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Autore: Maico    12/11/2015    8 recensioni
|introduzione rivista|
Cap. XXXIV
-Scordatelo testa d'ananas! Non lo metterò mai!
Nico ormai stava urlando nel negozio di costumi, attirando l'attenzione di non poche persone. Ma a lui non importava, non avrebbe mai messo quel coso!
-Dai pulce! È adattissimo per te!
Will gli sventolò sotto il naso il costume da Dracula, con tanto di denti finti in mano.
-No!- ribatté il moro quasi facendo uscire uno scheletro dal terreno per picchiare Will.
Cap. XXXV
-Questo..- sussurrò appoggiando le labbra sulla bocca schiusa del biondo -È il mio regalo di Natale per te.
-Dovrei farmi mettere k.o. più spesso.
-Dovresti smetterla di piombare improvvisamente le vigilie di Natale. Non ho nessun regalo decente.
Entrambi stettero stretti in silenzio per un po', prima che Will rise stingendoselo al petto.
-Beh, questo regalo improvvisato mi piace molto..
Cap. XXXVI
Il cielo era bianco. Bianco accecante.
Forse avrebbe nevicato.
Sorrise mostrando le fossette.
Magari lui e la testa d'ananas avrebbero potuto combattere a battaglia di neve.
Chissà perché Will l'aveva portato lì.
Il ventotto gennaio.. A lui non veniva in mente nulla.
(IN FASE DI CORREZIONE)
Genere: Comico, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico/Will, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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-Questo si dice “teschio”- disse Nico, mostrando un’immagine ghignante all’altro –Teschio.
-Tes-cco?
Nico rise a quel primo tentativo, arruffandogli i capelli e ignorando il broncio che l’altro aveva messo su.
-Perché ridi?- gli chiese sbuffando -È difficile.
-No- ribatté cercando di calmarsi –è solo l’italiano. Ma non ho ancora ben capito perché vuoi tanto impararlo.
-Sono affari miei!- sbottò all’improvviso, alzando la voce e sgranando gli occhi, l’espressione sperduta.
Il moro sorrise, facendo una pernacchia sulla guancia olivastra dell’altro che, in risposta, si divincolò dalle sue braccia, accarezzandosi la zona lesa dalla corta barba che il più grande aveva.
-Pungi!- lo accusò il bambino di otto anni, guardandolo storto con i grandi occhi verde scuro.
Nico si alzò, facendo cadere il libro che aveva appoggiato sulle gambe, allungando le mani verso il bambino e inseguendolo per l’appartamento.
-Adesso ti predo!
-No!- strillava l’altro ridendo, correndo verso la camera da letto e buttandosi sulle coperte blu.
-Adesso il gigante ti mangia!- scherzò il moro fino ad immobilizzarlo e solleticarlo, facendolo ridere fino alle lacrime, baciandogli tutto il viso.
Il suono del campanello interruppe il loro gioco e Nico si alzò di scatto, guardingo. Scese dal letto, portandosi un dito alle labbra pallide, non che in quegli anni il suo colorito sia migliorato, intimando il più piccolo a fare silenzio. Con  i piedi scalzi percorse fino a metà corridoio prima che una manina calda gli afferrasse il tessuto dei jeans. Il bambino alzò il viso, ancora arrossato per poco prima, verso di lui, guardandolo fisso con quelle due foreste scure, pregandolo con lo sguardo.
Nico, indeciso, diede un’altra occhiata alla porta, dove il campanello aveva ripreso a suonare in modo sinistro, e poi alla sua spada abbandonata sul tavolino dove qualche minuto prima stavano imparando qualche nuovo vocabolo.
Lo riportò infine sul più piccolo, sospirando, e prendendo la sua decisione. Si issò il bambino in braccio, una mano a sorreggergli le gambe e stringerlo sul fianco mentre l’altra andava a riprendere la sua arma fidata. Poteva sentire le braccine esili circondargli il collo, e i capelli mogano solleticargli le guancia.
Si diresse quindi verso l’uscio, spada sguainata e sguardo omicida. Se un mostro li avesse attaccati sarebbero potuti scappare con un viaggio ombra, come avevano già fatto le altre due volte precedenti.
Nico fece un profondo respiro, tirando poi un calcio alla porta e mandandola a sbattere contro chiunque fosse fuori.
Lo sconosciuto urlò, cadendo all’indietro, e sbattendo la schiena contro il pavimento, tenendosi il viso fra le mani abbronzate.
-Santo Crono!- imprecava intanto –Per lo Stige! Di Immortales!
-Will?- Nico era sorpreso –Will! Chiudi quella bocca!
-Ma santa marmotta, sai almeno cosa è lo spioncino? O perché si chiami proprio così? Magari per vedere chi è che c’è dietro la porta senza spaccargli il setto nasale!
-Will! Per gli dei smettila di lagnarti!
-Poi ovviamente potevo avere una commozione cerebrale o..
-Stupida testa d’ananas.
-Scusami?- il venticinquenne lo fissò con gli occhi blu sgranati e la bocca spalancata.
-Sei un figlio di Apollo- questa volta a parlare era stato il bambino, che fissava con il mento alto l’intruso, scrutandolo e facendo una piccola smorfia, nascondendosi in parte fra le braccia di Nico –un naso rotto non ti ucciderà.
Passarono diversi secondi di puro di silenzio, interrotti solo dalla risata liberatoria nel figlio di Ade che si piegò in due, dando una carezza sui capelli scuri del piccolo.
-Questa era bellissima- disse cercando di contenersi.
Il figlio di Apollo invece sospirò, guardando però dolcemente i due che si sorridevano a vicenda. Una mano pallida si tese verso di lui per aiutarlo ad alzarsi e, con un sorriso capace di illuminare l’intera New York per un mese intero, accettò l’aiuto, rubando poi un bacio sulle labbra morbide della sua pulce.
Una manina lo spinse via però, e Will fu costretto a fronteggiare l’espressione irritata del piccolo di otto anni, senza che Nico si accorgesse di niente.
-Vieni testa d’ananas- lo chiamò quest’ultimo, rientrando in casa –ricordami poi di darti il conto per la riparazione della porta.

Will stava sorseggiando il suo the al melograno, gentilmente offerto dal padrone di casa, mentre cercava di ignorare le occhiatacce di quel marmocchio che ogni due per tre gli lanciava.
Il figlio di Apollo non aveva ancora conosciuto una persona che gli stesse sui “cosiddetti” ma ormai si doveva ricredere, quel bambino sembrava l’incarnazione di tutte le poche cose che riuscivano a irritarlo.
Con i ricci capelli castani a coprirgli gli occhi verdi, si divertiva a fargli le boccacce, ovviamente quando Nico non lo guardava.
E le volte erano ben poche.
Sembrava che il suo ragazzo avesse occhi solo per quello sgorbio che per lui. Lo teneva fra le gambe, il mento sui capelli e le mani strette alla piccola vita, come un gigantesco peluche.
Peccato che fin a pochi mesi prima era lui il peluche di Nico, era lui che la pulce abbracciava, era lui che baciava, era a lui che sorrideva e faceva sentire la sua risata.
Will sbuffò sulla sua tazza fumante, nascondendo la smorfia che gli stava incurvando le labbra in basso.
-Hey- si riscosse osservando gli occhi neri di Nico fissi su di lui –tutto bene testa d’ananas?
Le guance di Will si arrossarono leggermente mentre i suoi occhi azzurri coglievano ogni sfumatura dei tratti affilati del viso maturo che aveva davanti.
Le labbra rosee erano tese in una linea sottile, la pelle candida era coperta da una leggera peluria e gli zigomi erano leggermente più pronunciati. Le stesse occhiaie violacee contornavano gli occhi scuri come chicchi di caffè dell’altro, rendendo lo sguardo più pericoloso e in qualche modo anche più morbido, con il suo solito marchio di fabbrica. Delle piccole rughe ne stavano ai lati, segno della sua preoccupazione, così come le sopracciglia sottili aggrottate, fino a quasi unirsi. L’ampia fronte era lasciata scoperta, i capelli di media lunghezza legati in una coda bassa che gli ricadeva sulla spalla sinistra.
Will trattenne il fiato, come se fosse improvvisamente tornato indietro negli anni, quando Nico si avvicinò a lui, premendogli le soffici, e bollenti, labbra sulla sua fronte, con dolcezza.
Will ignorò quelle mani piccole che premevano sul suo petto per allontanarlo, rubando un delicato bacio prima sulla guancia, poi proprio su quei tanto agognati petali di rosa, ed infine sulla punta del naso all’insù.
Il biondo ridacchiò, anche gustandosi l’espressione omicida del piccolo, prendendo poi a sua volta le spalle di Nico per farlo distendere sul suo petto, in una distorta catena di corpi, con lui che abbracciava Nico e con quest’ultimo che teneva in braccio Joshua.
La tensione che c’era tra il più grande il più piccolo non scalfì minimamente Nico, tanto che chiuse gli occhi, stringendosi di più fra le braccia di Will e anche al piccolo che teneva.
La peste lo guardò con un ghigno sornione, sicuramente imparato da quel sadico che amava, immergendo poco dopo il viso nel collo pallido del suo fidanzato.
Will prese un bel respiro per calmarsi.
Non era possibile una cosa del genere! Maledizione! Nico era il suo ragazzo! Suo!
Nico era un idiota. Non c’era altra spiegazione.
Come faceva a non accorgersi che quel… coso, lo voleva tutto per sé?
Accidenti e lui dove lo mettevano? In cantina? Eh no!
-Will?
L’interpellato vide lo sgorbio fare una faccia come dopo che si mangia un limone mentre Nico lo chiamava con ancora le palpebre abbassate.
-Will oggi sei silenzioso.
Il biondo premette le labbra sulla chioma nera, sfiorando poi con una leggera carezza un fianco libero del ragazzo. Non poteva certo dirgli che provava uno sconfinato odio, che sembrava anche corrisposto, per Joshua; avrebbe rischiato di spezzare il fragile cuore di Nico a quella scoperta dato che sapeva benissimo quando tenesse a quel microbo.
-Sono ancora arrabbiato per la porta- mentì anche se un piccolo fondo di verità c’era. Una porta in faccia non era decisamente il bentornato che una persona vorrebbe. E ancor meno essere disintegrato dalla spada del suo grande amore.
Beh, quando erano giovani gli era anche andata peggio.
Tipo, quella volta che la Signora O’Lear lo stava per mangiare, o la prima volta negli Inferi con Cerbero (cucciolone troppo cresciuto che lo aveva lavato), Ade (ancora si ricordava quando gli era comparso alle spalle all’improvviso e aveva rischiato l’infarto) e Persefone. Come poteva dimenticarsi della dea? Sempre pronta a dire qualche cattiveria su Nico, Hazel o perfino la defunta Bianca. Per non parlare di Maria! Ci erano voluti due anni prima che Ade dicesse alla sua pulce dove era stata seppellita. E..
-Will?
Il figlio di Apollo sgranò gli occhi quando una forza sconosciuta non lo colpì da sotto il mento, quasi facendogli tagliare la lingua, ma facendolo mugolare di dolore per il suo povero labbro.
-Joshua!- richiamò Nico, alzandosi con il bambino e mettendolo a terra, chinandosi preoccupato su Will.
-Ma non rispondeva!- si difese l’aspirante omicida, abbassando il capo e facendo il broncio, guardando con occhi supplicanti Nico. Questo sospirò, non cedendo però, ordinando di portargli un quadratino d’ambrosia che tenevano nel kit di pronto soccorso divino in bagno.
-Non c’è bisogno dell’ambrosia- disse Will mettendosi seduto dritto e passandosi la lingua sul labbro –Sono un figlio di Apollo, un labbro rotto un mi ucciderà- ripeté a memoria le parole del ragazzino accigliandosi e voltando il volto dalla parte opposta.
-Will..
Il biondo non rispose, rimanendo ostinato a guardare la parete bianca.
-Will..
Le mani fresche di Nico si appoggiarono sulle sue guance, sfregando entrambi i pollici sotto i suoi occhi e voltandolo delicatamente verso il loro proprietario.
Nico appoggiò la fronte contro la sua, intanto che i loro respiri si intrecciavano. Lo accarezzò un’altra volta, e Will chiuse gli occhi, seguendone il movimento con la testa, strusciando il viso verso quella mano sottile e baciandone il palmo aperto.
-Cosa succede Will? Ultimamente quando ti vedo non sorridi quasi mai. E non credo che sia solo la porta, anche se avresti dovuto avvisare..
-Cosa?- Will sgranò gli occhi e socchiuse la bocca –Adesso è colpa mia? Non potresti imparare a utilizzare lo spioncino?
Nico soffiò una leggera risata, mettendosi seduto sulle gambe del più grande, continuando a guardarlo fisso. Anche Will rise, stringendoselo più vicino, quasi a fargli mancare il fiato, mentre mordicchiava una zona scoperta del chiaro collo.
-Hai intenzione di rispondermi, testa d’ananas?
Will scosse la testa, cercando di assorbire il calore che quel piccolo corpo aveva da offrirgli.
Ma Nico si divincolò ben presto dalle sue braccia, un ghigno per niente rassicurante stampato in faccia.
-Io esco!- annunciò ad alta voce, facendosi sentire anche dal piccolo Joshua che era appena entrato nella stanza –Vado a fare la spesa e poi torno.
-Vengo anch’io!- fece subito lo sgorbio, afferrando una mano del maggiore e tirandola, ma Nico gli arruffò solo i capelli, dandogli un veloce bacio in fronte e uno a fior di labbra a Will.
-Stronzo- sussurrò il biondo vedendolo uscire e, dall’espressione che aveva anche la peste, poté presumere che pensava la stessa cosa anche lui, seppur in termini differenti.

-Sei troppo vecchio!
-E tu troppo giovane!
-Non sei per niente simile a Nico!
-Senti da che pulpito!
-Lui è mio!
Will si nascose dietro al divano, evitando un attacco di diversi minischeletri che cercavano di farlo cadere. In risposta fece lampeggiare le diverse lampadine della casa, spegnendole ad intermittenza e facendo piombare la stanza più volte nel completo buio.
-Un figlio di Ade non ha paura del buio!- strepitò il più piccolo, continuando con il suo mini-assalto.
-Ma un marmocchio sì!- lo corresse Will, tirandogli addosso un cuscino. Vide il piccolo esercito bloccarsi, per poi tornare all’attacco con movimenti meno coordinati.
-Lui è mio!
-È tuo fratello!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, cercando di ficcar in quella testa di coccio quel semplice concetto.
-La parte divina non conta!- si difese strenuamente l’altro, la voce acuta che rimbalzava per le pareti dell’appartamento.
Will non si voleva neanche immaginare i  pensieri delle persone fuori in strada, o nello stesso palazzo, mentre guardavano la luce nel loro appartamento cambiare intensità senza controllo, o sentendo le urla sempre maggiori.
-Invece sì! Siete fratelli!
-Non è vero! Bugiardo!
Will si coprì la testa quando tre scheletri esplosero, il ragazzino figlio di Ade completamente fuori controllo.
-Staremo sempre insieme! Tu sei solo di passaggio!
Il figlio di Apollo digrignò i denti e, colto da un’improvvisa rabbia, si buttò addosso al più piccolo, bloccandogli gambe e braccia, per guardarlo dritto negli occhi. Quello però continuava ad agitarsi rabbioso, gridando e ringhiando nella sua direzione, quasi azzannandolo ad una mano.
-Non ti permetto di parlare così di quello che io provo per Nico- gli abbaiò contro –né quello che lui prova per me!
Si alzò di scatto in piedi, liberando il bambino dal proprio peso.
-Sei solo un moccioso viziato! Egoista e pieno di sé! Non pensi né a Nico né a come potrebbe sentirsi!
-Non è vero! Menti!
I due si fissarono, gli occhi di entrambi accesi di folle rabbia, in completo silenzio, in una dimensione accessibile solo a loro nella quale lo scontro delle loro stesse convinzioni stava provocando un uragano di platoniche dimensioni.
-Suppongo..- un sussurro appena udibile li fece sobbalzare entrambi verso la porta, dove l’oggetto della loro discussione se ne stava comodamente appoggiato a scrutargli con sguardo felino –che la mia idea alla fine non si è rivelata così tanto brillante.
Fu allora che Joshua non ce la fece più a sopportare tutta quella situazione, scoppiando a piangere prima sommessamente e, successivamente, sempre più rumorosamente, come un semplice bambino di otto anni.
Nico sospirò, guardando entrambi, chiudendosi delicatamente la porta alle spalle.

Nico aspettò paziente, seduto sul bordo del letto, che Joshua si calmasse. Non disse niente, né si mosse per consolarlo. Stava semplicemente appoggiato alla testata, con le gambe incrociate sul copriletto scuro e le mani lasciate stese placidamente sul ventre, ad osservare il paesaggio fuori dalla finestra, come a contemplare ogni singola goccia di pioggia che cadeva dal cielo.
Il minore dei figli di Ade si asciugò malamente il viso ed il naso con una manica del maglione che indossava, mordendosi le labbra nel tentativo di non far vedere che stavano tremando, sentendo gli occhi bruciargli e la testa pesargli immensamente.
Invidiava, come molte altre cose, quell’aria imperturbabile che aveva sempre Nico, in ogni situazione; che fosse contro una empusa o solo contro un venditore porta a porta poco importava alla fine.
E invece, all’ignaro di ciò, contro tutto quello che credeva, la mentre del maggiore stava viaggiando ad una velocità pari a quella di Ermes stesso, alla ricerca di parole adatte a quella situazione, a qualsiasi appiglio che avrebbe potuto salvarli entrambi da quello che da lì a poco si sarebbe tenuto.
-Non mi hai mai chiamato fratello- cominciò quindi, prendendo coraggio e buttandosi.
Joshua abbassò di poco il capo, continuando però a mantenere intatto il contatto visivo con quegli occhi più bui delle ombre che spesso usavano per correre da una parte all’altra degli Stati Uniti.
-Adesso capisco il perché.
Il moro strinse i piccoli pugni, accartocciando la coperta su cui erano seduti entrambi, senza ribattere.
-Cosa credi che ti voglia dire Joshua?
Un’ombra passò su quei occhi verdi, oscurandoli per un istante.
-Sono sbagliato- rispose in automatico –un mostro. Che devo andarmene.
Sospirò, gettando la testa all’indietro, cercando di frenare la morsa al petto che sembrava volerlo soffocare, paralizzato dalla paura di leggere l’assenso alle sue conclusioni sul volto pallido di Nico.
-Joshua- il più piccolo si rifiutò di girarsi al richiamo –Fratello, guardami.
Lentamente ubbidì, spinto da una nuova speranza nata dall’appellativo utilizzato.
-Non sono arrabbiato- allargò le braccia, in un tacito invito che l’altro non perse tempo ad accettare, tuffandosi nel calore ormai familiare di quell’abbraccio –né disgustato- gli accarezzò il capo gentilmente –Anzi credo di saperlo già da un po’.
Completamente stupito, il bambino alzò gli occhi smeraldini sull’altro, spalancando la piccola bocca.
-Lo.. sapevi?
Un sorriso amaro gli incurvò le labbra mentre con un dito alzava il mento del fratello per chiudergli la bocca.
-Una malattia ha sempre gli stessi sintomi- gli disse mezzo enigmatico, ridacchiando anche all’espressione corrucciata del minore –So anch’io quello che si prova.
-Cosa?- esclamò Joshua, appoggiando le manine sul petto di Nico per guardarlo meglio in faccia.
-E già, tutti prima di esser felici hanno passato dei brutti momenti, no?
“Vuol dire che adesso con quel Will si felice?” si ritrovò inevitabilmente a pensare Joshua, sentendo una nuova ondata di dolore scuoterlo.
Appoggiò stancamente la testa sulla spalla dell’altro, senza più dire niente.
-Ero poco più grande di te- riprese il maggiore, non sapendo bene come interpretare quel comportamento –Lui era forte, un punto colorato nel bianco che mi avvolgeva. La prima cosa che abbia visto dopo ben ottant’anni passato rinchiuso nell’hotel Lotus. Allora era un piccolo idiota ignorante- sospirò stringendolo poco di più –Tutta la stima che però si era costruita intorno alla sua figura poco dopo crollò, come un castello di carte al vento. Mi sono ritrovato solo, con niente e nessuno, in un posto sconosciuto e un padre che non mi voleva. Iniziai ad odiarla questa persona, con tutto me stesso. Provai perfino ad ucciderla in più occasioni e una volta l’ho anche tradita.
-E poi?
Nico sobbalzò leggermente nel sentire quel piccolo pigolio, ovattato dalla sua maglia. Joshua gliela stringeva, gli occhi nascosti erano sgranati sulla stoffa.
-E poi? E poi durante uno dei mie tanti viaggi ho scoperto che quello che provavo non era odio.
-Così? All’improvviso?
-Forse stavo solo cercando di nasconderlo, chissà. Quando vuole Eros sa essere veramente uno stron..- Nico tossì cercando di correggersi all’ultimo.
-E questa persona che fine ha fatto?
-Vive. Con la sua fantastica fidanzata e con un figlio poco più piccolo di te. Siamo in buoni rapporti.
-E a te sta bene?
-Joshua.. se non giriamo mai pagina va a finire che poi non sapremo mai il finale del libro. Io sono andato avanti e posso dire serenamente di non aver rimpianti. Non puoi obbligare qualcuno ad amarti.
-Tu ami Will?
Nico guardò quegli occhi verdi pieni di determinazione, proprio come le parole appena pronunciate. Sorride, abbracciandolo stretto.
-Immensamente.
-Allora credo di non aver nessuna possibilità, vero fratello?
I due si staccarono, sorridendosi entrambi.
-Vai da quello stupido dottore Nico, credo che stia fumando dalla rabbia di essere rimasto solo.
Nico gli arruffò un’ultima volta i capelli, salutandolo poi con una mano, già mezzo fuori dalla porta.
-Chiunque sia la persona speciale di cui ti innamorerai- gli disse prima di uscire –Io ti appoggerò sempre, indipendentemente da tutto.
Joshua rimase solo, solo con il suo dolore.
Il sorriso man mano si spense, lasciandolo annegare in quel mare nero in cui si era buttato lui stesso.

-Era parecchio scosso- stava dicendo il figlio di Ade, tenendo una mano abbronzata fra le sue –sono preoccupato per lui.
-Non dovresti stargli così vicino.
-Ma..!
-No, Nico, peggioreresti solo le cose. Anche a te ci è voluto un po’ di tempo. Dico bene?
-Effettivamente..
-Mi volevi assassinare per i primi giorni!
-Facciamo settimane.
-Grazie. Comunque ascoltami, su queste cose sono decisamente più bravo ed esperto di te. Lo farai solo soffrire di più. Cerca di essere presente ma non in maniera fin troppo appiccicosa.
-Io non sono appiccicoso!
-Gli stavi attaccato come una cozza! Ci credo che poi è venuto fuori tutto questo casino!
-Sei solo invidioso perché passavo più tempo con lui che con te.
-E se anche fosse? Non toglie il fatto che sembravi la sua ombra.
Nico gli diede un pugno sulla spalla, imbronciandosi e arrossendo leggermente.
-Fai il serio maledizione! Non ho la più pallida idea di come comportarmi- si guardò le mani, all’improvviso stanco –non voglio che il nostro rapporto subisca un taglio netto ma non so come fare a non esagerare. Ha già perso suo fratello pochi mesi fa- soffiò con un filo di voce –se anche noi gli giriamo le spalle e lo ignoriamo non andrà a finire bene per lui.
-Non lo faremo.
-E come sei sicuro che non faremo qualche passo falso?
-Perché tu sai esattamente come si sente adesso- gli strinse le mani con le sue –Si può dire che giochi in casa.
-Will..- Nico lo baciò –non so se darti dello stronzo per questa tua uscita o meno.
-Ma..
-Mi limiterò ad addebitarti anche tutti i mobili che avete danneggiato.
-COSA?
Nico ridacchiò, tirandogli in faccia un cuscino, che perse la maggior parte del suo contenuto una volta colpito il bersaglio.

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-Fratello?- si lagnò il quattordicenne, battendo ripetutamente la testa sulla porta del bagno che l’altro aveva occupato –Ti muovi? Sei lì dentro da due ore!
Lo stipite si spalancò, quasi facendo cadere Joshua a terra che però fu fortunatamente intercettato da Nico che, con i classici riflessi da semidio, lo prese al volo.
-Miracolo!- esclamò alzando le braccia al cielo e facendo un passo indietro –Sei vivo!
-Stavo solo ritoccando le ultime cose- borbottò il trentenne, tirandosi indietro i capelli neri, che adesso fortunatamente arrivavano a mala pena alle spalle, legandoseli con il solito elastico ormai mezzo sformato e usurato.
Il ragazzino lo squadrò per bene, facendo una smorfia a vederlo in canotta e pantaloni larghi della tuta.
Cioè.. due ore per quello? Ma che caspio aveva fatto in bagno?
Sospirò, scuotendo la testa rassegnato e chiudendosi la porta alle spalle mentre la voce di Nico gli giungeva allegra alle orecchie.
-Fai una cosa veloce fratellino! Siamo già in ritardo per il ritrovo del campo Mezzosangue!

-Hey Nico!
Il maggiore si girò sorridente nella direzione di una donna bionda, continuando però a tenere una mano ben salda sulla spalla del fratello che continuava a guardarsi intorno con il naso all’insù.
-Hey Annab..
-O santo Tartaro! Quello è un drago?
La figlia di Atena alzò un sopracciglio divertita, indicando con il mento il ragazzino a Nico che però scosse solo la testa, con la sua stessa espressione.
-Questo ragazzino chi è?- chiese abbassandosi leggermente e sorridendo.
-Il ragazzino almeno non è anziano come la vecchia che ha davanti!- replicò quello sbuffando e incrociando le braccia al petto –e si da il caso che abbia anche un nome.
Annabeth sbatté una paio di volte le ciglia, l’espressione del viso improvvisamente congelata, nel tempo in cui la sua mente elaborava le parole dette dall’altro.
-Come osi brutto marmocchio?- esplose infine fulminandolo con lo sguardo.
-Calma, calma- si intromise Nico agitando una mano davanti al viso con uno dei suoi più falsi sorrisi –Non c’è bisogno di arrabbiarsi.
-Se lo dici tu- si arrese dopo un po’ il moro, mantenendo però la stessa espressione inacidita.
-Ohi Annie!
I tre si girarono verso la voce che praticamente stava urlando a gran voce, trovandone un uomo con dei bermuda arancioni e la maglia del campo.
Unitile dire che a tutti e tre sembrò uno di quegli addetti che indicavano gli incidenti sui margini delle strade.
-Che imbarazzo- sussurrò la ragazza, arrossendo e guardandosi intorno mentre il semidio si avvicinava correndo.
-Nico! Che bello che ci sia anche tu- disse dopo aver ripreso fiato per la corsa, mettendosi accanto alla moglie –E tu chi sei? Sei troppo grande.
Il maggiore fra i figli di Ade, già avvertendo l’aura omicida che iniziava a circondare il fratellino, prese subito parola, appoggiandosi con un gomito sui ricci castani del piccolo.
-Lui è Joshua, mio fratello.
Gli altri due spostarono più volte gli occhi tra di loro, posandoli infine su Nico.
-E quando avevi intenzione di dircelo?- lo rimproverò all’improvviso Percy, mettendosi i pugni sui fianchi –dobbiamo assolutamente fargli conoscere tutto il campo! E Chirone! Magari il Signor D. lo lasciamo per ultimo..
-Mi ha rapito il fratello?- chiese Nico ad Annabeth quando Percy scomparve definitivamente dal loro campo visivo insieme a un Joshua abbastanza confuso.
-Credo di sì. Ma adesso mi spiego la sua lingua tagliente- gli scoccò un’occhiata eloquente –Possibile che abbia preso tutto da te?
-No, un po’ di Will c’è.
La bionda alzò un sopracciglio scettica.
-A proposito del figlio di Apollo.. dov’è?
-Solite cose- rispose –Starà salvando qualche mortale troppo stupido ma ha detto che entro le quattro arriverà.
-Hazel come sta?
-I gemelli le stanno creando qualche problema- ammise grattandosi la testa –April e Cameron le hanno distrutto tutti i mobili e ridotto le tende a degli stracci.
-Non ci credo- ridacchiò –fortuna che per il momento conoscono pochi animali.
-Lo credo anch’io. E invece della figlia di Jas e Pips?
-È entrata nella fase “ribelle”. Adora la zia Thalia che in segreto le insegna a scagliare i fulmini.
-Suppongo che Jason non voglia.
Lei alzò gli occhi al cielo.
-Pips cerca di calmarli entrambi ma sono degli ossi duri.
-Ma Teresa è una combattente, questo lo potrebbe vedere anche un cieco. Non credo che si farà mettere i piedi in testa.
-Insieme ad Astrid stavano per dare fuoco alla casa grande.
-Figuriamoci se la figlia di Leo non ereditasse almeno un decimo della sua iperattività- Nico sbuffò –Mi basta solo che non mi ammazzino Joshua. Invece il vostro Luke?
-Il solito scalmanato che si diverte ancora a creare degli ippopotami con l’acqua frizzante invece di berla. Fortuna che ha preso anche la mia intelligenza!
I due risero, ricordandosi delle molteplici figuracce che Percy faceva ad ogni uscita di gruppo che organizzavano.
-Ci tieni molto a lui, vero?- chiese Annabeth e, anche se non dicendo il nome del piccolo figlio di Ade, a Nico non bastò altro.
Si fermò, venendo quasi travolto da dei ragazzini del campo che stavano correndo con le spade in pugno e gli elmi calati in testa.
-È mio fratello ma anche mio figlio.

-Scusate!- Will picchiettò con il cucchiaio sul bicchiere ma non venne minimamente considerato da quel centinaio di ragazzi presenti in mensa. Nonostante il desiderio di rintanarsi in un angolo e fare cerchi con il dito sul pavimento per la depressione, decise di ritentare anche perché quello che voleva dire era estremamente importante.
-Scusate!- e questa volta ruppe per sbaglio il bicchiere, ottenendo però l’attenzione. Si guardò la mano graffiata, mezzo incredulo dato che neanche tre ore che era rientrato al campo che già gli dei si stavano prendendo gioco di lui.
Liquidò la questione con un veloce gesto, autoguarendosi, più che deciso a non perdere altro tempo.
-Non sono sicuro che tutti mi conosciate- iniziò mentre vedeva con la coda dell’occhio Dionisio intento a fissare la sua Died coke per farla diventare vino –Sono Will Solace, figlio di Apollo e fidanzato di Nico di Angelo.
Il diretto interessato lo guardò da qualche tavolo di distanza, interrogativo, così come tutti gli altri presenti in quella sala.
Tutti tranne Joshua. Quella peste era riuscito a sorprenderlo e quasi rovinandogli tutta la sorpresa.
-Siamo fidanzati da quando avevamo quattordici anni e adesso ne abbiamo trenta.
Ci fu qualche fischio mentre sempre più persone si giravano ad osservare l’altro protagonista che stava ancora seduto.
-E adesso io voglio chiederti qualcosa, Nico.
La sala trattenne il fiato.
-Vuoi non sposarmi?

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-Te la ricordi ancora quella volta vero?- fece Will, accarezzando con il pollice quel piccolo anello d’argento che Nico portava al dito.
-E come dimenticarlo?- ribatté quello –Ti volevo mandare addosso i cuccioli della Signora O’Lear.
-Esagerato!- rise il biondo, passandosi una mano fra i capelli per poi abbracciare il più piccolo da dietro, appoggiandogli il mento sulla spalla.
-Non esserne tanto sicuro- lo prese in giro, o forse no?, il suo non-marito –credevo che ti fossi bevuto il cervello.
-Ah, mia piccola pulce, hai così poca fiducia in me?- chiese teatrale, soffiandogli nell’orecchio e baciandogli il collo.
-Non siamo più tanto piccoli, sono già passati sei anni.
-Guarda che io me lo ricordavo che tu detesti gli impegni di quel genere!
-Sono sicuro che c’è lo zampino di Joshua.
-Lascialo felice con Amelie quel moccioso. Di sicuro quella figlia di Nyx sa come tenergli testa.
-Spero solo che non si sbranino a vicenda.
-Perché anche in discorsi così parliamo di lui? Mi sento ignorato.
-Ma sta zitta testa d’ananas! Pensa piuttosto a capire da dove quei mostri ci attaccheranno.
-La fai facile tu! Possibile che la nostra generazione non abbia un attimo di tregua? È tanto chiedere una cinquantina d’anni di calma piatta da tentativi di conquistare il pianeta da qualche divinità impazzita?
-Non fare tante storie.
-Per te è semplice! Tanto puoi evocare un esercito di scheletri! Io invece al massimo tiro qualche freccia nelle retrovie o fischio.
Un colpo alla porta fece sobbalzare il figlio di Apollo che, per riflesso condizionato, di mise davanti a Nico, il pugnale di bronzo celeste che poco sapeva usare ben sguainato.
-Guarda il lato positivo Will- Nico ghignò malignamente mentre una prima mano scheletrica usciva dal terreno –Non si può certo dire che la vita di noi semidei sia noiosa.
Il figlio di Ade sguainò la spada di ferro dello Stige, mettendosi in posizione d’attacco proprio nel momento in cui un colpo più forte fece cadere la porta di metallo sul pavimento polveroso, e il primo Ciclope, fra i molti altri che dovevano ancora comparire, gli si gettò contro, abbattendo la mazza ferrata che aveva, proprio dove un attimo prima c’era Nico.
Quando una cascata di polvere dorata investì il povero figlio di Apollo, e Nico ululò di gioia con un sorrisone da un orecchio all’alto, Will sbuffò, incoccando la prima freccia.
-Sei il solito esibizionista tesoro- disse facendogli l’occhiolino che l’altro ricambiò mandandogli un bacio.
Almeno non sarebbero morti di noia in futuro, poco ma sicuro.

 

 

 

 

 

 

Angolo Autrice:
*Maico è rannicchiata per terra depressa perché ci ha messo un’infinità di tempo per UN solo capitolo*
Compatitemi! Con l’inizio della scuola e la mancanza d’ispirazione è stato difficilissimo scrivere! Già che non sapevo neanche come introdurre Joshua! Vi rendete conto che ho dovuto riscrivere quattro volte la prima parte perché mi faceva letteralmente vomitare?
Sono esausta. Da quasi una settimana mi è venuto questo sbalzo creativo –sia lodato lui- e quindi eccovi qui il capitolo fresco fresco.
All’inizio non volevo far capire fino all’ultimo chi fosse Joshua quindi se leggendo avete pensato “sto qua ci caspio è?” beh, sono riuscita nel mio intento.
Poi ho.. fatto un casino?
N: eggià
Tipo la prima comparsa di Joshua che già l’ho fatto litigare con Will.
Ma un Will arrabbiato è più raro perfino dei sorrisi del gotico-dark-Nico-di-Angelo!
Comunque beh.. devo proprio parlare? So che state con i forconi e quant’altro quindi forse è meglio se sto zitta no?
N: sei solo pigra!
No, sono stanca perché oggi ho finito di scrivere l’ultima parte del capitolo e ho studiato matematica per la verifica sui sistemi!
N: dai che domani fai solo tre ore! Fai questo sacrificio!
Se salto la verifica di matematica quella m’ammazza.. ne h già due da recuperare! Ma non è colpa mia se quella le programma quando io devo fare quel caspio di corso per l’open day!
N: sai che non c’entra nulla?
Doh!
Vabbè, mi scoccio di cancellare.
N: sembri un’ameba.
Sono un’ameba.. un’inutile forma di vita tra un milione tutte uguali..
N: mi stai spaventando.. dov’è andata la pazza? Io preferivo quella alla Maico depressa.
Vabbè! Mi è solo dispiaciuto che Percy non abbia sbattuto contro un muro.. ma almeno la figuraccia vestito d’arancio fluo l’ha fatta.
Ahahahahah! Rimarrà sempre la solita testa d’alghe!
N: si sta riprendendo!
No, ok.
Mi dispiace per il ritardo.
E sono seria, non so in che modo la vostra mente intonerà queste mie righe ma sono seria. Chiedo scusa a tutto *piega il busto in avanti chinando la testa*
Detto questo vorrei ringraziare tutte quelle persone che hanno messo la storia fra le preferite/seguite/ricordate
*The alla pesca e cioccolatini a tutti!*
N: sta iniziando ad impazzire di nuovo
A coloro che nonostante i miei ritardi cronici e i miei errori –in alcuni mi volevo sparare- hanno lasciato un commento e mi hanno seguito nonostante i primi capitoli fossero proprio corti –caspio rispetto a questi!-

Non sto dicendo che ringrazio solo quelli che hanno recensito! *inizia ad agitarsi* Nico un aiuto? Non intendevo dire quello!
N: …veditela te
Nel senso che sono grata anche a tutti i lettori silenziosi che con il loro numero mi hanno spronata ad andare avanti e..
Ok mi sto incasinando.
GRAZIE A TUTTI. OK? OK.
Per stasera vi lascio stare carissimi.
Un saluto da questa ritardata cronica di Maico
Kiss kiss

   
 
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