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Autore: Due Di Picche    12/11/2015    1 recensioni
Loro non erano mai stati un rapporto tenero e sano, di infiniti attimi e di carezze. Erano piuttosto una tempesta estiva e passeggera, che si scagliava sui tavoli, sbatteva contro muri, rotolava tra le lenzuola e si nascondeva tra le tende, con la ferocia di un uragano che spazzava via rancori passati, facendo emergere sentimenti mai rivelati.
Eppure quell’ ultima volta tutto era diverso. Loro erano diversi.
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This is last time
Cause you and I, we were born to die.

[Prussia x Ungheria]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Prussia/Gilbert Beilschmidt, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Born to Die

 
Feet don’t fail me now
Take me to finish line
All my heart, it breaks every step that I take
But I’m hoping that the gates,
They’ll tell me that you’re mine
 
 
La pioggia battente le infradiciava la divisa militare olivastra ormai una seconda pelle. Sentiva il fiore che portava sempre tra i capelli scivolarle giù tra le ciocche, diventando sempre più impregnato d’acqua, sempre più pensante. Forse era giunto il momento di toglierlo. Forse, levarsi quel peso dalla testa, era un segno, così si sarebbe liberata anche di quello del cuore.
Ungheria chiuse gli occhi e continuò a camminare, per non ammettere di non avere il coraggio di levarsi quel fiore.


 
Walking through the city streets
I sit by mistake or design?

 
 
La guerra era alle porte. La battaglia era incombente. La sua alleanza con  Austria non era solo un’ipotesi, ma un documento firmato con inchiostro indelebile. Prima la nazione, prima la guerra, poi tutto il resto. Avrebbe avuto una nuova casa ma non era la casa che voleva.
Girato l’angolo, sotto le tegole di una locanda famigliare, Ungheria riconobbe all’istante una sagoma avvolta da un’inconfondibile mantello blu. Il suo blu.
I suoi pensieri si erano materializzati davanti ai suoi occhi. La sua paura più grande aveva preso forma.
Arrestò il suo passo quando lui si voltò verso di lei. Nonostante il sorriso avesse cominciato a dipingersi di una smorfia poco amichevole, gli occhi cremisi la fissavano con malinconia.
Ungheria si avvicinò a Prussia.
«Fai sempre la stessa camminata.» le disse Gilbert quando lei gli fu abbastanza vicino. Ancora sotto la pioggia ma molto vicino.
«Mi stai spiando?» digrignò Eliza con tono fermo, assaporando l’acqua piovana sulle labbra.
Lui si guardò attorno con fare furtivo «Non ho più bisogno di farlo. Piuttosto se voglio vederti creo l’occasione.»
«La guerra è alle porte. Perché mai vorresti ancora vedere il tuo nemico?» nemico. Era quello che sarebbero stati d’ora in avanti. Prussia e Ungheria, un tempo alleati, ora nemici. Bisognava accettarlo.
Il fiore diventava sempre più pesante tra i suoi capelli.
 
Don’t make me sad, don’t make me cry
Sometimes love’s not enough when the road gets tough
I don’t know why
 

Gilbert le andò incontro e le spostò alcune ciocche brune dalla guancia. Non portava i guanti e aveva le dita gelide. Ungheria rabbrividì e abbassò lo sguardo a terra,concentrando le sue sensazioni sullo spostamento del fiore che tornava magicamente al suo posto. Sempre impregnato ma non più cadente, di nuovo altro e fiero.
«Devo anche risponderti?» le sussurrò lui con un filo di voce. Il suo respirò caldo le investi il viso, animando ogni singola cellula del suo corpo. La reazione che gli stava provocando era la risposta alla domanda.
Eliza alzò il volto immergendo le sue iridi primaverili in quelle di lui, concedendosi finalmente un sorriso. Gilbert sorrise di rimando, e non ci pensò due volte prima di prenderle il volto tra le mani e baciarla. La stava aspettando. Non l’avrebbe mai ammesso.
Un attimo di felicità che sarebbe diventato un ricordo eterno.
 
Come and take a walk on the wild side
Let me kiss you hard in the pouring rain
You like your girls insane.
 

Le labbra di Gilbert accarezzavano le sue con dolcezza, una inusuale delicatezza che la mandava fuori di testa. Loro non erano mai stati un rapporto tenero e sano, di infiniti attimi e di carezze. Erano piuttosto una tempesta estiva e passeggera, che si scagliava sui tavoli, sbatteva contro muri, rotolava tra le lenzuola e si nascondeva tra le tende, con la ferocia di un uragano che spazzava via rancori passati, facendo emergere sentimenti mai rivelati.
Eppure quell’ultima volta tutto era diverso. Loro erano diversi.
Un passo. Due passi. Tre passi. Passi. Una porta che si apre e si chiuse. Ungheria si trovò premuta tra un muro e Gilbert. Della pioggia non era rimasto che un rumore sordo e lontano.
Le braccia di Prussia le scivolarono sui fianchi e tra i capelli, tenendola stretta a se con desiderio. Quella donna era una maledizione, l’effetto che gli faceva da anni l’aveva portato a sviluppare un legame inspiegabile con lei. La guerra stava per vincolare tutto ciò, e nonostante il suo spirito da soldato lo trovasse giusto, una parte di lui non voleva.
Eliza inclinò il capo e lui cominciò a tracciarle una linea di baci sul collo. Baci che la fecero rabbrividire, baci che si estesero lungo la clavicola dopo averle slacciato il colletto della divisa. Socchiuse gli occhi e il bianco dei capelli di lui le invase la vista come il suo profumo così famigliare. Erba tagliata e polvere da sparo.
Le labbra di lui tornarono sulle sue. Fredde a taglienti, le rubavano il respiro volendo intensificare sempre di più quell’assaggio. Eliza schiuse la bocca e lo invitò a gustarla.
 
Road’s long, we carry on
Try to have fun in the meantime
 

Ungheria avvolse le sue mani attorno al collo di Prussia slegando il mantello blu, incespicando poi tra i suoi capelli albini e accarezzando ciocca per ciocca. Voleva godersi il momento, voleva ricordare ogni dettaglio di Gilbert. La morbidezza dei capelli, la pelle marmorea, le spalle larghe.
Gemette nella sua bocca quando sentì il muro freddo dietro di lei sulla pelle nuda. Le stava sfilando la camicia militare. L’indumento cadde a terra e la mani di Prussia presero ad esplorarle il ventre, le circondarono i fianchi e la tirarono a se, staccandola dalla parete per poter avere anche il piacere di accarezzarle la schiena. Un tocco lieve che partì dall’ultima vertebra, fino a risalire tutta la colonna. Il reggiseno si slacciò e le spalline scivolarono lungo le sue braccia fino a terra. E lo stesso successe alla camicia di Gilbert.
I loro petti nudi aderirono perfettamente l’uno all’altro, i seni prosperosi di lei contro i muscoli saldi di lui.
Passi. I piedi di Eliza abbandonarono il pavimento quando si distese sul letto, sulle lenzuola bianche con Prussia sopra di se a farle vedere le stelle. Stelle color rubino.
Il corpo della ragazza era fradicio, e lui lo scaldò riempiendolo di attenzioni e caldi baci. Sempre più giù fino ad arrivare ai seni, stuzzicandoli con le mani, con la bocca, con la lingua.
Ungheria chiuse gli occhi e raccolse ogni singolo stimolo che le regalava per l’ultima volta. Lo lasciò fare. Ci sapeva fare e lo avrebbe sempre lasciato fare. Per una volte decise di non reagire, di godersi il momento. Fino. In. Fondo.
«Gilbert …» sussurrò lei quando la cintura dei suoi pantaloni abbandonò i passanti, le scarpe rotolarono a terra e i pantaloni scivolarono via.
Lui la baciò e la guardò negli occhi «Eliza.» Vederlo senza la sua classica espressione arrogante e spocchiosa la face sentire unica, perché era lei l’unica a cui lui rivolgeva quel suo lato. Occhi cremisi assottigliati carichi di un sentimento impronunciabile e della paura stessa di provarlo per lei.
La sua mano le scostò le mutande di pizzo e fece fremere Ungheria dal desiderio. Una scivolosa carezza seguita da un'altra più intensa finché le dita presero ad esercitare un certa pressione chiedendo di entrare. Lei non aspettava altro e sollevò leggermente il bacino assecondando il gesto.
Semplice ma bello. Bello come Gilbert che la guardava sorridendo e cercando di veder emergere una parte di lei che solo lui conosceva, che voleva vedere un’ultima volta, con cui voleva condividere fino alla fine. Senza. Lieto. Fine.
Eliza digrignò i denti «Voglio te.» e gli ultimi vestiti volarono e tutto ciò che restava di loro era corpo, pelle e anima. «Voglio solo che te.»
«E mi avrai.» Gilbert si fece largo tra le sue gambe ammirandola in tutta la sua bellezza.
«Sempre voglio te.» insistette lei. Avrebbe voluto dire di più, fargli sapere di più. Ma sarebbe stato peggio.
 
 Choose your last words
This is the last time
Cause you and I, we were born to die.
 


Prussia le si distese sopra e Eliza premette le mani sulla sua schiena quando lo sentì scivolarle dentro di se. Una cosa sola. Un ultima volta. Per l’ultima volta.
A che brutto gioco stava giocando il destino. Da anni avevano dato il via a qualcosa che sfiorava l’impossibile e l’imprevedibile, un qualcosa che una guerra prima o poi avrebbe distrutto per sempre. Lo sapevano. Erano sempre andati incontro a questo.
 
We were born to die
We were born to die
We were born to die

 

***
2♠
Ogni tanto torno a scrivere su di loro, della mia amata Prungary che non smetterà mai di uscire dalla mia testa. Non ho mai scritto una song-fic e non so nemmeno se ci sono riuscita, ma la struggente Born to die di Lana Del Rey non poteva che ispirarmi a buttare giù un amore passionale e tragico, un amore che non è destinato a durare: la canzone mi parlava di Prussia e Ungheria.
Sono sicura di essere andata un po' OCC, Gilbert è troppo buono e troppo dolce, Eliza troppo triste e per niente reattiva. Mi piace scrivere il loro rapporto burrascoso di solito, questa volta ho deciso di cambiare e stravolgerli un po', perché insomma è la fine, e anche se non si diranno mai quel fottuto ti amo (che spero non sia solo nella mia testa) i gesti parlano da soli.
È con questo vi saluto!
   
 
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