dal quale cerca di alzarsi con scarsi risultati, notando solo ora la corda stretta che lo circonda. Issandosi con uno scatto sulle ginocchia poggia tempestivamente il proprio corpo al muro prima che il vorticare incessante della testa lo faccia cadere nuovamente. Respira a fatica per come è legato e il vapore acqueo che si forma appena tento di espirare concorda sulle basse temperature presenti all’interno della cella. Pensava fosse ormai finito questo dannato incubo. A poca distanza da lui una bambina rannicchiata nell’angolino l’osserva ostile. Quegli occhi azzurri non hanno più nessuna traccia della limpidezza che li avevano contraddistinti, erano vuoti, come se avessero perso la loro vita. I capelli rossi arruffati gli ricadevano in parte davanti in contrasto con la sua candida pelle, donandole un aspetto quasi spettrale.

Il respiro si mozzai vedendola in quello stato, sporca con i vestiti lacerati e tremante dal freddo. Tutto ma non anche lei qui all’inferno, è il pensiero fisso insediatosi nella sua mente.

Kira..” Sussurra nella sua direzione cercando di avvicinarsi strisciando sul suolo ruvido con le ginocchia. Non ha neppure la forza di reggersi in piedi.

“Stammi lontano! Non ho bisogno di una persone come te. È soltanto colpa tua se mi trovo qui.” Arresta l’avanzata al suo di quelle parole, detto con un astio tale da sentire un peso angosciante all’altezza del petto.

“Se tu non ti fossi avvicinato a me, ora tutto questo non sarebbe successo. Ci hai condannato a morte! Non solo me, tutti!” è urlando in preda alla collera con le lacrime lungo le gote indica la cella difronte alla nostra, per poi rannicchiarsi ancora di più cingendo le braccia attorno alle gambe pieni di contusioni.

Sbarra gli occhi inorridito e sente lo stomaco rivoltarsi alla vista di quello spettacolo. Su dei pali in legno sono impilate le teste di Boris, Sergey ed Ivan piene di sangue e con gli occhi spalancati e la bocca deformata in una smorfia. Immobili per l’eternità.

Gli occhi iniziano a bruciare e quello spiacevole liquido salir su per l’esofago bruciandolo dall’interno, uscir fuori di getto imbrattando il pavimento. Non riesce a smettere di vomitare, sperando di cacciare anche la sua stessa anima. Gli angoli degli occhi pizzicano in maniera allarmante, mentre delle scie bagnate si prolungano lungo le guance.

Kira guarda immobile il pietoso spettacolo con sguardo rancoroso rigirandosi nella mano una piccola lama.

“Tu devi soccombere al loro stesso destino. Sei un egoista, hai lasciato morire i tuoi amici, i tuoi quasi fratelli senza un briciolo di pietà.” Si avventa sul ragazzo infilzando la lama all’altezza del collo per poi girarlo più volte nella ferita.

Urlo con quanto fiato ha in corpo, un urlo di dolore, rabbia, rancore contro l’abominio che ha portato a compimento.

 

 

Riapre gli occhi simili a zaffiri, annebbiati, respirando e deglutendo a fatica. Ha la gola secca e tossisce convulsamente cercando di incanalare quanta più aria possibile. Il dolore alla gola sembra essere svanito nel nulla e infatti si rende conto di poter muovere le braccia, e tastando la pelle non vi è alcuna traccia di ferite. Cercando di riuscire almeno a mettersi seduto cosa che risulta abbastanza difficile. Nell’ angolo opposto della cella due smeraldi sono puntati su di lui, squadrandolo da capo a piedi. Due occhi che mostrano ancora lo scorrere della vita al loro interno. Accanto a lui i corpi di Sergey ed Ivan ancora privi di sensi.

Sospira poggiando la testa al muro cercando di placare il tremore che ha invaso le sue membra convincendo se stesso che anche questo è un incubo. Non può ricominciare nuovamente l’agonia.

“Perché ci hai chiamato?” scandisce le parole mentre continua la usa scannerizzazione.

Yuri osserva Boris in cerca della risposta che ha chiesto, non trovando alcun nesso logico a tale quesito

“Hai detto i nostri nomi prima di svegliarti…Anzi dal modo in cui ti dimenavi erano più degli urli.” Indica con il capo gli altri due camminando verso l’indirizzo del rosso e appoggiandosi alle sbarre poco distanti.

Si passo stancamente una mano sul volto cercando resti di pianto, ma nota con sollievo che almeno quelli non li ha fatti uscire dal suo inconscio.

“Nulla” risponde stancamente, ben sapendo che ormai non crederanno più a quello che dice, ha buttato via la loro fiducia e anche se non l’ha mai dimostrato apertamente, non poter più avere il loro appoggio fa provare una sensazione spiacevole. Dimenticata da anni che ora riemerge, la solitudine provata appena giunto in questo inferno, le angherie degli altri ragazzi. Ricordando a se stesso solo il più forte sopravvive.

Boris sofferma ancora un po’ lo sguardo su colui che aveva ritenuto un fratello, chiedendosi cosa l’abbia spinto a comportarsi in quel modo. Non era d’accordo con gli altri, doveva essere successo qualcosa per farlo cambiare tanto. Gli sfuggiva qualcosa, e odiava quando ciò accadeva.

Ritornò sui suoi passi frapponendo fra loro una certa distanza. Quegli occhi glaciali ricambiavano il suo sguardo, nessuno dei due voleva abbandonare per primo la muta sfida creatasi.

Vorkov è ancora a piede libero, è venuto poco fa a dire che ce la farà pagare per la sconfitta”

Non aveva intenzione di dirlo in quel modo, ma l’odio che al momento provava verso il suo capitano aveva reso la frase più dura del previsto. Aspetta una sua possibile reazione che non avviene. La mente di Yuri si era già persa nella moltitudine di punizioni precedenti. La gola si era improvvisamente prosciugata rendendo più difficile la salivazione. Tutto ciò che ottenne come risposta il platinato fu soltanto due occhi azzurri sbarrati al suono del chiavistello. L’inferno aveva nuovamente inizio.

 

 

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Rieccomi qui!

La vostra Aky è ritornata nel Fandom! (Non ti vuole nessuno, sappilo…ndYuri)

So che ho già una fanfiction avviata, ma non me la sento di continuarla ora poiché devo stabilire bene la sua stesura. Di fatti adesso è considerata incompiuta.

Quindi eccovene una fresca fresca^^

Le parti che nella storia sono scritte in modo più chiaro non sono mie bensì le frasi dette dallo stesso Yuri nell’ultima puntata della prima serie. Avrei voluto scriverla in altro modo e tutt’ora tale capitolo non mi convince rispetto ad altre storie da me pubblicate. Ma dopo averla cambiata troppe volte eccola qui.

La storia come si nota fin da ora parla del periodo che nella serie non viene mostrato, dalla sconfitta del primo mondiale all’iscrizione al terzo e di ciò che hanno subito i nostri baldi giovani prima di riottenere la tanto attesa libertà. Il personaggio di Kira è ovviamente di mia invenzione e servirà nello svolgersi della trama, non so ancora bene come definire il suo ruolo, avrà la sua parte.

Detto ciò spero che qualcuno di buona fede decida di leggere e lasciare un suo parere negativo o positivo che sia, anche le critiche aiutano a crescere.

Al prossimo capitolo(che tra vari impegni universitari dovrebbe arrivare come minimo fra una settimana sperando)

Baci a tuttie

Aky

 

   
 
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