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Autore: aki_penn    12/11/2015    1 recensioni
“Fare il bagno nel sangue delle vergini mi mantiene giovane” disse, guardandosi le mani dalle dita lunghe e affusolate, sporche di rosso. “Quella ragazza che ti sei portato appresso quando sei arrivato a Rosenrot, è vergine?” domandò poi, guardandolo. Tinkerbell strabuzzò gli occhi e balbettò “Ru-Ruthie? Io non…non so…non ho mai chiesto…” incespicò, preso alla sprovvista, per poi accigliarsi e sbottare “E comunque non ho alcuna intenzione di farti dissanguare la mia assistente, se permetti!”
Genere: Azione, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Make a wish -

Capitolo trentasette -

Bestie e brioches –

 

“Almeno è stata una serata tranquilla, ieri” disse Ruthie, grattandosi la testa. Clay, a sedere sui calcagni sul loro letto sfatto, annuì, con aria vaga “Sì, non male. Non ho incontrato nessuno, ma c’è un cadavere sotto la nostra finestra” spiegò.

Ruthie cacciò un urlo “Cosa?” tuonò, così forte che Clay si ritrasse, vagamente infastidito dal tono di voce. Alzò le braccia in segno di resa “Mica l’ho ucciso io. Era già qui quando sono tornato, ieri sera”

“E perché non hai detto niente?” sbottò Ruthie, ancora in pigiama, saltando giù dal letto. Il malessere del giorno prima era passato.

Tinkerbell l’afferrò per un braccio prima che raggiungesse la finestra e lei si sbilanciò all’indietro, rischiando di finire per terra.

“Non voglio essere di nuovo io, quello che trova il cadavere” disse, fermamente, e Ruthie non poté far altro che annuire, rimettendosi mestamente a sedere sul letto, con le mani appoggiate alle cosce.

“Quindi cosa facciamo?” domandò, guardandolo negli occhi. Tinkerbell alzò le spalle, con un sospiro “Come prima cosa, andiamo di sotto facendo finta di niente, prima o poi qualcuno girerà attorno all’edificio e lo troverà. In ogni modo, ho visto delle impronte, la bestia è ancora trasformata a metà. C’erano sia orme di animale che orme di uomo, potremmo essere ancora in tempo per impedirne la trasformazione. Voglio agire oggi, ho trovato quello che potrebbe essere un usuale nascondiglio” illustrò. Ruthie annuì, pensando che fosse una buona idea “Sai già chi vuoi per padrone?” domandò. La risposta arrivò subito, senza indugi “Mary. Mi piace Mary”

Ruthie gli sorrise “Piace anche a me. Non farle troppa paura”

Tinkerbell ridacchiò, divertito “Nah!”.

Neanche tre minuti dopo, Tinkerbell stava scendendo le scale di legno della baita dove alloggiavano, mentre  si chiudeva la porta alle spalle aveva sentito Ruthie, dal bagno, dire qualche cosa come “Come diavolo fai ad essere già pronto? Aspettami!”. Lui l’aveva ignorata ed era sceso nella sala della colazione.

Nella stanza c’era un gran trambusto, le sedie erano sparse per la sala senza un senso logico. Il vecchio signor Sullivan se ne stava seduto in un angolo, lontano dall’azione. Quando sentì Tinkerbell scendere si voltò a guardarlo e gli sorrise “Missione compiuta” lo informò. Tinkerbell non capì subito di cosa stesse parlando, ma poi vide, oltre il marasma, quello che pareva un animale steso su un tavolo.

Tinkerbell si accigliò, senza nemmeno rispondere al vecchio Sullivan, si avvicinò piano al capannello di persone che discutevano. Uno degli uomini, ancora vestito da neve, si voltò e incrociò lo sguardo perso di Clay. Si guardarono per una frazione di secondo e poi l’uomo, un tipo grosso con pochi capelli, ma una folta barba, allungò le braccia e lo strinse in un abbraccio. “Questa storia è finita! Abbiamo preso il fottuto lupo!” urlò, accompagnato da un boato e fischi di approvazione. Nel trambusto, nonostante l’uomo lo tenesse saldamente, riuscì a vedere il cadavere di un lupo disteso sul tavolo. Si sentì male al pensiero che l’avessero ucciso credendolo il colpevole di tutte quelle morti.

Sorrise ai presenti e si allontanò dalla confusione, indietreggiando, cauto. Nessuno fece caso a lui, erano tutti impegnati a battersi pacche sulle spalle e a complimentarsi l’un l’altro.

Individuò subito Mary, che stava arrivando, sorridente, nella sua direzione. “Tinkerbell!” lo chiamò, prima che lui riuscisse a dire alcunché.

 “Mi ero scordata di te e Ruthie, non prepariamo più il buffet perché tanto, dopo l’ennesima morte, tutti gli ospiti se ne sono andati. Ti piacciono le brioche alla crema? Preferisci quelle alla marmellata di fragole? Ne ho alcune qui nel retro, mia madre ne ha fatte un sacco sia per me che per Sullivan e…” disse, in un fiume di parole. Tinkerbell suppose che non stesse nemmeno respirando. Le prese una mano e la strinse quasi troppo forte nella sua.

“La crema va benissimo, grazie” disse, intenzionato a cambiare subito argomento e a seguirla nel retro per poi convincerla a diventare il suo padrone. “E Ruthie?” si informò Mary.

“Crema anche per lei e…” stava per invitarla a seguirlo quando la porta della stanza si spalancò e un uomo trafelato e spaventato si lanciò dentro, urlando e inciampando nei propri piedi.

“Edgar, cosa succede?” domandò il vecchio Sullivan, alzandosi di scatto dalla sedia, perdendo tutta la tranquillità che aveva dimostrato un secondo prima, quando Tinkerbell era sceso dalle scale. Clay teneva ancora stretta la mano di Mary nella sua, lei sembrava quasi non essersene accorta.

Edgar rantolò, sconvolto, cercando di rimettersi in piedi. Un paio di uomini robusti accorsero per aiutarlo ad alzarsi. L’uomo boccheggiò, mentre lo mettevano seduto su una sedia di legno. Respirò forte guardandosi in giro, spaventato “Ha ucciso George… ha ucciso anche George!” disse, prima piano, poi urlandolo. Si allungò verso il tavolo dove stava il lupo e cercò insensatamente di tirargli un pugno. Gli altri lo presero e lo rimisero a sedere, Edgar era visibilmente sotto shock.

“Edgar, spiegaci cosa è successo” lo invitò un uomo con voce calma, anche se la sua preoccupazione era evidente.

Edgar si coprì il volto con la mano e respirò faticosamente, mentre le spalle venivano scosse da un tremito. “Quella bestia ha ucciso George. Gli ha staccato la testa. Il suo…corpo… è là fuori. Ha fatto in tempo ad ammazzare anche George” spiegò, iniziando a singhiozzare incontrollato. Nella stanza si diffuse un certo brusio, poi qualcuno alzò la voce e un gruppo di persone uscì fuori a controllare se quello che Edgar diceva era tristemente vero.

“George” ansimò Mary, strattonando la mano in quella di Clay. Si mosse in avanti con l’intensione di uscire, ma

Tinkerbell la trattenne con una stretta di mano così forte che quasi le fece male.

“Portami dove tieni le paste alla crema” disse lui, guardandola negli occhi. Mary boccheggiò, presa alla sprovvista. Non capiva che cosa volesse Tinkerbell, in un momento del genere. Era morto George, chi se ne fregava della colazione. Nonostante le sue perplessità, Clay la trascinò nel retro, senza quasi accorgersene Mary si ritrovò nel magazzino. Una fila di paste alla crema stavano sul bancone, accanto a un tostapane e un forno a microonde. Clay si chiuse la porta alle spalle, con uno schiocco di serratura. Le finestre della stanzetta erano chiuse e il locale era illuminato solo dalla luce asettica della lampada al neon. Per un secondo, Mary si sentì in trappola. Clay l’aveva sbattuta lì dentro quasi senza che lei volesse e senza che lei riuscisse minimamente a opporre resistenza.

“Fammi uscire!” ordinò, un po’ intimorita. Non avrebbe saputo dire cosa la preoccupasse di lui ma, d’un tratto, le faceva paura.

“Tra un po’” ribatté lui, con la mano sulla maniglia di ottone. Mary avvertì uno scricchiolio, come di legna sul fuoco e una linea di fumo scuro alzarsi dal pomello stretto in mano di Tinkerbell. Lui la guardava dritto negli occhi. Quando spostò la mano, la maniglia era di un insolito colore giallo e rosso, quasi luminescente.

Senza pensarci davvero, scattò in avanti e si fiondò a mettere la mano sul pomello per aprirlo, ma questo era davvero arroventato.

Mary urlò mentre la pelle della mano si cuoceva e si riempiva di vesciche, il palmo si screpolava e lei sentiva la mano andarle a fuoco.

Tinkerbell se la tirò addosso, una mano andò a tapparle la bocca e l’altra a prendere la mano ustionata nella sua. La mano smise istantaneamente di fare male, le lacrime a mezz’aria scesero sulle guance di Mary e sulle dita di Tinkerbell, che la costringevano al silenzio.

“Adesso non puoi uscire, dobbiamo prima parlare di una cosa” disse, calmo e intransigente.

“Non mi uccidere” piagnucolò Mary, con un singhiozzo che spezzò a metà la frase. Tinkerbell fece una smorfia, vagamente divertita “Non sono qui per uccidere, sono qui per chiedere aiuto” spiegò. Mary respirò forte, la voce di Tinkerbell sembrava essere calda e  terrificante allo stesso tempo.

“C’è qualche cosa che non è umano là fuori, sono qui per prenderlo. È il mio lavoro” disse. Mary inarcò le sopracciglia, mentre le guance si imporporavano “Che diavolo stai dicendo?” domandò, con stizza, a voce più alta.

Poi Mary lo vide cadere in ginocchio davanti a lei e guardarla con un sorrisetto furbo, era l’ultima cosa che si immaginava avesse fatto “Mi chiamo Clay Jennings, hai tre desideri da esprimere” disse.

Mary lo guardò con le sopracciglia aggrottate, chiedendosi se per caso, quel tipo, non fosse matto, le era sembrato una persona così affabile nei giorni precedenti.

Continuò a pensare che fosse matto, finché non soffiò fuori dalla bocca un filo d’aria che, in un attimo si incendiò. Mary urlò e si ritrasse col cuore in gola e le mani sul petto, cercando di calmare il respiro, mentre Tinkerbell si rialzava, pulendosi i pantaloni dalla polvere del pavimento. Sembrava piuttosto divertito.

“Sei…sei un mangiafuoco?” domandò, senza fiato.

Clay scosse la testa “Sono un genio”

***

 

Mary si era fatta spiegare la storia due volte. Ciò che uccideva in quel luogo non erano i lupi, ma una creatura indefinibile alla quale Tinkerbell dava la caccia. Non le era ben chiaro se qualcuno lo pagasse per fare un lavoro del genere e nemmeno che razza di creatura fosse lui, in realtà, ma il fatto che sputasse fuoco le sembrava un metodo convincente per farle intendere che non scherzava.

Si era lasciata convincere a farsi portare nel luogo dove Tinkerbell era convinto si trovasse il mostro. Con loro era venuta anche Ruthie, quella ragazzina piccolissima che accompagnava Clay. Avanzava nella neve imprecando per il freddo e alzando le ginocchia. Era decisamente più piccola di Tinkerbell, ma era più piccola anche di lei.

Mary si era infilata un coltello da cucina nel giubbotto, prima di uscire, Tinkerbell l’aveva vista. Era evidente che non si fidasse del tutto di lui e Tinkerbell non si sentiva di darle torto. Sperò solo che non cercasse di utilizzarlo sulla trachea di Ruthie, in un raptus di follia, lei non avrebbe potuto avere una reazione così fulminea.

Tinkerbell faceva strada, davanti, tenendo tese le orecchie, subito dietro di lui veniva Mary e poi Ruthie per ultima. Ogni tanto si guardava in giro, circospetta, non aveva assolutamente voglia di essere attaccata alle spalle da quella bestia spaventosa, ma sapeva anche che non avrebbe potuto fare nulla per evitarlo, se non sperare che Tinkerbell la salvasse.

Non era nemmeno riuscita a portarsi dietro il kalashnikov. Fu quasi un sollievo ritrovarsi davanti a un’apertura nella roccia, ricoperta di neve, con Tinkerbell che si fermava, annunciando che quella era la tana del nemico.

In quel punto, la neve era un pochino meno spessa e a Ruthie arrivava solo fino a metà del polpaccio.

“Cosa dobbiamo fare?” domandò Mary, cupa, avvicinandosi a Tinkerbell, incrociando le mani sul petto, cercando di farsi un po’ più caldo. La temperatura era davvero bassa lì in mezzo agli alberi. Erano sperduti nel nulla.

“Se fuoriesce ora, ci ucciderà” disse poi. Tinkerbell sentì la sua voce tremare e si voltò verso di lei con un sorrisetto strafottente “Mary, siamo qui per uccidere, non per venire uccisi. Ti ricordi cosa devi fare?” domandò, mentre Ruthie gironzolava in giro, un po’ in ansia. Sapeva che prima o poi la bestia si sarebbe apparsa. Forse era in forma umana ed era rimasta alla baita, oppure era già trasformata e si aggirava nei boschi. In ogni modo, sperava che non le strappasse una gamba o un braccio come accadeva spesso.

Tinkerbell avanzò un altro po’, fino ad essere a un metro scarso dall’imboccatura dell’apertura. “Penso che staccherò un pezzo di roccia per vedere se la bestia è qui dentro. Non mi azzardo a scendere lì senza di te e non voglio nemmeno trascinarti in un posto così stretto. Okay?” fece, girandosi di nuovo verso Mary, in cerca di sostegno.

Fu allora che la bestia si avventò su di lui, mirando alla faccia. Tinkerbell sapeva che voleva staccargli la testa. Non l’aveva nemmeno sentita arrivare. I suoi artigli erano affondati nel collo, così profondamente da staccargli subito una clavicola, mentre le zanne si erano avventate sulla faccia. L’occhio destro era finito divorato in un secondo.

Tinkerbell si pentì amaramente di non aver tirato fuori subito la propria accetta. Sentì l’urlo terrorizzato di Ruthie rimbombargli nella testa.

Afferrò la zampa che gli aveva strappato via la clavicola e che stava continuando a tenerlo bloccato per terra e scaraventò la bestia lontano da sé. In un attimo si passò la mano sul petto e sull’occhio, mentre si rimetteva in piedi.

“Ruthie?” chiamò, appena ci vide di nuovo da tutti e due gli occhi. La intercettò subito, mentre arretrava nella neve con gli occhi puntati sulla bestia, riversa su uno spuntone di roccia.

Tinkerbell si guardò di nuovo intorno, allarmato, rendendosi conto che qualche cosa non andava “Dov’è Mary?” urlò a Ruthie, ancora piuttosto lontana da lui, mentre la bestia si rimetteva in piedi sulle quattro zampe e si scrollava la neve di dosso.

Era un lupo gigantesco, con gli occhi azzurri e il pelo bianco e grigio. Gli artigli e le zanne, però, erano qualche cosa di mai visto addosso a un canide.

Ruthie alzò il braccio e indicò il licantropo, con il dito indice che le tremava e i denti che battevano, forse per la paura, forse per il freddo “È lei, è lei la bestia!” disse. Anche la voce le tramava.

Tinkerbell si sentì come se una valanga di mattoni gli cadessero sulla testa. Se quella bestia era Mary, fondamentalmente, il suo padrone era anche il suo nemico: non poteva ucciderlo e, per di più, non poteva infliggergli danni con l’accetta. Il padrone era protetto dal patto stretto coi desideri e non poteva essere ucciso dal proprio genio. Boccheggiò, mentre il lupo si rimetteva in piedi sulle quattro zampe e ringhiava.

Tinkerbell scattò verso Ruthie e la tolse dalla traiettoria del lupo, appena prima che esso le corresse incontro. Afferrò la ragazza per i fianchi e Ruthie sbatté il naso contro la spalla del genio, ma in un attimo erano in cima all’albero.

La bestia frenò la propria corsa nella neve, spargendo attorno a sé la coltre bianca, ed alzò il muso per cercare Clay, che si muoveva da un ramo all’altro. Ruthie strinse nella mano la stoffa del giubbotto di Tinkerbell.

Non sapeva bene come, nel salto che l’aveva portata a diversi metri da terra, aveva perso il guanto sinistro e le dita iniziavano già a farle male. Si strinse ancora, per quanto poteva, addosso a Clay. Era certa che lui non l’avrebbe lasciata cadere, ma questo non le impediva di farle girare la testa e di farle temere il peggio, mentre si spostavano da un albero all’altro.

“Che padrone del cavolo che ti sei scelto!” esclamò, digrignando i denti, mentre Tinkerbell saltava di nuovo e la bestia li rincorreva, procedendo velocemente, vari metri più in basso.

Tinkerbell non ne sapeva molto di lupi, e di animali in generale, ma era abbastanza certo che un lupo non si potesse arrampicare in alto come  faceva lui, ma ogni supposizione poteva facilmente essere errata: quello non era un lupo, ma una bestia.

L’unica via di salvezza era scappare, non poteva combattere quel licantropo, per di più, con Ruthie in braccio; non si azzardava a lasciarla in giro con una bestia contro la quale non poteva fare quasi niente.

“Dobbiamo tornare indietro” disse, voltandosi verso Ruthie. Fu in quel momento che sentì il proprio braccio avvampare e incrociò gli occhi di fuoco di Ruthie, avvolta in una fiamma che ardeva, rossa.

Tinkerbell urlò, mentre Ruthie, senza distogliere gli occhi da lui, aprì la bocca e addentò il braccio che la sosteneva. Il ragazzo alzò la gamba e la colpì allo stomaco con un calcio ben assestato e Ruthie volò di sotto, portando con sé il braccio di Clay, reciso all’altezza della spalla.

Tinkerbell, con le lacrime agli occhi per il dolore, rimase a guardare la caduta di Ruthie, dal ramo su cui si trovava, per essere sicuro che non si trasformasse subito in essere umano finendo in un attimo tra le grinfie del licantropo. Ma Ruthie atterrò su un ginocchio e subito alzò il capo per guardarlo, coi capelli infuocati che le svolazzavano dietro la testa, come sospinti dal vento. Tinkerbell digrignò i denti e si passò la mano sul braccio mozzato, mentre il suo famiglio lasciava cadere nella neve il braccio incenerito.

Non ebbe molto altro tempo per pensare perché, in un attimo, il licantropo era balzato sullo stesso grosso ramo sul quale stava in equilibrio lui, facendo cadere al suolo la poca neve che era rimasta su di esso dopo lo scontro con Ruthie. A terra, la ragazza si scostò da una parte per evitare che la coltre bianca le cadesse addosso. Rimase in basso facendo solo qualche passo, mentre il licantropo ringhiava e si lanciava di nuovo verso Clay. Tinkerbell scattò su un altro ramo per evitare i denti della bestia, mentre Ruthie li guardava da terra, i suoi vestiti invernali si incenerivano e la neve si scioglieva ai suoi piedi.

Il ragazzo constatò che, finché il licantropo si dedicava a lui, Ruthie non aveva nulla da temere e decise di lasciare che se la cavasse da sola. Mary nelle sue vesti di licantropo gli dava già abbastanza problemi.

Come avrebbe fatto a uccidere la bestia lo avrebbe deciso in futuro, per quel momento voleva essere solo sicuro di arrivare vivo al momento in cui Mary sarebbe tornata umana.

Saltò sull’abete innevato accanto a quello su cui stava la bestia e l’albero si mosse facendo cadere gran parte delle neve che lo ricopriva. Ne venne completamente spogliato quando il licantropo lo seguì con un balzo agile e, senza che Tinkerbell potesse fare in tempo a scansarsi, gli addentò un fianco e lo sbatté contro il tronco grosso. Per poco, Clay non scivolò dal ramo su cui stava. La superficie bagnata era scivolosa e il ramo troppo sottile perché Tinkerbell potesse tenere vicini tutti e due i piedi.

Strinse la labbra per non urlare, mentre i denti della bestia gli affondavano nelle budella. Il lupo era enorme, molto più grande di un normale lupo, con una pelliccia grigia e bianca che riluceva nella neve. La bocca era enorme e il sangue di Tinkerbell gli sporcava la pelliccia fino agli occhi. Anche il naso dell’animale era scomparso tra le viscere del genio.

Clay alzò la mano e la strinse tremante sul muso della bestia, cosa che fece arrabbiare ancora di più il licantropo che riaprì la mascella e addentò di nuovo lo stomaco di Tinkerbell che, questa volta, urlò. La sua voce rimbombò per tutta la vallata e Clay appoggiò la nuca al tronco dell’albero digrignando i denti e chiudendo gli occhi. Dalle palpebre chiuse scendevano copiose le lacrime, mentre il sangue gli sporcava i pantaloni.

La mano era ancora stretta al muso dell’animale e forse la pressione delle dita di Tinkerbell faceva anche un po’ male, ma di certo non come le zanne nel lupo piantate nella sua carne. Il lupo non riusciva ad addentare più a fondo, ma Tinkerbell non riusciva a staccarselo di dosso.  

Clay riaprì gli occhi e respirò con la bocca aperta, anche il naso gli colava e il collo era bagnato dal sudore, nonostante il freddo del febbraio canadese.

Respirò forte e si piegò in avanti per quanto riusciva. Per afferrare l’accetta dovette alzare anche un po’ il ginocchio perché la massa della bestia gli impediva di piegarsi come avrebbe voluto.

Sapeva che non avrebbe tagliato, ma l’arma si abbatté comunque sul cranio del lupo, stretta nella mano libera di Tinkerbell. La bestia si staccò da lui con un ringhio infastidito, con ancora in bocca parte dell’intestino di Clay. Tinkerbell mollò la presa sul muso dell’animale e afferrò e strattonò le proprie budella fino a mutilarsi e a liberarsi da ciò che lo legava al mostro poi, con un balzo saltò su un albero accanto, ancora con parte dell’intestino che gli penzolava nauseabondo dallo squarcio che aveva sul ventre.

Si rimise a posto le viscere con un solo rapido movimento, e dallo squarcio immane nei suoi vestiti sporchi di sangue si vide solo pelle nuova e perfetta, da metà del ventre quasi fino al pube. Il pericolo di perdere i pantaloni era più che reale, dato che la cintura era stata rotta irrimediabilmente, ma già il fatto di essersi liberato del mostro poteva considerarsi un buon risultato. Il lupo era rimasto, quasi perplesso a guardarlo, da un ramo lì affianco, senza interrompere il contatto dei loro sguardi.

Fu in quel momento, mentre decideva su che altro albero saltare, che per la vallata si diffuse una musichetta familiare.

Tinkerbell strinse i denti e si cacciò una mano in tasca, prima di riprendere la sua corsa da un albero all’altro, scuotendo rami e strappando foglie. “Jessie!” esclamò, schiacciandosi il cellulare contro l’orecchio, mentre correva all’impazzata lungo un ramo particolarmente grosso. Il lupo ringhiò, dietro di lui, molto più veloce di quanto Clay avrebbe preferito.

“Come stai?” domandò Jessie allegra, dall’altra parte. Clay si schiarì la voce e singhiozzò quando, per un attimo, non scivolò fa un ramo rischiando di fare un volo di diversi metri. “Tutto a posto, Jessie. Tu?” domandò, trafelato, schivando per un pelo la zampata di Mary.

“Oh, mi stanno ricrescendo i peli, sono così contenta. Non mi farò mai più la ceretta!” proruppe così allegra che Clay non ebbe il cuore di riattaccare, ma per fortuna lei s’informò “Ti ho beccato in un brutto momento? Stai ansimando” fece notare. Tinkerbell tossì, aggrappandosi a un tronco, con le unghie e roteandoci intorno, deciso a tornare indietro per vedere come stava Ruthie.

“Sì, ehm…Jessie, sto facendo jogging… posso telefonarti più tardi?” chiese, mentre faceva dietrofront e per poco non si schiantava contro il muso insanguinato della bestia. Il licantropo, per riflesso condizionato, lo scansò e scivolò giù dal ramo dove entrambi stavano in equilibrio. Precipitò per diversi metri, prima di riuscire ad affondare le unghie nel tronco dell’abete. I solchi lasciati dagli artigli nella corteccia dell’albero erano profondi e paralleli tra di loro, squarciavano la coltre bianca che ricopriva il tronco.

Tinkerbell non si lasciò scappare l’occasione di avere un po’ di vantaggio e, rimessosi il cellulare in tasca, scattò in avanti, deciso a tornare dove aveva lasciato Ruthie. Fu però Ruthie a venire verso di lui, planando dall’alto e mancandolo per un pelo con un calcio infuocato che, oltre a bruciargli la pelle, gli avrebbe anche staccato la testa, se l’avesse colpito.

Tinkerbell saltò ancora sull’albero vicino, mentre la Ruthie di fuoco, atterrava leggiadra sul ramo dove un secondo prima stava correndo Clay, con un equilibrio, un’agilità e una noncuranza che il famiglio di Tinkerbell, nella sua versione umana, si sarebbe sognata. I vestiti erano diventati neri e le suole di gomma degli stivali si erano sciolti.

La ragazza rimase in quella posizione a fissare Tinkerbell per neanche un secondo, ma l’albero alla quale si era appoggiata stava già prendendo fuoco. Clay si morsicò le labbra, se la foresta avesse preso fuoco sarebbe stato un grosso problema. Incurante di dove potesse essere finita Mary, il genio ricominciò a scappare, deciso a non farsi bruciare dal proprio famiglio. Era imbarazzante quanto Ruthie sembrasse veloce e leggiadra rispetto a lui.

Tinkerbell era abituato ad essere sempre la creatura più potente nel raggio di chilometri, essere messo contro a due bestie contro le quali non poteva combattere gli faceva mancare il fiato, ma era certo, non aveva alcuna intenzione di morire schiacciato da due bestie e, soprattutto, voleva riportare Ruthie a casa tutta intera.

Lei lo seguiva senza difficoltà, saltando da un ramo all’altro come una fatina della distruzione, lasciandosi dietro una scia di fuoco.

Gli animali parevano essere scomparsi, terrorizzati, nel folto nella foresta, lasciandolo da solo contro i due mostri.

Tinkerbell non aveva guardato bene il panorama, mentre scappava a nord, fuggendo da Mary, ma era certo di aver visto qualcosa, nel bel mezzo del candore, che avrebbe potuto tornargli utile.

Saltò ancora e scorse davanti a sé un abete più giovane che si ricordava di aver visto nella sua prima corsa, deviò a destra, lasciando il sentiero sospeso che stava seguendo in linea retta e atterrò sull’abete giovane che oscillò sotto la spinta con cui Tinkerbell batté contro il suo tronco, con entrambi i piedi.

Ruthie lo seguì, appoggiando i piedi piccoli, ormai senza scarpe sulla punta di un ramo poco robusto, che si bruciò al suo passaggio, mentre lei avanzava verso l’interno dell’albero e Tinkerbell si lasciava cadere nel vuoto senza cercare alcun appiglio.

Sentì la crosta di ghiaccio, ormai grosso, rompersi sotto il suo piede destro, puntato in avanti. Il ruscello era ghiacciato e le sue rive erano così coperte di neve bianca che si faceva fatica a intravedere che in primavera in quel solco scorreva l’acqua.

Tinkerbell atterrò di punta, deciso a scendere a valle liberando tutta l’acqua ancora intrappolata sotto la coltre di ghiaccio. Un’ondata di liquido gelido si alzò, perfino più alta delle aspettative, sormontando, in altezza, diverse decine di alberi in fiamme.

Tinkerbell frenò con una piroetta, bagnato fradicio. Incredibilmente, dopo essersi trovato per così tanto tempo a contatto con fiamme e sangue, l’acqua gelida sulla pelle nuda del ventre era una sensazione piacevole.

Gli alberi fumavano e le ultime fiammelle si spegnevano sotto la neve, ma Tinkerbell non ebbe il tempo di complimentarsi con se stesso perché, con un balzo felino, Ruthie atterrò, fradicia, accanto a lui, appoggiandosi sul ginocchio destro.

Lo guardò digrignando i denti e i suoi capelli bagnati, ripresero fuoco in meno di un secondo, come una fenice che ritorna alla vita risorgendo dalle proprie ceneri.

Clay non ci pensò due volte, non aveva tempo per scappare e l’accetta era ancora stretta nella sua mano destra. Con un movimento fluido e feroce del braccio l’abbatté sulla testa della bestia, tenendo stretta l’impugnatura con entrambe le mani, come se fosse stata una mazza da baseball.

Il cranio di Ruthie di spaccò a mezz’aria come un cocomero, spargendo intorno a sé sangue e materia grigia.

Il corpo esile di Ruthie si piegò all’indietro come quello di una contorsionista ubriaca e si accasciò per terra, rimanendo immobile nel proprio liquame.

Tinkerbell ringhiò, fissandolo. Si guardò in giro, per assicurarsi che Mary non fosse nei dintorni, poi si piegò e recuperare i pezzi della calotta cranica di Ruthie, imprecando e risistemandoli insieme come se fossero stati un puzzle.

Non gli ci volle molto per ridare alla ragazza un aspetto umano, seppur senza scarpe, coi vestiti bruciati e riversa in una pozza di sangue, ma evidentemente fu abbastanza perché il licantropo tornasse indietro e gli si scagliasse contro.

Clay rotolò a destra, con i denti della bestia inchiodati al braccio, l’accetta era rimasta accanto alla salma di Ruthie, ancora riversa nella neve gelida.

Scaraventò via la bestia con un calcio e si fermò un secondo, con il fiatone, per vederla schiantarsi contro una roccia, prima di girarsi, recuperare l’accetta con una mano e infilare l’atra sotto le ascelle di Ruthie per poi mettersi a correre all’impazzata verso la baita.

A un certo punto non sapeva nemmeno più se Mary lo stava seguendo, ma era fondamentale che riportasse Ruthie al bed & breakfast, prima di tornare indietro a prendersela con il licantropo. Il suo famiglio, a quel punto, non si sarebbe più trasformata in una bestia e lasciarla alla mercé di tutti gli animali selvatici e, soprattutto, di Mary, non era nei piani di Tinkerbell.

***

Mary strinse forte la mano di Tinkerbell, dal suo giaciglio improvvisato accanto al camino della sala comune “Mi sono sentita male?” sussurrò, stancamente, mentre il vecchio Sullivan le passava una mano rugosa sulla fronte.

Mary era più pallida del solito, le labbra non erano più blu come le aveva trovate Clay quando era tornato indietro a cercarla e l’aveva trovata nuda, in forma umana, riversa nella neve, con un principio di congelamento.

Clay alzò le sopracciglia e ricambiò la stretta alla mano “Immagino di sì, stavo facendo una passeggiata e ti ho ritrovato nella neve in mezzo al bosco”

Con sua grande fortuna, i vestiti di Mary, a differenza di quelli di Ruthie, andati bruciati, erano intatti e lui aveva potuto recuperarli e farglieli indossare. Ritrovare una donna nuda che si ricorda di essersi addentrata con lui nella foresta avrebbe potuto creargli dei problemi. Per qualche minuto aveva anche valutato l’idea di lasciarla nella neve da sola, ma se Mary avesse parlato di lui, sarebbe stato ancora di più nei guai, quindi aveva deciso di riportarla alla baita in braccio. A quel punto, però, era necessario che non si ricordasse nemmeno dell’incontro che avevano avuto in cucina. Se la Mary umana avesse iniziato a desiderare cose, sarebbe stato un problema.

“No, no, mi hai portata nel bosco e…” continuò Mary, agitandosi. Il vecchio Sullivan alzò uno sguardo arcigno su Tinkerbell, che capì immediatamente che le cose si sarebbero messe male entro poco.

“No, Mary, io e Ruthie siamo usciti dopo un po’ che non ti si vedeva più in giro e ti abbiamo ritrovata nel bosco” si precipitò a dire Tinkerbell, senza lasciare la sua mano.

“Dov’è la tua amica, adesso?” chiese un tizio con barba e baffi rossicci, avvicinandosi, minaccioso. Per Tinkerbell, le uniche vere minacce nell’arco di chilometri erano Mary e Ruthie, ma quel tono gli piacque davvero poco.

“Sta dormendo” replicò Tinkerbell, infastidito. L’uomo fece una smorfia e si allontanò di nuovo di qualche passo.

Anche se Tinkerbell non lo stava guardando, si sentiva addosso gli occhi del vecchio Sullivan.

“Sì, mi hai portata in cucina e… e… mi hai detto del mostro e mi hai bruciato una mano e…” piagnucolò, guardando Clay e agitandosi, perché lui non le confermava quella versione dei fatti.

Tinkerbell scosse la testa, negando. Si stava facendo prendere dal panico, se i presenti si fossero abbattuti contro di lui avrebbe potuto tranquillamente allontanarli senza neanche avere il fiatone, ma una situazione del genere sarebbe stata inspiegabile e solo il cielo sapeva quanto Veleno odiasse che i geni creassero situazioni inspiegabili. Che al posto di Veleno adesso ci fosse Bloom, non gli passò nemmeno per la testa, ma quella situazione andava risolta senza che lui dovesse acchiappare Ruthie al volo e infilarsi nella prima porta disponibile.

“L’hai bruciata?” urlò Sullivan, perdendo tutta la propria naturale pacatezza e alzandosi scacciando Tinkerbell dalla ragazza.

Il vecchio prese le mani della nipote tra le proprie, rugose, e le studiò, alla ricerca di segni, che non trovò.

“No, non l’ho fatto, Mary. Siamo andati in cucina solo a scegliere la brioche che avrei voluto mangiare!” disse Clay, con la voce un pelo più acuta del solito, mentre gli abitanti del paese si stringevano attorno a lui.

“Ma tu mi hai parlato del mostro e poi hai sputato fuoco” piagnucolò, poi si girò verso Sullivan, che si era bloccato con le mani della nipote ancora strette tra le proprie “Nonno, Tinkerbell mi ha portato nel bosco per dare la caccia a un mostro. Quella cosa che sta uccidendo le persone non è umana e neanche Tinkerbell lo è. Lui sputa fuoco e… e…” piagnucolò ancora, con le guance rigate dalle lacrime.

Il vecchio Sullivan alzò gli occhi su Tinkerbell, incerto, mentre gli altri uomini si guardavano in imbarazzo. Clay li guardò a sua volta e strinse le labbra, prima di dire “Deve essere stato un sogno, Mary” sperando che fosse la cosa giusta.

Sullivan annuì e fece cenno a Tinkerbell di andarsene.

Il ragazzo risalì veloce la scale, quella era stata una giornata tremenda. Gli era già capitato di aver a che fare con Ruthie trasformata contemporaneamente a una bestia, ma non gli era mai capitato di perdere in quel modo un padrone e ritrovarsi a combattere contro una bestia che non poteva ferire. Il problema era grosso: la bestia sapeva il suo nome e quindi poteva esprimere dei desideri. Quello era l’incubo di qualsiasi genio.

Aprì la porta di legno della stanza che condivideva con Ruthie senza farla cigolare. La camera era immersa nel buio e lui non si preoccupò di accendere la luce, l’oscurità non era un problema. Poté trovare senza problemi il pigiama anche così. Lanciò i propri indumenti per terra e se lo infilò, subito prima di sgattaiolare sotto le coperte, accanto a Ruthie. Non era propriamente stanco, non era fisicamente possibile che fosse stanco, ma si sentiva così e l’unica cosa di cui aveva voglia era stare sdraiato a letto affianco a Ruthie, vestita del suo pigiama di pile. A Mary avrebbe pensato il giorno successivo.

Ruthie fece una smorfia e mugugnò, nel sentir il letto flettersi quando Tinkerbell appoggiò sopra il ginocchio per salire.

Brontolò di nuovo, abbastanza sveglia da voler far capire a Tinkerbell che non stava più dormendo, ma non abbastanza da formulare una frase di senso compiuto.

“Ehi” disse sottovoce, per non turbare troppo il suo dormiveglia. Ruthie mugugnò ancora e si rotolò su un fianco fino a ritrovarsi a guardarlo in faccia. Nel buio poteva solo intuire che lui fosse davanti a lei. Allungò una mano e gli toccò un orecchio, per accertarsi che fosse davvero lui e non un ammasso di coperte parlanti.

“Come va?” chiese ancora Tinkerbell, sempre sottovoce. Ruthie, stanca, si passò una mano sulla faccia e si stropicciò gli occhi, mentre lui le si avvicinava così tanto che quasi avrebbe potuto toccarle la punta del naso con la propria.

Ruthie non rispose alla domanda, ma ne fece un’altra “Dov’è Mary?”

Tinkerbell, con la testa appoggiata al cuscino, si morsicò l’interno delle guance “È di sotto. Me la sono cavata per un pelo. Si ricorda del fatto che io le abbia detto il mio nome, ma ha tirato fuori la storia che posso sputare fuoco. Sullivan era inizialmente convinto che fossi stato io a maltrattarla, ma dopo che ha detto questo si è convinto che si trovasse solo in stato di choc” raccontò.

“Se Mary continuerà a parlare di questa cosa probabilmente la gente inizierà a sospettare comunque del fatto che tu sia coinvolto…” gli fece notare lei, con voce strascicata, coprendosi meglio la spalla che era sfuggita da sotto il piumone.

Tinkerbell appoggiò distrattamente la mano sul suo braccio e Ruthie sentì che era calda “Lo so, ma spero di riuscire ad andarmene prima che questo accada. Il vero problema è un altro: Mary sa il mio nome, la bestia sa il mio nome. Se si fosse trattato della signorina Böhm sarebbe stato un bel casino. Per fortuna la bestia in cui si trasforma Mary non è coscienziosa. Potrebbe anche diventarlo quando si trasformerà definitivamente, chi può dirlo. Dobbiamo trovare una soluzione in tempi brevi” spiegò in un sospiro, mentre Ruthie, in posizione fetale, chiudeva di nuovo gli occhi.

Tinkerbell fece scivolare la mano sulla schiena di lei e chiuse gli occhi a sua volta, esausto. “Il problema è che non la puoi toccare, finché la bestia è il tuo padrone, anche se te ne trovassi un altro, vero?” sussurrò Ruthie, sull’orlo del sonno, con la mano calda di Tinkerbell sulla schiena che la intorpidiva.

“Già” sussurrò Tinkerbell, stancamente. Ci fu qualche secondo di silenzio immobile, mentre il braccio di Clay rimaneva abbandonato addosso alla ragazza. Sentendo il cigolio, Ruthie non aprì nemmeno gli occhi, pensando che si trattasse di Tinkerbell che si muoveva nel letto, ma notò che la mano bollente di lui, d’un tratto, riprendeva una temperatura umana e i muscoli del braccio s’irrigidivano. Rimase immobile in attesa, mentre lo stomaco le si contraeva.

“Rimani ferma” sussurrò pianissimo lui, a un centimetro dalla sua faccia. Ruthie annuì, ancora con la testa appoggiata al cuscino.

Ci fu un frusciò impercettibile e la ragazza sentì Tinkerbell che si sollevava e si sporgeva in avanti con un movimento repentino, fino a ritrovare il suo ginocchio all’altezza del proprio petto, poi un colpo forte dietro di lei e un urlo.

La luce si accese e Ruthie si rese conto di essere intrappolata tra le ginocchia di Tinkerbell, sporto dall’altra parte del letto con la mano stretta al manico dell’accetta.

Accetta era piantata nel muro di legno, proprio nel centro della mano di Jim, l’addestratore di uccelli che viaggiava con Cloris. L’uomo, dopo il grido iniziale si era messo la mano illesa sulla bocca, per non continuare a strillare.

Tinkerbell, con grande dignità, per uno che in pigiama si trova a cavalcioni di una ragazzina, lo guardò negli occhi, serio “Non è davvero un buon momento, questo, Jim”

“Lo è mai?” ebbe la forza di dire, con un sorrisetto affaticato. Tinkerbell lo guardò rabbioso per un paio di secondi, prima di rispondere “No” e rigirare la lama dell’accetta nella mano di Jim, già attraversata da parte a parte. Jim si chinò in avanti in preda a un dolore sordo, Ruthie, dalla sua posizione, individuò anche una lacrima.

Il muro era sporco di sangue e lo fu ancora di più quando Jim decise deliberatamente di sfilare la propria mano da sotto  la lama dell’accetta di Tinkerbell, anche a costo di tagliarsi ulteriormente.

La lama recise uno spesso pezzo di carne e, anche se questo non era stato l’intento iniziale, il dito medio. Uno spruzzo di sangue sporcò il cuscino di Ruthie e la maglietta del pigiama di Tinkerbell, mentre la lama dell’accetta rimaneva attaccata al muro e Jim si stringeva la mano lesa con quella buona.

Ruthie chiuse gli occhi quando vide Tinkerbell scattare in avanti spostandosi da sopra di lei. Il letto oscillò e il ragazzo atterrò a piedi pari sul pavimento di legno, giusto in tempo per incrociare la lama con quella sottile che Jim aveva sfoderato dalla cintura. La mano martoriata continuava a perdere sangue e gli uccellini verdi rimanevano rifugiati sotto suo cappello mentre lui fermava faticosamente i colpi di accetta di Tinkerbell con la propria spada sottile. Dopo tre schiocchi prodotti dal metallo che batteva contro altro metallo, Clay decise che ne aveva abbastanza e, senza il minimo sforzo, tirò un calcio al ginocchio dell’avversario, facendolo cadere all’indietro. Con un balzo gli fu addosso, atterrando con il ginocchio a ridosso del pomo d’Adamo. Jim rantolò, sentendosi soffocare, mentre il piede destro di Tinkerbell pressava la sua gabbia toracica. Forse gli aveva rotto una costola.

Con un inaspettato guizzo di vita e una manovra piuttosto ardita, Jim rialzò la propria spada e ficcò la punta della lama dritta nel centro dell’occhio sinistro di Clay, trapassandogli la testa da parte a parte. Ruthie, strizzò gli occhi, mentre il pavimento si riempiva di macchie ematiche. Il bulbo oculare sinistro di Tinkerbell piangeva sangue, ma lui non poté far altro che strizzare l’occhio, stringendo la lama sotto la palpebra. A quel punto avrebbe solo avuto voglia di tagliar via la mano a Jim, solo per ripagarlo del dolore che stava provando, ma qualche cosa iniziò a suonare e vibrare nella tasca del pigiama.

I due ragazzi si guardarono in faccia, poi Tinkerbell gli fece un sorrisetto un po’ tirato “Puoi scusarmi un attimo? Tra un secondo potremo tornare a mutilarci” disse, prima di infilarsi la mano in tasca, controllare con l’unico occhio che gli era rimasto, di chi fosse la chiamata e attaccarselo all’orecchio “Sì, Jessie?”

 

Aki_Penn parla a vanvera: Dopo un anno e mezzo, circa, non credo di aver scuse di alcun tipo. Non riuscivo a scrivere questo capitolo e, sinceramente, non so quando riuscirò a scriverne un altro, anche se è già in lavorazione (ho buttato giù qualche cosa).

Non posso far altro che scusarmi e ringraziarvi tantissimo di aver letto questo nuovo capitolo fino a qui, sperando che possa esservi piaciuto. Un bacio!

   
 
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